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Rumore, voci, luce abbagliante che mi trapassa le palpebre e dolore, tanto dolore ovunque, mi sento un ammasso di ossa rotte e muscoli contorti che pulsano. Dopo poco le voci spariscono e allora apro gli occhi, accecati dalla luce bianca che si rifletteva su tutti quegli oggetti in acciaio presenti nella stanza. Faccio appena in tempo a realizzare di essere in ospedale quando la porta di colpo si spalanca e da fuori entra un'infermiera con in mano una cartellina.
Appena mi guarda e capisce che sono sveglia mi parla:
Infermiera: Ben svegliata, signorina. Purtroppo è stata investita ma nulla di grave, però non siamo riusciti ad identificarla; sa per caso dirci dove tiene i documenti personali?
Io la fisso con la mia solita espressione vuota sul volto. Funziona sempre, la gente va in soggezione e continua a parlare perchè in imbarazzo e poi si ammutoliscono e se ne vanno, senza che io abbia mosso un dito.
In poco tempo ricomincia a parlare.
Infermiera: Signorina? Può dirci almeno il suo nome?
Io non rispondo e la fisso finché imbarazzata e arrabbiata alza il tono di voce, perchè sa che non è un comportamento da persona muta, sa benissimo che so parlare e la sto solo infastidendo per glissare il discorso e farla andare via.
Infermiera: Signorina dobbiamo sapere il suo nome per identificarla, avvisare i suoi genitori e farla uscire.
Ok, non ho altra scelta.
Mi alzo di scatto dal lettino, prendo dalla tasca dei jeans la tessera d'identità tutta rovinata e spiegazzata e gliela porgo. Poi senza nemmeno guardarla in faccia prendo le mie cose, mi metto le scarpe e mi metto davanti la porta aspettando che mi faccia uscire.
Intanto la donna riprende a parlare:
Infermiera: oh... ma lei è maggiorenne... mi scusi tanto, ecco i fogli da firmare per farla uscire, metta una firmetta qui e la lasceremo andare.
Mi porge una penna, io la prendo di scatto, lascio una firma veloce ed incomprensibile e me ne vado via a passo spedito. Voglio solo tornare a casa, qui c'è troppa umanità.
In quaranta minuti circa arrivo a casa, tutta sudata per la corsa che mi sono fatta. Entro e mi lancio sul divano. Nemmeno il tempo di realizzare che ore fossero, quanto ero stata in ospedale o se avevo fame o meno, mi addormento. (Le parti in corsivo sono il sogno)
...
Sento un brivido attraversarmi la schiena, il mio cuore batte come non mai, sembra un animale che scappa dai predatori che lo stanno inseguendo. Le sue braccia mi spingono piú vicino a lui e il suo fiato vicino alla mia fronte. Mi sento terribilmente bene, protetta... lo chiamano amore. Appoggio la testa al suo petto per sentire il suo battito, ma non sento nulla. Stranita mi strattono e lo guardo ma giusto il tempo di liberarmi dalla tenuta delle sue braccia che mi accorgo che era scomparso e...
Mi sveglio. Eccoli di nuovo. Ma sapevo che facendomi provare per la prima volta dopo tanti anni delle emozioni mi avrebbe fatto del male. Ora sto soffrendo come un cane. Non c'è, non lo trovo. E ho deciso di smettere di cercarlo. Anche se so che sarà dura dimenticarlo e soprattutto impossibile non sognarlo più ma ho deciso. Ho chiuso questa storia. Sono tornata la Kara che conoscevo, indifferente, malfidente e zitta. Mai dette piú di 50 parole nella vita. E resterà così. Fino alla mia morte. Le emozioni sono male, l'umanità è male. Tutto è male. È sarà per sempre così.
Perchè Kara è così.
Hey gente, 587 parole. È il massimo che possa raggiungere. Perdonatemi ma ho sempre preferito capitoli corti. Comunque... piaciuto il capitolo?
La storia mi sta intrigando molto, spero anche a voi. Detto questo, ciao, al prossimo capitolo!!
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