Three.
Mi bloccai. Fu come se qualcuno mi avesse appena sparato alla schiena. Ero sconvolta.
"No...non può essere. Tu non mi conosci nemmeno!"
Mi voltaii verso il ragazzo mio coetaneo. Ero arrabbiata: tutta quella confusione l'aveva causata lui. Era colpa sua se non ricordavo più nulla. Camminai furente verso il ragazzo e , senza pensarci, gli causai un profondo taglio sul petto con il coltello. Lui urlò e si accasciò a terra.
"Lasciami spiegare- disse balbettando- io sono qui per aiutarti non...".
Iniziò a sputare sangue. Perchè non mi fermavo?
Smettila. Smettila. SMETTILA, STA MORENDO!
Mi urlò una vocina nella mia testa. Non mi fermaii. Tutto l'odio e la rabbia che provavo in quel momento per la perdita dei miei ricordi si riversò a danno di quel ragazzo.
" Se sei stato tu a farmi venire qui, allora crepa! Tu non sai che cosa si provi a non sapere nulla di se stessi...non sai che significhi non poter ricordare... non sai che significhi non essere nessuno!"
Infilzai il coltello con tutta la forza che avevo nel petto di lui, facendomi rabbrividire. Urlò e per zittirlo gli diedi un calcio in faccia.
Ma cosa avevo fatto? Solo dopo realizzai di aver appena ucciso una persona. Se ero così violenta prima di perdere i ricordi avrei voluto suicidarmi.
Mi inginocchiai accanto al corpo del ragazzo e iniziai a piangere. Urlai per la disperazione. Mi iniziarono a tremare le ginocchia e caddi accanto al corpo inerme. Aghi di pino mi punzecchiavano i fianchi scoperti e l'unico rumore che si sentiva, quella notte, era il dolce e calmante scroscio dell'acqua che si scontrava sulle roccie. Perchè tutte queste emozioni insieme?
Aprii gli occhi lentamente. Mi sentivo la testa pesante ed ero pronta a giurare che fosse stato tutto un sogno. Ero stesa su un letto abbastanza scomodo... accanto a me, vi era una flebo. Percorsi con lo sguardo il filo che collegava il flacone al mio braccio. Stordita, voltai la testa in modo da poter vedere meglio il posto in cui mi trovavo: aveva l'aspetto di un ospedale. Tanti letti uno accanto all'altro riempivano quell'enorme stanza illuminata da grandi finestre. La luce proveniente dall'esterno era talmente forte che non riuscii ad osservare il paesaggio. Strizzai gli occhi e provai a mettere a fuoco. Non ci riuscii. Ero troppo stanca. Mi addormentai.
Mi svegliai con un dolore lancinante alle ginocchia ed ai muscoli delle gambe. La prima cosa che vidi fu una finestra spalancata e le tendine azzurre che svolazzavano nella stessa direzione per il debole vento. Ero sicura di aver dormito circa tre ore per la posizione del sole: era pomeriggio. Capii che non era stato tutto un sogno quando intravidi il paesaggio surreale incorniciato dalla finestra: appariva come un quadro surrealista, simile all'opera 'La ninfa eco'. Come feci a ricordarmi un quadro e non a proposito di me?
Mi sedetti sul letto ed ebbi un sollievo quando posai i piedi per terra. Le fredde mattonelle mi aiutarono a riprendere le forze. La flebo non vi era più e , a sostituirla, vi faceva posto un piccolo carrello con del cibo , ormai freddo, posizionato sopra. Solo allora mi resi conto di quanto avessi fame. Presi il pezzo di pane e decisi di mangiare dopo il brodo di pollo...non aveva un'aria molto invitante...
Mi alzai e mi diressi verso la porta. Era di marrone scuro, intagliata ed aveva un pomello color oro come maniglia. La girai e l'acuto scricchiolio si diffuse per tutto il corridoio. Percorsi lentamente la stanza a piccoli passi. Più avanti, svoltando a destra, vi era una stanza priva di porta, della quale era rimasta traccia solo degli arrugginiti cardini e della cornice di mogano. Entrai e notai una vasca, un lavandino, uno specchio ed una sedia. Il mobile era antico e sopra vi erano dei vestiti ed un bigliettino di carta.
Ti ho lasciato dei vestiti, dovrebbero essere della tua misura. Fatti una doccia, puzzi come una discarica.
-Tobias
Espirai teatralmente prima di posare il biglietto.Ma chi era quel Tobias? Un infermiere?
Diedi uno sguardo ai vestiti: una maglietta verde a maniche corte che mi arrivava ad inizio coscia e degli stretti jeans neri come la felpa.
Dopo essermi lavata, indossai gli indumenti che mi furono regalati dal presunto infermiere e decisi per la prima volta di guardarmi allo specchio. Solo in quel momento ci avevo fatto caso: non ricordavo nemmeno il mio aspetto esteriore. Avevo un fisico a clessidra, spalle piccole accompagnate da un po' di forme. I miei occhi erano verde chiaro, come la maglia ,ed erano incorniciati da definite sopracciglia; avevo la pelle molto chiara e un nasino all'insù. Gli alti zigomi non erano molto definiti e i miei capelli, prima legati in un tuppo, erano neri e lisci. Sotto la sedia trovai delle converse bianche. Cercai i calzini ma non ve ne erano. Mi infilai le scarpe ed uscii dal bagno.
"Finalmente sei uscita, mi stavo fossilizzando ad aspettarti qui fuori."
Disse impassibile una voce dietro di me. Mi giraii lentamente e rimasi pietrificata. Dinanzi a me, vi era il ragazzo della sera prima.
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*NON LEGGERE*
Sei la persona più trasgry che abbia mai incontrato. Wow.
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