Il racconto di Lessi
Lessi la sta aspettando al cancello, usa una sigaretta come scusa. Plotina frena l'istinto di dirgli di allacciarsi la scarpa, tanto non l'avrebbe fatto, non le dà il potere di sentire i consigli che generosamente lei gli concede. L'aspetto di Lessi non manca mai di stupirla: i capelli sono troppo lunghi, la pelle sul volto trascurata, i maglioni e i pantaloni di una taglia più grande e retti a malapena con cinghie sui fianchi. È il suo stile. In realtà, le piace anche. Però quest'immagine stride con l'unica che lei riconosce come reale, ovvero quella di un Lessi meno impetuoso, con capelli corti e spettinati, occhi vivici, abiti comuni ma della taglia giusta su quel corpo ancora immaturo e inesperto. Tutto, dall'abbigliamento al portamento al modo in cui cammina, racconta chi sia ora Lessi. Il battito doppio del cuore quando i loro sguardi si incrociano è dovuto a quell'attimo di smarrimento per uno sconosciuto. Poi il cervello fa il suo dovere d'associazioni e tutto nel suo corpo torna a funzionare normalmente. Le tiene il cancello aperto mentre butta fuori dalla bocca l'ultima nuvola di fumo, che si condensa insieme al respiro nell'aria di gennaio.
Poi comincia a parlare.
Lasciare la mano di Okidori è come lasciare la calura delle coperte al mattino presto, posando i piedi nudi a terra. Fa male in senso stretto, quotidiano, non teatrale. È comunque un fastidio a cui non sei abituata, nemmeno dopo tutti questi mesi. Eppure, sei la prima a sciogliere la morsa tra le dita. Non sopporti l'idea che lui possa scocciarsi di qualsiasi cosa riguardi la vostra relazione, la paura che la noia subentri a rovinare il vostro neo amore è una compagna ancora fedele. Non gliene hai mai parlato perché saresti patetica. Quindi, lasci la sua mano controvoglia ma per prima. E lui la lascia andare perché sei in ritardo. Frasi come "chiamami quando arrivi" oppure "ti mando un messaggio stasera" non fanno parte del vostro vocabolario di coppia. Di solito vi salutate con un bacio appassionato, al massimo un batti cinque. Vi scrivete poi, certo, anche se non vi chiamate mai. Appartenete alla generazione dei millennials, non ci si chiama più se non per le emergenze.
Questo secondo gennaio duemilaventitré è la volta di un bacio e un abbraccio sufficientemente stretto per i tuoi standard, dal momento che non ami gli abbracci perché ti ricordano il soffocamento. La camicia di lana di Okidori odora del suo letto anche se è impossibile, avete dormito nell'appartamento di un vostro amico: ti piace pensare che quello sia l'odore da sonno, che gli si appiccica addosso a prescindere. Anche se sono le due di pomeriggio e il sole splende ghiacciato, l'espressione di Okidori è assonnata e vagabonda. Sai che non è dovuta alla vostra imminente separazione, lui ama dormire ed è uscito dal letto da poco. Sei travolta dalla nostalgia e dal trionfo: immaginavi un momento come questo osservando Okidori da lontano, chiedendoti che sensazioni avresti provato ad averlo così vicino, a sentirlo vivere addosso al tuo corpo; in un piccolo salotto barocco dalle luci soffuse e il soffitto basso, avevi occhi solo per quella figura fiabesca che tormentava i tuoi racconti; ora come allora è il protagonista di tutte le tue fantasie. Allora, come adesso, avevi voglia di allungare la mano e stringergli le dita, sfiorare la pelle fino a provocargli una reazione, tenere in un sospiro l'attimo sospeso tra la tua carezza e la sua risposta. Adesso non devi più immaginarlo. Lo stai vivendo.
Okidori aspetta che la macchina svolti a destra e sparisca dal suo campo visivo prima di risalire a casa; almeno questo è quello che ti dice sempre. Tu non puoi saperlo, svolta con la macchina e non lo vedi più. Sicuramente resta a guardarti fino a quel momento, gli occhi strizzati a causa della luce e le mani in tasca, come se stesse aspettando invece che vedendo qualcuno andare via.
Plotina incamera queste informazioni con avidità. Deve stare attenta ai dettagli. Tra le sue attività preferite, mentre lo ascolta parlare e darle nuove informazioni, c'è fare il confronto tra il Lessi del passato e il Lessi del presente. Adesso, per esempio, è molto più chiacchierone, prima era difficilissimo che tirasse fuori un'argomentazione più lunga di un grugnito e un assenso. Prima si eccitava solo quando parlava di cose che amava profondamente: come l'arte, i film o la letteratura russa. Non le lascia il tempo di aggiungere orpelli fattuali, continua la sua narrazione senza interrompersi in chiacchiere inutili.
Sulla strada del ritorno, con The Riddle di Nik Kershaw al bluetooth, ripensi agli ultimi due giorni passati sul divano di casa sua. Ti sei goduta le sue braccia lunghe attorno alla tua schiena e la vibrazione della sua risata quando gli hai appoggiato l'orecchio sul petto. È stato bello averlo così vicino, fisicamente ed emotivamente. Come una matrioska, anche in quel momento ti sei persa in ricordi ancora più passati – un cerchio dentro un altro cerchio – e sei stata catapultata alla vostra prima esperienza sessuale. Eravate sdraiati nel letto di Okidori, avevate appena dato la buonanotte a sua madre, che si era chiusa nella sua stanza matrimoniale. Dal fondo del corridoio si espandeva il vago rumore della televisione accesa, le luci erano tutte spente. Okidori aveva lasciato brevemente le coperte per accostare di più la porta, cercando di mettere uno strato in più tra voi e la madre. L'hai guardato e senza parlare gli hai fatto capire che non sareste arrivati fino in fondo quella notte. Speravate che la volta buona sarebbe stata senza ostacoli, con la libertà di muoversi e di far tutto il rumore che volevate, senza l'ansia di essere ascoltati, visti o attesi da qualche parte. Sotto il caldo delle coperte, però, la situazione si era scaldata di naturale conseguenza. Era cominciata con una tua gamba sopra una di Okidori, che si muoveva lemme scoprendogli il punto freddo della caviglia. Quella sera il profumo dello shampoo di Okidori era forte e più dolce del solito, le sue mani ti stringevano in punti in cui di solito si ferma solo quando siete avvinghiati sul divano. La mano libera non si spostava dal tuo volto. Non la smettevi di sorridere sorniona, tenendogli il mento stretto tra due dita in una dolce carezza perpetua. Il bacio della buonanotte si era trasformato in una conversazione molto proficua. Non c'è stato bisogno di avvertirlo che era la tua prima volta, l'aveva capito da come guardavi lo spazio vuoto tra i vostri due corpi nudi.
Arrivi a casa e non ti sei nemmeno accorta del momento in cui hai abbandonato il Gran Raccordo Anulare riappacificandoti con un paesaggio familiare. Mi trovi davanti al tuo cancello, ti aspetto con una sigaretta in bocca per fingermi occupato. Ascolti la tua storia d'amore raccontata da una voce che non è davvero la mia e mi rimproveri per la premura in dettagli che nella parte più perversa di te adori ascoltare. Fantastichi su te e lui. Fantastichi su te e me. Fantastichi su lui e me.
Okidori è un pensiero fisso che ti riempie la giornata. Quasi ossessivo. Se lui sapesse che lo pensi così tanto, si stuferebbe di te. Per non pensarlo così tanto, cerchi di distrarti con altro. Io sono un ottimo pretesto. Non ci metti molto però a capire che invece che pensare meno a Okidori, questo gioco sembra solo intensificare l'ossessione. Okidori c'è soprattutto quando non c'è, ovvero quando lo dimentichi brevemente per stare con me: ti fissa nell'invisibilità, nell'attesa che noti l'errore, ti senti in colpa, e per rimediare lo pensi con più intensità. È un circolo da mal di testa, che si ripete – com'è natura dei circoli – senza lasciarti in pace nemmeno quando dormi. Prima, sognare Okidori era triste ma dopo, adesso, è diventato malinconico. I sogni in qualche modo sono o più brutti o più belli della realtà, il che li rende comunque amari perché sottolineano l'inadeguatezza della tua vita, la sua insufficienza. Non ti accontenti mai di quello che hai, sebbene tu sia molto felice. Pretendi di più da Okidori e temi che lui faccia lo stesso. Vivi nella paura di non essere abbastanza e nella consapevolezza di accontentarti. Incoerente, ipocrita, ma fai del male solo a te stessa. Pensi di sapere cosa sia giusto essere e avere in una relazione alla tua età ma questa rimane pur sempre la tua prima relazione. Okidori ha già amato e sofferto, ha le sue esperienze e le sue aspettative, sa cosa fare e cosa non dire. Per quanto uno possa saperlo così giovane.
Lessi a volte la lascia in pace e a quel punto Plotina non ha nessuno. Fa un gioco quando sta per perdere l'immagine di Lessi. Forse, più che un gioco, è un ossessivo esercizio che le permette di non lasciarlo mai andare. Certe volte le fa venire mal di testa, altre è dolce e calmante. Si sente patetica quando, nella certezza di averlo ripreso e incatenato di nuovo alla memoria, prova sollievo; si sente patetica perché sarebbe stato meglio dimenticarlo. Avrebbe portato via con sé quella stretta che comprime Plotina e avrebbe lasciato il vuoto necessario ai suoi polmoni per riprendere a respirare. Riempie tutto di lei e Plotina si crogiola in questa perversione.
Il gioco, l'esercizio che fa, è guardarsi allo specchio e osservare tutti i dettagli che piacevano a Lessi ma che lei non riusciva a vedere. Le ciglia rigorosamente prive di trucco, le venuzze rosate nei punti più oscuri dell'occhio, l'attaccatura dei capelli squadrata e non a cuore, la fossetta sul mento che Lessi toccava piano ma da cui si discostava con un impeto che la lasciava scossa. Nei dettagli di sé stessa ritrova lui. Forse Plotina continua a torturarsi perché in fondo vuole amarsi come Lessi amava lei.
Lessi la lascia in pace per brevi periodi, è vero, ma torna sempre a tormentarla. Deve raccontare.
Vi rivedete nel fine settimana, dopo il suo ultimo turno del sabato. Arrivi in stazione alle cinque di pomeriggio e lui ti viene a prendere con la macchina, i finestrini completamente abbassati e gli occhiali da sole appesi allo spacco della camicia. Il tramonto è lontano ma sarebbe stato bello se un'onda rossa si fosse posata sullo sfondo, a incorniciare quel ritratto. Okidori ti guarda con gli occhi pieni di frenesia, ha in mente ti portarti a R... Prima però, tappa casa perché lui deve cambiarsi. Lo osservi poggiata allo stipite della porta del bagno mentre si cambia in fretta la maglietta e si sistema i capelli, pettinandoli e acconciandoli con il broncio. Non gli piacciono quando si schiacciano sulla destra. A te fanno impazzire, gli danno un'aria infantile e tenera. Si spruzza l'acqua profumata e tu segui la scia di bollicine fino a ficcare il naso tra due bottoni, facendolo ridere. Strofini la testa contro il suo petto con la scusa di profumarti insieme a lui e con la punta tocchi la collana appesa al collo. Risali la catenina con occhi e bocca e rimani a fissargli il collo, che è teso affinché tu possa ammirarlo, sembra quasi provocarti: avanti, baciami.
Andiamo? A malincuore, vi incamminate verso il luogo ameno. Giunti in strada, ti aggrappi alla presa di Okidori perché hai paura di scivolare via. Perderti non è un'opzione che puoi permetterti. Non conosci niente lì, solo l'edificio di casa di Okidori e il McDonalds a pochi metri di distanza, per non parlare del fatto che il tuo pessimo senso dell'orientamento non ti aiuterebbe nell'impresa di tornare sui tuoi passi. Hai deciso di assecondare quest'iniziativa perché vuoi disperatamente accedere a tutte le sue sfere private, vuoi disperatamente conoscere tutto di lui. I fumetti, i manga e i gli anime appartengono a quella sfera della vita di Okidori a cui di solito non hai accesso per mancanza di affinità ma sei consapevole della loro importanza, dovresti adeguarti a loro se vuoi passare al livello successivo. Hai da poco preso l'abitudine a immaginare la vostra relazione come fosse un videogioco, con livelli, punteggi e personaggi alleati o nemici. Il primo livello l'hai superato dopo i tre baci serviti per ufficializzare il rapporto. Il secondo quando hai conosciuto sua madre: l'avevi già incontrata e ci avevi scambiato quattro parole ma mai dopo aver di tanto approfondito l'intimità con la bocca del figlio. Il terzo vinto quando siete andati a letto insieme per la prima volta; un livello con premio finale, ti diverti a pensare. Il quarto livello è stato superato impiegando una quantità maggiore di tempo perché è quello in cui entrambi avete dovuto confrontarvi con un nuovo tipo di complicità sessuale: vinto, quindi, quando ti sei sentita finalmente a tuo agio a fare sesso così tanto spesso con una persona che non fossi tu, e hai percepito lo stesso adeguamento in Okidori.
Stai giocando il quinto: Okidori testa la tua abilità di accedere a nuove sfere private, come la sua passione per i manga. Hai atteso e temuto questo momento in egual misura, per questo stringi la sua mano con così tanta forza. Hai paura di fare un passo falso, di perdere una vita e avvicinarti alla sconfitta.
Ci dovrebbe essere un confine, un limite entro il quale Lessi agisce, ma le sue parole diventano sempre più importanti, sempre più grandi e occupano spazio, spingendo contro i bordi per plasmarli affinché si amplino a loro volta.
Hai già perso, dici? No, non hai mai partecipato. Lasciami raccontare.
Usciti dal negozio, ti propone di mangiare schifezze per cena ma tu non vuoi, non puoi permettertelo. Okidori sembra non ingrassare pure quando mangia male per una settimana di fila, non come te che solo al pensiero di zucchero o carboidrati in eccesso la pelle si unge e volto e fianchi ingrassano. Se avessi uno specchio davanti non ti piaceresti, nemmeno truccata e agghindata per uscire con Okidori. Non ti sei mai piaciuta da quando ricordi di aver iniziato a far caso a te stessa. A me piacevi. Ora non sai cosa potrebbe piacere di te a uno come Okidori: quelle braccia un po' troppo grosse, le spalle quadrate, la fronte alta, i denti vagamente storti sul davanti, le maniche dell'amore sui fianchi, la pelle ruvida sulla schiena, la cellulite incalzante su chiappe e glutei, le ginocchia ringrinzite e i piedi tozzi. Arrossisci. Hai pensato a te nuda e subito dopo a Okidori nudo. Per il sesso – tutto per il sesso – riuscivi ad accettare che ti vedesse così vulnerabile, così esposta, che notasse (e possibilmente accettasse, bramasse) quei dettagli che trovavi rivoltanti. Ma quando avete fatto la doccia insieme? Arrossisci di nuovo ma non d'imbarazzo. Arrossisci d'amore. È un pensiero tenero quello che condividete. Fare la doccia insieme è stato un atto intimo ma non sessuale. L'attaccamento emotivo al gesto di vedersi nudi, e vedersi nudi in un contesto di vulnerabilità ed esposizione, ti ha restituito un piacere diverso ma in egual misura intenso, che tocca sfere del privato, del proprio, e le fa vibrare in comunicazione. Alzare le braccia e strofinarsi con la spugna insaponata l'ascella è stato sfacciatamente imbarazzante, sconcio e sensuale, e si è trasformato nell'arco del tempo da spaventoso a divertente a familiare.
Lessi prende così tanto spazio che a volte è Plotina a scomparire nella sua stessa fantasia.
Perché piangi ora? Vuoi che ti lascio in pace? I miei racconti che fine farebbero? Non li vuoi ascoltare? Li hai inventati tu. Mi hai inventato tu. Che storia è questa, ora mi rinneghi? È diventata troppo dura, dici? Devi cominciare a vivere, dici? Lo penso anche io questo.
Ma lo sai quando è cominciata? O sarebbe meglio dire, quando è finita? O forse, quando è ricominciata? È stato la prima volta che lo hai visto, o quando si è seduto accanto a te al bar, o quando ti ha aperto la porta, durante quella festa dei morti, o il giorno del tuo compleanno, o al cinema, oppure a capodanno? A capodanno, sì, forse. Era la festa dei morti, dici? Sì, lì è cominciata.
Ma io? Io sono arrivato dopo, col nuovo anno, la notte che mi hai sognato e tutto è cambiato. Sono qui e ti racconto la storia di quelli che potreste essere voi, se io non esistessi. Ti sto raccontando la storia di quelli che avremmo potuto essere noi, se io non fossi andato via. Ma tu non mi hai dimenticato e quindi vivo ancora. Ti tormento, dici? Non lo so se è vero questo. Sei tu che mi tormenti. Io ti sto solo raccontando la tua storia. Non esisto all'infuori di te. Sono te. Perché vuoi lui, adesso? E io? Non c'è spazio per lui se ci sono io qui ad occupare il posto. Devo andare via, dici? Sì, ma non dipende da me. Lasciami. Come ti ho lasciato io.
Okidori ti guarda con quegli occhi infiammati che tu non riesci ad affrontare, inclini il volto e lo rifugi. Sei insolitamente reticente a lasciarti ammirare. Desideri un trasporto emotivo. Non sei disposta a gettare te stessa nel vuoto ma lo pretendi dagli altri. Ma come farà Okidori ad amarti? Sei tu capace di amare lui, per davvero? No, questo non è reale. Te lo stai immaginando. Io non sono reale. Okidori, invece, è reale? Sì e no. Okidori ora ti guarda e ti aspetta. Quello falso, non quello vero. Quello vero ti vuole davvero? Come puoi saperlo se vivi in questa dimensione con me, separata da tutto, separata da lui? No, io non lo so. Tu nemmeno lo sai. Ma vuoi scoprirlo? Ti devo ridare la voce, dici? E io non racconterò più per te. Non devo più parlare, dici. Toglimi la parola, allora.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro