Fine
Plotina, che aveva vissuto gli ultimi anni credendo di aver dimenticato il suo primo amore, fu travolta dal suo ritorno. Lessi non era fisicamente con lei ma la tormentava come un fantasma del passato che non accetta la sua morte. In realtà, era Plotina a non accettare che Lessi non sarebbe mai davvero tornato. Quello che credeva essere accettazione della mancanza non era altro che una latenza camuffata. Non aveva mai davvero rinunciato a Lessi e questo non le aveva permesso di lottare per qualcosa di altro, qualcuno di altro. Ora però qualcosa era cambiato. Ora era disposta a lottare e l'aveva fatto e forse aveva perso.
Lessi perse parola perché perse importanza e Okidori, quello falso, doveva a sua volta svanire con il creatore. Plotina avrebbe restituito a quel fantoccio il libero arbitrio.
Spezzò i fili legati ai gomiti in un sol colpo e Okidori smise di abbracciarla. Slegò la corda che teneva legati i cuori e Okidori fece un passo indietro. Aprì il pugno e distese le dita, concedendogli il respiro della rinascita e Okidori se ne andò. Lo spazio che aveva lasciato non tornò a essere vuoto e freddo perché non era mai stato realmente riempito. Tornò solo il silenzio, che per il tempo di un sogno era esploso. La calma simboleggiava il nulla. La sterile solitudine di Plotina non l'aveva mai caratterizzata così intimamente come in quel momento.
Caro Okidori,
Ho fatto di te la miaarte. Mi ispiravi e quindi ti ho dato respiro e sei vissuto. E così mi haiamato, perché in altri modi non lo avresti fatto. E ho scritto di te come avreivoluto vivere te. Ho immaginato come agissi al mio fianco e come miaccompagnassi nel percorso. Ma come ti ho amato io non l'ho immaginato. Quelloera vero e quello ti ha creato.
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