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9. Terra bruciata

Luogo e data sconosciuti

All'inizio percepì solamente la stoffa leggera della coperta che era stata adagiata con cura sul suo corpo. Era di cotone, morbido e avvolgente.

Poi venne il dolore.

L’emicrania sembrava volesse spaccarle la testa a metà e nel riempire i polmoni d’aria si ritrovò senza fiato, sorpresa da una fitta lancinante al fianco.

Aprì gli occhi di scatto, trovandosi in quella che le sembrava una camera d’ospedale. Le pareti completamente bianche, che rilucevano della luce della Luna che filtrava dalle finestre, circondavano un piccolo spazio rettangolare arredato con tutto il necessario per la cura di un paziente.

Tentando di mettersi seduta si lasciò sfuggire un lamento, mentre un uomo in camice bianco entrava nella stanza.

“Aspetta, non dovresti muoverti!” esclamò, avvicinandosi velocemente al letto e obbligandola a riassumere una posizione supina.

Come soleva fare, Alexandra lo osservò attentamente annotando mentalmente i suoi connotati. Aggrottò la fronte notando che i suoi lineamenti le ricordavano Vladimir, solo con qualche anno in meno. “Cos’è successo?” chiese, la voce arrochita. Si ricordava ben poco.

“L’esplosione della granata ti ha causato delle bruciature superficiali sulle braccia… Immagino ti sia protetta e fortunatamente eri abbastanza lontana da non subire danni più gravi. Mi hanno riferito che sei stata recuperata sulla riva del fiume: con ogni probabilità la commozione cerebrale e le due costole rotte derivano dagli impatti con le rocce mentre venivi trascinata dalla corrente” spiegò, con tono calmo e rassicurante.

La donna si guardò le braccia fasciate, avvertendo un doloroso fastidio e annuì lievemente, riportando alla memoria dei frammenti. “Chi sei?” Chiese sospettosa, mentre con la coda dell’occhio individuava qualche arma improvvisata con cui avrebbe potuto ucciderlo.

Un sorriso caloroso si dipinse sulle labbra dell’uomo. “Immaginavo l’avresti chiesto… e anche Vladimir” replicò, prendendo il proprio cellulare dalla tasca dei jeans. “Tieni. Suppongo voglia parlare con lui direttamente”.

“Supponi bene…” sussurrò, componendo il numero di telefono che si collegava alla linea sicura. Non dovette attendere molto prima che Vladimir rispondesse.

Dimitri, dimmi tutto” disse lui, senza salutare.

“Sono io” esordì.

Sei già cosciente! È un buon segno… Come ti senti?” chiese, cambiando completamente il tono che aveva usato in precedenza.

“Come se fossi stata investita da un tir…” disse, mentre osservava Dimitri andarsene e sparire oltre l’uscio della stanza. “Non sapevo avessi un fratello”. Anche lei era cresciuta nell’ombra del proprio fratello maggiore seppure ci fossero solo tredici minuti di differenza tra lei e Viktor. Provò un senso di malinconia, ripensando alle decisioni che il fratello aveva preso. Forse voleva semplicemente proteggerla come Vladimir stava facendo per il proprio fratello minore, custodendolo come il più prezioso dei suoi tesori.

Beh… Non te lo avevo mai detto”.

“No, infatti… ma sono felice che tu lo abbia contattato per me” disse, in un sussurro.

Non scomoderei mai mio fratello per chiunque” replicò, con tono sommesso. Trascorsero un paio di secondi, mentre entrambi assimilavano il vero significato di quelle parole. “Price la pagherà per quello che ha fatto!” urlò poi, tanto che Alexandra fu costretta ad allontanare il telefono dall’orecchio.

“Sì, immagino che fosse sua la granata e l’esplosivo che ha fatto crollare il ponte… ma questo significa che sa che stiamo inviando una squadra a Berlino” iniziò, ragionando qualche secondo. Come era già successo a Parigi per Volk, Price avrebbe contattato la squadra della Delta Force.

“Ho un’idea”.

~~~

Secondo la nostra fonte, Makarov ha seguito la figlia di Vorshevsky fino a Berlino. Se riesce a trovarla, il padre consegnerà i codici per le armi nucleari”.

“Conosciamo la sua posizione?” chiese Sandman, dopo aver ascoltato la voce dell’uomo incaricato delle comunicazioni della Base di Comando. Sospettava che la fonte da lui citata fosse Price, ma stranamente non aveva contattato direttamente lui.

Stiamo triangolando. Abbiamo intercettato una sua chiamata al cellulare. Potete parlarle tra tre, due, uno…

“Alena Vorshevsky?” Esordì Sandman.

Chi parla?” La voce, striata di paura, apparteneva a una giovane donna.

“Forze speciali americane. Mi confermi la tua identità?”

Sì. La mia guardia del corpo è morta… Non so chi siano, ma stanno cercando me” replicò lei, la voce rotta dal pianto.

“Non agitarti, stiamo arrivando. Dove ti trovi?”

Mi sono nascosta nell’armadio della suite, quinto piano” rispose, dando il nome dell’hotel.

“Che lato?”

Non lo so, ma sul tetto del palazzo di fronte c’è un cartello con la scritta Reisdorf. Sbrigatevi, per favore!

“Ok, ora aggancia e non muoverti. Veniamo a prenderti”.

Germania – 13 Ottobre 2016, ora locale 10:18

Berlino, una volta una metropoli di tutto rispetto, era ora un cumulo di macerie. Solo qualche edificio era sopravvissuto alla furia distruttrice dell’esercito russo.

Westbrook guardò gli altri cinque elicotteri che sorvolavano i grattacieli affiancando il loro e un dubbio si insinuò nei suoi pensieri. L’ultima volta che la sua squadra si era opposta direttamente a Makarov avevano catturato Volk con l’aiuto dei francesi e, dopo aver origliato una conversazione tra Sandman e Price, aveva saputo che qualcuno era morto a causa delle informazioni che avevano raccolto dal russo. Questa volta cosa sarebbe successo?

I velivoli si divisero in due squadre e la Metal 0-1 si ritrovò fiancheggiata dall'elicottero che trasportava la Charlie 7.

La squadra Alpha 4 sta andando dalla ragazza, noi copriremo loro le spalle” comunicò Sandman via radio.

In un battito di ciglia, il mezzo alla loro sinistra venne colpito da un RPG e il rottame in fiamme perse quota velocemente, precipitando a terra in un boato.

“Cazzo!” imprecò Sandman, tentando invano di mettersi in contatto con l’altra squadra. Serrò la mandibola, sentendo i denti premere con forza gli uni contro gli altri. Aveva conosciuto quegli uomini tempo addietro e oltre al legame che li univa come compagni d’armi avevano costruito una solida amicizia. Vederli precipitare senza che potessero difendersi in alcun modo era stato un duro colpo e qualcosa, di sconosciuto persino a lui, si era incrinato dentro di sé.

Westbrook aprì il portellone del velivolo e, fiancheggiato dal resto della Metal 0-1, sparò contro i bersagli nemici che li tenevano sotto tiro dal tetto dell’edificio su cui avrebbero dovuto atterrare.

Grazie al fuoco di soppressione, il pilota li portò il più vicino possibile allo spiazzo permettendo loro di scendere dall'elicottero. Spararono in rapida successione ai pochi rimasti e raggiunsero velocemente la posizione loro assegnata, a fianco dell'insegna luminosa che formava la scritta Reisdorf.

“Overlord, qui Metal 0-1. Il tetto è libero e siamo pronti a intervenire. Luce verde per Alpha 4. Passo” riferì Sandman via radio, senza più quella forza che contraddistingueva la sua voce.

Ricevuto. Chiudo”.

Dall’angolo del tetto era possibile osservare l’hotel in cui la figlia di Vorshevsky si era nascosta e la via principale, dove diverse macchine erano state abbandonate. Vi erano i segni inequivocabili di una guerra urbana, esattamente come nelle strette vie di Parigi. L’ombra di Makarov aveva raggiunto ogni singolo anfratto dell’Europa intera e la sua brama di conquista aveva sparso sangue innocente in ogni dove.

Affiancato da Sandman, Westbrook imbracciò il proprio fucile di precisione e abbatté i soldati russi che presiedevano il tetto dell'edificio bersaglio, permettendo alla Alpha 4 di procedere.

L’elicottero della squadra d’azione sorvolò sopra la loro posizione, avvicinandosi all’hotel e facendovi scendere gli uomini che scortava.

Metal 0-1, T-90 in arrivo da est!

Seguendo la comunicazione della Alpha 4, Westbrook si volse nella direzione indicata e individuò immediatamente la siluette di un paio di corazzati pesanti percorrere la strada principale.

“Overlord, qui Metal 0-1. Carri russi sparano sulla posizione di Alpha 4. Richiedo supporto aereo, passo”.

Ricevuto, 0-1. Il corridoio aereo è sgombro. I nostri A-10 possono colpire i corazzati. Vi metterò in comunicazione. Chiudo”.

Non dovettero attendere molto prima di udire la voce della donna al comando della squadriglia aerea: “Metal 0-1, qui Valchiria 2-6. Siamo nello spazio aereo e pronti all’azione. Attendiamo che ci segnalate i bersagli, passo”.

“Ricevuto! Frost, pensaci tu!” urlò Sandman, mentre sparava senza sosta agli uomini di terra che fiancheggiavano il carro.

Utilizzando il binocolo del proprio equipaggiamento Westbrook segnalò le coordinate ai piloti dei caccia, i cui colpi fragorosi e letali non si fecero attendere. Dove prima vi erano i carri, ora non vi erano altro che macerie e fosse nel terreno. “Grazie per le armi, Valchiria. Vi dobbiamo un favore!” Comunicò, con tono soddisfatto.

Oh, è stato un piacere, ma verremo sicuramente a riscuotere! Passo e chiudo”.

Con gli oculari dei propri fucili Sandman e Westbrook tennero l’hotel sotto controllo, seguendo con lo sguardo gli uomini della Alpha 4 finché fu possibile.

Udirono via radio qualche imprecazione, seguite da diverse urla finché un’esplosione fece crollare la porzione dell’edificio da cui la squadra era irrotta.

Alpha 4! Alpha 4, mi ricevete?

Seguì un silenzio surreale, pesante quanto una cortina di piombo. Non ricevettero alcuna risposta, solo il continuo fruscio della radio. Una strana emozione, come una fredda morsa attorno alle budella, serpeggiò sugli animi di tutti facendoli ammutolire per qualche secondo.

Gli uomini di Makarov avevano prima abbattuto uno degli elicotteri e ora avevano eliminato con estrema facilità la squadra di irruzione. Era come se avessero calcolato ogni singola azione, mettendo a punto un piano con l’unico scopo di ucciderli uno dopo l’altro.

“Overlord, qui Metal 0-1. Alpha 4 è andata. Ripeto, aquile abbattute. Ci dirigiamo verso la posizione di Alena. Passo”. Sandman si riprese per primo.

Ricevuto, Sandman. Mettetevi in contatto con la colonna di carri tedesca a sud e procedete verso l’edificio. Chiudo”.

Seguendo le indicazioni di Overlord si mossero verso l’angolo sud del tetto da cui si calarono il più in fretta possibile, fissando le corde da scalata al corrimano che faceva da parapetto.

Come aveva presagito Westbrook, la situazione era degenerata nel peggiore dei modi e ora erano costretti a combattere contro il tempo che scorreva inesorabilmente.

Corsero a perdifiato in direzione sud e raggiunsero il luogo di schianto dell’elicottero della Charlie 7.

Il rottame del velivolo era ancora in fiamme, ma sorprendentemente un paio di uomini della squadra erano sopravvissuti. Si erano trascinati a fatica verso il muro di un edificio vicino, macchiando l’asfalto con il proprio sangue.

Sandman si avvicinò a uno dei deceduti, riconoscendolo come il suo vecchio compagno di bevute. Era steso a terra, il fucile tra le braccia e lo sguardo puntato verso il vuoto. Sentendo il labbro inferiore tremare allungò una mano verso gli occhi dell’amico, abbassandogli le palpebre con le dita. “Overlord, qui Metal 0-1. Ci sono dei sopravvissuti della Charlie 7. Mandate gli elicotteri di soccorso, passo” riferì, prendendo le piastrine di riconoscimento dal collo dell’uomo.

Ricevuto, Sandman. Ora proseguite con la missione. Chiudo”.

Annuendo lievemente si volse verso il resto della squadra, vedendoli avviliti mentre controllavano le ferite dei superstiti. “Ragazzi, abbiamo ancora un compito da svolgere. Fino ad allora, dobbiamo tenere duro. Dopodiché potremo piangere, urlare o fare quello che volete, ma in quel dannatissimo hotel c’è una persona che conta su di noi. Non deludiamola” proruppe, guadagnandosi diversi cenni di assenso e sguardi decisi.

Corsero come dei dannati, rinnovati da una nuova determinazione e, aggirando le vie bloccate dalle macerie degli edifici, raggiunsero la squadriglia tedesca guidata da un carro armato che spianava loro la strada.

Vennero accolti dal Capitano della squadra: “Finalmente siete qui! Overlord ci ha avvisati: vi scorteremo fino all’hotel!” affermò con un forte accento tedesco per poi accompagnarli verso il corazzato.

Spararono a ritmo continuo, colpendo i soldati russi che fiancheggiavano la strada che li avrebbe condotti all’hotel che distava solo un paio di centinaia di metri. I colpi del corazzato si susseguivano con cadenza regolare, privandoli a tratti dell’uso dell’udito.

“Si ritirano! Intensificate il fuoco!” urlò Sandman al fianco di Westbrook poco prima di vederlo sparire dal proprio campo visivo, spazzato via insieme a lui dall’onda d’urto di un’esplosione.

Con la vista annebbiata, guardò allibito l’edificio poco lontano da loro crollare in pochi attimi e sgretolarsi contro il corazzato pesante e alcuni uomini della squadra tedesca. La polvere sollevata gli nascose per una manciata di secondi il massacro che si era appena compiuto davanti ai suoi occhi. Con il cuore in gola cercò la figura di Sandman, ritrovandolo alla propria destra.

“Cazzo, era una trappola! Dobbiamo andarcene” urlò, coprendo per un attimo il fischio insistente che persisteva nelle sue orecchie.

Westbrook si guardò le mani, incapace di comprendere come fosse sopravvissuto. Non era ferito, se non per qualche ematoma che avrebbe reso violacea la sua pelle. Ma era assolutamente vivo. Si alzò di scatto, seguendo Sandman e il resto della squadra. Anche loro erano inspiegabilmente salvi.

Forse qualcuno, da lassù, aveva gettato un’occhiata o forse, più semplicemente, non era ancora giunto il loro momento.

Metal 0-1, qui Overlord. Abbiamo perso i contatti con la divisione tedesca. Mi ricevete? Passo”.

“Qui Metal 0-1, ci hanno fatto crollare un cazzo di edificio addosso! La squadra tedesca è morta, ora proseguiamo soli. L’area operativa è andata! Passo” replicò Sandman, guidandoli verso le macerie nel disperato tentativo di trovarvi un passaggio per raggiungere l’hotel il più velocemente possibile.

Sandman, suggerisco la ritirata immediata al punto di estrazione. Passo”.

“Negativo, Overlord. Noi andremo dalla ragazza: il suo segnale è ancora attivo” affermò con decisione, entrando da una finestra rotta dal collasso dell’edificio e camminando in un salotto sotto sopra.

“Va bene, ma dovrete fare in fretta. Chiudo”.

Proseguirono percorrendo le vie meno accidentate, fino a giungere in quelle che dovevano essere le vecchie fondamenta.

“Per di qua! C’è un’uscita!” urlò Westbrook, vedendo la porta di servizio che probabilmente dava sulla strada. Con una spallata poderosa la aprì di scatto, rivelando la figura dell’hotel in cui dovevano prelevare la figlia del Presidente.

“Overlord, qui Sandman. Abbiamo raggiunto l’albergo. Novità sulla ragazza? Passo” chiese, guidando il resto della squadra oltre le finestre rotte della hall.

La stanno portando al terzo piano per l’estrazione. Non avete più tempo. Chiudo”.

Spararono velocemente agli uomini di Makarov che si opposero al loro avanzare e, aggirando la reception, raggiunsero le scale che li avrebbero condotti ai piani superiori.

Metal 0-1, stanno portando via la ragazza. Dirigetevi alla zona di estrazione, passo”.

“No, possiamo farcela! Chiudo” replicò Sandman, la voce rotta dallo sforzo fisico di salire le scale fino al tetto. Erano lì per lei e sarebbero andati fino in fondo.

Aprirono la porta che conduceva al terrazzo e, increduli, guardarono l’elicottero con a bordo un paio di soldati e la figlia di Vorshevsky con le mani legate e le lacrime agli occhi.

Il velivolo di alzò in volo mentre gli uomini di Makarov li guardavano dall’alto, sbeffeggiandoli con sorrisini irriverenti sulle labbra.

Mosso da un moto di rabbia, Westbrook alzò il fucile verso di loro, ma la mano di Sandman posata sulla canna della propria arma lo costrinse a desistere.

“No, è troppo pericoloso. Overlord, qui Metal 0-1. Missione fallita”.

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