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Parte 9

L'orologio appeso al muro del soggiorno di casa sua segna le ventidue e venti, lei ha appena finito di preparare due tazze di camomilla ed io mi sto specchiando nel riflesso della bevanda. Le mie lacrime si sono finalmente placate, ma il rossore e il bruciore dei miei occhi sono ben marcati. È quasi buffo come io abbia sperato ogni giorno di avere un momento con lei, da sola a parlare, ma che la circostanza in cui stia accadendo è per un mio malessere.  
- Ti ringrazio, molto meglio che starsene al freddo - rivolgo la mia attenzione alla mora, intenta a sciacquare il bollitore. Una volta finito viene a sedersi al tavolo e, dopo aver bevuto un sorso, un'espressione sofferente compare sul suo viso, mischiato ad una leggera disapprovazione.
" Di niente, tranquilla. Aspetta a bere comunque, è incandescente " sorrido guardandola, pensando sia buffa e infantile per l'espressione di rancore rivolta alla tazza, ma comunque bellissima.
- Non ti risponderà nemmeno se la insulti, lo sai vero? - trattengo una risata. Lo sguardo che mi riserba mi da il colpo di grazia. Il broncio da bambina, le sopracciglia corrucciate e il labbro inferiore sporgente. Non ce la faccio a trattenermi, iniziando a ridere mentre mi alzo per prendere distanza, avendo paura possa rincorrermi per vendicarsi.
" Quando sorridi è meglio " tenendo gli occhi chiusi per riflesso, non vedo il momento esatto in cui mi raggiunge, ma la sua presenza cattura la mia attenzione per un momento. Faccio un passo indietro credendo voglia darmi un pizzicotto o farmi qualche dispetto ma, al contrario, mi accarezza il capo. 
" Dai, torniamo a sederci, che con la fortuna che ho la troverò fredda se ci mettiamo a parlare qui " il suo cambio di umore mi destabilizza sempre, ma faccio come dice. Mi sento quasi una bambina per la serenità e la gioia interiore che sto provando, tutto causato da un suo gesto innocuo. Si siede difronte a me solo dopo aver preso lo zucchero e un cucchiaino, mettendone prima a me e poi a lei. Senza nemmeno accorgermene ho iniziato a fissarla, compiacendomi interiormente della sua gentilezza, delle sue movenze e della sua bellezza. Ritorno in me solo quando sento il cucchiaino tentennare contro la tazza, rendendomi conto che ormai ha finito di mescolare e posso iniziare a bere. Cala per qualche momento il silenzio che, per quanto mi riguarda, non è imbarazzante ma di conforto. Cerco di far mente locale di tutto quello che è successo nelle ultime ore, delle frasi che effettivamente sono state dette, dei gesti compiuti. Accantono i miei dubbi momentanei, i miei pensieri e la mia opinione sulla cosa, cercando di essere oggettiva almeno nel racconto per quanto so sia difficile. Di sottecchi la osservo tra un sorso e l'altro, constatando non abbia smesso di guardarmi per tutto il tempo. Non riesco a intendere quali pensieri le passino per la testa, ma è sicuro che nessuno, in tutta la mia vita, ha posato gli occhi su di me con così tanta insistenza e audacia. Il suo interesse è così genuino, senza voler nulla indietro, che ne sono affascinata. 
- Ti dispiace se finiamo di bere e poi apriamo il discorso? Ho bisogno di rilassarmi un attimo e schiarirmi le idee, non voglio parlare a vanvera - mi metterebbe a disagio non saper raccontare gli avvenimenti senza un filo logico.
" Certo, nessun problema " ed entrambe ritorniamo a prestare attenzione alla bevanda calda, al calore che emana e, tra un sorso e l'altro, a noi due.

Siamo sedute a circa un metro di distanza l'una dall'altra sul suo divano ad angolo. Io ho le gambe incrociate, le braccia lasciate cadere al centro e le mani che si torturano a vicenda, mentre lei ha la schiena appoggiata sul cuscino nell'apertura dei novanta gradi, le gambe piegate con le ginocchia verso l'alto e le braccia al di sopra incrociate. Siamo una davanti all'altra, il suono del ticchettio dell'orologio rimbomba ovattato alle mie orecchie.
- Io... Non so da dove cominciare, sono sincera - da cosa potrò mai partire per farle capire la situazione? Non ne ho idea. 
" Ti va di dirmi intanto cosa è successo stasera? Da li poi ci collegheremo ad altro " sospiro.
- Effettivamente parlando, io ho una visione molto confusa della cosa - comincio prendendo coraggio. A parte con Sally, non mi sono mai confidata con nessuno riguardo la mia famiglia, è una cosa davvero nuova per me. 
- Il minuto prima stavamo conversando tranquillamente e, l'attimo dopo, sono scoppiati l'uno contro l'altro - passo una mano tra i capelli per il nervosismo, andando poi a giocare con le punte dei capelli per un momento.
" Quindi qualcosa li ha fatti scattare, giusto? " annuisco col capo.
" Hanno detto o fatto qualcosa che li ha irritati? Sai se ci sia una lite in corso? Sarebbe comprensibile la loro reazione " sto davvero apprezzando che non mi compatisca, ma che analizzi la situazione in modo razionale. 
-  È partito tutto dopo che ho domandato se, quest'anno, avremmo fatto un viaggio insieme o una gita di famiglia. Sono anni che non ne facciamo e mi mancano, credevo fosse qualcosa di carino da progettare insieme... - sento lo sconforto salire.
" E si sono arrabbiati per questo? Avete problemi economici per caso? " muovo la testa lateralmente per negare la cosa.
- I soldi non sono un problema, ma il loro rapporto... - mi schiarisco la voce, per evitare che il nodo in gola che sento continui a stringersi sempre di più.
- Negli ultimi mesi nessuno dei due è quasi mai a casa, ma quando riusciamo a riunirci per cena se ne vanno entrambi appena abbiano finito, chi in camera e chi in sala... - sbuffo per scaricare la tensione, lei ascolta in silenzio.
- Anche se non me lo dicono apertamente, è ovvio che ci sia un problema o non discuterebbero tutto il tempo e riusciremmo a goderci del tempo tra noi... - mi sento davvero esausta.
- Io so che è normale avere dei problemi con i genitori o che tra di loro, a volte, ci siano incomprensioni o differenze di opinioni. Non metto nemmeno in dubbio che sia consuetudine andarsi contro in una famiglia, può capitare, però... -
" Senti che c'è qualcosa che non ti dicono e che sta rovinando il loro rapporto? " annuisco, ha centrato il punto. 
" Capisco... " mi porge una mano mentre con l'altra picchietta il posto in mezzo alle sue gambe. 
" Dai vieni qui, stai gelando " accompagnando il gesto con un sorriso dolce. Esito per i primi secondi, non sapendo se sia la cosa giusta da fare, ma il bisogno di affetto e di conforto che sto provando è più forte di qualsiasi razionalità. Mi siedo tra le sue gambe, appoggiando la mia schiena sul suo petto e mettendomi comoda, senza però schiacciarla sotto il mio peso. Trova anche lei la sua posizione e mi abbraccia, andando poi con le sue mani a giocare con le mie. Sento il suo respiro tra i capelli solleticarmi l'orecchio, ma non è una sensazione che ritengo sgradevole. È calda, davvero tanto, rispetto a me che ho i brividi e sono fredda. Credevo mi sarei sentita a disagio, che avrebbe fatto qualcosa di inappropriato, invece non accenna a nessuna azione fraintendibile.
 

Una sensazione di tranquillità e calma inizia a farsi strada al posto delle emozioni negative che sto provando. La mia attenzione ricade sulle sue mani tra le mie, notando quanto siano più grandi e bollenti. 
" Ti senti meglio? " la sua voce mi risveglia dal mio stato di trans momentaneo. Annuisco, non riuscendo a proseguire il mio discorso. Non ricordo l'ultima volta che qualcuno, oltre la mia migliore amica, sia stato così affettuoso nei miei confronti. O l'ultima volta che, sempre oltre lei, una persona a me vicina si sia interessata a come stessi o di cosa avessi bisogno. Inizio a giocare con le sue dita, i palmi delle mani, esplorandole come non ho potuto fare l'ultima volta, ripetendo gli stessi movimenti più e più volte, rilassandomi man mano. 
" Io non ho molto idea di cosa significhi quello che stai passando, ma non credo che le loro divergenze dipendano da te " non sono io il problema, quindi?
" A volte gli adulti si creano problemi dal nulla o, consapevoli di star sbagliando, continuano per la loro tangente non volendo ammettere l'errore. Il loro orgoglio è più importante " sospira piano, ma percepisco l'agitazione dal suo essersi irrigidita per un momento. 
- Non posso fare niente? - mi sento così inutile. 
" L'unica cosa che puoi fare è concentrarti sulla tua vita, andare bene all'accademia e renderli orgogliosi di te " stringo le sue mani tra le mie, prendendo dei respiri silenziosi per calmarmi.
- Grazie... - la mia voce rompe il silenzio creatosi.
Stiamo così per tanto tempo e parliamo davvero tanto, sia di scuola che delle nostre preferenze generali sulle cose e sulle persone, finché non si fa mezzanotte e decido che è il momento di andare a casa, nonostante la voglia di rimanere sia tanta. Il suo calore, la sensazione di calma e di casa che percepisco, mi fanno stare davvero bene come non sono stata per tanto tempo. Chissà con quante persone si sia spinta così lontano, se oltre il sesso occasionale o le conquiste passeggere, abbia mai amato qualcuno.
" Ti accompagno, è tardi e non sono sicura a lasciarti da sola "
- Tranquilla, non preoccuparti e non scomodarti - il mio telefono vibra e, sono sicura sia mia madre. Controllo velocemente, sospirando consapevole del fatto che possa essere solo lei a quell'ora. Le dico che sto tornando a casa e che non sono sola, poi ridò la mia attenzione a Jade.
- Se vuoi stiamo in chiamata, ma non disturbarti oltre - e dal suo sguardo, suppongo ci stia pensando su. Mi chiede il numero ed io glielo lascio, non credendo però mi chiami davvero una volta uscita di qui.  Ho letteralmente il tempo di varcare la porta e avviarmi per strada, che lei mi chiama, facendomi compagnia per tutto il tragitto. Quando entro in casa, tutte le luci sono spente e non c'è nessuno ad aspettare se effettivamente io sia rientrata o meno. Mando un messaggio a mia madre per sicurezza, non volendo si prenda un infarto appena sveglia, per poi prepararmi a dormire. Non penso realizzerò ciò che è accaduto stasera se non domani mattina, ma sono così stanca che voglio solo abbandonarmi alle braccia di Morfeo.

La mattina successiva mi sveglio di soprassalto per due motivi: il primo è la suoneria della sveglia che ho dimenticato di cambiare, facendo partire quella di default e, il secondo, è il vociare al piano di sotto. Speravo di svegliarmi e avere il tempo di processare tutto ciò che è accaduto ieri ma, ovviamente, non è così. Mi tappo le orecchie mentre prendo dei respiri profondi, sia per non avere una crisi isterica e scoppiare a piangere dal nervoso, sia per non raggiungerli e mettermi a litigare anche io. Una cosa che non sopporto la mattina sono i rumori, il chiasso, le grida e tutto ciò che possa emettere un suono duraturo e forte. Un'altra cosa che mi urta alquanto è, purtroppo, avere dei timpani sensibili. Da quando da piccola ho avuto un'otite molto particolare e pericolosa, non riesco a sopportare determinati suoni o rumori. 
Quindi, ricapitolando, svegliarmi con la suoneria sbagliata ad alto volume, con i miei genitori che litigano e urlano, non è per niente ciò di cui ho bisogno e che mi rende raggiante. Mi alzo svogliatamente e, con irritazione in ogni mia mossa, mi preparo per andare all'accademia. Dopo una doccia, il lavarmi i denti e vestirmi, realizzo un'altra cosa che mi lascia confusa. Perché non sono a casa da sola? È Lunedì, solitamente devono essere in ufficio alle otto in punto, ma sono ancora qui. Impreco spazientita mentre raccatto le ultime cose e le infilo nello zaino, per poi avviarmi nel salotto per prendermi un bicchiere di succo, la giacca e andarmene. È inutile dire che, appena entro nel loro campo visivo, abbassano i toni e mi salutano, facendo cadere un silenzio tombale. L'ennesimo sospiro causato dalla loro situazione travagliata lascia le mie labbra, mentre un dolore al petto inizia a crescere e a farsi sentire. So di non aver fatto nulla di sbagliato, ma se fosse successo senza accorgermene? E se sapessero che mi frequento con una ragazza? Ma io ho davvero fatto qualcosa per cui debbano litigare? No. Credo. E se forse...
<< Ashley! Ei! Tutto bene? >> sento la voce di mia madre ovattata, lontana, prima di rendermi conto che sta venendo verso di me con fare preoccupato. Mi riscuoto solo una volta che appoggia la sua mano sulla mia fronte che, per la sorpresa, mi porta a fare un passo indietro.
<< Stai male? Devo chiamare la dottoressa? >> la sua espressione allarmata mi ricorda dove sono, cosa stesse succedendo qualche tempo prima e che l'attenzione di entrambi è su di me.
<< Lasciala stare, evidentemente è scossa per il casino che abbiamo fatto >> interviene mio padre, raggiungendoci poi e appoggiandomi una mano sulla spalla destra. 
- Io... Sì, sto bene, sono solo frastornata... È tutto okay? - mi sento quasi in una bolla ma, vedendoli preoccupati per me, mi rassereno un po'. Magari è come dice Jade, non centro io e vogliono tenermi fuori.
<< Io e tua madre oggi non andremo in ufficio, quindi quando tornerai ci troverai a casa, d'accordo? >> riprende lui con voce calma ma leggermente irritata.
<< Non fare troppo tardi, mi
raccomando >> si raccomanda mia madre.
- Avete finito di litigare? Che succede? - scommetto che non mi risponderanno, mi liquideranno e punteranno sul fatto che sia tardi per le lezioni. Entrambi si guardano per dei secondi, sicuramente intendendosi su qualcosa che non so, ma non vanno oltre.
<< Il solito tesoro, io e tuo padre ogni tanto battibecchiamo su cose sciocche >> si difende lei.
<< Diverse opinioni, siamo polemici
lo sai >> improvvisa una risata mio padre. Appunto. 
Io mi scosto gentilmente da loro e vado a prendere il mio giubbino per uscire. Spero davvero di arrivare puntuale, così come di non incontrare nessuno di sgradevole, non ho proprio voglia di socializzare. La vibrazione del telefono nella tasca dei miei jeans distoglie la mia attenzione da tutto questo, ma il nome che leggo sul blocco schermo fa si che io accantoni tutto per un po'.
- Ciao! - sopprimo un sorriso naturale.
" Ti va se, invece di star a guardare la tua auto, sali con me? Ho fatto un po' tardi, al massimo rimaniamo fuori per la prima lezione insieme " e la risata che ne segue mi calma i sensi e i nervi. Lei è davvero una boccata d'aria fresca. Mi volto essendo di spalle alla strada e la cerco con lo sguardo. La intravedo in sosta dietro un furgoncino, le quattro frecce che lampeggiano.
- Sei davvero convincente, devo ammetterlo - mi incammino verso di lei senza riattaccare.
" Lo so " 
- Presuntuosa - 
" So anche questo " non perde la sua nota giocosa nella voce, facendomi venire ancor di più il buon umore.
- Puoi aprirmi? -
" Sì, signora " e attacco la chiamata. 
- Signorina - le faccio la linguaccia, ma non capisce.
- Mi hai dato della ''signora'', è scortese - ma non riesco a rimanere seria a lungo. 
" Non ti ho intesa in quel modo, ma lo riprenderemo più avanti " ora sono confusa.
" Comunque metti la cintura, mancano quindici minuti e noi siamo ancora qui " e come premessa fa intendere che correrà. Sono così presa da lei che mette la prima e parte, il volante in una mano e il profumo di limone, che mi rendo conto solo ora di essere seduta in una Alfa Romeo Giulia. L'interno mi piace davvero molto, così come il fuori, da qualsiasi parte io la veda mi sa di sportivo ed elegante insieme. Mi hanno parlato varie volte di questa macchina, delle varie funzionalità, della facilità di guida, dell'accelerazione e così via. Non sono fan delle macchine, ma alcune catturano il mio interesse. Mi chiedo quanto l'abbia pagata e come faccia a mantenerla. Non ha mai accennato ai suoi genitori o alla sua famiglia in generale ieri, così io non ho chiesto non volendo essere invadente. Non voglio pensare cose negative o che faccia lavori non legali di nascosto, però vorrei davvero sapere di più di lei. 
" Bella addormentata? " come? Non mi sono accorta di essermi rilassata e di star fissando da un po' la sua figura. Non mi sono nemmeno accorta mi stesse parlando.
- Scusa, mi sono persa nei miei pensieri, siamo arrivate? - che imbarazzo.
" È la prima volta che una ragazza si perde a guardarmi in quel modo, ne sono lusingata " ha ancora una mano sul volante, con l'altra tiene una sigaretta fuori dal finestrino. 
- Forse perché vogliono solo entrarti nelle mutande o che tu entri nelle loro - e mai mi sono maledetta così tanto nel rispondere, senza aver prima collegato cervello e bocca. Ride della mia spontaneità, accarezzandomi una guancia prima di ripartire e riprendere il controllo dell'auto. 
" Touché, sei adorabile anche quando sei stronza " ma io non rispondo stavolta, arrossendo dentro e fuori di me. 
- Dove siamo? - controllo l'orario sul cellulare, notando manchino tre minuti. 
" Arrivate, ho fatto una scorciatoia " ed in effetti stiamo gironzolando nel parcheggio in cerca di un posto. Devo proprio essere persa di lei, nemmeno ho riconosciuto il posto in cui fossi. Ottimo. La saluto velocemente agli armadietti, non avendo tempo di ringraziarla per precipitarmi in classe.

Sono le nove e due minuti quando varco la soglia, trovando un posto libero in fondo all'aula vicino alla finestra. La professoressa di latino americano fa il suo ingresso esattamente due minuti dopo di me, col suo solito passo elegante e il suo tubino lungo blu mare, abbinato a tacchi e borsa nera, il cappotto dello stesso colore. A volte mi chiedo come faccia a non avere freddo o caldo, in base alle temperature fuori e dentro. È una persona molto estroversa, passionevole ed energica, caratteristiche ottime per questo tipo di ballo. Dopo un'appello veloce ed una spiegazione iniziale sul programma del giorno, ci dirigiamo tutti in palestra. Ci avvisa che la condivideremo con una terza e, se entrambe le classi ne avranno voglia, potranno confrontarsi e darsi consigli. Mi sembra una bellissima tanto quanto cattivissima idea. Sarebbe fantastico confrontarsi con qualcuno di più grande e che possa aiutarmi a migliorare, ma mi spaventa l'idea di ballare con qualcuno che non conosco, la confidenza del tatto e lo stare così vicini. No, non penso di riuscirci ed è buffo, dato che amo ballare e, ogni tipologia di danza che sto studiando, è fatta per eseguirla in coppia. Raggiungiamo la palestra e ognuno di noi va a cambiarsi nei rispettivi spogliatoi. Per fortuna, almeno in questa sezione, le ragazze non hanno gruppi definiti tra loro, essendo tutte di posti diversi ed essendosi trasferite qui chi durante l'anno, chi in estate. Chiacchieriamo animatamente, confrontandoci sulle aspettative della lezione e dei nostri futuri partner di ballo. Sono molto spigliate e alla mano, cosa che mi ha aiutato ad integrarmi un minimo. Usciamo al suono del fischietto più o meno tutte insieme, così come gli unici sette ragazzi presenti nella nostra sezione. Ci fanno mettere tutti in fila orizzontale sulla riga di fuori gioco disegnata al suolo. I due insegnanti scambiano varie parole e poi iniziano a chiamare rispettivamente un ragazzo ed una ragazza di entrambe le classi, finché non rimaniamo tutte donne. Non riesco a vedere niente oltre la mia spalla sinistra, dovrei sporgermi per farlo e non mi sembra educato. Quando sento chiamare il mio nome sospiro, pronta al mio destino e ad affrontare la cosa nel modo migliore possibile, finché non sento qualcuno offrirsi volontariamente nello stesso momento che un nome viene chiamato. 

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