Capitolo 11
«Com'è la ragazza nuova?» chiese May poggiando il cestino dei popcorn sul comodino.
Thorne, al suo fianco, si allungò per afferrare la bottiglietta d'acqua. Ne bevve un sorso prima di rispondere.
«Non dirmi che sei gelosa.»
«Sei qui con me, perché dovrei essere gelosa?» chiese May con disinteresse.
«Perché è bellissima.»
May arrossì e arricciò le dite dei piedi. Thorne non le aveva mai detto che era bella. Improvvisamente provò un'invidia cieca per la nuova ragazza nella casa. Lei aveva tutto.
«Com'è, a parte bellissima?»
Thorne sorrise e si sdraiò sui cuscini del letto di May, tirandosela sul fianco. Stavano un po' stretti, il materasso era fatto per una sola persona, ma entrambi erano così magri che abbracciati valevano per uno.
«Ha gli occhi grigi, è un po' bassina e ha i capelli più corti dei tuoi, castani come quelli di Gabo o King. Gabriel è terrorizzato da lei e Jemily non è uscita dalla sua camera per cena, ha detto che voleva rimanere a sorvegliare Otto ma secondo me si vergognava. Raymond è stato il solito burlone, ha provato a metterla a suo agio ma lei sembra un tipo duro. Non ha riso nemmeno una volta. Credo che ci detesti.»
«Come si chiama?»
«Athena. Non so il cognome.»
May s'irrigidì di nuovo e spalancò gli occhi. Lei conosceva un'Athena, era il fantasma di The Circle. Scorrevano tante leggende di quartiere sulla Bianca ma era possibile che si trattasse di tutt'altra persona. Doveva essere così. May non si sentì più tanto invidiosa.
«Ehi, tutto bene?»
«Sì» mentì lei. «Quindi non ride. Poverina.»
«Già.» Thorne rise, come a sottolineare che lui proprio non poteva farne a meno. Il muro tremò sotto potenti scossoni e una vocina attutita ringhiò contro di loro di stare zitti.
«Ha bisogno di un ragazzo» sbuffò May poggiando la guancia contro il petto di Thorne.
«April ha solo quindici anni, è ancora una bambina.»
La porta si aprì piano cigolando ed entrambi sbirciarono da sopra il filo della coperta. Hotch Stone fece la sua entrata in punta di piedi, uno scaricatore di porto con indosso un tutù e una mano a coprire gli occhi.
«Qualsiasi cosa stiate facendo, smettete» bofonchiò facendo una smorfia.
«Stavamo solo parlando» rispose May sbuffando.
Il padre tolse la mano e sorrise, avvicinandosi. «Sono venuto per ritirare i popcorn e come missionario da parte della signorina April, vi chiede di fare gentilmente silenzio.»
Di tutta risposta, May allungò un braccio e diede qualche pugno contro il muro. Il padre sorrise ancora.
«Glielo riferirò. Buonanotte ragazzi, non combinate guai.»
«Notte pa'.»
«Notte signor Stone.»
Rimasero qualche istante in silenzio poi Thorne scoppiò di nuovo a ridere, era più forte di lui. «Tuo padre è un tipo forte.»
«Lo dici solo perché ti lascia dormire nel mio letto tutte le notti.»
«E perché prepara una colazione da urlo.»
«Già, era la specialità di mia nonna.»
Thorne lasciò un bacio nei capelli di May, era impossibile per lui resistere all'esigenza di tenerla stretta a sé. «L'unica specialità della mia è sorridere. Non fa altro dalla mattina alla sera.»
«A parte dare retta a un branco di disadattati come voi» aggiunse May con un'occhiatina frecciata.
Thorne abbassò gli occhi su di lei. «Beh, non le riesce molto bene. Io sto qui. King probabilmente ancora non è rientrato.»
«Ma dov'è che va tutte le notti?»
«E chi lo sa? Non glielo abbiamo mai chiesto e Gabo non ce lo vuole dire.»
May non aggiunse altro, respirò l'odore della pelle fredda di Thorne.
«Thorne?»
Sentirla pronunciare il suo nome era come un sentiero che lo portava a casa. Una casa che non aveva mai avuto, non davvero, ma che improvvisamente cominciava a esistere. Ecco perché andava da lei tutte le notti, ecco perché non riusciva a ricordarsi un tempo in cui May non fosse esistita al suo fianco.
«Sì?»
«Perché stiamo insieme noi due?»
La domanda non lo sorprese, non come avrebbe dovuto, perché lui se lo chiedeva in ogni istante da quando l'aveva incontrata e ancora non avevo trovato una risposta. Quindi fu sincero, le disse che non lo sapeva.
Thorne era semplice, sapeva solamente che qualcosa in lei gli creava dipendenza. Doveva solamente scoprire cosa. Il profumo o i capelli? I fianchi o le mani? Il sorriso o gli occhi? Forse non era niente, o forse era semplicemente tutto. Forse era lei.
«May?»
«Sì?»
«Non hai dei sogni o degli obiettivi?»
«No. Nemmeno uno.»
«Neanche io.»
«Bugiardo!» ribatté May mordicchiandogli la spalla. «Tu andrai a Londra alla fine dell'anno. Ti trasferirai da tua zia Annabeth che ha già pronto un lavoro per te.»
Thorne sentì il suo cuore rimpiccolirsi fino a scomparire. Quello di May batteva per entrambi.
«Non lo so» confessò con sincerità. «Delle volte mi sento talmente perso che perdo la voglia di ritrovarmi. Preferisco non essere nessuno ed essere scordato piuttosto che venir ricordato per qualcuno che non volevo essere.»
May non aggiunse altro. Non serviva che gli desse ragione o che dissentisse. Lei capiva. E questo bastava.
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