✦ Parte 2 ✦
L'amico, petto in fuori e mani sui fianchi, scrutava l'orizzonte offuscato con occhi scintillanti, come l'ufficiale di bordo di un veliero pirata, assiduamente alla ricerca della terra successiva su cui approdare. Si voltò con un sorriso tanto luminoso da fare invidia al sole: - Andiamo?
L'effetto di tale parola era quello di un incantesimo, l'inizio della magia. Damian si avvicinò alla finestra, sporgendosi per guardare verso il basso. Era uscito di nascosto in quel modo più e più volte, eppure percepì un brivido di timore attraversargli la colonna vertebrale, seguito da una scarica di adrenalina. Afferrò con decisione il cornicione legnoso prima di scavalcarlo e poggiare i piedi scalzi sul davanzale. La grondaia percorreva il muro esterno della casa passando proprio accanto alla finestra della camera di Damian. Lui non doveva fare altro che allungare le mani per appendersi e sfruttare le giunture dei tubi come pioli. Prestando la massima attenzione a non commettere alcun passo falso, il biondo scese in giardino e in pochi istanti l'amico lo raggiunse.
- Stavi per dimenticare questa! - Teo porse a Damian la sua preziosa polaroid verde pastello. La portavano sempre con loro quando partivano per una nuova avventura, ma la utilizzavano anche durante i semplici momenti di gioco: secondo Damian ogni momento era perfetto per essere immortalato nei suoi scatti istantanei.
- La prima tappa è il melo dello Spaventapasseri.
Lo "Spaventapasseri", come si divertivano a definirlo i bambini del vicinato, era un anziano signore conosciuto per il carattere burbero e il volto sproporzionato. La sua unica "sfortuna" pareva quella di possedere un albero di mele, i cui frutti erano, a detta di tutti, i più dolci e succulenti in circolazione. Per questo cadeva spesso vittima di piccoli furti da parte dei ragazzini più audaci: ciò lo aveva portato addirittura ad adottare un cane da guardia che scorrazzasse nel giardino e tenesse lontani gli intrusi. Ma l'arrivo del cucciolo aveva solo reso l'impresa proibita più sfiziosa e interessante.
I due compagni di marachelle si stavano dirigendo proprio verso la sua abitazione, pronti ad affrontare la sfida. Inseguendo lucciole e disturbando la soave orchestra di grilli e cicale con i loro passi baldanzosi, costeggiarono uno dei canali che percorreva i campi. La falce di luna, piccolo faro di luce nel cielo color china di quella notte di fine estate, li guardava dall'alto, come un occhio stanco in procinto di chiudersi.
Non ci volle molto perché Damian e Teo raggiungessero la loro meta. Sgattaiolarono sul retro della casa, dove riposava il melo, studiando la situazione al di là della rete: tutte le luci delle stanze erano spente e non vi era alcuna traccia del cane.
Dopo il rapido scambio di un'occhiata d'intesa il castano scavalcò la rete, seguito fedelmente dal biondo. Quatti come ombre si arrampicarono lungo il ruvido tronco storto, un po' inclinato: a osservarli pareva facile quanto respirare. Una volta in cima, ben nascosti dalle fronde rigogliose, i due amici ridacchiarono sotto i baffi, soddisfatti della riuscita della missione. Teo staccò due grosse mele mature da un ramo e ne porse una a Damian. Quest'ultimo, in tutta risposta, portò la polaroid davanti al viso: alle spalle del riccio le foglie si diradavano, lasciando intravedere uno sprazzo di firmamento stellato. Il tenue bagliore che filtrava illuminava il volto lentigginoso del ragazzo, facendolo sembrare una mistica creatura proveniente da un mondo fantastico.
Damian sorrise mentre premeva il pulsante dello scatto: pochi secondi dopo teneva sul palmo un rettangolo nero contornato da una sottile cornice bianca. L'infilò nella tasca dei pantaloncini, poi rivolse la sua attenzione a Teo, prendendo la mela e ringraziandolo. Il compagno era abituato a quelle foto improvvise, ma la sua espressione interdetta lasciava trapelare la sorpresa.
- Mi fai vedere la foto? - l'amico allungò la mano, ma Damian lo allontanò scuotendo il capo.
- Lo sai che per svilupparsi ha bisogno di stare al buio.
- E con ciò? Qui èbuio!
- Per l'appunto! Come faresti a guardarla senza luce? - il biondo morse la mela, soddisfatto dalla logica della risposta e la sua prontezza nel darla.
Teo, al contrario, era stato zittito e si limitò a incrociare le braccia borbottando un pressoché incomprensibile "Non è giusto". Tuttavia bastò un boccone del delizioso frutto per fargli passare il broncio.
All'improvviso udirono un fruscio e, spaventati, si irrigidirono. Attesero qualche attimo rimanendo completamente immobili, come due statue di sale, e stavano per riprendere a respirare quando il muso appuntito di un cane sbucò sotto di loro, accompagnato dall'abbaiare feroce. Damian quasi perse l'equilibrio per la paura e abbracciò il tronco impallidendo, mentre Teo si alzava gridando: il padrone di casa si sarebbe svegliato ugualmente, con tutto quel frastuono.
Ci vollero un paio di profondi respiri prima che Damian riprendesse il controllo di sé, ma il tempo era più che sufficiente perché il Dobermann iniziasse ad arrampicarsi, graffiandola corteccia con gli artigli acuminati.Il biondo fissava l'animale che si avvicinava, le orecchie bassee i canini scoperti, risvegliandosi solo quando l'amico gli afferrò la mano.
- Dobbiamo andarcene da qui o diventeremo la cena di Fuffy! - Teo strattonò Damian per metterlo in piedi.
Nel frattempo una stanza all'interno dell'abitazione si illuminò e la finestra venne aperta: l'anziano signore, ancora stordito dal brusco risveglio e privo di occhiali, si stropicciò gli occhi e vide una macchia scura e confusamuoversisulsuomelo. Nulla lo faceva andare più in bestia: - Acciuffali Ares, non lasciarteli sfuggire! - incitò il cane agitando il pugno a mezz'aria – Così imparanoa violare la mia proprietà!
- Ah, non si chiama Fuffy, dunque... - Teo parve quasi deluso, ma non era certo quello il momento per pensarci – Al mio tre, okay?
Non servivano altre parole per intendersi, Damian sapeva già cosa Teo avrebbe fatto.
- Uno...
Il verso della belva si faceva sempre più vicino, era quasi arrivata in cima.
- Due...
Damian sudava freddo. Gli sembrava di percepire il fiato caldo del Dobermann sulla schiena e ciò non lo rassicurava affatto.
- Tre!
La mandibola dell'animale scattò, chiudendosi sul vuoto. Damian e Teo si erano gettati dalla pianta appena in tempo, rotolando sulla soffice erba del prato. Veloci come lepri corsero verso la rete, l'unico ostacolo che li separava dalla salvezza. Tuttavia una mossa del genere non avrebbe certofermato Ares, che scese dall'albero con un atletico ed elegante balzoe subito riprese l'inseguimento. Le sue falcate erano di gran lunga più ampie rispetto a quelle dei due ragazzini.
Teo stava già scavalcando la recinzione, Damian era rimasto qualche passo indietro. Aveva già finito il fiato, ma il terrore continuava a farlo correre. Il cane era alle sue spalle e pensò di essere spacciato.
- Teo! - urlò a pieni polmoni quando si sentì rallentare: l'animale stringeva nella morsa un lembo del suo pigiama.
Damian si aggrappò disperatamente alla rete mentre la stoffa della maglia si strappava. Teo lo prese per un braccio, tirandolo dall'altra parte del confine, e i due capitombolarono ancora una volta, uno sopra l'altro. Per lo meno erano finalmentein salvo.
Ares non tentò di raggiungerli: si limitò a infilare il muso ringhiante tra i fili di metallo intrecciati, intimando loro di non avvicinarsiun'altra volta.
Damian percepiva le pulsazioni del suo cuore in ogni parte del corpo. Boccheggiando si scostò dal petto di Teo, che era funto da materasso, e aiutò l'amico a mettersi seduto. Egli si strofinava il caponascondendo a fatica una smorfia dolorante: - È stato tutto molto divertente fino alla parte della testata.
Lo sguardo gli cadde sullo squarcio della maglia del compagno: - Ho cambiato idea. È stato divertente fino a quando stavi per diventare la cena di Fuffy.
Il castano ripulì i propri vestiti da terriccio e semi di spighe selvatiche mentre Damian scoppiava a ridere tenendosi la pancia e liberandol'adrenalina: - Mamma avrà molto da ridire sul mio povero pigiama. Come glielo spiego senza raccontarle la verità?
Teo incrociò le braccia al petto, assumendo un'aria riflessiva, finché la sua mente non venne illuminata da un'idea geniale: - Mostri! – affermò con sicurezza schioccando le dita – Hanno cercato di portarti via, ma tu ti sei ribellato e questo è il risultato dell'atroce battaglia.
Per enfatizzare il concetto pronunciò l'ultima frase con la voce e l'espressività di un ottimo narratore tragico, ma la risposta di Damian fu un'altra risata.
- Certo, certo, come se i mostri esistessero!
- Perché no? - replicòl'altro – Io esisto e tu anche! Secondo questa logicanon ci sono prove che confermino la loro inesistenza.
-Gli unici mostri che esistono – Damian si avvicinò all'amico e, beffardo, ticchettò la sua testa con la punta dell'indice – sono solo qui dentro.
Teo sbuffò sonoramente, incamminandosi lungo il sentiero precedentemente percorso: - Guastafeste.
- Forse – rispose il compagno – Ma ho bisogno di una scusa più credibile.
Con un moto di agitazione controllò la tasca dei pantaloncini, temendo di aver perso la fotografianella fuga, ma tirò un sospiro di sollievo nel constatare che fosse ancora dove l'aveva messa: l'avrebbeguardatauna volta a casa.
- Non mi viene in mente nulla che non abbia a che fare con creature fantastiche – esordì Teo all'improvviso, dopo un paio di minuti di meditazione.
Damian lo squadrò, corrucciato: - Stai davvero ancora pensando a quello?
- Certo, che domande! - il castano allargò le braccia, come se l'amico avesse appena detto una grande stupidaggine – Se non riusciamo a inventarci qualcosa finirai di certo in punizione! E questo significa che non potremo uscire e divertirci, come stasera.
Teo si arrestò sollevando la testa e Damian seguì il suo sguardo: un sottile velo di nuvole aveva avvolto la pallida luna, cancellando le ombre dei due, ma donando loro una visione mozzafiato del cielo stellato. L'orizzonte violaceo perdeva i propri confini tuffandosi nell'immensa profondità del blu a tratti smacchiato, come una sfumatura perfetta realizzata da un esperto pittore. Ovunque l'occhio si fosse posato avrebbe catturato milioni di minuscole luci, che sembravanoin competizione per essere l'una più scintillante dell'altra. La Via Lattea si estendeva sopra le teste dei due amici; un ponte distortoche attraversava l'intero firmamento.
Di norma erano i padroni del mondo, ma in quel momento Damian e Teo si sentirono minuscoli, sopraffatti dalla bellezza di quello spettacolo senza confini. Abbandonarono i propri corpi sul prato, così da poter ammirare al meglio ciò che a pochi era concesso vedere. Il calmo scorrere dell'acqua nel canale accompagnava il flusso dei loro pensieri.
- Davvero non credi che lassù, da qualche parte, possa esistere un pianeta abitato dagli alieni? - la voce di Teo era morbida, fioca, tinta da una nota di speranza.
-Chissà...– commentò Damian rinunciando all'idea di contare le stelle – Vorrebbe dire che non siamo soli nell'universo. Alcuni scienziati stanno svolgendo delle ricerche per capire se nello spazio siano presenti altre forme di vita oltre alla nostra. L'ho letto in un libro.
Per una manciata di minuti non aprirono bocca. Una stella cadente attirò l'attenzione del riccio, evolvendosi, nella sua testa, in una pioggia di meteore.
- Tu però non sei solo – sentenziò spezzando il silenzio – Ci sono io qui con te.
Damian stava già esprimendo un desiderio e tastò l'erba per scovare la mano dell'amico. Una volta trovata la strinse delicatamente tra le dita, quasi volesse accertarsi della sua concretezza.
- Cos'hai desiderato? - Teo rotolò sul fianco per poter vedere il compagno, senza sottrarsidalla sua presa.
- Se te lo dico non si avvererà.
- Io ho chiesto di stare con te per sempre – il castano ignorò l'avvertimento dell'altro.
- Perché me lo hai rivelato? - Damian sembrava turbato, ma Teolo rassicurò con un sorriso che venne presto ricambiato.
- Perché sono certo che tu abbia desiderato lo stesso. Quindi se non si realizzerà il mio, toccherà al tuo.
Ilsuonodi uno scatto fu la risposta, che impresse il volto sereno del ricciosullapellicola. Damian appoggiò la macchinetta a terra ed esaminò il riquadro nero nel quale sarebbe presto comparso il ritratto dell'amico: non capiva come Teo potesse leggere la sua mente con tanta chiarezza, quasi fosse un libro aperto. Ma, d'altra parte, anch'egli prevedeva facilmente ogni azione del compagno. Erano uno dentro l'anima dell'altro, amalgamati, ma distinti come i colori delle galassie.
Damian infilò la polaroid nella tasca, insieme alla prima.
- Ho ragione, vero? - Teo glisi inginocchiò accanto, fissandolo dall'alto con uno sguardo quasi implorante.
Ilbiondosollevò gli angoli delle labbra: - Se te lo dico non si avvererà – ripeté rivolgendo un occhiolino al ragazzo.
Non aveva con sé un orologio, ma sapeva che era molto tardi. Iniziava a sentire il peso delle palpebre, pertanto si strofinò il viso assonnato con le nocche.
- Sarà meglio tornare a casa o finirò per addormentarmi qui – mormorò, soffocando un grosso sbadiglio.
Teo annuì comprensivo e lo condusse fino all'abitazione.
- Come farai per il pigiama, alla fine? - domandò curioso.
Damian scrollò le spalle in risposta: - Mi verrà in mente qualcosa. Magari potrei davvero raccontare alla mamma la storia dei mostri.
I due risalirono cautamente la grondaia, tornando nella stanza in cui l'avventura aveva avuto inizio. Damian appoggiò la coppia di fotografie sulla scrivania, infine crollò sul letto con un sorriso stanco dipinto sul volto. Teo era già vicino alla finestra, una sagoma scura che si stagliava controluce. Sollevò il braccioin segno di saluto.
- Ci vediamo domani, Damian – pronunciò il nome dell'amico con la malinconia di un addio e la speranza di un ritrovo.
- Puoi contarci Teo.
Damian osservò il compagno scivolare oltre il cornicione e svanire, come l'ombra di Peter Pan. Fu l'ultima cosa che vide prima di lasciarsi avvolgere dalle accoglienti braccia di Morfeo.
- Possibile che non si sia ancora svegliato? Gliel'avevo detto di non guardare film horror a notte fonda! Non sarà riuscito a dormire fino a chissà che ora...
La porta si aprì e una giovane donna si intrufolò nella cameretta del figlio.
"Il sole è alto e la colazione è pronta da un pezzo", avrebbe voluto dirgli percuotendolo delicatamente per la spalla. Tuttaviadesistette: il ragazzino dormiva placidamente con la stessa espressione di un angelo. Braccia e gambe erano avvinghiateal cuscino in un saldo abbraccio. Lo strappo sulla maglia era nascosto dalla coperta.
"La sua tenerezza colpisce ancora: lo lascerò riposare ancora un po'" pensò la madre.
Stava per andarsene quando adocchiò le polaroid sullo scrittorio. Non ci volle un'attenta analisi per capire che eranostate scattate durante la precedente nottata: la macchinetta era fuori dalla sua custodia, abbandonata accanto alle foto.
"Quel monello è uscito di nuovo. Cosa devo fare con lui?" la donna scosse la testa con disappunto.
Esaminò le immagini per qualche minuto, dopodiché uscì dalla stanza, dubbiosa e confusa.
Non capiva perché il figlio collezionasse gli stessitipi di fotografie a distanza di anni. Scatti privi di un vero e proprio soggetto.
Solo angoli della casa, foglie, erba e cielo.
Hello fellas
So che questa seconda parte è stata caricata molto più tardi del previsto, ma insomma, la prima parte non aveva avuto chissà quale successo, quindi ho finito per dimenticarmene completamente. In ogni caso ora è online, spero possiate leggerla e rimanere sorpresi dal finale ^^
Fatemi sapere la vostra opinione nei commenti, mi fa sempre piacere ricevere un feedback
Grazie per aver letto la mia storia!
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