77- Sospetti
Dicembre 1864 – City Point, Virginia
La prima neve era caduta e faceva freddo quella mattina. Robert rabbrividiva mentre aspettava che il caffè fosse pronto, poi se ne versò una tazza e si infilò nella tenda.
Jonathan era steso sulla sua branda, immerso nella lettura di un giornale recuperato chissà dove, mentre sua sorella si stava spazzolando i capelli, rimirandosi nel piccolo specchio appeso sul palo centrale della tenda.
Qualcosa nel suo modo di fare attirò l'attenzione del giovane che si mise a osservarla al di sopra della tazza. Aveva indossato un vestito pulito, lo stesso vestito color lavanda con cui si era presentata al loro quartier generale mesi prima, le guance erano rosee e stava canticchiando un motivetto a labbra strette mentre si pettinava.
A un tratto la ragazza si bloccò, come se avesse sentito quello sguardo indagatore sulla pelle, e con la spazzola a mezz'aria si voltò di scatto incrociando gli occhi di Robert. La sua espressione colpevole lo mise in allarme: sembrava una bambina beccata con le mani nello zucchero. Sabrina si affrettò a distogliere il volto, in leggero affanno. Lanciò via la spazzola e, presa una vecchia giacca blu da lavoro del fratello, se la infilò in fretta. Poi si avviò fuori dalla tenda senza dire niente, armeggiando con i capelli per raccoglierli in una crocchia frettolosa, come se della pettinatura non le importasse più nulla.
Robert rimase in silenzio con la tazza in mano.
Che diavolo stava succedendo?
«Che le prende stamattina?» chiese rivolto a Jonathan, che non sembrava aver notato nulla di strano.
«Che intendi dire?»
«Non hai visto come si è messa in ghingheri?»
Jonathan abbassò il giornale, emergendo dalle pagine, e fissò il fratello.
«Non ci hai fatto caso? Di solito s'infila quei vecchi pantaloni o una gonna, ma sembra sempre che si metta addosso la prima cosa che capita... Stamattina, invece, era proprio graziosa e si stava pettinando. E si è accorta che l'ho notato...»
«Magari c'è qualche giovanotto che le interessa... sarebbe anche giusto che si trovasse un fidanzato. O magari si è ricordata di essere una donna, anche se lo reputo improbabile.» E si rituffò nella lettura, come se la faccenda non lo riguardasse.
Robert rimase in silenzio. Era lo stesso sospetto che l'aveva colto, ma lo irritava il fatto che il fratello sembrasse non curarsene. Lui avrebbe voluto conoscere l'eventuale corteggiatore di sua sorella.
«Vado a dare un'occhiata» disse afferrando il suo cappotto azzurro e fiondandosi fuori dalla tenda, nell'indifferenza totale del fratello maggiore.
Pensò di gironzolare nei dintorni, magari l'avrebbe vista in compagnia di qualche soldato nella zona dove i vivandieri avevano allestito un piccolo emporio. Escluse l'ospedale; la sorella era sembrata abbastanza sicura di non voler un uomo pieno di piaghe, malattie o brutte ferite. Perché era convinto che quell'atteggiamento nascondesse una qualche fantasia sentimentale: glielo suggeriva l'istinto. Non aveva mai visto sua sorella così femminile e disinvolta nemmeno ai preparativi delle varie feste di Natale, in cui si fasciava in quel bell'abito da ballo che la faceva apparire immediatamente una signorina. E nemmeno con Grant... quella era stata una farsa, un gioco.
Invece quella mattina era se stessa e al contempo non lo sembrava più. E questo aveva fatto scattare qualcosa in Robert. Un po' come quando aveva trovato Jonathan strano all'epoca di Lizzie, o forse – poteva ammetterlo adesso che nessuno stava a guardarlo – com'era stato strano lui quando aveva perso la testa per Emily... svagato, felice, più attento del solito alla sua igiene personale... Soprattutto il dettaglio dell'igiene, quasi più del canticchiare o del colorito roseo: era da mesi che sua sorella portava in testa un nido di capelli spettinati e non si curava di indossare vestiti sporchi di unto, fuliggine e qualche volta macchiati di sangue. Poteva scommettere di non averle mai più visto addosso, dopo il suo arrivo, quel vestito color lavanda che tanto si intonava alla sua carnagione e dava risalto ai capelli neri.
Sua sorella non era una sciocca... Se si era messa quel vestito, era perché aveva in mente qualcosa e lui l'avrebbe scoperto. Sapeva che prima o dopo avrebbe trovato un uomo, era inevitabile – anzi era già un miracolo che fosse rimasta sola tutti quei mesi con l'orda di soldati che lanciava apprezzamenti e la fissava con desiderio – ma voleva essere certo che si trattasse di uno alla sua altezza.
Alla sua altezza... Come se sua sorella fosse una signora con un buon nome da difendere! Al momento era una rinnegata che faceva l'infermiera in un campo militare, vestita di stracci e con un vocabolario che avrebbe fatto impallidire un uomo... Jonathan gli avrebbe riso in faccia a sentirlo fare certi discorsi.
O forse no...
Il pensiero di come si era opposto all'amicizia di Sabrina con McEnzie gli dava la speranza che forse, se avesse trovato il pretendente della sorella non di suo gradimento – perché ormai il sospetto aveva preso la forma di un pretendente in carne e ossa –, gli avrebbe dato man forte per farla desistere.
Girò in lungo e in largo per tutto l'accampamento, camminando come una furia tra la neve e rischiando di scivolare su una lastra di ghiaccio, ma senza risultati. Sospirando, decise di tornare indietro, giusto per dare un'ultima occhiata all'ospedale, almeno per dare conferma al suo sospetto che la sorella fosse in giro appartata da qualche parte e non in servizio.
Invece Sabrina era là, con un catino pieno di strumenti seguiva l'ufficiale medico in silenzio. La vide annuire un paio di volte alle parole del dottore, poi scomparve dietro un paravento con lui e altri infermieri.
Possibile che si fosse sbagliato?
Sua sorella era dove avrebbe dovuto essere: al lavoro. Ma lui non riusciva a togliersi di dosso la spiacevole sensazione che l'aveva colto quella mattina presto, quando l'aveva vista. Scuotendo la testa, cercò di liberarla da quei pensieri e si avviò alla tenda.
Nei due giorni successivi non accadde nulla di significativo. Sabrina continuava a recarsi all'ospedale da campo, tornava per pranzare o cenare con loro, dormiva nella loro tenda, come al solito. Robert non le staccava gli occhi di dosso in cerca di indizi che confermassero i suoi timori, ma senza trovare null'altro di sospetto. Lei aveva indossato i soliti vestiti smessi ed era tornata a comportarsi come prima, solo una certa luce negli occhi e il colorito acceso davano la prova che qualche cambiamento era avvenuto. E Robert non riusciva a darsi pace.
Sabrina si sentiva sotto esame. Non le era sfuggito il modo di osservarla del fratello, il suo essere costantemente vigile. Cercava di comportarsi come al solito, ma temeva che lui fiutasse qualcosa, fosse anche solo il suo senso di colpa.
Perché mai aveva avuto segreti per Robert, ma questa volta non poteva proprio confidarsi con lui. Era certa che non avrebbe approvato le sue azioni e non voleva litigare. Per di più, temeva la reazione di Jonathan... Lui si sarebbe infuriato di certo e avrebbe messo in atto la sua costante minaccia di caricarla su un treno e rimandarla al Nord.
Voleva fare loro una domanda e non osava per paura di tradirsi, ma erano due giorni che si rigirava nel sonno per l'ansia e doveva trovare il modo di ottenere le informazioni che le servivano. All'ospedale nessuno sapeva mai niente e non aveva cavato un ragno dal buco, ma i suoi fratelli magari avrebbero potuto dirle quello che le interessava.
Rimestava questi pensieri insieme alla farinata che stava cuocendo sul fuoco – un pastone per nulla invitante – quando prese coraggio e decise di lanciarsi. Assumendo l'espressione più indifferente che le riuscì, passò il piatto al fratello maggiore e chiese:
«Che succederà ai prigionieri che avete preso l'altro giorno?»
Robert sollevò un sopracciglio, aveva colto una nota strana nel tono di voce apparentemente neutro.
«Mah, credo che li spediranno al Nord in qualche prigione... Grant non ha intenzione di ricominciare a scambiare i prigionieri, da quanto ho sentito dire» rispose Jonathan, infilandosi in bocca una cucchiaiata di farinata calda.
«Perché t'interessa?» indagò Robert.
Sabrina scrollò le spalle.
«Così... Curiosità.»
E la cena proseguì tranquilla solo in apparenza: Sabrina mandava giù quel pastone con modi fin troppo affettati e Robert masticava lentamente senza staccarle gli occhi di dosso. Però lei era ben determinata a non dire nient'altro e alla fine Robert si arrese a discutere con il fratello della situazione nella valle dello Shenandoah e dei movimenti di Sheridan alle prese con la guerriglia accanita di Mosby e dei suoi partigiani. Un argomento che infiammava Jonathan e faceva sembrare la loro situazione di stallo davanti a Petersburg meno penosa.
Più tardi, Robert invitò il fratello a uscire dalla tenda per fumare un po' di tabacco e intanto fare due chiacchiere durante la passeggiata. Le tende allineate sembravano tanti fantasmi nella notte, i fuochi da campo brillavano pigri e vari soldati tendevano le mani verso le fiamme per trovare un po' di calore tra la neve. Sarebbe stato un altro inverno lontano da casa ed erano tutti un po' malinconici.
Mentre camminavano tra gli uomini raccolti in gruppetti, questi smettevano di parlare e si mettevano sull'attenti al passaggio del loro capitano e del tenente e Jonathan si limitava a sorridere liberandoli con un cenno del capo. Era incredibile quanto somigliasse al padre in quel momento, solo un po' meno austero pensò Robert.
«Senti, dobbiamo parlare di Sabrina» attaccò il più giovane quando furono passati nel settore di un'altra compagnia.
Jonathan alzò appena un sopracciglio alla notizia.
«Cosa succede, ancora? Non mi pare si sia più messa quel bel vestitino» rispose soffiando fuori il fumo.
«No, hai ragione. Ma ha sempre quell'aria svagata...»
«Mi sembra avessi detto che era all'ospedale, come al solito... Non nascosta dietro a qualche tenda tra le braccia di un aitante soldato.»
«Sì, sì... lo so. Era al lavoro come sempre. Eppure non è più la stessa. Non te ne sei accorto? Sembra assente, sognante, a tratti preoccupata... E la notte non fa che rigirarsi, inquieta.»
Jonathan lo fissò in silenzio registrando le sue osservazioni e si trovò a pensare che aveva avuto la stessa impressione, ma non si era angustiato più di tanto per trovare delle motivazioni. Per la preoccupazione, be', là c'erano motivi in abbondanza... ma per l'aria sognante effettivamente non aveva idee.
«Sono convinto che ci sia di mezzo un uomo» disse Robert serio, mentre lasciava cadere il mozzicone a terra e lo schiacciava con un gesto deciso.
«Addirittura!»
«Prima o dopo capita a tutti di innamorarsi, lo sai bene...», lo fissò negli occhi sfidandolo a contraddirlo. Jonathan preferì non farlo per non tirare in mezzo tutte le loro fallimentari storie d'amore e tentò di stemperare.
«Sarà che Sabrina mi sembra la persona meno incline a correre dietro a un uomo che esista...»
«Devo ricordarti di McEnzie?»
Jonathan si irrigidì, poi sorrise.
«Vogliamo smetterla di rivangare questa assurda cotta infantile?»
«Metti che ci sia di mezzo un altro McEnzie» suggerì.
«Vuoi che sia così stupida due volte?»
«Perché no? Non mi sembra che noi siamo andati molto meglio negli anni...»
Jonathan si fermò di scatto, infastidito.
«Noi eravamo giovani e inesperti.»
«E lei non lo è, forse? È nostro dovere proteggerla, capire chi sia questo presunto spasimante e valutare se è degno di lei, e del nome che porta» concluse, risoluto.
Jonathan sospirò, sconfitto. Sapeva bene che in realtà era un compito che toccava a lui in qualità di fratello maggiore, ma avrebbe volentieri rimandato il problema se Robert non avesse insistito tanto.
«Qualche idea?» chiese, rassegnato.
«Sì, secondo me quel tipo deve essere all'ospedale. Magari un infermiere che lavora con lei o un degente, non lo so.»
«All'ospedale, dici?»
Robert annuì con forza.
«E allora l'ufficiale medico deve essersi accorto di qualcosa. Domani andrò a parlargli: gli abbiamo affidato nostra sorella, non può permettere che si comprometta davanti ai suoi occhi.»
Robert sembrò rilassarsi: suo fratello aveva capito e finalmente si decideva ad agire. Era sicuro che l'atteggiamento di sua sorella dipendesse da qualche sciocca fantasia sentimentale e l'unico posto plausibile dove poteva aver incontrato l'oggetto del suo desiderio era proprio l'ospedale da campo.
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