57- Indagini
Decise di parlarne con il suo capitano e si avviò in cerca dell'uomo.
«Quindi, signor Becker, lei sospetta che ci sia qualche affare sporco tra quel soldato e il quartiermastro, o comunque qualcuno che ha accesso al magazzino.»
Robert annuì, grave, mentre il capitano si accendeva un sigaro e rimaneva a fissarlo serio.
«È un'accusa pesante... Ma è anche evidente che molti uomini non hanno ancora ricevuto tutto il materiale e se quello che arriva viene imboscato per essere rivenduto, allora... questo è un bel problema.»
«Pare che quel soldato abbia un bel giro d'affari tra gli uomini del Terzo Fanteria...»
«E questo non significa niente... ma se lei riesce a provare un collegamento tra i suoi affari e le mancate forniture, be', qui c'è da far saltare la testa a qualcuno.»
Robert si allontanò, determinato a vederci più chiaro. Non capiva da dove gli venisse tutta quella energia e sete di giustizia, ma forse tenersi impegnato lo aiutava a non pensare troppo a Emily. E poi il modo in cui quel Gore l'aveva insultato ancora gli bruciava.
Entrò nell'ufficio del quartiermastro con aria sicura, pronto a giocare una nuova carta. Era un sergente di mezza età e lo accolse con gentilezza, anche se il giovane era certo di aver visto un'espressione di scherno sul suo volto.
«Buongiorno, sottotenente, mi dica. Cosa la porta qui?» chiese l'uomo con modi affabili mentre si dondolava sulle gambe, quasi a cullare il suo ventre prominente. Aveva pronunciato il suo titolo con una buona dose di falsa ossequiosità che non sfuggi a Robert: lo disprezzava perché era un giovane ufficiale?
«Vengo per conto del capitano Garret del Quinto Cavalleria, i nostri uomini hanno bisogno di stivali. Fra qualche giorno è probabile che ci rimetteremo in sella.»
«Oh, mi spiace, ma non siete gli unici ad averne bisogno...»
«Quindi?»
«C'è da aspettare!» rispose con aria furba.
«Non possiamo costringere gli uomini a rifornirsi privatamente dai vivandieri, non con i prezzi che applicano!» sibilò Robert assottigliando gli occhi, ma l'uomo fece spallucce.
«Spencer!» gridò e da una porta sul fondo comparve un soldato con in mano un taccuino e una matita infilata dietro l'orecchio.
«Signore» rispose mettendosi sull'attenti.
«Aiuti l'ufficiale qui, andate a vedere in magazzino come siamo messi con le scorte di stivali» ordinò, poi rivolgendosi a Robert disse:
«Controlli con i suoi occhi, sottotenente.»
Robert lo scansò senza rispondere e seguì il soldato oltre la porta addentrandosi nel magazzino. Scaffali pieni di roba formavano lunghi corridoi bui, tazze di latta, piatti, giubbe, pantaloni, selle... là dentro c'era di tutto.
«Non c'è un inventario?» chiese il giovane.
Il soldato lo condusse fino a un piccolo tavolo di legno ingombro di carte.
«Questo è il registro» disse l'uomo porgendogli un grosso librone pieno di scritte fitte fitte.
«Mi sa dire come siamo messi a stivali?» rispose rendendoglielo. Non aveva nessuna intenzione di mettersi a spulciare da solo quell'ammasso di carte.
L'uomo gli lanciò un'occhiata penetrante, poi si appoggiò sul tavolo e cominciò a cercare.
«Ecco qui, stando all'ultimo aggiornamento dovrebbero essercene circa una ventina di paia. Un po' poche per soddisfare tutti, non crede? Di scarpe ne abbiamo di più... se volete ripiegare.»
«No, niente scarpe. Mi faccia vedere gli stivali.»
«E perché? Sono come quelli che indossa lei...» Robert giurò di aver notato un pizzico di nervosismo subito celato da un sorriso.
«Volevo capire che taglie sono disponibili.»
«Be', ma sa quanti sono in lista? Prima abbiamo da finire la compagnia A del capitano Creitz, poi la B di Kelly... e molti altri» cercò di svicolare.
«Benissimo, aspetteremo, ma lo stesso mi faccia vedere cosa avete a disposizione» replicò fermo.
Con uno sbuffo, il soldato gli fece strada tra gli scaffali fermandosi davanti a una serie di stivali affiancati.
«Aveva detto una ventina... questi non arrivano a dieci» pronunciò fissandolo negli occhi.
L'uomo fece spallucce.
«Ci saremo dimenticati di aggiornare l'inventario» disse con noncuranza. Robert rimase a fissarlo per qualche lungo istante notando il disagio crescente dell'uomo, poi lo superò e si avviò da solo verso l'uscita.
«Da quanto non aggiornate gli inventari?» investì il sergente quartiermastro che si era accomodato su una sedia con le mani appoggiate al ventre.
«Che intende dire? Gli inventari sono a posto!» rispose piccato.
«Non direi. Forse dovreste fare meglio il vostro lavoro, qua dentro.»
«Come si permette! Faccio parte del dipartimento da prima che lei nascesse...» lo minacciò alzandosi in piedi con inaspettata agilità per un uomo così grosso.
«Allora controlli i registri e aggiorni l'inventario come dovrebbe» rispose senza farsi intimidire e se ne andò a passo svelto.
Quella storia puzzava. Non sapeva se quel sergente fosse coinvolto o fosse solo indolente e sciatto nel modo di lavorare, ma era chiaro che in magazzino mancavano delle cose. Erano state regolarmente distribuite e c'era solo stata negligenza nell'aggiornare gli inventari o qualcuno si approfittava del disordine per far sparire la merce? Quel soldato gli era parso un po' troppo nervoso...
«Che ci facevi là dentro?» lo apostrofò Jonathan raggiungendolo.
Robert si voltò a fissare il fratello, indeciso se coinvolgerlo o meno. Erano solo sospetti in fondo.
«Niente, verificavo le forniture per i nostri uomini» Decise di stare sul vago.
«Ho saputo che hai avuto da ridire con uno della fanteria che ti ha insultato, qualche giorno fa» lo interrogò.
Robert abbozzò continuando a camminare.
«Una stupidaggine, c'era una rissa in corso e sono intervenuto a dividerli. Il tizio non aveva ben capito con chi aveva a che fare» concluse.
Il fratello gli diede una sonora pacca sulla spalla, compiaciuto.
«Bravo, fratellino, sono contento che tu ti sia fatto rispettare. Vado, devo ispezionare la armi del mio plotone», e così dicendo si allontanò, lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Era da due giorni che rimuginava sulla faccenda. Aveva osservato con discrezione il gruppo di uomini intorno a Gore, notando un via vai continuo dalla baracca in cui alloggiava. Non mancava occasione per gironzolare intorno all'emporio ad ascoltare le conversazioni dei soldati e passare avanti e indietro il magazzino adiacente all'ufficio del quartiermastro, ma non era riuscito a cavare un ragno dal buco.
«Signor Becker» l'aveva apostrofato il capitano avvicinandosi.
Robert si era messo sull'attenti salutandolo con rispetto.
«Mi segua» e dopo aver pronunciato tali parole aveva preso a passeggiare pigramente. Il giovane si era messo al suo fianco, indeciso su come interpretare quell'atteggiamento.
«Che stava facendo davanti all'ufficio del quartiermastro?»
Robert tentennò un momento, poi sospirò.
«Niente, signore. Osservavo.»
«Per via dei suoi sospetti?»
«Già» si limitò a rispondere.
Il capitano si fermò ed estrasse un sigaro dal taschino del gilet. Rimase a rigirarlo pensieroso tra le mani per un po', poi si decise ad accenderlo. Solo dopo aver assaporato una lunga boccata di fumo riprese a camminare.
«Ragazzo mio, lasci che l'avverta. Ho avuto uno scambio di battute con il capitano della compagnia di Gore l'altro giorno e non mi è parso propenso a dare ascolto a simili discorsi: preferisce vivere tranquillo. Finché il comportamento dei suoi uomini non interferisce con i suoi ordini, a lui sta bene.»
«Ma, signore...»
Il capitano lo zittì con un cenno deciso della mano.
«Se lei continua a rimestare nel fango, prima o dopo qualcosa salterà fuori. Concordo con lei che quel Gore abbia messo in piedi un traffico losco... Però creerà un fastidio al capitano, che dovrà giustificare la condotta dei suoi uomini e soprattutto la sua negligenza...»
«Se quell'uomo ci desse ascolto, eviterebbe questo rischio.»
«Non sia sciocco! Finché tutto gira nel verso giusto per la sua compagnia, a lui sta bene così. Se deve cominciare a indagare tra i suoi uomini, si genererà mal contento... Non siamo in tempo di pace, c'è una guerra da combattere» lo riprese, duro.
Robert rimase zitto, il volto livido. Cosa voleva dire? Che bisognava tollerare dei comportamenti scorretti solo per mantenere un clima disteso? Che non si voleva rischiare di far irritare un po' di persone per una giusta causa?
«Molti dei nostri stanno ancora aspettando le forniture promesse dall'esercito» pronunciò secco.
«E lei è un bravo ragazzo.» Sospirò battendogli una mano sulla spalla. «Se desidera proseguire nella sua inchiesta, non sarò io a fermarla. Ma era giusto che l'avvertissi: nessuno di quelli l'aiuterà, anzi è più probabile che si alleino per insabbiare le prove, piuttosto che ammettere di aver tollerato una simile porcheria o anche solo che gliel'abbiano fatta sotto al naso.»
Robert non ribatté, gli occhi verdi freddi e determinati. Non riusciva a comprendere come il suo capitano potesse accettare di fingere che non stesse succedendo nulla. Quella brutta faccenda doveva essere denunciata, non si poteva accettare.
Se suo padre fosse stato al suo posto, era convinto che sarebbe andato fino in fondo. In tutti quegli anni aveva assistito a varie infrazioni del regolamento militare, ma John Becker si era comportato sempre con onore e rettitudine, e aveva insegnato loro a fare lo stesso. Non avrebbe lasciato perdere per quieto vivere.
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