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10. Nella tana del Bianconiglio

Spazio aereo ceco – 13 Ottobre 2016, ora locale 13:17

“Price, abbiamo perso la ragazza. L’hanno portata in una miniera di diamanti in Siberia” riferì Sandman, desolato. Aveva raggiunto l’inglese, il suo compagno di sventure – aveva capito si chiamasse Yuri – e il loro pilota fidato Nikolai, l’uomo che aveva contattato Overlord con le informazioni riguardanti la figlia di Vorshevsky. In quel momento, erano diretti nella regione più orientale della Russia a bordo di un aereo militare.

“Avremo una sola possibilità di salvare il Presidente prima che riveli i codici nucleari e Makarov rada al suolo l'Europa. Appena arriveremo a terra scoppierà un pandemonio” replicò l’altro, lisciandosi i baffi grigi. La fuga dal castello gli era costata qualche livido, ma niente che non potesse ignorare.

“Dovrai stare attento a non rimanere indietro, vecchio” ridacchiò Westbrook, raggiungendoli. I suoi occhi azzurri incrociarono quelli grigi dell’inglese, leggendovi un pizzico di divertimento. Frost lo aveva sempre punzecchiato per sua età, a volte citando frasi dette da Tony Stark nei confronti di Capitan America nella famosa serie di film Marvel.

“So che voi americani amate prendervi il merito, perciò io e Yuri controlleremo i dintorni mentre libereremo gli ostaggi” replicò Price, stringendo una spalla del russo con la mano destra poco prima di riabbassare il braccio. Voleva cambiare atteggiamento nei suoi confronti: dopotutto Yuri aveva seguito lui e MacTavish in capo al mondo, fidandosi ciecamente e in cambio avevano sempre potuto contare su di lui. In fondo, non lo aveva mai deluso e aveva fatto tutto il possibile, persino tradire la persona che più gli era cara.

Yuri rimase a capo chino, lo sguardo incollato al pavimento.

Gli altri uomini della Delta Force si avvicinarono al gruppo, squadrando con attenzione i due sconosciuti: sapevano che entrambi avevano collaborato in precedenza con Sandman e Westbrook, ma per loro sarebbe stata la prima volta. “Come siamo messi, capo?” chiese uno, rivolgendosi al Capitano della squadra.

“Eccetto due persone, saranno tutti nemici” replicò Sandman con un’alzata di spalle.

“Oh, ma non mi dire…”

Russia – 14 Ottobre 2016, ora locale 11:08

La discesa verso le viscere della Terra pareva infinita. Quei secondi interminabili parvero durare ore, mentre il cigolio dell’ascensore di servizio della miniera era l’unico rumore in quel tunnel di cemento.

Avevano eliminato le guardie esterne prima che potessero avvisare della loro presenza il resto degli ultranazionalisti, ma poco importava: prima o poi sarebbero stati segnalati.

“Non può andare più veloce?” proruppe Westbrook, battendo nervosamente il piede contro il metallo del pavimento.

“Calma, Frost… Tenetevi pronti” replicò Sandman poco prima di uno scossone: avevano raggiunto il piano immediatamente inferiore. Aggrottò la fronte, sospettoso e guardò il pannello dei comandi. Il quadratino dell’ultimo piano era ancora luminoso, eppure la loro discesa si era bloccata prima che lo raggiungessero.

La grata dell’ascensione si aprì lentamente, dando una buona visuale ai soldati che ne occupavano l’abitacolo.

“Fuoco!” urlò Price, dopo aver individuato alcuni uomini di Makarov.

Li abbatterono velocemente, ma prima che potessero proseguire la loro discesa Yuri notò un dettaglio che era sfuggito agli altri. “RPG!” La sua voce venne sovrastata dall’esplosione e, percependo una sensazione di vuoto allo stomaco, guardarono esterrefatti le mura di cemento scorrere verso l’alto a velocità sostenuta.

Con un rumore stridente i freni di emergenza rallentarono la loro caduta libera e, con un tonfo, raggiunsero il fondo della tromba dell’ascensore.

Costretti a terra dalla violenza dell’urto si rialzarono intontiti, cercando di comprendere le proprie condizioni fisiche.

La polvere sollevata rendeva l’aria lattiginosa e la stanza illuminata fiocamente da alcuni lampadari pareva immersa in una nebbia leggera.

“State tutti bene?” chiese Sandman, tossendo un paio di volte mentre riceveva risposte positive da parte degli altri uomini. Avevano sfiorato la morte dopo pochi minuti dall’inizio vero e proprio della missione e sospettò che Makarov si era preparato perfettamente al loro eventuale arrivo. Cosa avrebbero trovato andando avanti?

“Muoviamoci... Almeno siamo arrivati dove avevamo programmato” convenne Price, venendo subitamente seguito dalla figura silenziosa di Yuri. Forzò l’apertura delle porte dell’ascensore e proseguì senza indugi in quello che doveva essere il tunnel sotterraneo che conduceva alla miniera vera e propria.

“Nemici a ore 12!” urlò Westbrook, usando come riparo alcune casse impilate una sopra all’altra. I proiettili sibilarono a pochi centimetri dalla sua testa come una minaccia di morte sussurrata al suo orecchio attento. Inspirando profondamente rispose al fuoco, affiancato dal resto della Delta Force.

Avanzarono velocemente scoprendo che qualche metro più avanti il tunnel si allargava, divenendo un magazzino della merce estratta pronta per diventare diamanti tagliati e raffinati.

Price sorrise tristemente. Quel pezzo di stronzo sapeva davvero bene come guadagnare soldi facili, pensò mentre sparava agli uomini che erano sopraggiunti.
Raggiunsero una porta blindata e, con un gesto nervoso della mano, Sandman indicò a Westbrook di avvicinarsi. “Frost, tocca a te” affermò, guardando poi la sega circolare che l’altro americano aveva tenuto sulla schiena fino a quel momento. Avevano portato tutto il necessario per abbattere qualsiasi ostacolo ed erano pronti a fare qualunque cosa per portare a termine la missione.

Il rumore assordante dell’acciaio tagliato rimbombò in quella cavità scavata nella roccia, finché Westbrook non riuscì a creare un varco. Rimettendosi la sega circolare sulle spalle abbatté la porzione tagliata della porta, facendola cadere sul lato opposto in un clangore sordo.

Oltrepassando l’uscio, raggiunsero l’ufficio da cui veniva monitorata l’attività mineraria e l’area dove erano conservati i macchinari per l’estrazione dei diamanti.

Alcuni proiettili fischiarono sopra le loro teste e Yuri individuò facilmente una manciata di soldati nemici che li teneva sotto tiro dall’altra parte della stanza, nascosta dalla mole delle macchine industriali. Non ricordava quella miniera tra i possedimenti del Partito Ultranazionalista, né prima né dopo la morte di Zakhaev. Probabilmente era stato un acquisto recente, di cui non era stato messo al corrente appositamente. Digrignò i denti, sparando all'ennesimo soldato che si opponeva al loro avanzare. Aveva pensato di aver tenuto segreto il suo voltafaccia, ma forse aveva sottovalutato lo spirito di osservazione di Vladimir. Dopotutto, ogni volta che avevano giocato a poker l’altro russo era sempre riuscito a scoprire i suoi bluff.

Un peso opprimente gli schiacciò il petto mentre seguiva Price come un’ombra.

Ricordava perfettamente i bei momenti passati con lui, quando non c’era nient’altro che la loro amicizia.

Un sorriso triste tentò di formarsi sul suo volto, ma Yuri lo trattenne conficcando i denti nella carne tenera del labbro inferiore.

Ricordava anche quando si erano addormentati di colpo sulla sua brandina, completamente ubriachi. Per diversi giorni erano stati protagonisti delle chiacchiere di corridoio dell’intera accademia.

La voce di Sandman lo riportò con la testa sulle spalle. “Dobbiamo trovare un’altra via d’uscita! Venite, forse queste scale ci porteranno in superficie”.

Salendo gli scalini a passo di carica, raggiunsero un’uscita di sicurezza a doppio battente.

“Overlord, qui Metal 0-1. Siamo in fondo alla miniera. Ci servirà supporto aereo. Passo” comunicò Westbrook dopo un cenno di assenso da parte del proprio Capitano.

Affermativo. Vi mandiamo un Predator. Chiudo”.

Con un sorriso sornione sulle labbra, Frost si scrocchiò teatralmente il collo e le dita di entrambe le mani. “Oh, qui qualcuno avrà il culo bruciacchiato” esclamò, pensando al portatile dell’equipaggiamento di Sandman con cui avrebbe potuto guidare i missili aria-superficie del drone.

“Oh sì” convenne l’altro, passandogli il computer. “Pronto, Price?” chiese poi, rivolgendosi all’inglese che lo aveva affiancato davanti alla porta.

“Cerca di starmi dietro, ragazzino” replicò, tirando un calcio alla porta insieme all’americano.

La luce esterna li accecò per un momento, ma i loro occhi si abituarono velocemente alla luce fioca di quella giornata nuvolosa. La neve scendeva leggiadra al suolo, in un silenzio quasi surreale.

Guardandosi attorno si resero conto di trovarsi esattamente sul fondo del cratere della porzione di miniera a cielo aperto, al cui centro si ergeva un edificio che conduceva alla zona sotterranea del complesso.

Dato che si erano preparati ad ogni evenienza il Predator non tardò a raggiungerli, mettendosi in posizione pochi secondi dopo.

Gli uomini di Makarov erano una moltitudine, sembrando un esercito senza fine. Con l’aiuto del drone avanzarono a poco a poco mentre proteggevano Frost, al comando dei missili che creavano fosse nel terreno.

“Overlord, se vogliamo entrare ci serve più potenza di fuoco! Passo” urlò Sandman, guardando la piccola esplosione del Predator che era appena stato abbattuto. Riabbassò lo sguardo, concentrandosi sulle numerose figure degli uomini di Makarov che stanziavano tra loro e l’edificio bersaglio.

Ricevuto. Odin 6, le coordinate del bersaglio sono le seguenti: 7-9-4-4. Fate del vostro peggio. Chiudo”.

Qualche attimo dopo una pioggia di missili si rovesciò davanti a loro, abbattendo qualsiasi resistenza nemica.

“Muoviamoci!” urlò Price, mentre l’elicottero responsabile del massacro sorvolava tranquillo sopra la loro posizione.

Entrarono nell’edificio e, scendendo le scale, si addentrarono verso la zona sotterranea.

“Overlord, qui Sandman. Siamo dentro e ci avviciniamo al bersaglio. Passo” riferì, proseguendo lungo il corridoio dove un paio di russi erano collassati per le ferite riportate durante il bombardamento.
I loro passi riecheggiarono flebilmente tra le pareti fino a che non raggiunsero una porta chiusa a chiave.

“Questa volta ce ne occupiamo noi. Yuri, procedi” affermò Price, indicando l’uscio con un gesto del capo.

Il russo vi si precipitò, prendendo velocemente l’esplosivo che avrebbe abbattuto la porta. Dopo uno scambio di sguardi eloquenti con i presenti, lo fece detonare.

Con il cuore a mille scandagliò l’intera stanza con un’occhiata veloce, non vedendo nessun altro oltre alla figura minuta della figlia di Vorshevsky. “Alt, non sparate” affermò, avvicinandosi lentamente alla giovane.

Era seduta su una sedia in legno, le mani legate dietro la schiena. I suoi occhi innocenti e arrossati dal pianto lo guardarono per un attimo, prima di versare una lacrima cristallina che le solcò la guancia.

“Sei ferita?” le chiese, nella loro lingua madre.

Lei scosse lievemente la testa, mentre Sandman le liberava le mani tagliando la corda con un coltello. “No, non mi hanno torto un capello… hanno solo minacciato di farmi del male, ma per mio padre è stato abbastanza” sussurrò, umettandosi le labbra secche. “Uno di loro era addirittura gentile” continuò, prima di scoppiare in una risata isterica, vuota. Era chiaramente e profondamente turbata.

“Chi?” chiese istintivamente per farla parlare e scuoterla da quello stato di shock.

Lei alzò le spalle, smettendo di ridere in un attimo. “Non lo so… ma papà ne era terrorizzato. Sarà stato alto un metro e novanta, ben piazzato. Capelli scuri e… gli occhi, gli occhi erano di colore diverso” replicò, annuendo a se stessa.

Makarov. Un brivido gli percorse la schiena in tutta la sua lunghezza. All’accademia insegnavano una sorta di psicologia inversa per gli interrogatori, facendo credere alla propria vittima di essere benevola e gentile fin quasi a farle volere di adempiere a qualsiasi desiderio del proprio carceriere. Vladimir voleva portare la ragazza dalla sua parte: il peggior incubo per qualsiasi genitore.

“Overlord, qui Sandman. Abbiamo recuperato la ragazza. Mandate un elicottero di soccorso. Passo” comunicò l’americano, per poi rivolgersi ai propri uomini per organizzare l’estrazione del bersaglio.

Yuri guardò Price esterrefatto, il quale pareva essere una persona completamente diversa nei confronti di Alena. La stava tranquillizzando, parlandole con tono calmo e rassicurante mentre le lisciava i capelli lunghi e castani con una mano. Persino il suo sguardo era amorevole, come se la ragazza fosse sua figlia e non di Vorshevsky. Riuscì persino a vedere lo scintillio di una lacrima non versata negli occhi dell’uomo.

Ricevuto. Proseguite con la missione. Chiudo”.

Price, Yuri, Sandman e Westbrook si separarono dal resto della squadra che si sarebbe occupata di Alena, scortandola e proteggendola fino all’elicottero che li avrebbe condotti lontano da lì.

“Ha detto che hanno portato suo padre oltre quella porta” esordì Price, abbattendo l’uscio davanti a sé con un calcio.

Videro a qualche decina di metri di distanza lo scavo che conduceva al resto della miniera, avvolta nella più completa oscurità. Una passerella sospesa nel vuoto attraversava il fosso, dove alcuni uomini armati stavano trascinando una figura che si opponeva ostinatamente: il Presidente.

“Eccolo! Lo vedete?” urlò Yuri, oltre il rumore dei proiettili sparati dagli ultranazionalisti che stavano conducendo Vorshevsky verso l’ascensore.

Raggiunsero il ponte mentre gli uomini di Makarov e il loro bersaglio stavano già scendendo verso le profondità della miniera. La luce di quella mattina inoltrata rischiarò appena le loro figure e la neve si depositò gentilmente sulle loro divise.

“Dobbiamo raggiungerli il più in fretta possibile!” urlò Price, assicurando una corda al corrimano che delimitava la passerella. Imitato dagli altri, si calò velocemente, raggiungendo per primo il suolo.

A guidare le sue azioni non era più la sola missione, non era più il solo desiderio di fermare Makarov. In quel momento voleva solo far ricongiungere un padre con la propria figlia, una cosa che lui non avrebbe mai potuto fare con la propria. Dopo quel terribile evento, aveva trovato in MacTavish la figura di un figlio che non aveva mai avuto la possibilità di crescere. E come sua figlia di neanche due mesi, anche Soap era morto.

Frustrato, lanciò un urlo disperato mentre rispondeva al fuoco nemico e avanzava come un forsennato.

Alcuni sguardi perplessi lo seguirono, ma nessuno parlò, tacendo le domande che avrebbero voluto fargli. Non lo avevano mai visto in quel modo, così… probabilmente nessun aggettivo era in grado di descriverlo.

“Sono entrati lì!” asserì Sandman, indicando una porta blindata davanti a sé. Avevano sbaragliato la resistenza nemica, ma sospettava che tra non molto sarebbero stati raggiunti da altri soldati.

Westbrook studiò da vicino l’uscio, giungendo alla conclusione che più temeva. “È in acciaio rinforzato… non possiamo farci strada né con la sega circolare né con l'esplosivo”.

Yuri si asciugò con la mano il sudore della fronte. Probabilmente Makarov contava su questo: tra qualche minuto sarebbero stati raggiunti da innumerevoli uomini armati, mentre Vorshevsky era a pochi passi di distanza. Non sarebbero durati a lungo e non avrebbero potuto fare irruzione. “Cazzo!” imprecò, frustrato.

“Ho un’idea” esordì Price, lo sguardo vacuo e fisso nel vuoto davanti a sé. Salì le scale che fiancheggiavano l’entrata della camera blindata e vi si ritrovò esattamente sopra. “Piazzate cariche qui, qui e… lì” spiegò, indicando tre punti che approssimativamente si trovavano lungo una circonferenza immaginaria.

“Price… vuoi davvero irrompere dal soffitto?” chiese Yuri, retorico. Non era la prima volta che intraprendeva azioni folli, ma questa era davvero rischiosa: sarebbero precipitati in una stanza ricolma di uomini armati e i calcinacci avrebbero potuto ferire il Presidente.

“Sì, assolutamente. È l’unica opzione” replicò l’inglese, ritornando con lo sguardo vigile e attento.

“È da pazzi… mi piace!” commentò Westbrook, posizionando il proprio esplosivo su un punto indicato da Price.

Annuendo lievemente, Yuri si apprestò a fare quanto detto e guardò Sandman fare lo stesso.

“3… 2… 1…” Quando il conta alla rovescia terminò i tre fecero detonare l’esplosivo all’unisono, creando un foro quasi circolare nel pavimento e, sull’attenti, caddero nella camera blindata.

Con il cuore che batteva all’impazzata Yuri individuò i quattro uomini armati che facevano da guardia al Presidente e, aiutato dagli altri, li abbatté velocemente mentre Vorshevsky si gettava a terra per non essere colpito.

“Overlord, qui Sandman. Abbiamo fatto bingo: il Presidente è al sicuro. Passo” riferì, affrettandosi a liberare le mani legate dietro la schiena all’uomo.

Ricevuto. Raggiungete il punto di raduno. Chiudo”.

“Mia figlia…” articolò Vorshevsky a stento, il volto completamente tumefatto.

“Sta bene. È con il resto della squadra” lo tranquillizzò Price.

Un boato stordente fece tremare le pareti e alcuni calcinacci caddero sulle loro teste, costringendoli a coprirsi con le proprie mani.

Ci fu un secondo frastuono, questa volta più lontano: la miniera era carica di esplosivo. Dovevano affrettarsi o sarebbero stati sepolti vivi sotto le macerie.

“Overlord, questo posto è sul punto di crollarci addosso! Ci servono i velivoli, ora!” urlò Sandman, aprendo la camera blindata dall’interno e superando l’uscio velocemente, seguito a ruota dagli altri uomini.

Ricevuto. Hammer 1 è in viaggio. Arrivo stimato tra trenta secondi. Attendete, chiudo”.

Schivarono come poterono i massi che si staccavano ad ogni scossone, attendendo impotenti l’arrivo dell’elicottero finché la siluette del velivolo si stagliò sulla parete rocciosa mentre scendeva lentamente lungo la cavità mineraria che si congiungeva con la superficie.

Un masso enorme, pesante forse qualche quintale, si staccò in quel momento e colpì con forza le pale dell’elicottero.

Sono stato colpito!” Udirono solo questo prima di vedere il velivolo precipitare a terra senza controllo.

Yuri, il più vicino di tutti loro al sito dello schianto, venne scaraventato a terra brutalmente dove sbatté il capo contro un masso sporgente dal terreno.
I suoni si fecero confusi, la vista si annebbiò.

“Yuri! Cazzo, Yuri!”. La voce di Price era solo un borbottio indistinto, coperto da qualche scoppio che riconobbe come l’esplosione di alcuni proiettili di un paio di armi da fuoco.

Erano stati raggiunti da altri ultranazionalisti e Price, affiancato da Sandman, era intento a sparare contro gli uomini di Makarov.

Westbrook lo trascinò per qualche metro, avvicinandosi al secondo elicottero che era stato inviato per l’estrazione.
Per quanto tempo era stato incosciente?

“Price! Porta Yuri sull’elicottero! Affianco io Sandman”. La voce di Frost era ovattata, come se fosse immerso nell’acqua fino alla testa.

I due si scambiarono, mentre il rumore di pale si faceva sempre più vicino.

“Sandman, Westbrook! Muovetevi!” urlò Price, ormai vicino al velivolo dove Vorshevsky era già salito.

“No, devo rispondere al fuoco o voi non ce la farete!” urlò l’americano di rimando, voltandosi solo per una frazione di secondo. Questa volta, si sarebbe sacrificato lui. Non aveva mai dimenticato l’atto di coraggio dell’inglese di tre anni prima. Ora, avrebbe saldato il suo debito di vita. “Frost, vattene!” gli ordinò, senza staccare gli occhi dalla moltitudine di soldati.

“Col cazzo! Non ti lascio, amico” replicò l’altro, guadagnandosi uno sguardo di disappunto.

Un’ultima esplosione fece crollare parte della parete rocciosa nelle loro vicinanze, a solo qualche centimetro dal velivolo.

È troppo pericoloso. Dobbiamo andarcene”. Le parole del pilota ebbero lo stesso effetto di una pugnalata al cuore.

“No, dobbiamo aspettarli!” urlò Price tentando di scendere dall’elicottero, ma questo si sollevò da terra impedendogli quell’azione efferata.

In pochi secondi raggiunsero la superficie e, poco dopo, sorvolarono il complesso da cui s'innalzava una gran quantità di fumo grigiastro.

“Sandman, Frost! Mi ricevete? Passo”.

Una lacrima calda e salata gli solcò la guancia.

No, non poteva essere successo nuovamente. Aveva già perso uomini fidati, uomini coraggiosi e… amici. Non poteva essere vero.

Guardò per un attimo il volto cinereo di Yuri, rendendosi conto che necessitava di cure mediche immediate. Incrociò lo sguardo desolato di Vorshevsky, leggendovi un profondo senso di colpa.

“Cazzo, Sandman, rispondi!”.

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