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CASSETTA 2

5 settembre 2022

«Non m'avevi detto che tornavi oggi.»

C'è un briciolo di rammarico nella frase che esce fuori dalla bocca di Manuel.

Si trova nel salotto di villa Balestra.

Il trolley turchese di Simone è abbandonato all'ingresso, ancora da disfare - non c'è stato tempo.

Il suo proprietario prende posto accanto a lui sul divano a tre posti di finta pelle marrone. «Sì che te l'ho detto» replica, con leggerezza.

Ne è davvero convinto, ma Manuel può dimostrare il contrario: «M'hai detto che tornavi mercoledì, oggi è lunedì.»

«Ah—mi sarà sfuggito, scusa.»

Non è la prima volta che accade, che gli sfugge qualcosa.

Da quando è partito, Manuel ha sentito Simone con frequenza soltanto nelle prime due settimane di lontananza, poi le loro interazioni si sono ridotte a qualche messaggio al giorno fino a sparire, se non per dei ti scrivo stasera da parte di chi era via che non si sono mai verificati.

Per i mesi estivi, Manuel ha lavorato come lavapiatti in un ristorante, una mansione che lo ha logorato e gli ha spaccato tutte le mani; è riuscito a mettere da parte dei soldi che ha già deciso andranno a pagare il riscaldamento - un secondo inverno al gelo non ha intenzione di passarlo - e ulteriori bollette, nel caso Anita non ne abbia modo; in realtà, dovrebbe pure comprarsi un telefono nuovo, dato che il suo ha lo schermo rotto, ma ci sono delle priorità.

Ha avuto poco tempo per qualsiasi cosa, però, alla fine di ogni turno, controllava lo smartphone nella speranza di trovare un messaggio da parte sua, invece nulla.

Ne ha ricevuto uno soltanto il giorno del proprio compleanno a inizio agosto, per degli auguri striminziti e la promessa di una birra al suo ritorno.

Non che si aspettasse una dedica apposita, un post sui social con una loro foto o chicchessia, ma qualcosa in più... sì.

Si sarebbe accontentato di una stupida videochiamata.

«Vabbè,» finge indifferenza «allora com'è che è andata in Scozia?»

Nemmeno gli interessa, non per davvero: si sforza di essere cordiale.

Sono ancora migliori amici, giusto?

A tale quesito, Simone sorride ampiamente - fin troppo. «Bene, io—sono successe un sacco di cose, lì è tutto così diverso.»

«Tipo?»

«Tipo...» l'euforia gli pervade persino gli occhi «credo di aver realizzato che per davvero i ragazzi mi piacciono. Parecchio direi» ride.

Ah.

«Buon per te» borbotta Manuel ed è sufficiente quello per scatenare un'ondata di parole dell'altro: «Ho conosciuto uno in un locale, si chiama Michael. Ero lì con dei figli di amici di mia madre e lui si è avvicinato ed è—beh, siamo usciti la sera dopo, mi ha accompagnato a casa e ci siamo baciati proprio davanti alla porta e p...»

«Seh, vabbè, non me interessano i dettagli, daje.»

Quell'argomento lo ha già scocciato.

Dentro di sé ha una nuova sensazione che si aggiunge alle altre mille che in tutta l'estate non è riuscito a decifrare.

Tipo che in quel lasso di tempo, l'altro gli è mancato così tanto da non riuscire a dormire, respirare o mangiare ed è assurdo; è stato un vuoto in grado di scavare dentro di lui, annientarlo, distruggerlo, assenza di forza di gravità, un pianeta senza la sua stella.

Tale vuoto peggiora nel momento in cui Simone incalza con «Vuoi vedere una foto?» e tira fuori il cellulare dalla tasca. Picchietta sullo schermo con due dita e gli mostra l'immagine di un ragazzo biondo, alto, muscoloso e con gli occhi azzurri; la sua pelle è abbronzata ed è una persona così diversa da Manuel, perlomeno nell'aspetto fisico.

«Non è bellissimo?» gli viene chiesto.

Corruccia le labbra in una smorfia. «Bellissimo proprio no» commenta «al limite accettabile

«Guarda che non muori mica se fai i complimenti ad un ragazzo.»

«Faccio i complimenti ad un ragazzo se devo farli, ma questo oggettivamente non se li merita.»

«Oggettivamente?»

«Sei sordo?» schiocca la lingua sul palato «Pare uscito da 'na copertina patinata.»

«Vabbè, a me deve piacere.»

A Simone deve piacere, Manuel ne è ben conscio, nonostante provi un fastidio inspiegabile alla sola visione di quella foto poichè pensa non vada bene per lui.

Insomma, quel tizio ha troppi muscoli, è abbronzato, ma chi s'abbronza in Scozia?

Ha i denti troppo bianchi, la pelle troppo perfetta, i capelli troppo biondi.

Non c'entra niente con Simone.

«Ah, aspe', t'ho preso una cosa» quest'ultimo esclama ad un tratto, fuorviando il loro discorso. Si alza dal divano per raggiungere lo zaino abbandonato a terra a pochi metri di distanza. Ci traffica dentro fino a che non ne tira fuori una busta di carta argentata.

Torna al punto di partenza, accasciandosi sui cuscini, e porge il piccolo pacco all'altro ragazzo. «Stavolta niente dolci, lì non sono molto buoni.»

Manuel ha ancora la mente focalizzata su quel scozzese der cazzo che ha deciso che è stato creato in laboratorio, tanto che recepisce la sua voce con un leggero ritardo. Sbatte le palpebre, fissando l'oggetto in equilibrio sul suo palmo.

«Cos'è?» borbotta.

«Beh, non ero qui al tuo compleanno» spiega Simone «non abbiamo potuto festeggiare, però t'ho preso un regalo.»

«Non dovevi. Io t'ho offerto un caffè de merda al compleanno tuo.»

«Non è niente di che. Apri, dai.»

Manuel abbassa lo sguardo. C'è una lieve esitazione nei suoi gesti quando sfiora con i polpastrelli l'involucro ruvido della confezione . Raccatta il pacchetto e lo scarta con un'attenzione che, di solito, non gli appartiene. Da esso, ne tira fuori una spilla rotonda: c'è raffigurato il Big Ben con dipinta dietro La notte stellata di Van Gogh - è un po' un cliché, come se esistesse soltanto quel quadro raffigurante un cielo con le stelle, ma immagina sia perché è il più famoso e quello con più impatto.

Non che ci capisca molto di arte, s'intende.

«L'ho presa a Londra quando ci sono andato con mia madre» lo sente dire «ce n'erano un sacco, questa mi piaceva.»

«Sì, è–è molto bella, grazie.»

«Me lo puoi dire se ti fa schifo, non mi offendo.»

«Non mi fa schifo, piantala» Manuel sorride. Non sta mentendo, la spilla gli piace per davvero; può attaccarla alla giacca verde militare che usa di solito o allo zaino di scuola.

«Ti sta bene Londra

Quella frase è farfugliata, tant'è che gli sembra di averla immaginata. Aggrotta le sopracciglia, distoglie lo sguardo dalla spilla che regge tra pollice e indice, lo porta su Simone che si è stretto nelle spalle e ha abbassato il capo. «Che?»

«Che—cosa?»

«Che hai detto?»

«No, nulla, è una cosa stupida, lascia stare.»

Non ha alcuna intenzione di farlo, anche perché è un'affermazione strana. «Hai detto ti sta bene Londra» ripete, visto che ha udito bene «in che senso?»

È confuso, mica si parla di un vestito che può star bene.

Simone esita. Pianta gli incisivi nel labbro inferiore, con lieve nervosismo. Gli sfugge una risata nel tentativo di mascherare tale sentimento. Tuttavia, percepisce ancora gli occhi dell'altro ragazzo addosso ed è consapevole che non riuscirà a sviare il discorso ormai che l'ha tirato fuori.

«Okay, uhm» bofonchia «prometti che non mi prendi in giro?»

«Perché te dovrei prendere in giro?»

«Prometti e basta.»

È deciso su quell'aspetto, così Manuel è costretto ad annuire e borbottare: «Prometto, daje.»

Ancora un po' Simone si crogiola nella sua titubanza. Prende a giocherellare con il filo sfuggito al bordo del jeans chiaro che indossa, come distrazione o per scaricare la lieve agitazione che l'ha colpito tutto ad un tratto. «Associo una città alle persone che conosco» confessa «per come le vedo io, ecco, per come penso gli stiano addosso.»

Manuel aggrotta le sopracciglia, perplesso. Se dovesse associarsi ad una città, la risposta più ovvia sarebbe Roma: è casa sua, gli scorre nelle vene, conosce a memoria le vie e i sanpietrini che le compongono, il suo accento stesso grida Roma, Roma, Roma.

Arriccia il naso. «E io che c'azzecco co' Londra?» ridacchia «Non so manco l'inglese.»

«Non c'entra quello.»

«E cosa allora?»

«Un insieme di cose» Simone tira appena più forte il filo, tanto da strapparlo via; gli rimane incastrato tra le dita. «Tipo—Londra è grigia, cupa, a tratti misteriosa e poi piove sempre.»

«Quindi—sono cupo, misterioso e... bagnato?»

Gli sfugge una risata, scuote il capo in cenno di diniego. «No, sei da scoprire» prova a spiegare «sei grigio perché è l'unico colore che vuoi mostrare, quello che ti fa sentire al sicuro, ma in realtà non sei così.»

Fa una breve pausa e le sue gote si tingono di un pallido rosso.

«Nella realtà hai—un sacco di colori, come l'arcobaleno che spunta dopo la pioggia.»

Lascia in sospeso tale frase, quasi avesse paura di averla pronunciata.

Manuel tace, ammutolisce. Nemmeno su un simile aspetto crede di essere d'accordo: se dovesse attribuirsi un colore, direbbe il nero, quello del nulla.

Nulla poiché è il valore che presume di avere, una macchia irrilevante nell'universo.

Niente di che, qualcuno di passaggio.

Non crede di avere dei colori addosso, a distinguerlo, a farlo spiccare.

Forse non sa usare bene la luce, forse nessuno gli ha mai insegnato a farlo.

«Trovi sia un cliché?» sussurra Simone, incerto.

«No, uhm» replica Manuel, ma non sa cos'altro aggiungere, come commentare perché in difficoltà, a tratti in imbarazzo, sovrastato da un'emozione contorta «è una—visione bella. Che c'hai solo tu, ma questo è un altro discorso.»

Si smonta da solo, come è bravo a fare, come sempre.

«Non ce l'ho solo io, t'assicuro.»

Non vuole scendere nei dettagli, non pensa nemmeno che quella sia la verità. Piuttosto, rigira la spilla tra le mani, la fissa per un istante - che vorrebbe sapere che colori vede lui, che colori vedono gli altri, per imparare a scorgerli dove c'è solo nero.

Invece lascia stare, lascia perdere qualcosa che considera erroneamente irrilevante. «E tu che città saresti?» svia il discorso.

«Non vale associarsene una da soli.»

«Perché no?»

«Perché il punto è la città che mostra come sei tu come persona e siamo tutti un po' autocritici e con poca autostima, quindi diremmo delle città brutte e vuote.»

È la verità. Seguendo quel ragionamento e messa da parte Roma, probabilmente collocherebbe la propria persona sulla cima della classifica delle dieci città fantasma del mondo - decadente e dimenticata.

«Ti starebbe bene Vienna» reprime quei pensieri per esternarne uno tutto nuovo.

«Vienna? Perché?»

«Boh, è 'na città elegante e fine.»

Certo, è un'analisi un po' scarna e superficiale rispetto a quella fornita da Simone, ma non gli viene fuori niente di diverso.

Dovrebbe pensarci meglio ed è sicuro che ne troverebbe una di migliore da associargli.

«Ci sei mai stato?»

«No, ma ho visto delle foto di Chicca che c'è stata lo scorso anno. È bella, te calzerebbe a pennello.»

«Vorrei andarci un giorno, infatti.»

«Beh, se sai il francese sei avvantaggiato.»

«Guarda che parlano il tedesco a Vienna.»

«Ma da quando?»

«Eh, da sempre.»

«Vabbè, e quello lo sai?»

Simone finge di pensarci per un momento. In seguito, sfoggia un sorriso ed esclama: «Du bist ein Idiot, trotzdem liebe ich dich

Di tedesco - o di qualunque altra lingua - Manuel non ci capisce proprio niente, a stento conosce l'italiano, come sosterrebbe sua madre. Per cui «Ma che è, sembrano rumori a caso» commenta, in una risata «che vuol dire?»

Il sorriso sul viso di Simone è ancora presente, ma pare essere ricoperto da un velo di tristezza, di una malinconia per qualcosa che non ha mai vissuto.

«Niente, l'ho inventato» taglia corto e Manuel non pretende ulteriori spiegazioni.

***

14 settembre 2022

La professoressa Girolami è in ritardo di qualche minuto, ragion per cui il periodo di ricreazione per la 4^B si è dilatato.

Manuel è seduto al solito banco in ultima fila. Chicca ha attaccato il suo e gli è accanto, sistemata a gambe incrociate sulla sedia, mentre apporta dei ritocchi ad un disegno di una fata che ha prodotto.

Di solito, lui la osserva perché trova che sia molto brava in tale disciplina, che dosi bene i colori e abbia un delicato senso artistico.

A quanto pare, hanno tutti un talento a parte lui e con questa cosa deve conviverci.

Quella volta, tuttavia, la sua attenzione è catturata da qualcosa di differente: vicino alla porta dell'aula, con le spalle contro al muro e accerchiato da quattro compagne di classe, si trova Simone che tiene il telefono in mano e ride con loro.

Dalla posizione in cui si trova non ode alla perfezione il discorso in atto, riesce a cogliere soltanto qualche sporadica frase come «Ma dai, che carino!» oppure «Mio Dio, come vorrei qualcuno lo facesse con me!»

Gli è sufficiente per capire di cosa stiano parlando - come se avessero fatto qualcosa di diverso durante quei primi due giorni di scuola: sapere tutto su Simone e Michael.

Non ha ben compreso in quale preciso momento l'altro ragazzo abbia rivelato a tutti la propria sessualità - insomma, non è una cosa che può essere inserita in un discorso sul tempo - però è accaduto e ora tutte paiono in visibilio per questa nuova fantastica coppia.

Non c'entrano niente, sembrano usciti da un generatore casuale, è il suo ricorrente pensiero.

«Oh, ma la finiscono co' 'sta storia?» borbotta, tra i denti. Forse neppure è sua intenzione essere sentito, ma è ciò che accade: Chicca solleva lo sguardo dalla propria opera, realizza di chi il compagno sta parlando e accenna una risata.

«Ah, ce sta Luna che è ossessionata da Simone e il tipo, vuole sape' tutto» commenta.

Manuel incrocia le braccia al petto e si preme contro la spalliera della sedia. «Che je frega» sbuffa.

«Beh, so' carucci. So che 'sto Michael gli manda ogni mattina la foto dell'alba per augurargli il buongiorno visto che tanto va a correre. È 'na cosa tenera.»

«Che schifo.»

Per reazione, lei gli tira un colpo a pugno chiuso sul braccio. «Che cinico, oh! Potresti prendere esempio e fa' 'ste cose co' la ragazza tua. Io apprezzerei.»

«Che te lo mando a fa' il buongiorno che tanto se vedemo sempre.»

«Non è il buongiorno il punto, è il gesto.»

Manuel immagina che quelli siano dei gesti che fanno le persone innamorate - o folli, dipende dai punti di vista - così torna sui ricorrenti ragionamenti che lo tormentano: lui vuole un bene immenso a Chicca, le piace fisicamente, ciò che fa e dice, la sua arte, adora accarezzarla, baciarla, pensa sia eccezionale e che sia una fortuna averla nella propria vita; però non gli è mai passata per la testa l'idea di scriverle la mattina appena sveglio, attraversare mezza città di notte soltanto per sentire il suo profumo, fare delle cazzo di foto ad un tramonto e mandargliele.

Mai.

Non è colpa di Chicca, il problema è lui.

Magari è lui che non è capace di amare.

Magari è lui che si è convinto di non esserlo.

Una volta ha visto un film dove c'era una frase molto bella e semplice: accettiamo l'amore che pensiamo di meritare.

Manuel, di fatto, non pensa di meritare amore, neppure da Chicca.

Neppure da...

Chiunque altro.

Se seguisse il suo lato più masochista, starebbe con qualcuno che lo sminuisce e tratta male sempre oppure completamente solo perché è quello che le persone vuote e cupe meritano.

Serra la mandibola mentre il suo sguardo scivola in direzione di Simone ancora attorniato dalle compagne di classe: sorride e pare felice.

È felice.

Simone è felice e Manuel si domanda il motivo per cui non riesce ad esserne lieto come dovrebbe.

Sbuffa. «Se inizio a fa' 'na cosa del genere, è 'na richiesta d'aiuto» conclude, secco.

Chicca gli riserva un'occhiata rassegnata. Dopo ripone il disegno in una cartellina nera per far posto al quaderno di matematica poiché la professoressa Girolami è appena entrata in classe.

***

3 novembre 2022

Manuel non è portato per l'attività fisica.

Nell'ultimo periodo ha provato pure ad andare a correre la mattina - se glielo chiedete, non è assolutamente perché lo fa Michael e si sta mettendo in competizione.

Per quale motivo dovrebbe?

Si tratta di una questione di salute, ovviamente.

Ad ogni modo, anche l'ora di motoria a scuola è in grado di distruggerlo, quindi, alla fine di essa, si ritrova seduto su una panca di legno nello spogliatoio maschile, le mani appoggiate sulle ginocchia mentre tenta di riprendere fiato dopo gli addominali alla spalliera che ha ordinato il professore.

Ha la vista offuscata per lo sforzo e vorrebbe morire, in tutta sincerità. I compagni si sono cambiati e hanno abbandonato il luogo da qualche minuto, lui ha ancora addosso i pantaloncini neri e la canotta da basket rossa tutta sudata.

«Tutto okay?»

Gli è sufficiente sollevare il capo di qualche centimetro per osservare il volto di Simone, il quale lo sta fissando con aria preoccupata; probabilmente non ha un aspetto roseo.

Si sforza di annuire. «Seh,» borbotta «me faccio passa' il principio de infarto e poi—tutto okay.»

L'altro ragazzo accenna una risata, intanto che prende posto al suo fianco. Dal suo zaino blu tira fuori una borraccia bianca con sopra dei disegni astratti lilla. «Tieni» dice, porgendogli l'oggetto.

Manuel non se lo fa ripetere due volte e accetta di buon grado quel sorso d'acqua, buttandolo giù di fretta; pure lui ha una borraccia, gliel'ha comprata la madre, ma finisce sempre per dimenticarla a casa.

«Grazie» biascica. Ne vorrebbe ancora, però è finita.

Rimane in silenzio: gli serve per riprendere ad avere un respiro regolare, quantomeno; gli serve per analizzare senza farsi scoprire le espressioni di Simone, i suoi gesti, tutto.

«Oh, te manca il telefono in mano, er tipo tuo va in crisi d'astinenza poi» esclama - perché, in effetti, nelle ultime settimane ha sempre visto l'altro con il cellulare tra le dita per mandare messaggi a quel Michael, invece è da qualche giorno che ciò non si verifica.

Perché ti interessa?

Simone scrolla le spalle e fissa il muro sporco di fronte a sé. «Non credo» borbotta.

«Che c'è? Guai in paradiso?»

È bruciato?

Magari.

«No, cioè—diciamo che io non sono fatto per le relazioni a distanza, tutto qui.»

A rigor di logica, Manuel dovrebbe interpretare il ruolo del migliore amico che consola l'altro, visto che ha appena saputo della rottura di una relazione, in sostanza; dovrebbe essere la sua spalla, offrirgli conforto, invece l'unico sentimento che lo pervade è la gioia.

È contento che sia finita e non è normale.

Un amico non si comporta così.

Butta giù a fatica della saliva, gli pare di aver fatto ulteriori cento addominali.

«Ah» dice solo.

Simone aggrotta le sopracciglia, gli rivolge uno sguardo confuso. «Ah? Che vuol dire ah

«No, niente, cioè—me spiace.»

Non è vero, a Manuel non dispiace per niente. È un pessimo attore, la sua espressione lo tradisce subito. Finge un colpo di tosse per mascherare il tutto, con scarsi risultati.

«Vabbè, grazie» taglia corto Simone che un briciolo in più d'empatia se l'aspettava. Si alza lentamente in piedi, fa per andarsene.

Ed è in quel momento che all'altro ragazzo esce fuori un quesito che si è tenuto sulla punta della lingua o magari è soltanto guidato dall'istinto: «Eri innamorato?»

Simone si ferma davanti alla porta aperta dello spogliatoio. Sono rimasti da soli lì dentro, nessuno può origliare la loro conversazione. Esita per qualche secondo prima di girarsi ed esita nel fornire una risposta. Incrocia le braccia al petto. «Non...» biascica «non credo.»

«Non eri quello che stava co' qualcuno solo se innamorato?»

«Sì—nel senso... lo penso ancora, solo...»

«Solo?»

La bocca gli si fa secca. «Solo che—credo di essermi lasciato trascinare dal fatto che per la prima volta qualcuno ricambiava il mio interesse senza giudicarmi ed era... bello.»

C'è un singolo, minuscolo, insignificante momento dentro a quella stanza ricoperta da mattonelle bianche durante il quale l'aria risulta pesante, carica di un sentimento che nessuno dei due comprende per davvero mentre si fissano l'un l'altro.

In tal preciso istante, nella testa di Manuel si imprime una frase: vorrei che tu fossi una ragazza.

Perché sarebbe più facile se lo scombussolamento che ha dentro fosse causato da una ragazza.

Non dovrebbe porsi domande.

Non dovrebbe arrancare per trovare delle risposte.

Sarebbe facile.

«Io non t'ho giudicato» sussurra Manuel, la voce gli si spezza in gola.

«No, ma a te non piacciono i ragazzi e...»

«Simó...»

«Ma non fa niente» Simone lo interrompe; alza le mani a mezz'aria, in cenno di finta resa «tanto l'ho superata, davvero. Non hai niente di cui preoccuparti.»

Suona tanto come un ti ho superato.

A Manuel dovrebbe far piacere, dovrebbe essere lieto del fatto che il suo migliore amico sia andato avanti così può essere felice - possono esserlo entrambi - e avere un buon rapporto, nonostante tutto.

Non accade ciò, piuttosto percepisce una fitta al petto, forte e potente al pari di una lama che affonda nella carne, che lo dilania.

Se tu fossi una ragazza e io un ragazzo, amarci sarebbe facile.

Ma tu non sei una ragazza e io sono un ragazzo e la cosa mi confonde e mi manda in crisi.

Dalla bocca gli esce un flebile «Okay» frattanto che i loro sguardi si lasciano andare.

«Okay» biascica Simone «ci vediamo in classe» e abbandona quello spogliatoio dentro al quale Manuel rimane solo in mezzo alla sua polvere.

***

19 novembre 2022

Durante l'ultima estate, complice la noia e non avere nessuno con cui uscire la sera, Manuel si è creato un account su Twitter.

Ha usato quell'applicazione di notte, principalmente, scorrendo la timeline, mettendo qualche mi piace a foto, video o commenti divertenti di gossip o programmi televisivi; è stato qualcosa di leggero, per distrarsi, per ingannare il tempo - anche se ha notato che lì sopra, spesso, la gente si scalda per nulla e comincia a litigare per cose di poco conto.

Con l'inizio della scuola ha un po' smesso e non crede di essere mancato in qualche modo ai suoi tredici followers.

È da poco passata la mezzanotte quando si trova sdraiato sul letto in posizione supina, nella penombra, col telefono in mano e gli capita di aprire proprio l'app che ha abbandonato.

Avrebbe dovuto uscire con Chicca quella sera, invece ha inventato di avere la febbre ed è rimasto a casa, con la conseguenza di aver fatto arrabbiare molto la ragazza.

Lei ha ragione, a dire il vero: trova una scusa ogni volta e il loro rapporto si è trasformato in una lite continua, un susseguirsi di crepe che li sta allontanando e distruggendo. La parte peggiore è che a lui non interessa e si sente una merda perché Chicca non se lo merita.

Ad ogni modo, sulla homepage che scorre gli appaiono foto e gif di gatti ai quali mette puntualmente un cuore rosso, qualche commento su Sanremo - anche se gli pare un po' presto, insomma - e crede di capire che c'è una polemica in atto su come si chiamano le chiacchiere (o frappe o chissà); durante l'estate c'era stata diatriba tra tè alla pesca e tè al limone e lui aveva con fierezza scritto che il tè fa schifo e basta e ha fatto ben trentotto mi piace.

Fa su e giù col pollice per almeno mezz'ora; è tardi - o presto, pensa che, magari, le persone sono fuori a divertirsi - quindi ha poco da vedere o commentare.

Per di più, la sua mente ogni tanto lo riporta al giorno nello spogliatoio con Simone, dopo il quale si sono visti meno - due volte per delle ripetizioni - e poi si sono evitati per nessun motivo in particolare.

E si accorge che a Simone ci pensa più spesso di quanto dovrebbe.

Senza seguire una logica, clicca sull'icona in basso a destra blu con un + bianco.

Su quel social network nessuno sa chi è, non ha mai messo una sua foto o scritto qualcosa che potrebbe ricondurre a lui.

In tale realtà virtuale, Manuel Ferro non esiste, ma c'è un account che ha un ma nel nome, colorinpolvere come nickname e Thomas Shelby nell'immagine del profilo.

Dunque, dopo aver lasciato lampeggiare il cursore per qualche secondo, digita di fretta sulla tastiera:

ma @colorinpolvere
se mi piace il mio migliore amico, sono gay? a me piacciono le ragazze, mi sono sempre piaciute solo le ragazze, però... con lui sembra diverso

Clicca su pubblica senza rimuginarci troppo - con l'anonimato si considera protetto.

Non si aspetta di ricevere qualche risposta: in seguito alla sparizione di mesi quelle poche interazioni che ha avuto sono scemate e presuppone ci sia un algoritmo strambo là sopra e il suo post passerà in sordina, dimenticato tra le tante cose messe in rete ogni giorno da milioni di utenti.

Sbuffa e si sente pure un briciolo stupido. Scuote il capo ed esce da Twitter, andando su YouTube a cercare qualche video gameplay da guardare finché non si addormenta.

Ha successo nel giro di soli quaranta minuti e si dimentica di ciò che ha pubblicato fino alla mattina successiva quando è in cucina, seduto al tavolo con una tazza di latte e caffè davanti e il pacco di biscotti con gocce al cioccolato da aprire.

Gli torna in mente quando vede il numero delle notifiche sopra l'icona dell'applicazione: ha disattivato quelle push-up, per cui il simbolo che riporta duecentoquaranta cattura la sua attenzione.

Eppure ha soltanto tredici followers.

Così apre quel social, va nella sezione apposita definita da una piccola campanella e scopre tanti commenti, mi piace e citazioni a ciò che ha scritto durante la notte.

Sono davvero tanti, ne riesce a leggere soltanto alcuni scorrendo con il dito:

Sofi. @movntheskies
@colorinpolvere ho letto una fanfiction larry che iniziava così

Ah.

Gli manca solo di essere il protagonista di una fanfiction e sorvola sul fatto che sappia cosa vuol dire Larry (ma chi non lo sa?).

Anto. @antomisses
@colorinpolvere Se è solo verso 1 ragazzo no... Magari si tratta di una pulsione, puoi provare una one shot x vedere se ti piace davvero

Una... cosa?

Non ha alcuna pulsione, mica è un animale. E one shot, ma che è? Ma questo come parla?

Inorridisce e blocca quell'utente.

Jodi 🦋 @jowritings03
@colorinpolvere potresti... oppure no.

Andre🦄 @doctordrew
@colorinpolvere bro sei bisessuale

Ora, ovviamente Manuel non ha vissuto sotto una campana di vetro fino a quel momento e sa bene cosa significa la parola bisessuale - quando ad una persona piacciono sia i ragazzi che le ragazze, senza distinzione.

Lo sa, ma non ha mai considerato il fatto di poter appartenere ad una simile categoria, anche perché mica gli piacciono tutti i ragazzi.

Gli piace Simone.

Dio, lo ha appena ammesso con la propria coscienza.

Sono passi avanti.

No, non può essere quello, sarà un caso.

Continua a leggere le varie risposte ottenute, stranamente non ci sono derisioni o altro tipo di presa in giro- strano, visto che ha potuto assistere attacchi per come si stendono i panni, quindi—beh, poteva aspettarsi qualsiasi cosa.

Comunque, c'è una notifica che non spicca sulla campanella, bensì accanto ad essa, con una piccola busta e il numero uno che spicca in azzurro.

È un messaggio diretto che va subito ad aprire: proviene da un utente che ha soltanto una e. nel nome e come nickname eindisguise; la sua immagine di profilo corrisponde a quella di Sheldon Cooper, il che lo fa anche sorridere:

e.
Ciao,
scusa l'intrusione, so che sembrerà strano ricevere questo messaggio da una sconosciuta, ma ho letto il tuo tweet ed è qualcosa che avrei scritto io qualche anno fa quando ho iniziato a provare qualcosa per la mia migliore amica.

Non è stato un buon periodo per me, non capivo che mi succedeva, ferivo me stessa e chi mi stava intorno per nessun motivo apparente e pensare che ci sia qualcuno nelle medesime condizioni... mi fa stringere il cuore.

Quindi, niente, se mai ti andasse di parlarne o solo sfogarti, c'è una straniera chissà dove disposta ad ascoltare.

Un abbraccio 🫂 🤍

A Manuel pare assurdo che una persona di cui non conosce il nome e il volto - cosa reciproca - si sia premurata di scrivere qualcosa del genere e inviarglielo.

Non ha mai visto il buono nel genere umano, ecco, tantomeno atti di gentilezza.

A parte sua madre.

A parte Simone, a quanto pare.

Gli altri li ha ignorati o finto di non vederli.

Fissa quel messaggio per dieci minuti, inzuppando i biscotti nel caffellatte e facendoli rompere all'interno del liquido; odia quando succede, visto che poi deve raccogliere quella poltiglia col cucchiaino e la sua consistenza non gli piace per nulla.

Si decide a rispondere quando la sua colazione è a metà e ha messo su una seconda caffettiera:

ma
ciao!
no, figurati, anzi mi fa molto piacere...

forse avrei bisogno pure di parlarne, mi sembra di impazzire

Invia, senza pensarci, ritenendosi un po' stupido.

Ma tanto, ragiona, non ha nulla da perdere e chiunque ci sia dalla parte opposta non può avere alcun pregiudizio: non conosce il suo nome, la sua età, dove vive, la sua condizione economica.

Non ha nulla in mano e, di nuovo, si sente protetto da ciò.

Magari è pure sbagliato, non bisogna fidarsi degli sconosciuti online, però finché non rivela dati sensibili, immagina possa stare tranquillo.

Ha ancora la conversazione aperta, appaiono dei pallini sullo schermo, segno che l'altra persona sta scrivendo. Difatti, poco dopo giunge la sua replica:

e.
Capisco la sensazione, mi succedeva lo stesso, ma sappi che è assolutamente valido

ma
sarà pur valido, ma non è normale...
nel senso, a me i ragazzi non piacciono

e.
Sì, lo hai fatto già presente da quel che ho letto

ma
uno sotto al tweet mi ha scritto che sono bisessuale ma io... non credo??? nel senso che succede solo con lui, mica con tutti

e.
Beh, non c'è una percentuale precisa, che se ti piacciono le ragazze al 70% e i ragazzi al 30% allora non puoi esserlo, non funziona così. Può piacerti anche soltanto un ragazzo ed esserlo comunque

ma
a me piace solo lui, gli altri non mi viene da guardarli

Ouch, lo ha ammesso pure con quella sconosciuta. È più grave di quanto abbia mai valutato.

e.
Quello è perché hai dei gusti, non ti devono piacere /tutti/ i ragazzi. Hai preferenze pure con le ragazze, no? Mica ti piacciono tutte quelle che incontri

No, certo che no.

Manuel prova a mettere in rassegna le ragazze della sua classe e scuola e non prova attrazione per ognuna di loro indistintamente.

Ad esempio, Chicca gli piace, Laura no - per quanto sia oggettivamente bella, non scaturisce alcuna attrazione da parte sua.

La tazza di latte che ha davanti è ormai vuota e la caffettiera borbotta. Si alza un attimo per spegnere il fuoco, si versa ulteriore bevanda calda in una nuova tazza marrone e torna a sedersi.

E a rispondere:

ma
no, non direi...

e.
Ecco, vedi😌

ma
e quindi che devo fare?

È stupido chiederlo a qualcuno che non sa nulla di ciò che è successo. Con il cuore che palpita nel petto e le mani che tremano, Manuel mette nero su bianco ogni cosa che è successa nell'ultimo anno: le ripetizioni forzate, la sua antipatia nei confronti di Simone - che in quel messaggio chiama soltanto S - il rapporto appianato con le meringhe, gli universi paralleli, Jacopo, il tentato bacio sul terrazzo e poi...

ma
quando mi ha detto che ha lasciato quel tipo in scozia, invece che dispiacere ho provato gioia...

cioè ero contento che s'era lasciato perché non volevo che stesse con qualcun altro

nel senso, non lo voglio

Il respiro gli si smorza a tale ennesima ammissione, però gli serve, è come aver soffiato sulla polvere e averla liberata nell'aria.

ma
non capisco che mi succede, sto impazzendo

non riesco a guardarmi allo specchio, mi sento soffocare e sto con una ragazza, ma non vorrei starci e non so come dirglielo perchè lei è fantastica e io sono soltanto questo casino senza risoluzione

Non si accorge che ha iniziato a piangere e si stupisce quando una lacrima gli scivola da una guancia e va a bagnargli una mano, nella quale regge ancora il cellulare.

e.
Inizia con una cosa per volta

Ti verranno in mente mille domande ed è giusto farsele e persino dannarsi per trovare una risposta

Non pensare sia qualcosa di semplice, da risolvere con uno schiocco di dita

Ad esempio, mi hai detto che S ha provato a baciarti a quella festa e tu lo hai respinto

Prova a chiederti: se lo facesse di nuovo ora, lo fermeresti?

Quesiti se ne è posti, parecchi, e una parte di sé ha tirato fuori pure quello.

Non c'è esitazione - non troppa - quando digita la risposta:

ma
no

e.
Vedi, questo è già un primo tassello
Possiamo scovarne altri, a poco a poco, un passo alla volta

Non ti mettere fretta

Scoprire di amare qualcuno che non ci saremmo mai immaginati non è facile

Non lo è per niente.

Scoprire di amare in generale non è qualcosa di facile per qualcuno che non l'ha mai fatto, sebbene nemmeno sappia ancora se esserlo o meno.

Magari sì.

Magari si è innamorato per la prima volta di qualcuno come lui.

Magari quella fitta che percepisce all'altezza dello sterno non è un infarto come credeva.

Però, presuppone debba scoprirlo a poco a poco, un quesito e una risposta alla volta.

***

12 gennaio 2023

Manuel ha continuato a parlare con e. quasi ogni giorno da quella notte: le ha raccontato vecchi e nuovi episodi con S e si sono posti insieme le domande necessarie.

Durante questo periodo, si è quasi convinto di aver trovato un'amica.

Quasi perché continua a non conoscere il suo nome vero, il suo volto, dove abita; legge soltanto ciò che scrive sul profilo - a volte leggerezze, in altre occasioni pensieri più profondi - e ciò che gli arriva per messaggio.

Non crede sia sufficiente quello a rendere una persona amica, però ci va molto vicino, perlomeno per lui che non ne ha uno da parecchio.

Quella mattina arriva a scuola presto per i suoi standard - di solito la campanella è già suonata quando ciò accade. Invece adesso è presto e davanti all'istituto non c'è pressoché nessuno, a parte qualcuno che davvero gli interessa.

Difatti, Simone è seduto sul muretto posto di fronte al portone di ingresso, tiene il capo basso sullo smartphone con cui traffica usando i pollici.

Un sorriso spontaneo si delinea sulle labbra di Manuel ad una simile visione e non si sforza nemmeno di camuffarlo in qualche modo.

Si avvicina a lui quanto basta per poter prendere posto al suo fianco, sebbene non riesca ad attirare la sua attenzione. Allunga il collo per sbirciare ciò che appare sullo schermo. Il riflesso della luce del giorno glielo impedisce.

«Che stai a fa'?» esclama allora.

Simone sussulta appena - solo un briciolo - e lo saluta con un cenno del capo. «Matteo mi ha fatto scaricare un'app» spiega brevemente.

«Un'app per...?»

Sbuffa e blocca il telefono attraverso il tasto laterale per riporlo nella tasca anteriore dei pantaloni. «Per incontrare ragazzi» sospira.

Tale frase è sufficiente per Manuel a fare ciò di cui ha discusso con la ragazza di Twitter: farsi delle domande e cercare le risposte.

Perciò comincia mentalmente a chiedersi: mi dà fastidio che voglia conoscere qualcuno?

Sì.

Perché mi dà fastidio?

Perché conosce già me.

Proverei dolore se trovasse una persona con cui uscire?

Sì, sì è ancora sì.

Schiocca la lingua sul palato. «Non te servono 'ste cazzate» taglia corto.

«Invece sì,» pigola Simone «guarda che non è facile capire a chi mi posso avvicinare e chi no, qui almeno è tutto nero su bianco, più o meno.»

«Più o meno?»

«Diciamo che ti può scrivere chiunque e iniziano la conversazione con la foto di una loro erezione.»

«Ah.»

«Già. Vabbè, forse è il tipo di app che non va bene, c'è solo gente che vuole una botta e via, non sono il tipo.»

«Giusto, tu stai con qualcuno solo se sei innamorato.»

Perchè ti è rimasta impressa così tanto questa affermazione?

«Mh-m» si limita a biascicare Simone.

Manuel ci pensa fin troppo spesso a quel particolare, alla conversazione avvenuta un po' per caso che è un eco nella sua mente che rimbomba, ritorna e incalza troppo spesso. Schiude le labbra per dire qualcosa, ha le parole sulla punta della lingua e...

«Oh, ma già qua state?» la voce squillante di Chicca lo precede e impedisce la formazione di diverso dialogo.

Fa appena in tempo a voltarsi che vede la ragazza balzare e sedersi accanto a sé sul muretto. Lei si aggrappa al suo braccio e si sporge con la testa per poterlo baciare sull'angolo della bocca.

È qualcosa di normale tra due persone che si stanno frequentando da oltre un anno, eppure per Manuel quel gesto stona.

Perché stona?

Perché lo sta facendo lei.

Vorresti qualcuno di diverso a compierlo?

Sì, ce l'ho alla mia sinistra.

«Io vengo sempre un po' prima» biascica Simone.

Chicca accenna una risata. «Tu sì,» replica «il ragazzo mio no» indica col capo colui che ha nominato «chi t'ha buttato giù dal letto?»

«Nessuno» taglia corto Manuel e si chiude nelle spalle.

La compagna si appiglia al suo braccio - stona - ha un sorriso stampato in faccia. «Oh, Simó!» comincia un nuovo dialogo dal nulla «Settimana prossima viene a trovarme mio cugino da Latina, porta n'amico suo.»

Udendo quella frase, Manuel aggrotta le sopracciglia e già capisce dove si andrà a parare.

Simone, invece, cade dalle nuvole e chiede: «E quindi?»

Lei sgrana gli occhi, a sottolineare l'ovvietà della cosa. «Beh, è gay. Te lo presento.»

«Perchè?»

«Mi sembra evidente il motivo.»

Manuel si trova fisicamente in mezzo a quel dialogo e vorrebbe farsi esplodere - in tutti i sensi. Quasi teme la risposta di Simone ad una simile proposta, ma è qualcosa che, di fatto, non avviene poiché l'altro si limita a farfugliare qualcosa di poco comprensibile, mentre Chicca insiste: «Guarda che è carino, mica te presento 'n cesso, eh! C'ho la foto se vuoi.»

«Non so, non credo che...»

«Daje, ormai gliel'ho detto, non puoi rifiutare.»

«Glielo hai detto?»

«Sì, cioè—potrebbe venire appositamente per questo.»

Okay, sta per raggiungere il punto di rottura. Manuel stringe forte i pugni, rischia di farsi male, conficcando le unghie nei palmi. La conversazione prosegue, ma lui smette di ascoltare con attenzione.

«Dai, Manuel, diglielo anche tu che è una grandissima idea!» Chicca esordisce e lo scuote, entusiasta.

Ma Manuel si è rabbuiato, si sta ponendo altre domande e le risposte gli piovono addosso come lame affilate di coltelli.

Trova la forza di rivolgere lo sguardo alla ragazza che lo fissa sorridente. Lui, invece, è eccessivamente serio e scuro in volto. «È un'idea del cazzo» soffoca.

Non può vedere la reazione di Simone in quel momento. Osserva quella di Chicca, che è sorpresa, stranita, a tratti pure offesa. «Che?» borbotta la ragazza.

«Che hai pensato di presentarli perché lui è gay e l'altro pure, allora si possono conoscere, no? È l'unica cosa che conta, mh? Magari informarse prima dei loro gusti, passioni, cose in comune... perché magari se parlano e dopo trenta secondi se stanno sur cazzo.»

«Credevo solo di fare una cosa carina.»

«Eh, credevi male.»

È ben consapevole che la sta trattando male per le ragioni sbagliate - che lo sa che Chicca non è il tipo, che magari ha avuto dei modi di porsi sbagliati, però farglielo capire con arroganza fa passare dalla parte del torto.

Il problema è che Manuel non riesce a trattenersi, soprattutto se è qualcosa che va a toccare...

Soprattutto se si tratta di...?

Soprattutto se è qualcosa che riguarda Simone.

Non deve più rimanere lì, altrimenti potrebbe reagire peggio, combinare ulteriori guai. Nemmeno si accerta dell'espressione che ha assunto il ragazzo seduto alla sua sinistra - lo vedrebbe altrettanto stranito; salta giù dal muretto e si dirige a passo svelto verso il portone della scuola, varcandone la soglia anche se la campanella non è ancora suonata.

***

«Me spieghi che te prende?»

Come ovvio, quella discussione della mattina non viene lasciata passare in sordina.

Durante il primo intervallo, Chicca placca Manuel nel corridoio, vicino alla finestra, nel chiacchiericcio generale. Lo fissa a braccia conserte e non ha intenzione di permettergli di fuggire senza una spiegazione.

«Niente» borbotta lui, nemmeno riesce a guardarla in faccia per più di due secondi.

«Niente? Le cose che mi hai detto stamattina non mi sembrano niente

«Stavi a sgrava' e te l'ho fatto notare.»

«Presento un amico ad un altro amico. Sono entrambi gay e potrebbero piacersi, mica sto a organizza' il matrimonio loro!»

«È la stessa cosa, è l'intenzione che è sbagliata.»

Chicca sospira sommessamente e rotea gli occhi. «Vabbè, ma che te frega» ribatte «è Simone! Magari se diverte co' questo, non devi farne n'affare di stato.»

Ecco, sì, non dovrebbe essere un affare di stato, ma lo è. Se già l'idea ipotetica che l'altro ragazzo potesse conoscere qualcuno tramite un'applicazione era devastante, la possibilità concreta è ancor più terribile.

Solo che finché non scende a patti con sé stesso, trovando ogni singola risposta alle proprie domande, non ha diritto di parola - che lui risulta pure un po' ipocrita, rimanendo con Chicca e non facendo mezzo passo in avanti.

«Lascia stare» tronca il discorso.

«Figurati, devo sempre lasciar stare ormai» la replica della ragazza è piccata e gli rivolge uno sguardo truce prima di allontanarsi nel corridoio, in direzione delle amiche.

Manuel rimane immobile. Alla cieca, cerca e trova il davanzale di marmo alle proprie spalle e ci poggia sopra i palmi come appiglio, per non permettere alle gambe di cedere.

Prende un respiro profondo e socchiude le palpebre.

Presume che, forse, deve fare qualcosa per smuovere quella situazione prima di restarne scottato.

O distrutto.

***

27 gennaio 2023

e.
Lo hai fatto?

ma
non ancora, mi sento una merda

e.
Sai che è la cosa giusta anche per lei, la feriresti di più restandoci insieme

Manuel fissa l'ultimo messaggio seduto sul divano di casa. Non è di buonumore, ha persino discusso con la madre Anita sulle bollette poiché la donna non vuole che sia lui a pagarle e che conservi i soldi messi da parte per l'università, ma lui il freddo nelle ossa non vuole sentirlo.

Adesso lei non c'è, eppure le sue urla gli rimbombano nelle orecchie. Sa che non è stata la rabbia a farla parlare, piuttosto la frustrazione, che è la stessa che lo corrode; hanno bisogno entrambi di smaltire ogni sentimento negativo.

Vorrebbe smettere di pensare, avere solo silenzio in testa. Tuttavia, annientando la discussione con Anita, sopraggiunge l'altra questione, quella di lasciare definitivamente Chicca.

È la cosa più giusta per lei, per lui, per entrambi. Restandoci insieme la sta soltanto illudendo, ferendo, tenendola legata ad una relazione che non ha futuro - perché non glielo può dare.

Solo che non trova mai l'occasione giusta, il modo giusto, le parole esatte da usare.

Presume dovrà improvvisare.

Quella sera, ad esempio, c'è una festa intima a casa di Matteo, con le solite birre del discount.

Manuel va a prendere Chicca a casa per aiutarla a portare qualche bottiglia, anche se con la moto è più complicato e, di certo, con una macchina sarebbero stati più comodi.

Poggia il fondoschiena sulla sella del veicolo, il casco ancora in testa quando vede la ragazza uscire dal portone con una borsa di plastica in mano piena di bottiglie di vetro; è la stessa che lei gli porge non appena si avvicina - ed è davvero pesante.

«Ti aspettavo mezz'ora fa» esclama lei, pare scocciata.

Manuel non se ne lamenta, visto che è dalla parte del torto: ha passato quella mezz'ora a fare discorsi da solo su cosa dire, come dirlo e via discorrendo. Si morde piano il labbro inferiore. «Possiamo—uhm, parlare n'attimo prima di andare?» tenta.

Chicca lo fissa per un istante, spalancando gli occhi. «Siamo già in ritardo» puntualizza «parliamo dopo.»

«È meglio prima che andiamo dagli altri.»

«Manuel, semo già in ritardo. Dopo, ho detto.»

Accade di nuovo, quel continuo rimandare per una cosa differente in ogni occasione.

Davvero, sta impazzendo.

È un'agonia che pare senza fine: continua nei minuti che seguono, durante il tragitto verso casa del compagno di classe, mentre salgono le scale fino al secondo piano dello stabile, quando sono tutti insieme in salotto a cenare con le pizze che hanno ordinato e ritirato al locale nella stessa via per non pagare la consegna.

Ha la testa altrove, su quella conversazione che non riesce ad avvenire, che vive il susseguirsi degli eventi in maniera passiva, al pari di un fantoccio di pezza mosso dall'inerzia degli altri.

Il tempo scorre e lui rimane seduto a terra, su uno spesso tappeto beige, neppure segue i dialoghi dei presenti, le decisioni prese.

Ad esempio, non capisce quando hanno iniziato a fare il gioco della bottiglia: sono disposti in cerchio sul grosso tappeto del salotto; Manuel vede Simone dalla parte opposta della forma, con accanto Laura a destra e Luna alla sinistra. In tutta la sera, non ha avuto modo di avvicinarsi a lui, di scambiarsi qualcosa di più di un cenno di saluto da lontano.

Però lo guarda e pare si stia divertendo, perché ride con i compagni intorno, pure con Chicca, la quale, invece, percepisce di fianco a sé, che ogni tanto gli posa una mano sulla gamba o sulla spalla e lui vorrebbe dirle di non farlo - per favore, non farlo.

Si stanno divertendo tutti, a parte Manuel.

A quel gioco neppure sta partecipando poiché la bottiglia non punta mai nella sua direzione; capita con Laura e Matteo, i quali si scambiano un timido bacio a stampo, poi tra Giulio e Luna, di nuovo Luna e Aureliano, capita pure Simone con Laura che ride dopo che le loro labbra sono entrare in contatto per mezzo secondo - il loro rapporto d'amicizia sembra andare bene, dopo tutto.

Continuano i giri, infiniti: Giulio e Monica, Laura e Luna, Luna e Matteo, Monica e Chicca, Simone e Matteo con quest'ultimo che corruccia la bocca in una smorfia e gli fa la linguaccia prima di un bacio scherzoso che porta i presenti a schiamazzare.

Manuel pare avere una sorta di ostacolo che impedisce alla bottiglia vuota della birra del discount di puntare nella sua direzione, un doppio negativo che si respinge e non si attrae.

Tuttavia, quando manca solo mezz'ora alla mezzanotte, quell'oggetto in vetro scivola sul tappeto, ruota, punta per primo in direzione di Simone, che lo fa girare ancora e allora...

Punta Manuel.

Quest'ultimo si trova a trattenere il fiato - anche se una parte di lui ha persino sperato che un evento del genere si verificasse. Alza lo sguardo, riprende il contatto con la realtà appigliandosi agli occhi grandi e sgranati di Simone, seduto a gambe incrociate di fronte a sé a qualche metro di distanza.

«No, questo non vale, giro di nuovo» lo sente dire; c'è agitazione nella sua voce, non sa se sia dettata dalla situazione, dalla quantità di birra ingurgitata o che altro.

Forse non vuole che succeda.

Non ora, non così.

Forse non vuole e basta.

«No, come non vale, ao» Luna lo frena dal raccattare la bottiglia per ripetere il sorteggio «ce semo baciati tutti, tocca pure a voi, non me interessa.»

«Dai, Luna, fallo ritirare» pigola Laura in difesa di Simone che desidererebbe soltanto sparire.

Manuel assiste alla scena dall'esterno, per un momento rimane in silenzio, capendo bene il motivo per cui Simone non vuole che quel bacio avvenga, il suo imbarazzo, il ricordo di ciò che è accaduto sul terrazzo e comprende persino l'amica che vuole preservarlo.

La discussione è ancora in atto, con Laura che insiste, Luna che si oppone, l'intervento di Giulio e Matteo e poi...

«Per me non ce stanno problemi, non devi ritirà» esclama Manuel, ad un tratto, ed è sufficiente a far tacere ogni voce in quella stanza.

Ma tanto l'unica che gli interessa è quella di Simone, lo stesso che ora lo sta fissando con aria smarrita, con timore, perso.

«Lo hanno fatto tutti, no? Che fa?»

Si son baciati tutti, perché noi no?

Manuel non si preoccupa dell'occhiata che gli rivolge Laura - probabilmente lo sta rimproverando in qualche modo - mentre scivola con le ginocchia e avanza a carponi in direzione di Simone. Si ferma a pochi centimetri da lui.

I loro sguardi sono alla stessa altezza e c'è uno strano silenzio attorno, un'assenza di suono surreale poiché sono cessate le risate, gli schiamazzi, i brusii; non c'è nulla, eccetto loro due che si guardano, i loro occhi che si fondono gli uni dentro gli altri e i respiri che divengono appena più affannati.

È un attimo ben diverso da quanto accaduto sul terrazzo in quella che pare una differente vita.

Lo vuoi baciare?

Nella mente di Manuel rimbomba l'ennesima domanda.

Ad essa, ha una risposta pronta.

Sì, lo voglio.

Si sporge in direzione dell'altro ragazzo, tenendosi in equilibrio con i pugni stretti appoggiati a terra, ciò che è sufficiente a far collidere le loro labbra.

Quel contatto dura poco, mezzo secondo, mezzo bacio, però i loro volti rimangono vicini, i loro respiri mescolati.

E c'è ancora quel silenzio quando, poco dopo, a Manuel quel lieve sfioramento non basta, vuole di più, e allora lo bacia di nuovo, per davvero.

Lo bacia con più foga, schiudendo la bocca, inserendo timidamente la lingua.

Simone non lo respinge, non lo schiva e non si allontana. Resta in balia di quel gesto, delle sue labbra, dal pizzicore che la barba gli dà sulla pelle, anche se non riesce a muovere altro muscolo.

Si tratta di un bacio vero, uno profondo, quelli che si scambiano soltanto due persone che vogliono donarsi ogni frammento di cuore e anima, che voglio da due diventare uno solo.

Quando si staccano, pare ad entrambi d'essere sotto una bolla di sapone - solo per pochi secondi poiché essa scoppia nell'esatto momento in cui Luna esclama: «Vabbè, uhm—ce bastava un bacio a stampo, eh» e ridacchia, nervosa.

No, non sarebbe bastato.

A Manuel non sarebbe bastato, tant'è che il suo viso è ancora incredibilmente vicino a quello di Simone e non osa allontanarsi.

Non vuole.

Ne è costretto dopo da un movimento brusco che proviene dalle sue spalle. Gli basta girare di poco il capo per vedere Chicca che si alza con uno scatto e si allontana, fugge, abbandona l'appartamento chiudendo con violenza la porta d'ingresso.

Una parte di lui, quella che prova un briciolo di senso di colpa per non essere riuscito a dirglielo prima, lo spinge a seguirla. Un'altra, però, vorrebbe soltanto rimanere lì e baciare di nuovo Simone.

Vorrebbe morire in un nuovo bacio con Simone.

Alla fine, però, ciò non accade. Gli chiede un muto scusa con un singolo sguardo prima di rimettersi in piedi e correre dietro alla ragazza che è scappata.

Non recupera il cappotto che ha lasciato in camera, si precipita giù per le scale il più veloce possibile. Il suo passo è più lungo di quello di Chicca ed è in grado di raggiungerla in poche falcate sul marciapiede; la afferra per un braccio e riesce facilmente a trattenerla.

«Chì! Chì, aspetta!»

La ragazza è furiosa e si libera dalla sua blanda presa con uno strattone. Ha il volto umido di lacrime che va in contrasto con la sua espressione piena di rabbia e rammarico. «Oh, mollami!» grida.

Manuel non osa avvicinarsi ancora oppure toccarla. Tiene entrambe le mani a mezz'aria in cenno di resa.

Ognuno dei discorsi che ha provato, recitato a voce alta, fuggono dalla sua mente; non è in grado di articolare una sillaba, non quando lei lo fissa, distrutta e a pezzi.

E si sente in colpa per averla ridotta così, non se lo merita.

«Mi dispiace» sussurra, allora.

Chicca si passa una mano sul viso, esausta. Il mascara le è colato e gli imbratta le guance. «Pensavo de farme troppi film» singhiozza «per le cose che dicevi, per come lo mettevi sempre in mezzo, per come lo guardavi. Me so' detta—Francè, ma te pare? Stiamo a parlà di Manuel Ferro, non può esse'...»

«Chì...»

«Invece può essere, guarda 'n po'. E io so' la scema che ha preferito coprirse gli occhi pur di non ammetterlo.»

«Te volevo parla' di questo prima, per questo volevo farlo prima, lo voglio fa' da giorni.»

«Per dirmi che, Manuel? Dirmi che stare con me t'ha fatto scoprire che sei gay?!»

«Io non sono gay» Manuel la contraddice subito e aggrotta le sopracciglia.

Chicca ride, sull'orlo dell'isterismo. «T'ho appena visto ficca' la lingua in gola a Simone e non saresti gay?»

«Non sono gay,» ripete lui, con calma - eccessiva calma che si trasforma in una consapevolezza che, forse, gli è sempre appartenuta «sono bisessuale

È una frase, una parola che gli viene fuori con una naturalezza disarmante e pensa che e. ovunque si trovi, in quel momento sarebbe orgogliosa di lui.

Manuel lo è, fiero di sé stesso, tanto che un sorriso gli appare sulle labbra, mentre il suo cuore comincia a battere appena più forte.

«Sono bisessuale» ripete perché a quella conclusione è riuscito ad arrivarci a seguito delle mille domande che si è posto e le risposte che ha cercato e non c'è sensazione più bella.

Non esiste niente di meglio che capirsi, anche se fa paura.

Ciò nonostante, dall'altra parte Chicca non sembra comprenderlo, troppo accecata dalla rabbia, da un rancore che non riesce a controllare. «Ma vaffanculo, Manuel!» dice, con voce rotta. Gli riserva un'ultima occhiata truce e si allontana, stretta nel cappotto e a passo svelto lungo il marciapiede.

A tal punto, Manuel non le corre dietro, non prova a fermarla ancora.

Resta immobile, inebetito da quel che ha appena confessato.

Da solo, in mezzo ad una strada deserta e sotto un lampione rotto, il freddo non lo percepisce quando comincia a piangere e ridere insieme.

Visto da fuori probabilmente dà l'impressione d'essere un pazzo, un folle, invece è soltanto un ragazzo che ha trovato ogni risposta, ogni pezzo di puzzle della propria anima che non vede più soltanto nera, ma fatta di mille colori come quando le nubi si diradano su Londra e spunta l'arcobaleno e stavolta è in grado di vederle tutte le sue sfumature.

Finalmente.

***

[Note autore:
Eccoci qui con la seconda cassetta!
Grazie per aver letto, ho cercato di far notare il percorso di Manuel per arrivare all'ultima scena, spero non sia risultato troppo sbrigativo - anche perché sono dubbi che si sono insinuati in lui nel corso di mesi e mesi.

Ovviamente è un tema che ritornerà nel futuro because essere bisessuali è arduo, quindi spero si notino tutti gli hint.

Ad ogni modo, ci leggiamo alla terza cassetta...
Ne abbiamo molte, visto che dobbiamo arrivare a loro adulti e quindi...

Ditemi che ne pensate, ogni commento è prezioso.

Simuel sempre.

Un bacio.

Lilith.]

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