Tre mesi, quattordici giorni e cinque minuti prima
"Sono ancora convinta sia una pessima idea".
"Oh, andiamo! Non ho ordinato questo abito fatto su misura per te per sentirti lamentare".
"La mia non è una lamentela bensì una mera constatazione".
"Allora rimanda le mere constatazioni a domani, quando il ballo sarà finito".
Sbuffo nel lasciare l'ultima parola a una Persefone radiosa che, con un sorriso smagliante, continua a girare su di sé facendo muovere la gonna lunga dell'abito che indossa, ricoperta da migliaia di minuscoli fiori color sangue.
È la prima volta che l'invito al Ballo di Primavera viene esteso anche a noi divinità inferiori e anche se Ade è solito partecipare, non tanto per sua volontà quanto obbligato da Zeus, è la prima volta che Persefone sarà presente al suo fianco. Più ci penso e più mi rendo conto di quanto sia surreale che la dea della primavera non abbia mai presenziato al ballo in suo onore, ma tant'è.
Penso sia proprio questo il motivo per cui ci tiene così tanto a fare bella figura e, soprattutto, a farla fare a tutte le divinità che abitano l'Oltretomba e che hanno deciso di partecipare.
Anche se nel mio caso il termine deciso è un eufemismo dal momento che Persy si è limitata a comunicarmelo e a prendermi le misure con un metro da sarta.
"Dici che Ade gradirà?" Domanda con un leggero rossore sulle guance che tradisce il suo nervosismo, come se Ade facesse altro oltre a baciare -metaforicamente e non- la terra su cui cammina.
"Penso debbano ancora inventare un indumento che Ade non gradirebbe su di te" rispondo tenendo per me il resto del mio pensiero, ovvero che Ade la preferirebbe senza niente. Ma sinceramente non mi va di immaginare il re e la regina dell'Oltretomba in quel genere di frangente perciò cerco di allontanare l'immagine guardandomi allo specchio.
Persefone ha effettivamente azzeccato i miei gusti che si materializzano nella forma di un abito aderente monospalla viola scuro ricoperto da piccoli gioielli che si illuminano ogni volta che il vestito accarezza la luce. È da mozzare il fiato e proprio per questo lontano da tutto ciò che sono io ma per una sera penso di potermi concedere il lusso di essere qualcuno di diverso.
"Forse farei meglio a non venire" tento di dire girandomi verso Persy, "forse dovrei stare con Nyx, non lasciarla sola".
La dea della primavera mi punta contro un dito accusatorio: "sapevo che ci avresti provato e proprio per questo ho convinto anche Nyx a venire".
"Tu... Cosa? E lei ha accettato?".
Persefone annuisce: "sì e le ho promesso che le saremmo state vicine tutta la sera. Le ragazze supportano le altre ragazze... O le emarginate supportano le altre emarginate in questo caso".
Mi appoggio con una mano al tavolino da trucco di Persefone a quelle parole, incapace di capire come possa Nyx venire stasera dopo quello che Afrodite le ha fatto, ma prima che possa chiedere altro a Persefone la diretta interessata fa il suo ingresso, un lungo abito blu come la notte di cui è la divinità a farla apparire una visione per gli occhi.
Purtroppo solo quelli altrui.
"Dovreste sapere che i ciechi, proprio perché non hanno il senso della vista, sviluppano un udito molto fine" ci riprende pazientemente, entrando con una grazia naturale che le si addice perfettamente.
"Scusami" tento di dire nello stesso istante in cui Persefone esclama: "sei uno schianto!".
Nyx sorride dolcemente passandosi le mano sulla gonna lunga fino al pavimento e io mi chiedo come possa sembrare così serena all'idea di affrontare la dea che l'ha maledetta. In quanto dea della notte Nyx porta con sé un'eleganza che soltanto millenni di pratica possono donare e mostra la sua divinità in lunghi boccoli così neri da sembrare quasi blu a seconda di come cade la luce e in un incarnato pallido che rispecchia il pallore della luna, caratteristica che un tempo Artemide apprezzava.
Ma sono stati i suoi occhi a renderla preda facile di una dea volubile come Afrodite, occhi di un celeste chiaro che sembravano due stelle e che, per questo, la rendevano troppo attraente per non scatenare le ire della dea della bellezza.
La sua punizione non è tardata ad arrivare sotto la forma di una cecità che ha trasformato le sue iridi chiare in bianche e vuote. Una punizione senza senso e che non ha visto giustizia per chi ha la sola colpa di esistere.
Distolgo lo sguardo da Nyx che mi si avvicina, appoggiandosi come me al tavolo da trucco: "so che sei preoccupata per me, Hecate. Ma non sono fatta di cristallo, non mi romperò. Anzi, quella stronza non posso nemmeno vederla, mi va sicuramente meglio che a voi".
Scoppio a ridere a quelle parole seguita da Persefone che, raggiante, mi rivolge uno sguardo di incoraggiamento, come se la serenità di Nyx bastasse per rassicurarmi.
"Dovremmo andare" mi limito a dire sistemando sulla spalla i capelli, per una volta sciolti e liberi.
"Ho sempre voluto provare il trasporto magico!" Esclama Persefone, l'eterno raggio di sole, avvicinandosi a me e avvolgendomi un braccio in vita, la stessa cosa che fa Nyx dal lato apposto.
"Attenzione, la prima volta può causare un po' di nausea" l'avverto, rivolgendo poi un'occhiata alla dea della notte che non è nuova a questo modo di viaggiare ma per cui ho la tendenza a preoccuparmi sempre troppo.
Persefone alza gli occhi al cielo, aggrappandosi maggiormente a me: "Hecate, andiamo!".
Unisco le mani in una tacita preghiera e sento quella sensazione di calore familiare in tutto il corpo, una sorta di brivido che mi percorre dalla testa ai piedi e mi fa vibrare di energia.
Un secondo prima siamo nella cabina armadio di Persefone, nel cuore di Brooklyn.
Un caleidoscopio di viola dopo siamo davanti al MoMA e alle sue porte di vetro scintillanti, circondate da persone che...
Sì, ci stanno guardando proprio tutti.
E noi li lasceremo guardare.
Sorrido tra me e me sentendo Nyx e Persefone staccarsi da me, la seconda leggermente verde in viso, e sistemo una ciocca dietro l'orecchio mentre mi guardo intorno, notando subito Afrodite ed Efesto a braccetto poco distanti.
La dea della bellezza non ama chi le ruba la scena ed è questo il senso che do allo sguardo carico d'odio che ci rivolge soffermandosi però su Nyx che non può vederla ma...
"Sento i suoi occhi su di me" mormora piano stringendosi a me, "sbaglio?".
"No, non sbagli" rispondo in un sussurro prendendola per mano e intrecciando le nostre dita, "si è resa conto che nonostante tutto sei ancora più bella di lei".
Nyx mi rivolge un sorriso triste venato di una stanchezza secolare, l'espressione vuota e allo stesso tempo piena di rassegnazione.
"Non mi interessa essere bella, vorrei solo essere lasciata in pace. Che si dimenticasse di me".
Quelle parole bastano ad accendere in me la voglia di vendetta e il rancore che covo da così tanto tempo da iniziare a pensare di essere nera dentro come una mela marcia.
"Hecate" mi redarguisce sottovoce la regina dell'Oltretomba come se avesse letto i miei pensieri, "non adesso".
Non adesso.
Non è mai il momento.
Con la coda dell'occhio vedo Ade vicino ai fratelli Zeus e Poseidone, una delle poche occasioni in cui i tre stanno a contatto tra loro.
I capelli corvini di Ade sono raccolti in una piccola coda ordinata che poco sistema la sua immagine fatta di camicia sgualcita e barba non curata quasi a sfregio dell'occasione di oggi, un netto contrasto dai fratelli perfettamente vestiti e pettinati.
Ma è su Zeus che si sofferma il mio sguardo, l'odio più puro che si possa provare.
La sua figura è alta e snella, il corpo di un atleta e un viso che non sembra avere più di trent'anni ricoperto da una barba bionda curata, lo stesso colore dei capelli a spazzola rigidamente impomatati. Zeus ha da sempre un'aria così pura e innocente, l'aspetto ingannatore di un uomo che ha maledetto, massacrato, stuprato e torturato per le più stupide pulsioni perché per lui essere un dio significa poter fare quello che vuole quando lo desidera.
E perché vede in noi divinità a sua detta inferiori degli ostacoli tra lui e i suoi capricci ha pensato bene di additarci come personaggi negativi, i cattivi in una narrazione da lui inventata con un unico scopo.
Proteggere il suo piedistallo.
Una scintilla viola mi sfugge dalla mano, spenta immediatamente con lo schiocco di due dita, ma i suoi occhi nocciola l'hanno notata perché è difficile che gli sfugga qualcosa e per questo mi rivolge un sorriso sarcastico, il sorriso di chi sa di avere vinto.
Nyx dice qualcosa ma non la sento, troppo concentrata in questo gioco di sguardi con il re degli dèi.
Sento la bile montarmi in gola, lo stomaco stringersi e un secondo dopo sono all'interno del museo, le mani appoggiate al lavandino di marmo dei bagni delle donne.
"Respira, Hecate, respira" sussurro tra me e me guardando il mio riflesso allo specchio.
L'immagine che mi restituisce non è quello della mia forma più pura bensì una vecchia decrepita, i capelli viola crespi e radi, l'antichità del mio potere che viene fuori ogni volta che perdo il controllo.
E lì fuori il controllo l'ho perso eccome.
Zeus sarà già intento a dipingermi come la dea pazza, folle a tal punto da non saper più presenziare come divinità.
Rendermi l'emarginata tra gli emarginati.
Sono sicura che ci proverà ma allo stesso tempo so che Ade si opporrà, ribadendo che sono una dei suoi fidati.
Abbasso un secondo la testa tentando di riprendere un respiro regolare e di darmi un contegno, il freddo del marmo a ricordarmi dove sono.
Alzo lo sguardo, mi guardo allo specchio ma questo mi restituisce un'immagine diversa.
Perché sulla superficie riflettente non ci sono solo io.
"Quei capelli viola sono inconfondibili".
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