Capitolo 13
Nora era una ragazza intelligente, responsabile e sveglia. Sapeva cosa doveva e cosa non doveva fare.
Doveva, ad esempio, aiutare la madre a gestire il Jonas Jennings. Doveva rinunciare al college per aiutare la madre a gestire il Jonas Jennings. Doveva restituire i libri alla bibliotecaria in tempo.
Non doveva, ad esempio, girare a quell'ora tarda della notte per le strade di The Circle. Non era solo pericoloso, era anche un suicidio. Questa volta però si era incamminata prevenuta: aveva con sé il coltellino di Charlotte e aveva lasciato a casa il portafoglio, il cellulare e l'orologio di Lucie. Non molto furbo, poiché il cellulare avrebbe potuto salvarle la vita. Ma non poteva permettersi di comprarne uno nuovo se glielo avessero rubato.
Armata di coltellino, coraggio e cappuccio a celare il volto, si aggirava tra la sozzura e il puzzo come se fosse casa sua. Conosceva le strade e i vicoli più tremendi per quante volte li aveva sorpassati o evitati. Conosceva ogni muro di The Circle, ogni club rumoroso, ogni angolo sporco di sangue e ogni tombino pieno di droga e sigarette marce. Non era tenuta a sapere tanto di quel mondo ma sceglieva di incamminarsi tra le tenebre per costringere sé stessa ad affrontare quella realtà. Si sarebbe sentita una codarda riconoscendo l'esistenza di una vita tremenda a pochi chilometri di distanza da casa sua. Si sarebbe sentita una perdente, una che molla, se non avesse cercato di aiutare un posto come quello o la gente che lo abitava.
Poiché era una ragazza intelligente, responsabile e sveglia, sapeva cosa gridava ogni cellula del suo corpo: che doveva lasciar perdere la Banda, e Red, per un po'. L'aveva fatto, un paio di giorni, poi la notizia si era diffusa a macchia d'olio e non aveva più resistito. Tutti a The Circle parlavano della scomparsa di Athena e di come Blaise avesse perso la testa. E lei doveva vedere con i suoi occhi per scrivere notizie certe. Arrivare alla Tana non era stato complicato, conosceva a memoria ogni singola pietra che portava alla serra, ma lì aveva trovato solo un mucchio di ragazze vestite di stracci che seguivano e gridavano quella che sarebbe presto diventata una lotta. Aveva assistito agli incontri tra i membri della Banda più volte ma non era mai riuscita a rimanere fino alla fine, spesso le veniva da vomitare prima. Quando vide Geyer togliersi la maglietta e Red fissarlo con sguardo annoiato, si costrinse a trattenere un gemito di dolore. Li aveva visti combattere altre volte e poteva intuire come si sarebbe svolto lo scontro. Geyer sembrava un animale, con gli occhi rossi e la bava che usciva dalla bocca. Un animale rabbioso.
Anche Red aveva un che di bestiale, ma in tutto un altro senso. Era elegante, posato e attento a ogni piccolo movimento del gemello. Era paziente, equilibrato e non moriva dalla voglia di prendere a calci nel culo Geyer. Anche perché non lo avrebbe fatto. Si sarebbe concesso un singolo pugno, micidiale come dieci, e poi avrebbe incassato diversi colpi.
Nora ancora non riusciva a capirne la dinamica, Red era più grosso e forte di Geyer eppure veniva sconfitto, ogni singola volta. Nessuna delle sue analisi riusciva a rispondere a quei quesiti.
L'incontro non si svolse, qualcuno lo interruppe. Una decina di minuti dopo quattro membri della Banda, tra cui c'erano i gemelli, scomparvero tra le ombre, lontani dalla serra. Le ragazze vennero raccattate da i membri rimanenti, rimasero lì a discutere per un po', e poi tutti scomparvero da quel buco.
Nora si era già incamminata al seguito dei quattro, aggirandosi silenziosa e nascondendosi tra le ombre. Li seguì vigile a non farsi né sentire né vedere, restava indietro per mettere spazio e tempo tra di loro, ma era svelta a raggiungerli. Red sembrava ansioso, con le spalle rigide, mentre negli occhi di Geyer saettava uno strano entusiasmo.
Le ci volle qualche istante di troppo per capire dove erano diretti e la paura le fece rizzare i peli su tutte le braccia. Se The Circle era il male, quella via era l'Inferno. Nessuno, nemmeno la Banda, osava avvicinarsi a quella terra bruciata, resa schiava dalla malattia e dalla disperazione. Si trattava di una proprietà abbandonata da qualche anno grazie alla quale in tutto Giglio d'Oro aleggiavano leggende e storie tremende per spaventare i bambini o tenerli buoni.
Nora si fermò e le mancò un battito. Quello era troppo. Non poteva seguirli. Fece dietro front e decise che per quella sera bastava. Non aveva guadagnato molto ma poteva accontentarsi. Tutto pur di non sacrificare quel poco della sua anima e non seguirli nell'inferno su terra.
Le minacce di Red non erano servite poi a molto, l'indomani Nora si sarebbe messa di nuovo sulle loro tracce; aveva bisogno di risposte, aveva bisogno di capire. I perché aleggiavano nella sua testa e annegavano nella confusione. Non sapeva, non poteva rispondersi. Aveva valutato l'opzione di chiedere ad Athena ora che era fuori dal giro ma non sapeva dove fosse andata. I suoi zii dovevano mantenere il segreto se volevano che l'adozione andasse a buon fine e lei non avrebbe mai rovinato il piano, pur sacrificando le sue ricerche.
Mentre evitava pozzanghere e malavita come meglio poteva, pensò che Athena le sarebbe mancata all'orfanotrofio. Non parlavano mai tanto ma si osservavano a vicenda come a volersi studiare. Nora era abituata agli sguardi lunghi ed era una vera maestra a ricambiarli. Non si faceva intimorire né si vergognava, poteva sostenere uno sguardo per ore.
Gestire i bambini adesso, da sola, sarebbe stato più complicato e la mancanza di Athena si sarebbe fatta sentire per molto tempo. Nonostante si ostinasse a dire il contrario, la Bianca amava quei bambini e aveva sempre cercato di proteggerli e sostenerli come poteva. Lo stile di vita che conduceva lo lasciava fuori, sulle scale che portavano alla porta sgangherata dell'orfanotrofio; dentro, assieme a tutti quei bambini maledetti e soli, lei rappresentava l'unico appiglio a una vita vagamente decente.
Ora che era andata via, non solo la Banda sarebbe stata preda del caos e della confusione.
Nora era concentrata su Athena, sui bambini, sulla malavita che la circondava, ma non osava mai tenere bassa la guardia. Non a The Circle. Non in quella vita. Un minimo rumore e poteva finire tutto. La mano saettò verso la tasca e afferrò il coltellino cercando di infilarselo nella manica e non farlo scintillare nella notte. Un passo falso e sarebbe passata in svantaggio.
Continuò a camminare fingendo di non aver sentito nulla, fingendo ingenuità, stupidità. Era un'ottima maschera contro l'ignoranza che navigava per quelle acque putride.
L'ombra uscì da un vicolo stretto, poco raccomandabile, e si mise a seguirla. Nora sperò di non essere tradita dal battito del suo cuore, che pompava così forte e con così tanta determinazione da metterla in pericolo. Accelerò impercettibilmente il passo.
I lampioni erano quasi tutti spenti e la luna era scomparsa dietro qualche nube, comunque la sua luce non sarebbe bastata ad aiutarla in quella notte tremenda. Svoltò per una strada, sentì in lontananza una serie di macchine di passaggio ma non sognò nemmeno per un secondo di correre verso di loro per chiedere aiuto; come tutto nel quartiere, potevano essere pericolose, forse persino un male ancora più tremendo di quello che la stava seguendo.
Nora sapeva che prima o poi sarebbe arrivato un giorno pericoloso, un giorno in cui avrebbe dovuto affrontare le insidie che si ostinava a sfidare, e quel giorno era arrivato. Con ogni probabilità era inseguita da un malvivente che voleva solo derubarla. Non si concesse di pensare alla peggiore ipotesi, non se voleva sopravvivere. Doveva impiegare tutte le forze in un piano e anche alla svelta. Girò per una serie di strade parallele cercando di sviarlo e seminarlo e si concentrò così tanto sui suoi piedi che alla fine temette di essersi persa.
Un cassonetto che si spostava, una busta di plastica che veniva schiacciata da un passo non proprio felpato. L'ombra la stava ancora seguendo, non avrebbe lasciato la preda tanto in fretta.
Nora si mise a correre. Non aveva tempo e aspettare serviva solo a prolungare la condanna. Il suo inseguitore le andò dietro senza mezzi termini e un solo sguardo alle sue spalle le fece accapponare la pelle. Non uno, ma due malviventi. Un uomo e una donna, che tendevano le mani disperati nella sua direzione.
Continuò dritta per la sua strada riducendo il rumore dei suoi gemiti strozzati al minimo. Voleva evitare di attirare ancora di più l'attenzione. Preferì passare nell'ombra, a ridosso dei muri, nelle periferie, per evitare di venir fermata da folle frementi che non avrebbero esitato a lasciarla in pasto ai lupi.
Ma quello non era il suo ambiente, non aveva mai capito fino in fondo come proteggersi adeguatamente per la sopravvivenza a The Circle. Chi la stava inseguendo invece sì. E anche molto bene.
La raggiunsero e la acchiapparono per le spalle, spingendola contro un muro per frenare la sua corsa. Nora protese le mani e sentì un orribile scricchiolio alla base del polso. Sperò di non esserselo rotto mentre rotolava per terra e si faceva scudo con le braccia.
Le due ombre incombevano su di lei, i lori petti magri si abbassavano e si alzavano velocemente, reduci di una corsa mortale. La donna aveva i capelli lunghi, scuri come la notte che la circondava, ma secchi e putridi, le punte si andavano ingrigendo. L'uomo era alto ma secco, dalle spalle appuntite e la barba troppo lunga per un viso così emaciato. Avevano entrambi in mano dei coltelli grezzi e sporchi. Un solo graffio di quei così e sarebbe stata infettata delle peggiori malattie.
«Non ho niente con me» sputò addosso a loro mentre tentava di farsi indietro, strisciando sull'asfalto freddo e puzzolente. Ignorò un conato e mandò giù anche la paura. «Non ho soldi o beni. Non ho niente!»
«Hai dei vestiti» sibilò la donna tra i denti marci. «Hai dei bellissimi capelli. Hai della biancheria e un viso così carino, così giovane.»
L'uomo sogghignò. «Hai una collana e delle scarpe.»
«Tutto ciò che ci serve» continuò la donna.
Nora indietreggiava ma loro si facevano avanti, i coltelli puntati nella sua direzione.
«Io...» Non sapeva cosa dire. Non li avrebbe implorati. Però non voleva morire o peggio. Poteva scendere a compromessi, dare le sue scarpe e la sua giacca, sfilarsi persino il reggiseno se fosse stato utile, ma dubitava che si sarebbero accontentati. Era raro trovare una ragazza con i capelli così puliti e lo sguardo così privo di miseria in quelle vie. Per loro, Nora era un gioiello da poter vendere e utilizzare.
«Razza di feccia!» tuonò qualcuno alla base del vicolo. «Siete schifosi come i topi.»
I due puntarono i loro sguardi famelici verso il salvatore di ora, stringendo le labbra o ringhiando come bestie.
«Fatti da parte!» gridò la donna, la più grintosa della coppia.
«Oppure?» mormorò una seconda voce, profonda, minacciosa.
«Questo è il nostro territorio» disse una terza voce e sebbene Nora fosse più preoccupata per gli assalitori che per i salvatori, non poté impedirsi di tremare.
I due impallidirono, se mai fosse stato possibile. Nora notò la paura farsi strada sulle loro facce, mentre i coltelli prendevano a tremare. L'istinto e l'intuito le dicevano chi la stava salvando. Contro ogni sua immaginazione, la Banda la stava in qualche modo proteggendo. Forse le avrebbero successivamente fatto del male, ma poi ricordò che non era così che agivano. Tutti quei ragazzini che comandavano sulla città erano malati, aggressivi e fuori come dei cavalli, però non erano assassini. C'era da temerli perché potevano infiltrarsi nella mente, corrompere o minacciare, fare molto male, certo, ma c'era un limite a tutto.
I tre membri della Banda vennero avanti mentre i due indietreggiavano.
«Ce ne andremo» mormorò l'uomo. «Subito dopo aver finito con lei»
Si chinò e afferrò Nora per i capelli, tirandola su in piedi. Il dolore e la sorpresa le strapparono un urlo e i suoi piedi, sebbene impuntati sul terreno, la trascinarono via appresso a lui. Cercò di divincolarsi e tirargli un calcio, quando ricordò della presenza della sua arma.
Ruotò il polso dolorante e il coltellino scivolò sul palmo. Lo fece scattare e lo agitò in avanti, colpendo la pelle rugosa della spalla dell'uomo. Questo gridò e la lasciò andare. Nora si mise a correre verso la salvezza.
Ormai i membri della banda li avevano cacciati e non si sarebbero più preoccupati per lei. Vide un lampione acceso, la luce tremolava ma le sembrava un segno di speranza. Oltre quello una delle vie principali. Dopodiché la civiltà e forse sarebbe stata salva.
Uno sparo squarciò l'aria e Nora si rannicchiò a terra di riflesso. I polmoni si compressero nell'impatto mentre si girava per capire da dove fosse arrivato. La donna, pochi metri dietro di lei, aveva la pistola puntata verso la sua direzione, il fumo che si alzava da sopra la sua mano.
«Non ti muovere!» le ringhiò contro e Nora rabbrividì, tremò, rischiò di rigettare. Come aveva fatto a non vedere la pistola? Forse la donna la teneva nascosta nella cintura, sotti i vestiti, ma era così magra che un affare del genere avrebbe dovuto spuntare all'occhio.
La donna cominciò ad avvicinarsi ma del suo compare nemmeno l'ombra. Forse Nora l'aveva ferito più profondamente di quanto avesse voluto o forse era rimasto vittima della Banda. Non le importava.
«Mi darai quel che voglio, ragazzina, hai capito?»
«E cosa vuole?» le ringhiò contro a sua volta. «Non ho soldi e non ho intenzione di spogliarmi per lei. Vuole la mia giacca, la prenda pure, sono felice di regalargliela se servirà a tenerla al caldo la notte. Tenga.»
Gliela lanciò con un gesto si sfida e si strinse tra le braccia, cercando di non rabbrividire. La donna rimase interdetta per qualche secondo ma non si lasciò prendere contro piede.
«Mi prendi per il culo ragazzina? Non mi faccio fottere da una bastarda come te, capito? Dammi le scarpe, ora!»
«Devo camminare fino a casa.»
La donna rispose alzando la pistola e Nora fece un passo indietro. Si piegò e si tolse le scarpe. Le lanciò contro la donna, cercando di distrarla o persino disarmarla, ma riuscì solamente a colpirla sul naso.
«Puttana!»
Nora si mise a correre per la terza volta quella notte, il fiato bloccato in gola e il freddo che penetrava fin dentro le ossa. Ignorò la lacrima che stava colando sulla guancia ma non poté ignorare il secondo sparo. Il proiettile questa volta non era volato tra le stelle, ma le aveva sfiorato l'orecchio. Il suo grido squarciò la notte, rimbombò in tutte le strade buie e tristi di The Circle.
Cadde a terra, le forze le vennero meno. Questa volta la donna non avrebbe sbagliato mira. Nora stava ancora tremando, ingoiando i singhiozzi e la paura, quando un terribile rumore di ossa che si rompevano interruppe il silenzio alle sue spalle.
La donna era a terra, pochi metri alla destra di Nora, con i capelli davanti agli occhi, apparentemente svenuta. La pistola era volata chissà dove lontana dalla sua traiettoria.
«Nora?»
Lo sgomento fu tanto che, nel girarsi, Nora si lasciò cadere a terra. Alzò gli occhi e li incastrò in quelli scuri di Red, che la stavano osservando con le sopracciglia aggrottate. Aveva una mano chiusa a pugno, la schiena piegata come avesse appena sferrato un attacco. Nora ci mise qualche secondo per collegare tutti i fili: Red che stordita la donna. Red che la salvava.
La stava guardando dall'alto, le labbra storte in una smorfia.
«Nora?» ripeté lui, ma la voce non tradiva alcuna emozione.
Nora saltò in piedi. Un'occhiata alle spalle del ragazzo le disse che era solo, nessun segugio appostato nell'ombra, nessun altro membro in vista. Così si girò e prese a camminare lontano da lui.
«Nora?» continuò a chiamarla Red. «Nora!»
La ragazza continuò fingendo di non averlo sentito. Non voleva che lui la vedesse piangere. Era talmente impaurita, talmente stordita, che non si concesse nemmeno un secondo per apprezzare il suo arrivo. Avrebbe dovuto ringraziarlo, forse chiamare un'ambulanza per la donna stesa a terra, ma tutto ciò che riusciva a pensare era andare via da lì, più lontana possibile da lui e da tutti i casini che portava.
Ma Red era veloce, Red era forte. Era un membro della Banda, un ragazzo pieno di segreti, guai e specialità. La raggiunse facilmente, tra le braccia le scarpe e la giacca di Nora.
«Stai dimenticando qualcosa.»
Lei prese tutto con un gesto esitante e proseguì senza guardarlo negli occhi, senza parlare.
«Nora, fermati.»
Sembrava un ordine. Era un ordine. Così Nora continuò a camminare. Red le si mise davanti, sbarrandole la strada, e protese le braccia verso di lei. Ci ripensò subito e le lasciò cadere lungo i fianchi. Non l'avrebbe toccata.
«Nora»
«Che vuoi?»
«Che cosa ci fa qui?»
Dal momento che, se avesse ripreso la sua marcia, Red avrebbe trovato un modo per fermarla ancora, Nora sfruttò quella pausa per ricomporsi, prima una scarpa, poi l'altra, poi la giacca. Il calore si espanse sulla sua pelle come una coperta ma era ancora troppo tiepido per avvolgerla completamente e dissipare il gelo.
«Grazie per avermi aiutato. Quanto forte hai colpito quella donna?»
L'espressione di Red era indecifrabile, ogni angolo della sua faccia irraggiungibile. Nora era brava a capire le persone, le loro emozioni, ma Red era uno scrigno sigillato. Lo era sempre stato.
«Abbastanza forte ma si riprenderà. Se lo meritava.»
«Non ne dubito.»
Tentò di andarsene ma Red glielo impedì, come previsto.
«Ti ripeterò la domanda e mi aspetto una risposta questa volta. Che cosa ci fai qui?»
Questa volta Nora alzò lo sguardo. Cercò di tenerlo fermo, di essere vagamente decisa nella sua stizza, e sperò che le lacrime non tradissero il suo impegno.
«Senti, grazie per essere intervenuto, davvero, ma adesso voglio andare a casa. Mi lasci passare?»
Red si spostò senza dire una parola. Ma non se ne andò. Si mise al suo fianco e cominciò a camminare accanto a lei.
«Che cosa stai facendo?»
«Ti accompagno a casa.»
«Non se ne parla.»
La conversazione morì. Nora non voleva assolutamente che Red la seguisse, che scoprisse dove vivesse, ma l'idea di camminare ancora da sola per quelle strade la terrorizzava. Non aveva mai avuto così paura, non era stata mai così vicina a una fine tanto brutta. Questa era la vita a The Circle, questo era il prezzo da pagare se si rischiava di finirci in mezzo.
Nora aumentò il passo gradualmente tentando di seminarlo ma era impossibile, poiché con Red qualsiasi battaglia era persa in partenza.
«Ti avevo avvertito» disse dopo un po', spaccando il silenzio. «Ti avevo detto di non seguirci più.»
«Non vi ho seguiti» mentì lei e si morse le labbra. Stava giocando con un Bugiardo. Pensò alla sua mossa sbagliata troppo tardi ma non si corresse.
«Ma perché lo fai?»
Quando lo vide con la coda dell'occhio, le parve di tornare a dieci anni prima, quando non aveva ancora la brutta fama, quando viveva sulla sua stessa strada, prendeva la bicicletta, andava a scuola e ci rimaneva.
«Non capisco perché t'interessi tanto.»
«Non m'interessa, infatti. Cerco di proteggere la mia gente.»
La sua gente. Era la gente di Blaise, lui contava quanto una pedina nel gioco degli scacchi.
«Proteggere da cosa? Credi che rappresenti un pericolo?»
«La tua curiosità è pericolosa. La tua insistenza e il tuo coraggio lo sono altrettanto.»
Nonostante le lacrime fredde sul volto, le mani che tremavano e il freddo che albergava ancora dentro di lei, la voce di Nora si spezzò in una risata. Breve ma intensa.
«Coraggio» ripeté con enfasi. «Adesso so perché ti chiamano il Bugiardo.»
Com'era tanto bravo a fare, Red rimase in silenzio. Non era un uomo di grandi parole. Era un uomo dai grandi gesti però. L'aveva salvata. Le aveva ridato l'orologio di Lucie. L'aveva avvertita, cercando di salvaguardare sé stesso, ma forse anche un po' lei.
«Non voglio più trovarmi in una situazione in cui devo ricordarti da cosa dovresti tenerti lontana. Ho sempre pensato tu fossi sveglia ma stai mettendo a dura prova i miei ricordi e le mie sicurezze.»
Quelle parole la ferirono. Red non poteva parlare di ricordi. Non lui, dopo che aveva abbondato il passato senza sforzi. Senza rimorsi.
«Non devi ricordarmi proprio niente, infatti. Non devi dirmi cosa o cosa non fare. Non devi aiutarmi, non devi salvaguardarmi, non devi avvertirmi. Nessuno te l'ha chiesto. So badare a me stessa e le tue minacce non servono a niente.»
«Non ti ho mai minacciata.»
«Sì, l'hai fatto, svariate volte. Lo stai facendo anche ora.»
«I miei sono suggerimenti.»
«Suggerisci a qualcun altro allora.»
Il buio che li circondava poteva ingannare, ma Nora fu quasi certa di aver visto un sorriso spuntare sulle sue labbra dure. Red era un ragazzo di vent'anni, dai folti capelli castano ramati che si andavano allungando sempre di più e che spuntavano a ciuffi dietro le orecchie. La sua risata o il suo sorriso non passavano inosservati. Era così uguale e allo stesso tempo diverso dal gemello Geyer.
La stava riaccompagnando a casa, tanto per cominciare.
«Ti fermi qui» gli disse Nora dopo aver attraversato la strada. Si ritrovarono nell'unica parte decente di The Circle, quella che confinava con la zona industriale. La via che portava alla casa di Nora.
Red non protestò. Si fermò con i pugni immersi nelle tasche dei jeans logori.
«Sei ferita.»
«Cosa?»
«Sul ginocchio, sui palmi e sulla spalla. Sei ferita. Per non parlare della tua faccia, che è un disastro.»
Nora abbassò lo sguardo per un'analisi veloce e poi le sue dita atterrarono sulle guance gelate. «Oh, beh, grazie tante.»
«Non lasciare che la paura ti plasmi l'espressione. Sembri un rottame solo per questo. Sei ancora terrorizzata.»
Non voleva ammetterlo ad alta voce, non con lui, ma non poteva nemmeno negare.
«Mi riprenderò.»
Negli occhi neri di Red esplose un'emozione. Una scintilla. Piccola, fulminea, ma abbastanza sorprendente che Nora ne vide l'azione. La vide passare. E non poté far finta di niente.
«Tu stai bene?»
Lo sgomento lasciò il posto a un altro sorriso, più stretto e meno convincente.
«Mi chiedi se sto bene?» domandò ridacchiando Red.
«Ti sembra tanto strano?»
«Quasi assurdo, sì. Sto bene, certo che sto bene, non sono io che ho rischiato la pelle questa notte.»
«Nemmeno io. Me la sarei cavata.»
Rimasero in silenzio. Red la guardò con una tale intensità da lasciarla senza fiato. Se non fosse già stata sconvolta dagli eventi precedenti, probabilmente sarebbe arrossita oppure inorridita. Non sapeva come interpretare quegli occhi tanto neri da sembrare viola, tanto oscuri ma essere luminosi.
«Sì, certo» borbottò lui infine, da come rimaneva piantato all'asfalto non sembrava voler andare via. Nora temette che sarebbe rimasto lì fino a che non fosse stata lei ad andare via, a correre a gambe levate. Contro ogni irragionevole movenza, lei rimase ferma.
«Grazie, Red» si costrinse a dire senza arrossire. «Se non fossi intervenuto, non so cosa ne sarebbe stato dei miei vestiti.»
Battuta scarsa ma che servì ad alleggerire la tensione. Nora si rese conto che era la prima vera loro conversazione dopo anni. E anche allora, non avevano mai parlato molto.
«Non l'ho fatto per i tuoi vestiti.»
«Sì, beh, anche il mio corpo ti ringrazia. Una pallottola in mezzo agli occhi sarebbe stata complicata da spiegare a mia madre.»
Red storse la bocca. «Non dire queste cose.»
«Stavo scherzando.»
«Non dovresti scherzare sulle pallottole che ti perforano il cranio.»
La gola di Nora si chiuse di colpo, come un rubinetto otturato. La sua voce era... dolce.
«Non preoccuparti per me.»
Bastò un attimo, una parola sussurrata di troppo, un'emozione esposta troppo velocemente. Red si trasformò nella bestia che, chissà per quale motivo, stava tenendo a bada.
«Non mi preoccupo per te. Non mi preoccupo per nessuno.»
Nora non si lasciò intimorire. Il cambio repentino di tono e di comportamento l'avevano messa sull'attenti, sempre schiva. Era appena cominciato un gioco pericoloso.
«Bugiardo.»
«Eh sì, io mento, Nora. Dovresti averlo capito da qualche tempo ormai.»
Una velata insinuazione, dalle molteplici facce. Astuto da parte sua, confondere la preda, trarla in inganno. Nora si sentiva stordita, ma decise di insistere. Fece un passo avanti e gli puntò un dito contro mentre cercava di placare il suo cuore.
«Sì, tu menti ma non a me. Ti fai chiamare il bugiardo perché è a loro che menti.»
Red s'irrigidì ma la sorpresa durò il tempo di un respiro. Rise, di gola, scuotendo il capo.
«Non è così. Se lo pensi, sei una sciocca.»
«Ah, no?» Nora stette al gioco, muovendo le dita agilmente sulla fiamma cocente. «E allora dimmi com'è, Red. Dimmi perché tu, tra tutti, sei l'unico che interagisce con una ragazza senza lo scopo di farle del male. Te lo dico io il perché: menti a loro su chi sei e su cosa vuoi essere. Non sei come loro, sei un bugiardo.»
«Ora basta.»
«Smettila di mentire, Red. Tu non sei così.»
«Ho detto basta!»
Il tuono della sua voce fu più forte dello sparo, più pericoloso, più tremendo. Nora sobbalzò e si fece indietro. Nei suoi occhi era riflessa la stizza e la rabbia di Red che non si vergognò a mostrare.
Mentre si girava per scappare, inciampò e la scarpa slacciata scivolò via dal piede, rimanendo aggrappata a un tombino. Non si fermò quando Red la chiamò dall'altra parte della strada. Non si fermò quando le lacrime rischiarono di farla soffocare.
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