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Capitolo 5

            

May pensò a cinque cose impossibili da fare prima di entrare nel magazzino. Mentre cercava disperatamente la seconda mandò tutto a puttane e seguì la carovana di ragazze che, come lei, avevano capito troppo tardi di essere state incastrate. Sukie, al suo fianco, le strinse una mano.

«Possiamo andare via» le sussurrò May all'orecchio per evitare che il ragazzo che stava guidando la fila la sentisse. «Fammi un cenno e ti porto subito via da qui.»

«Colby ci proteggerà» disse Sukie annuendo. Ne era convinta. «Non ci faranno del male. Hanno bisogno di noi. Siamo qui per rendere questo posto migliore.»

May non replicò, non aveva nient'altro da aggiungere. Le parole di Sukie non erano riuscite a tranquillizzarla, anzi pensò che la sua migliore amica stesse mentendo a sé stessa pur di non ammettere la verità. Loro, in quel posto, non c'entravano niente. Erano circondate da pareti di marmo e un tetto di plastica che stava per cedere. Una serra. Ormai vuota a giudicare dall'ampissimo spazio. In fondo vi erano due porte chiuse e tra di loro un cassonetto della spazzatura. Sopra questo, con le gambe semiaperte e le braccia incrociate sul petto massiccio, vi era un ragazzo.

È lui, pensò May. Tutto in lui gridava che era il capo. Gli occhi iniettati di sangue, i capelli biondi e grigi come una tempesta, l'aria da pirata... ed era poco più che un ragazzino. Doveva avere pochi anni in più di May, pensò lei, forse un paio. Tre al massimo. Non arrivava ai vent'uno, la barba incolta sul mento e ai lati del volto ne era la dimostrazione.

«Benvenute!» tuonò lui con un ampio sorriso e l'eco della sua voce raggiunse ogni cupo spazio dell'angusto ambiente. «Io sono Blaise, ma potete chiamarmi il Leader.»

Saltò giù dal cassonetto con un'abile mossa e venne subito affiancato da alcuni dei suoi più stretti collaboratori.

Tutti ragazzi dai quattordici ai ventiquattro anni, pensò May mentre si guardava attorno. Lì dentro erano giovani, troppo giovani, per far parte di un'organizzazione così complicata. E il Leader sembrava matto, il cattivo di uno di quei fumetti che Thorne amava leggere.

Da una delle porte laterali entrò un ragazzo con i capelli scompigliati dalla pioggia appena iniziata, gettò a terra il mozzicone di sigaretta che aveva appena finito e si unì al gruppetto dietro al Leader. Un secondo scagnozzo, uguale a quest'ultimo, gli scoccò un'occhiata.

Gemelli.

Il leader camminò verso di loro con gli occhi lucidi e i denti bianchi in bella vista. Aprì le braccia con un ampio gesto e si fermò con le gambe incrociate all'altezza delle caviglie.

«Questa è la Tana. Da oggi sarà la vostra nuova casa. Se siete qui è perché avete rifiutato la vostra vita e vi siete rivolte a me perché ve ne dia una nuova. Sono il vostro messia, il vostro devoto creatore, e non dovrete mai più soffrire.»

May sgranò gli occhi. Blaise era pazzo. Accanto a lei, Sukie strinse le mani in due pugni. Il cuore di May cominciò a battere forte. Non poteva essere, Sukie non poteva credere davvero a quelle parole, a quello psicopatico.

«Se rimarrete» continuò il Leader. «Dovrete giurare fedeltà a me, alla Tana e alla Banda. Dovrete cambiare nome. Ma soprattutto, dovrete mettervi alla prova ogni giorno, contro le ingiustizie dello scarto che il mondo chiama Giglio d'Oro!»

A May si congelò il sangue nelle vene. Non aveva mai sentito tanta rabbia, tanto rancore, tanta sofferenza nella voce di un essere umano. Sukie era sempre più ammaliata. Così come tutte le altre ragazze che avevano volontariamente scelto di aggregarsi alla Banda più temuta di tutta l'isola.

Uno dei fedeli scagnozzi fece un passo avanti e Sukie strinse la bocca. May riconobbe Colby, il fratello di Sukie, che in quel contesto sembrava ancora più grande e ancora più pericoloso di quanto già fosse.

«Lui è Colby Winters. Il Lupo.»

Colby ululò e le ragazze cominciarono a sghignazzare e battere le mani per lui. Un altro venne avanti e poi un altro ancora. A ogni nome un soprannome, a ogni gesto un applauso. Blaise vedeva i suoi fedeli passare davanti a lui con orgoglio, la luce negli occhi del creatore. Fu la volta di uno dei gemelli, quello con i capelli castani più lunghi e una cicatrice vicino alla bocca.

«Geyer Harvey. Il Ladro.»

Il fratello non si mosse d'un passo e Blaise dovette girare la testa verso di lui, un'impercettibile smorfia di fastidio sulle labbra. «Red, amico, vieni avanti.»

Red raggiunse il Leader con le mani in tasca, non aveva il coraggio di alzare lo sguardo sulla schiera di ragazzine che stavano per firmare la loro condanna. Ognuna di loro somigliava ad Athena.

«Redard Harvey. Il Bugiardo.»

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