Capitolo 17
«Avanti!» gridò Nora per sovrastare il rumore del traffico. «Tutti in fila. Forza, svelti, svelti!»
Alzò una mano e si scusò con la fila di macchine che stava attendendo l'avanzata dei bambini oltre la strada. Nora li incitava sospingendoli per le spalle mentre, con flemma, loro si preoccupavano prima di sbadigliare e poi di muovere qualche passo. Quel mattino si era svegliata presto e si era fatta la doccia più gelata della sua vita, la madre si era dimenticata di pagare il gas, ma le era servita come carburante per la giornata. Per i bambini cominciava la scuola e lei si era offerta di accompagnarli, almeno per i primi giorni. Il suo non era un lavoro, nessuno le chiedeva di prendersi cura di quei poveri disgraziati, né di leggere loro delle storie per farli addormentare nelle notti più buie. Ma Nora lo trovava terapeutico per sé stessa quanto per loro. Infondo, sapeva di essere una grande egoista.
Quella mattina faceva freddo e il cappuccio che si era infilata sulla testa serviva a poco contro il gelido vento del mare.
La fiumana di bambini scorreva tranquilla davanti a lei in fila per due, i cappelli di lana infilati giù fino agli occhi e i giacconi troppo grandi e imbottiti. Nora si perse nei ricordi e giunta ai cancelli della scuola, dopo averli consegnati alle maestre, rimase ferma accanto alle colonne a osservare quei giardini. Erano passati anni dall'ultima volta che aveva portato Lucie a quella stessa scuola, che l'aveva vista scomparire in mezzo ai suoi compagni, mentre con un braccio la salutava da lontano.
Era così immersa tra i suoi pensieri da non accorgersi che qualcuno si era fermato accanto a lei.
«Nostalgia?»
Red trovava sempre il modo di sorprenderla. Come adesso, mentre se ne stava tranquillo al suo fianco, le mani nelle tasche di una giacca lunga, la faccia ombrosa. Nora doveva togliersi dalla testa l'idea che qualcuno gli stesse facendo del male; per avere quell'espressione emaciata doveva succedergli qualcosa di brutto di continuo. Ma Red aveva scelto quella vita, aveva scelto Blaise, la Banda e tutto il male che si portava dietro. Non era più il ragazzo che le teneva aperta la porta della mensa, né quello che aveva rotto il naso a Matthew, il suo ex ragazzo, quando quest'ultimo l'aveva tradita per la prima volta.
«Che vuoi?»
Red non si scompose, nulla riusciva a turbarlo.
«Voglio che ti tenga lontana dalla Banda.»
Nora lanciò un'ultima occhiata ai bambini e poi diede le spalle all'immenso cancello. Prese a camminare a passo svelto, evitando l'ondata di fastidio che le risalì lungo lo stomaco. Red, ovviamente, le andò dietro.
«Quante volte devo avvertirti di smetterla?»
«Nessun numero sarà mai necessario.»
«Non ti è bastato l'ultimo assaggio? Vuoi continuare a fare l'idiota per testare le doti del fato? Non ci sarà sempre qualcuno a salvarti il culo, Nora.»
«Tu che dai dell'idiota a me?» Nora rise. «Ironico. Surreale. Persino divertente, dal punto di vista sadico della faccenda.»
Si girò per affrontarlo ma tutto ciò che vide furono occhi furiosi, occhi che l'ultima volta che avevano incrociato il suo sguardo l'avevano ferita. Non spaventata. La voce di Red, per quanto forte e rabbiosa, era rotta e debole, fiacca come il canto di un fringuello appena nato. E Nora non aveva mai avuto paura di lui. Ma quegli occhi neri l'avevano destabilizzata.
«Nora Jennings» Disse Red qualche metro più indietro. «Ti ricordi di me?»
Nora prese un grande respiro. Redard Harvey era il più grande enigma della sua vita.
«No» mentì e represse un sorriso indelicato. «Non mi ricordo di te.»
Sull'espressione di Red si dipinse un'immagine poco distinta, l'ombra di un sentimento, che Nora cercò di focalizzare. Ma dopo pochi secondi se ne andò subito.
«Perché credi che sia tanto insistente con te?»
Una parte del suo cuore sperava insistesse, la cercasse, perché si preoccupava per lei e voleva tenerla al sicuro. Ma il suo cuore era un traditore e un bugiardo, proprio come l'uomo davanti a lei, e così assecondò la ragione.
«Perché vuoi tenere al sicuro i segreti della tua setta.»
«Non siamo una setta.»
«Semantica.»
Red si avvicinò ma parve costargli. «Blaise non è contento di quello che fai. Nessuno di noi lo è.»
«Se sei qui, sai bene quanto me che non smetterò. Non mi fate paura.»
«Cos'è che fai esattamente? Ci segui e ci studi, come delle bestie?»
Nora scosse la testa, la conversazione non stava prendendo una piega dignitosa. Piuttosto che scappare, si costrinse ad affrontarlo.
«Ascoltami bene, Red. Non voglio più che ti avvicini a me se il tuo unico scopo è quello di spaventarmi o ragguagliarmi su quanto farei bene a stare alla larga da te o dalle bestie di cui ti circondi. Che siano innocenti o satanassi per davvero, poco m'importa. Ho una vita, uno scopo e non sto facendo del male a nessuno. Il pericolo che corro è solo affar mio e le vostre minacce, a dirla tutta, mi fanno scompisciare. Tra le tante domande che mi pongo e che vi riguardano, una non fa che tormentarmi: mi chiedo come riusciate a esercitare così tanto potere sull'isola quando l'unica cosa in cui siete capaci è gettare al vento il vostro futuro e fottervi la vita con le vostre stesse mani. Vivete nel buio, nel dolore e nella vendetta per niente. E finché non capirò perché lo fate o perché non cambiate, finché non capirò come rendere questo posto migliore, ovvero senza gente come voi, nessuno m'impedirà di continuare. Tantomeno tu.»
Red rimase immobile, in silenzio. La vide andare via per poi scomparire oltre la nebbia. Quindi sorrise.
•~•
Red si rigirò la bottiglia di birra tra le mani prima di alzare il braccio e fracassarla contro il muro poco distante. Dietro di lui, Geyer e Dupon seguirono il gesto e poi continuarono a camminare.
Una ragazza si avvicinò a Dupon, gli rubò la sigaretta e la finì prima che lui potesse protestare. Gli fece il medio quando lui la insultò e tornò dalle sue amiche poco più indietro.
«Senza dignità» Geyer sputò a terra. «Perché non le abbiamo fatte entrare prima? È un casino più divertente con loro nelle nostre vite.»
«Perché speravo fino all'ultimo di poter evitare almeno a loro una vita così poco dignitosa» rispose Red dando un calcio a una lattina.
Dupon e Geyer si misero a ridere.
«Secondo me meritano anche loro la possibilità di rovinare tutto» rispose il gemello e Red non si sorprese di sapere che Geyer pensava davvero, profondamente, che fosse giusto così.
«Meritano di vivere così anche loro» continuò Dupon. «Meritano opportunità che Giglio d'Oro non può dare. Meritano di lottare.»
Era sempre così con loro: una continua lotta verso un sistema che, essenzialmente, se ne infischiava. Una rivoluzione contro il sole che stava immobile, mentre la terra cadeva a pezzi. E chi davvero poteva fare la differenza, viveva lontano da lì, dentro una casa calda e profumata, a scrivere diari su diari, sognando il pericolo e rincorrendolo.
Nora Jennings era troppo per lui. La sua acuta intelligenza e la sua spericolata idiozia si mescolavano alla perfezione, rendendo il suo animo fragile e coraggioso. Certe volte, quando le stava accanto, Red doveva controllare i suoi istinti; se avesse perso il controllo, nulla gli avrebbe impedito di riportarla a casa a suon di calci in culo. Forse solo così l'avrebbe spaventata abbastanza. Ma lei si faceva beffa di tutte le sue avvertenze, non importava quante volte avesse cercato di aiutarla.
Almeno Athena aveva avuto l'accortezza di ascoltarlo e seguire ciò che diceva. Athena si era fidata di lui e adesso stava lontana da quella vita sofferta. Nora gli sfuggiva dalle mani, non sentiva ragioni. Doveva essere libera, che questo comportasse una caduta in picchiata dentro un burrone.
Red non era tenuto a salvare anche lei, aveva già altre ragazze a cui pensare, ma non riusciva a sentirsi che uno stronzo ogni volta che pensava a quegli occhi così verdi e così coraggiosi; l'istinto gli diceva di salvare lei per poter salvare il mondo.
Geyer diede un colpetto al braccio del fratello, riportandolo alla realtà.
«Ehi, cavaliere senza paura, perché non vai a farti una bella scopata?»
«Vorrei vomitarti in faccia quando dici queste cazzate.»
Geyer scoppiò a ridere. «Lo dico per te, fratellino. Hai proprio bisogno che qualcuno si prenda cura di te. Guarda che ho visto come ti guardano molte ragazze, dovresti approfittarne.»
Red rispose con un ringhio. Geyer alzò le braccia al cielo. «E va bene, va bene. Puoi sempre chiedere a qualcuno dei ragazzi, ti vogliono tutti un gran bene.»
Dupon dovette mettersi in mezzo perché Geyer non sarebbe stato abbastanza veloce da schivare la testata di Red. Quest'ultimo colpì infatti la mano di Dupon che venne rigettato all'indietro.
«Per tutti i diavoli!»
«Non metterti in mezzo la prossima volta» fu l'unico commento di Red.
Geyer stava ancora ridendo.
•~•
Il Jonas Jennings era aperto da oltre settant'anni grazie al duro lavoro del padre del nonno di Nora, e del nonno di Nora stesso, e della famiglia Jennings in generale. Si trattava di una tavola calda all'aspetto accogliente e suggestivo, con le pareti color arancio, le lanterne che calavano dai soffitti e i tavolini tondi, con dei centro tavola floreali. Era situata al centro della zona industriale, tanto lontana da The Circle quanto dalla Collina, ma riusciva a riunire a sé tutte le genti. C'erano famiglie, delinquenti appena usciti dalla prigione, innamorati, amici, depressi, scrittori, malinconici, sognatori. Il Jonas Jennings era un terreno neutrale. Chiunque tu fossi, appena mettevi piede nella locanda, lo dimenticavi. Dentro, non eri nessuno ed eri tutti. Eri trattato con rispetto e ne dovevi offrire altrettanto. Niente zuffe. Niente incidenti. Il Jonas Jennings serviva per far riposare cuore e anima. Un luogo dove scappare quando ti stancavi della vita e potevi distrarti con un buon piatto di waffle.
Sebbene tutti affluissero nel locale e l'attività andasse avanti con una certa dignità, la Banda non ci aveva mai messo piede.
Fino a quel giorno.
Nora per poco non fece cadere lo speciale del mattino mentre arrivava in sala per servire dei clienti e si ritrovò davanti Red. Era venuto per minacciarla, ancora.
Servì il cliente, avvertì il nonno che avrebbe preso una pausa, e con uno sguardo torvo riuscì a farsi seguire fin fuori dal locale. Red si era già avventurato da quelle parti, il giorno in cui le aveva restituito l'orologio di Lucie, ma non era mai entrato. Non aveva mai superato quel limite invisibile che aveva sempre tenuto Nora al sicuro.
Adesso la guardava come se trovarsi lì avesse implicato vendere l'ultimo pezzo intatto della sua anima. E con la voce ridotta a un sussurro per poco gridato, le disse: «Ho bisogno del tuo aiuto.»
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