Giorno 3: Disoccupazione
Che lavoro fai?
Domanda sussurrata fra i denti,
sibilata da labbra soddisfatte,
pronte a coglierti in fallo,
a sminuirti,
a farti a pezzi
come carne sotto ai denti.
Che lavoro fai?
Nessuno?
O uno troppo umile?
Su, che lavoro fai?
Incalza.
Che lavoro fai?
Che interessa a tutti,
sai benissimo che tu sei solo tre cose:
il tuo nome, la tua età e la tua professione.
Il tuo nome lo so,
la tua età me la comunicano gli occhi,
ma su entrambe non puoi fare nulla,
non te ne farò una colpa,
non troppo,
ma il lavoro...
Sorride.
Quello sarà la tua condanna.
Quello è nelle tue mani,
quella è la tua grande colpa.
Si passa la lingua sui denti.
Prima o poi dovrai rispondere,
te lo chiederemo in molti,
anzi te lo chiederemo tutti:
zii, cugini, vicini di casa,
all'ospedale, durante una visita,
in posta quando crei una carta,
nelle interviste per strada,
se vuoi partecipare a un programma tv
o cercare l'amore,
la domanda sarà sempre la stessa:
Che lavoro fai?
O la variante più finto garbata,
di cosa ti occupi?
Tu sei la tua professione,
o l'assenza di tale,
vivrai sempre nel gelo,
nell'angoscia di quella domanda,
e se non la porranno a te,
la porranno ad altri,
così l'umiliazione sarà doppia,
tripla, infinita,
la vergogna che affossa
te,
chi ha risposto per te,
vergogna.
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