Ci costringono a sottostare ad una gerarchia sociale,
come nel medioevo.
Come se fossimo seduti su una scala a pioli:
chi sta in alto, ti è superiore.

Io sto per terra,
non c'è posto sulla scala. Sono sola, come quando tutto è cominciato,
ed ogni sforzo, ogni cosa che scrivo, ogni modo per amalgamarmi, per far parte del gruppo...
ogni tentativo è vano.
Posso solo stare qui, guardarvi,
e scrivere. Ma di cosa?
Di ciò che vedo. Di voi, e di quanto sia sola.

Vedo che ognuno ha la sua élite,
amici, parenti,
qualcuno a cui affidarsi, una roccia a cui aggrapparsi.

La solitudine invece mi stringe la mano,
mi accompagna nelle terre di nessuno.
mi ritrovo nel deserto.
Ma poi la vedo:

Brancola nel buio,
la ragazza dalle mani di cenere,
sognatrice illusa, artefice di un mondo di vetro.
Arranca sulla sabbia,
con gli occhi, implora dell'acqua.
La desidera, allunga le mani;
ha capelli verdi come le sirene,
e pelle bianca come la porcellana.
M'implora,
ma io non ho niente.
Lei mi guarda un'ultima volta,
poi il suo corpo cade sulla sabbia, privo di vita.

E senza rendermene conto me ne vado.
Mi abbandono nel deserto,
perdo me stessa, e faccio finta di non vedere.

Il diamante brilla al sole, immobile, meraviglioso,
vorrei soltanto ritrarre questo scontro tra colori,
portare sulla carta lo stupore che provo...
ma qualunque cosa tocchi diventa cenere,
e resta solo la distruzione.

Occhi scuri, come la mia paura,
mani sulla matita e li socchiudo,
il foglio è nero.
Quando alzo la punta, sulla carta il terrore resta impresso.
In fondo, colori, un luccichio,
il sole, la speranza.

Per un istante ammiro la mia arte,
poi, tutto torna ad essere cenere.