Capitolo 9
A change of heart dei 1975 usciva ad alto volume dall'impianto tv della 428.
Delicata arrivava alle orecchie di Louis, riempiva la stanza. Un ritmo contagioso, gioioso, sorrideva da quella mattina, dopo l'incontro con Louise.
Era riuscito a raccontarle tutte le cose incredibili che gli stavano succedendo, con Harry e non solo. Le aveva parlato del concerto e della settimana trascorsa a Londra a cercare di mettere in pratica i preziosi consigli che lei stessa gli aveva dispensato in quegli anni. Sorrideva e non riusciva a smettere i farlo.
Era tornato in camera dopo un po' di shopping con la bionda, ovviamente Louis aveva voluto visitare velocemente Bloomingdale's perchè non poteva farne a meno, Rachel Green sarebbe stata fiera, un tuffo negli anni '90, era o non era uno stylist? Doveva fare ricerca dopotutto. Un fioretto che aveva fatto con sua sorella Lottie, portare anche a lei un po' di quella città. Risero tantissimo, Louise lo portò nei migliori negozi e infine scelse qualcosa da indossare quella sera.
Dopo quattro ore si ritrovò sfinito e con cinque buste stracolme, mai fatto così tanto shopping in vita sua, ecco perché la maggior parte delle volte andava da solo. Ma non gli importava, New York si stava rivelando come l'aveva immaginata, piena di luce e di opportunità, anche se in realtà il vero lavoro doveva ancora iniziare. Rispose ad alcune e-mail di James e decisero che l'indomani mattina si sarebbero trovati nella suite per cominciare tutto.
La notte trascorsa, se la sentiva ancora addosso.
Sentiva i capelli di Harry solleticargli le gambe, le sue mani ancora su di lui. Non riusciva a calmare il battito insistente del suo cuore. Si sentiva un cretino, un pivellino alla sua prima cotta.
Avevano scopato già parecchie volte, cazzo, perché? Ma non era solo per quello, loro non scopavano e basta, loro si sentivano davvero, si mescolavano con ogni fibra del loro essere.
Non era solo la sensazione fisica di volerlo che lo faceva stare così, c'era dell'altro.
Una camicia in denim scurissimo con collo alla coreana giaceva sul letto appena rifatto che profumava di pulito. Avevano fatto un casino quella notte, senza rendersene neanche conto, avevano rotto una lampada del cassettone vicino alla porta, probabilmente nella foga appena varcata la soglia della camera.
Piccoli disastri.
Non ci aveva fatto caso quella mattina, ma non vedendo più la suddetta lampada nella camera ripulita, aveva dedotto che sì, forse avevano fatto un disastro.
Oops.
Dopo essersi sistemato i capelli e ritoccato la barba, si vestì. Jeans scurissimi a fasciargli le cosce, camicia denim in tinta e stringate color kaki a completare un look casual ma deciso, studiato, non eccessivo. Non sapeva dove Harry avesse intenzione di portarlo, doveva essere pronto ad ogni cosa.
Era il loro secondo vero appuntamento praticamente, erano nella città che non dorme mai, e con sua grande sorpresa, Harry non aveva menzionato fughe segrete dall'hotel senza farsi vedere o ritrovi in luoghi appartati, si era comportato normalmente, gli aveva semplicemente scritto di farsi trovare pronto per le 19, nella hall dell'Intercontineltal. E lui aveva fatto esattamente quello. Non portò con se nessuna giacca, l'aria fuori era piacevolmente arieggiata ma non ancora fredda.
L'autunno era arrivato con i suoi colori ma tardava a farsi sentire sulla pelle.
Appena le porte dell'ascensore si aprirono, uscì rapido e si diresse agli eleganti divanetti d'attesa della hall, non c'era molta gente quella domenica sera, la luce soffusa emanava un'atmosfera calma, tranquilla.
Fece appena in tempo a prendere il cellulare dalla tasca dei jeans posteriori che sentì qualcuno chiamarlo con voce calda e ferma
«Signor Tomlinson?»
riconobbe quella figura in completo nero con bottoni dorati sul doppiopetto e cappello, l'autista della sera prima
«Sì»
«Il signor Styles l'attende» fece segno di seguirlo fuori dalla porta.
Non fece una piega e lo seguì, gli aprì la portiera dell'auto e qualcosa lo attirò dentro con foga.
Si ritrovò Harry tra le braccia che lo stava già baciando, il suo profumo già gli riempiva le narici ed ogni parte del suo essere, lo offuscava
«Mi mancavi»
«Lo avevo intuito Signor Styles» e risero uno nella bocca dell'altro, come altre volte avevano fatto.
Ma per loro ogni momento era nuovo, per loro ogni volta che si baciavano sembrava come la prima
«Scusa per i convenevoli, è il suo mestiere, non può farne a meno» riferendosi al Signor detto dall'autista
«Nah, posso abituarmi» e riuscirono a staccarsi un attimo, solo per guardarsi, per osservarsi.
Harry era splendente, i capelli perfettamente puliti e profumati che gli ricadevano sulle spalle, la pelle chiara sembrava emanare luce propria, una stella.
Camicia di seta panama a maniche lunghe, gli fasciava appena il petto che rimaneva stranamente coperto, per gli standard di Harry, perché un nastro gli cingeva il collo con un fiocco a mò di cravattino, Gucci, Louis la riconobbe subito. Pantaloni in satin duchesse appena traslucidi gli fasciavano le gambe e i suoi stivaletti Saint Laurent Lucas neri completavano tutto perfettamente.
Perfetto, perfetto come lo vedevano i suoi occhi.
«Dove mi porti?»
«E' una sorpresa» si tirò indietro i capelli in quel gesto che Louis aveva capito fare quando era leggermente imbarazzato o quando sentiva l'attenzione troppo su di sè in situazioni intime.
«Mi hanno portato in questo posto la prima volta che sono stato a New York e volevo ricambiare con qualcuno che l'avesse vista per la prima volta, mangiamo qualcosa e poi dobbiamo andare in un altro posto»
«Che scommetto non mi dirai»
«Esattamente Tomlinson»
si sorrisero e si rilassarono sui sedili posteriori, mentre Louis teneva ben salda la sua mano sinistra su una coscia del riccio.
Neanche quattro minuti dopo, che Louis aveva impiegato a guardare dai vetri oscurati una città stracolma di persone, arrivarono.
L'autista li fece scendere e loro velocemente si diressero verso l'entrata. Louis non fece neanche in tempo a vedere il nome di quello che sembrava un altro hotel e non un ristorante, che Harry lo prese per mano e lo condusse come un fulmine dentro l'ascensore
«Ehi, tutto ok?»
«Sì perché?»
«Mi stai trascinando Harry» lo disse mentre il riccio teneva ancora lo sguardo abbassato, tirò su la testa e si scostò i capelli
«Scusami, anzi perdonami Louis, Niall mi ha dato la libera uscita» modo davvero orribile di definirla, pensò il liscio
«Ma devo fare attenzione, scusami davvero»
Louis capì, Harry sembrava davvero mortificato, si rilassò nelle spalle e gli prese il viso tra le mani
«Non c'è problema ok? So com'è la situazione, non m'importa, l'ho accettata ricordi? mi basta saperlo tutto qua»
Harry intrecciò la sua mano nuovamente a quella fine e delicata di Louis e la strinse forte avvicinandola alla sua bocca e lasciandoci un bacio sopra
«Ho prenotato un tavolo appartato, siamo solo io e te»
Louis rise «Beh, speriamo che non ci siano ragazzine nascoste tra i cespugli»
risero insieme e le porte dell'ascensore si aprirono.
L'Upstairs dell'hotel The Kimberly in piena Manhattan, Louis rimase senza fiato per un attimo, si guardò intorno imbambolato con la bocca aperta, Harry l'osservava, obiettivo raggiunto, a Louis era piaciuta la sorpresa. Il liscio si sporse appena alla balaustra alla sua destra, si vedeva perfettamente il Chrysler Building tutto illuminato, era come essere in un giardino pensile, tanto verde lo circondava era estasiato, colpito, meravigliato, gli occhi gli brillavano, sentì qualcosa sfiorare la sua mano, delle dita che piano risalivano il suo braccio, e Louis si voltò e lo vide davvero, il verde più bello di sempre, il verde più incredibile mai visto, il verde più unico mai conosciuto.
Non aveva voluto guardarli davvero prima quegli occhi, sapeva che sarebbe rimasto inerme. Neanche i prati inglesi a Doncaster in primavera erano così verdi, no neanche quelli, non se lo ricordava un colore così.
«Ti piace?»
Il riccio sussurrò vicino al suo orecchio, piano
«Non ho parole Harry»
«Anche io ho avuto questa reazione quando ci sono stato, sapevo ti sarebbe piaciuto, vieni»
Lo teneva a sè quella sera, non gli aveva lasciato la mano per più di cinque minuti, lo sentiva vicino, in ogni senso possibile. Lo seguì, alle pareti esterne l'edera era illuminata da lampioncini in stile francese in piombo, l'interno era ornato con disegni dorati che abbellivano anche il bancone principale.
I divanetti in pelle e le sedute con schienale morbido completavano tavoli bassi e alcuni più alti in ambienti diversi. Attraversato un salone enorme, si trovarono nuovamente all'esterno in un ambiente ampio ma leggermente nascosto, adornato con piccole lucine gialle che cadevano da una struttura in legno che faceva da finto tetto. Era un posto molto romantico, intimo, musica soffusa arrivava alle sue orecchie, musica jazz anni venti, si sentiva prepotente il sassofono ma non era invasivo, piuttosto morbido e carezzevole. Era un'atmosfera unica, la città ai loro piedi, nessun occhio indiscreto, solo loro due.
«Sai che abbiamo rotto una lampada stanotte?»
Chiese mentre il secondo bicchiere di Syrah, si avvicinava piano alle sue labbra
«No un attimo, ti correggo subito...»
Harry alzò il dito indice adornato con un anello con rubino quadrato e se lo avvicinò alla bocca
«...hai, non abbiamo, rotto una lampada»
«Aaah, ma bravo Styles, mi dai anche le colpe adesso? Mi hai preso alla sprovvista, sono giustificato»
Gli diede un piccolo colpo sul ginocchio con il suo.
Erano vicini su dei divani neri, si stavano godendo una bellissima cena vista Manhattan e stavano ridendo tantissimo, parlando di tutto, raccontandosi tutto. Dalle cose più banali alle loro voglie più nascoste, si stavano conoscendo ancora, non smettevano mai di aver fame di conoscenza l'uno dell'altro, di volersi scoprire.
Era una sensazione piacevole. La calma, nessuna fretta, solo loro a godersi quel momento, solo loro e New York.
La brezza autunnale si stava facendo sentire prepotente e Harry rabbrividì vistosamente
«Hai freddo?» Chiese Louis posando il suo bicchiere sul tavolino e avvicinandosi al riccio
«Un po', vorrei andare se non ti dispiace, vorrei portarti in un altro posto»
Louis rimase un attimo interdetto, si stavano godendo la serata, ma Harry pareva improvvisamente avere fretta di andare via «Ok , certo, come vuoi» e si alzò in piedi immediatamente sull'attenti come un soldato
«Louis»
fu bloccato dalla mano del riccio, mentre lo guardò dall'alto si alzò anche lui
«Louis»
richiamò nuovamente la sua attenzione anche se non c'era bisogno perché il liscio aveva gli occhi puntati nei suoi
«Non voglio andarmene perché non sto bene o perché ho freddo»
Louis alzò impercettibilmente l'angolo destro della bocca
«Voglio andarmene perché ho altri piani per la serata, e siccome non ho solo una sorpresa per te stasera, ho bisogno che tu ti fidi di me e che ti lasci guidare»
lo guardò ancora, profondamente rimanendo in silenzio
«Louis voglio che questa sia una notte speciale»
«Per me lo è già» e si sporse a rubargli un bacio in quella bocca così rossa che sapeva di vino e di vento
«Anche per me, ma voglio renderla indimenticabile, permettimelo»
Si baciarono di nuovo, questa volta con più trasporto
«Te lo concedo»
Arrivati nella hall del the Kimberley trovarono il loro autista ad attenderli, con una faccia abbastanza provata, bianco e sudaticcio, come in preda ad un attacco di panico, appena li vide si precipitò verso di loro
«Signor Styles non so come sia successo, sono stato attento, ho ascoltato le indicazioni del signor Horan, mi creda, non volevo disturbarla mentre era a cena ma io...»
Harry si avvicinò all'uomo e gli strinse una spalla leggermente
«Cosa succede?»
«Ci sono almeno sette paparazzi appostati fuori, la macchina è parcheggiata davanti e non c'è modo di spostarla, sanno che è qui e se vado sul retro non risolveremo niente, ci seguiranno»
Harry aveva già allungato il collo per guardare fuori, poi sussurrò
«Cazzo..» a voce bassa ma deciso «..Ma come fanno?»
Cercò di calmarsi subito respirando a fondo
«Paul non è colpa tua non preoccuparti, faremo veloce e saliremo in auto, chiamerò il signor Horan e lo avvertirò di persona, stai tranquillo»
l'autista annuì, sembrò appena sollevato.
Harry si voltò verso Louis che aveva sentito tutto e aveva una faccia con un grosso punto interrogativo stampato sopra
«Devo andarmene?»
Chiese piano, quasi avendo paura che lo sentissero, quasi avendo paura che sì, doveva andarsene e lasciarlo lì, che la loro serata era finita in un disastro, che era stato bello fin ora ma adesso basta sognare e addio
«No, no assolutamente no, tu non ti muovi, adesso chiamo Niall, gli spiego la situazione, aspetta solo un secondo qui, ti prego»
Louis fece un cenno d'assenso.
Harry si allontanò con il telefono già all'orecchio.
Louis nervoso, sfregava insieme le mani non riusciva a stare fermo camminava su e giù e si spostava il lungo ciuffo dal viso, era un fascio di nervi neanche per il suo colloquio con Ben era così nervoso.
Guardava ogni tanto Harry a qualche metro da lui che parlava concitato al cellulare, ma non sentiva quello che diceva, sembrava sicuramente più calmo di lui in quel momento.
Ma che ci faceva lì? Sarebbe dovuto andare, togliere Harry dall'impiccio, andare via e magari scrivergli più tardi. Stava pensando seriamente all'idea di scappare, si passò una mano sulla faccia sospirando.
Harry tornò, lo vide arrivare, contro ogni sua previsione, con un sorriso stampato in faccia.
«Quindi?»
Chiese Louis innervosito da quel suo atteggiamento, non c'era proprio un bel niente da ridere, cosa c'era di divertente?
«Louis, devo chiederti una cosa»
ecco infatti, non c'era un cazzo da ridere
«Certo, posso capire, esco dal retro mi prendo un taxi, non c'è problema Harry, ci vediamo domani all'hotel, non ti preoccupare»
Si voltò veloce come per andarsene, ma Harry lo prese per un polso, forte, deciso
«Cosa stai facendo?» Disse scuotendo la testa in segno di dissenso
«Vado via, passerò da qua, davvero non ci sono rimasto male, so quali sono i nostri patti»
«Louis»
«Davvero Harry, niente rancore»
«Louis»
«Non importa, magari un'altra volta, oppure ci vediamo più tardi»
«Louis»
«Tanto ci metto un sec...»
«LOUIS»
Harry alzò la voce, il liscio si zittì e si voltò completamente verso l'altro che aveva richiamato la sua totale attenzione
«Mi fai parlare per favore?»
«Ok» disse secco zittendosi improvvisamente al tono austero dell'altro
«Devo chiederti una cosa ok?»
«Ok»
«Purtroppo c'è questo piccolo inconveniente, e mi dispiace tantissimo non l'avevo previsto, ma ho chiamato Niall e l'ho avvertito...»
«Ok»
«...e lui ha capito la situazione»
«Ok»
«Quindi possiamo uscire senza problemi»
«Ok»
«Ti va se usciamo da qui, ti tengo per mano ed entriamo in auto alla velocità della luce e poi andiamo dove volevo portarti?»
«Ok»
«Louis hai capito cosa ti ho detto?»
«Ok»
«Louis, ci vedranno, tra meno di dieci minuti saremo su ogni social possibile»
«Ok»
«Smettila di dire ok»
«Ok»
Harry sospirò, Louis era come imbambolato, Harry gli prese il volto tra le mani e lo guardò negli occhi
«Louis, tu mi piaci tanto, e non m'importa se sapranno di noi, voglio stare con te, speravo che sarebbe stato un po' meno eclatante ma purtroppo non possiamo evitarlo»
«Ok»
Harry rise, mentre gli sfiorò piano le labbra con le sue e si avvicinò l'orecchio sussurrando
«Ti va di cambiare vita Louis Tomlinson? Sei disposto a questo? Io ti proteggerò per quanto mi è possibile te lo prometto, ma in certi casi, ribellarsi all'inevitabile sarebbe molto peggio, e poi guarda il lato positivo, almeno siamo insieme»
Louis trattenne il respiro per tutta la durata della frase, sentiva le mani calde di Harry, la situazione era talmente assurda che non riusciva neanche a realizzare, stava sentendo solo -mi piaci tanto, almeno siamo insieme- nient'altro, cervello in blackout totale, non disse nulla, semplicemente annuì
«Sì?» Chiese Harry «Sei sicuro?» e Louis annuì di nuovo
«Bene, tu seguimi, non ti lascio»
e gli prese saldamente la mano, ancora, per la milionesima volta quella sera e la strinse ancora più forte di prima.
Louis si riscosse all'improvviso, ricambiò la stretta, calda, salda
«Andiamo»
lo disse con certezza, con sicurezza dando ad Harry la spinta finale che gli mancava.
In un attimo furono fuori.
Una pioggia di grida e flash li invase in un attimo, tanta luce bianca, tanto rumore di scatti, milioni di scatti in pochi secondi, milioni di voci.
Dalla porta dell'hotel alla macchina ci saranno stati sì e no cinque metri, sei passi non di più.
Louis dietro Harry che lo teneva saldo, si copriva con la mano destra per quanto poteva il viso
«Harry» «Harry» «Harry»
si sentivano solo Harry tutt'intorno
«Chi è il ragazzo con te?»
«E' quello di Londra?»
«Harry»
«Harry»
«Harry»
«State insieme?»
Harry non rispose a niente, furono dentro la macchina in un attimo che sfrecciò via sgommando.
Dentro, il silenzio, ovattato, assordante, fuori il caos e dentro la calma, sospirarono entrambi.
Louis inaspettatamente iniziò a ridere forte, l'adrenalina di quell'attimo gli era arrivata al cervello, era euforico. Prese Harry per un braccio lo avvicinò alla sua bocca e lo baciò con trasporto, lingua, denti, tutto.
Harry ricambiò subito al bacio, veloce, urgente avido. Louis gli mise una mano sulla sua erezione che sentiva già sveglia, Harry gemette, lo accarezzava ovunque
«Louis aspetta» il riccio richiamò la sua attenzione, ma Louis non si fermava
«Louis» e poi riprese fiato
«Tutto ok?»
«Sì, sì tutto ok, sono euforico scusa, devo calmarmi perdonami»
Harry rise
«Non preoccuparti...» erano quasi in affanno «...è ok, non tutti reagiscono allo stesso modo»
«Harry adesso la mia faccia è ovunque»
«Temo di sì Louis» lo disse dispiaciuto «Avevo capito che non..»
«No no, non per quello, sono, sono...» e si rituffò sulle labbra del riccio, lo baciò ancora non voleva staccarsi, era suo
«Scusami...» e si scansò nuovamente
«...scusami Harry non so cosa mi è preso»
«Va bene Louis»
«E' che è una sensazione strana, io sono solo felice di essere con te, sei tu, cioè sei un modello famoso e strapagato, ma a volte io me lo scordo capisci? A volte penso che sei solo un ragazzo normale»
Harry sembrò rabbuiarsi a quelle parole la sua faccia si fece scura
«No aspetta» il liscio lo fece voltare, questa volta lui a tenergli le mani «Non hai capito Harry, sono felice, sono felice che non vuoi nasconderti»
«Lou non sarà facile, ti ho già avvertito»
«Lo so, ma è quello che voglio»
Harry ancora con lo sguardo basso
«Non questo Harry, non la notorietà, ma questo» e indicò loro due con l'indice
«Io voglio questo, voglio noi, voglio te e se questo è il compromesso, va bene»
«Davvero?»
«Sì Harry Styles, è vero, io voglio te, non m'importa del contesto» e si lanciò letteralmente sulle labbra di Louis, lo mangiava, quasi lo soffocava, si abbracciavano forte, fortissimo
«Anche io Louis voglio te» e lo disse con un filo di voce, spezzata dall'emozione, spezzata dal cuore che voleva uscirgli dalla gola.
Erano felici, si volevano, niente avrebbe cambiato questo.
Per il mondo erano il modello e il ragazzo di Londra, ma erano solo loro, solo e semplicemente loro.
Due anime che si erano trovate e che vibravano all'unisono sotto il cielo sfocato di una notte newyorkese.
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«Harry, credo di aver visto Julia Michaels»
Louis lo disse mentre entrambi stavano salendo delle scalette verso un privè dell' OAK in piena Chelsea, il liscio teneva ben saldo un jack e coca con ghiaccio
«Sì hai visto bene»
«E perché ci stiamo avvicinando al suo tavolo?»
«Perché Julia e Niall stanno insieme e noi stiamo andando a conoscerli»
Louis afferrò un polso del riccio
«Aspetta un attimo, frena»
Harry si voltò sorridendo
«Mi stai portando da Niall Horan? Dal tuo manager? Mi vuoi morto?»
Harry rise forte, la musica rimbombava nel locale, Electricity si espandeva in tutta la sala, l'atmosfera rilassata era contagiosa
«Smettila Louis, vuole conoscerti, e già che ci siamo ti presento Julia»
«Ma certo, così, semplicemente mi presenti Julia»
Harry lo baciò a stampo sulla bocca poi sorrise, nel privè molte celebrità erano all'ordine del giorno, la massima riservatezza era d'obbligo
«Non sono l'unico a conoscere celebrità, non sono io che divido la casa con Kygo, vieni»
lo trascinò fino al tavolo riservato, dove un gruppetto di ragazzi stava ridendo e scherzando.
«Harry finalmente ce ne hai messo di tempo»
«Scusatemi sono stato trattenuto» il riccio si avvicinò a Niall che abbracciò e al quale sussurrò qualcosa, probabilmente riferito agli eventi di qualche minuto prima, poi strinse Julia
«Posso presentarvi Louis? Questi sono Niall e Julia, anche se lei credo non abbia bisogno di presentazioni»
«Ciao Louis» disse lei stringendogli la mano e dandogli subito confidenza con due baci sulle guance
«Sono molto contenta di conoscerti» Louis sorrise
«Piacere mio, amo molto il tuo lavoro, complimenti»
Harry intervenne
«Julia, Louis è, diciamo, un fan della musica in generale, credo di aver ascoltato più canzoni da quando ci vediamo che in una vita intera»
«Ah bene, allora credo proprio che parleremo molto» gli fece l'occhiolino rimettendosi sul divanetto.
Niall si avvicinò, gli strinse forte e deciso la mano, aveva una camicia scura con dei cavalli disegnati sopra, Louis ricambiò la stretta e lo guardò negli occhi glaciali, azzurrissimi
«Ciao Louis, Harry non fa altro che parlare di te» e non voleva mollarlo, lo teneva saldo con la mano
«Mi dispiace per l'inconveniente fuori dall'hotel, ma purtroppo dovrete fare i conti anche con questo se deciderete di frequentarvi»
Louis lo guardava negli occhi in silenzio, non capiva se era ostile o meno, la mano ancora salda alla sua, lo guardava negli occhi
«Mi dispiace per la spallata l'altro giorno» si era scusato
«Non preoccuparti, tutto apposto, non c'è problema, anzi grazie» e le due mani si sciolsero, Niall gli fece cenno di accomodarsi
«Di cosa?»
«Di averci permesso di vederci»
«Non decido io della vita di Harry, io lo tutelo e basta, e credimi, se fossi stato un altro o se lui avesse avuto un minimo dubbio su di te, non sarebbe successo» Louis deglutì, Niall se ne accorse ma gli sorrise.
Credeva di trovare un nemico, credeva di trovare un ostacolo, invece no. Capiva che Niall teneva davvero ad Harry, carriera o meno, voleva proteggerlo, come stava facendo in quel momento. La sua non era ostilità era professionalità e amicizia. Tirò fuori il telefono che aveva iniziato a squillare e iniziò a parlare fitto con quello che Louis dedusse essere qualcuno della stampa, da come lo stava trattando, non voleva essere nei panni del tizio.
«Mi dispiace per Niall» disse il liscio ad Harry lì vicino
«Dovrà aver ricevuto mille telefonate»
«Tranquillo è il suo lavoro, per lui risolvere questo genere di cose è come una valvola di sfogo»
Louis osservava il manager che si era allontanano e stava animatamente gesticolando mentre parlava
«Le foto usciranno tra poco, si sta solo assicurando di alcune cose, è tutto perfettamente sotto controllo» il liscio lo guardò e prese un sorso dalla sua bevanda dolce e gassata che gli scivolò piacevolmente in gola rinfrescandolo.
Neanche nei suoi sogni migliori si sarebbe mai immaginato di trovarsi lì, in un locale da paura, privè vip, allo stesso tavolo di Julia Michaels. Intravedeva altri volti noti tra la folla ma fece finta di nulla, non voleva passare da fan pazzoide. Harry stava parlando con due ragazzi al loro tavolo, capì che erano entrambi modelli, ridevano e scherzavano tra loro, ma ogni tanto si voltava a guardarlo, come ad assicurarsi che andasse tutto bene.
Fu Julia ad avvicinarsi «Allora Louis, ti piace la musica eh?»
«Non direi proprio che mi piace più che altro che è come una religione»
scoppiarono a ridere entrambi, iniziarono a parlare del lavoro di Julia del nuovo tour mondiale in programma, dove per la cronaca lo aveva invitato come suo ospite con Harry quando sarebbe stata a Londra, parlarono degli artisti emergenti e si confrontarono sulle hit del momento. Inevitabile fu dirle di Kygo.
Lei si meravigliò tantissimo, avevano fatto un pezzo insieme, si conoscevano e per l'occasione gli mandarono un selfie. Sembravano già amici di vecchia data, Harry fu felice di vedere quanta complicità ci fosse tra i due, ogni tanto osservava Niall e lo vedeva sereno accanto a lei, l'ascoltava e la guardava, ridendo anche lui ad alcuni commenti di Louis.
Era davvero più bello di come aveva immaginato, sentiva Louis come parte della sua famiglia, già lo sentiva inevitabile dentro le vene, scorrere lento lasciando solchi profondi. Vederlo accanto alle persone a cui teneva tanto, era davvero bello. Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Dopo la breve esibizione di Julia, i due iniziarono a guardarsi sempre più insistentemente. Si cercavano con lo sguardo, più di prima, Harry seguiva i movimenti di Louis e lo stesso faceva il liscio, con un cenno del capo gli fece capire che voleva andare. «Bene ragazzi allora noi andiamo» disse Harry prendendo per mano Louis e facendolo alzare dal divanetto una volta raggiunto
«Ma dai Harry ve ne andate già?»
«Sì Juls, perdonaci, ma devo portare Lou in un posto» glielo disse mentre la salutava
«Allora buonanotte» disse la biondina ammiccando e sorridendo
«Grazie»
Si salutarono tutti e Louis ringraziò nuovamente Niall, l'indomani si sarebbero rivisti e il pensiero di fargli vedere cosa aveva scelto per Harry lo innervosiva, ma volle far finta di nulla.
I due si diressero verso l'uscita quando furono richiamati
«Ehi»
Niall, si voltarono e il ragazzo sventolò in aria il cellulare, capirono all'istante, si guardarono un attimo e poi uscirono.
Una volta in macchina presero i loro telefoni e videro le foto ovunque.
Erano bellissimi, Louis si copriva parzialmente la faccia ma si poteva benissimo riconoscere, per i pochi che sapevano chi fosse.
Gli si fermò il cuore un attimo vedendo quanto dall'esterno si tenessero, si percepiva che c'era feeling che c'era alchimia, anche da dei semplici flash freddi e asettici. Quella mano che si stringevano con possesso e protezione ne era la prova palese. Sarebbero stati invasi da tweet e commenti, ma la loro notte non era ancora finita.
Risero tra di loro e insieme spensero i telefoni. Come a liberarsi di un peso a cui adesso non volevano pensare. Avrebbero avuto tanti giorni per quello, tanti giorni lontani a cui avrebbero dedicato dei minuti interi a quella foto. Non adesso, non quella notte.
Si baciarono, Louis inconsapevole di dove stavano andando
«Tra qualche giorno parto»
Harry lo disse diretto, parole secche che arrivarono come veleno senza antidoto a Louis che sospirò
«Io domani, non so se avremo tempo di salutarci» e continuarono a baciarsi, sentivano già la distanza tra loro, sentivano già freddo, così si strinsero ancora più forte sui sedili in pelle dell'auto
«Dove vai?»
«In Giappone, ho due servizi da fare e poi sarò di nuovo a Londra»
Louis annuì, già rattristandosi
«Come si chiama il posto dove vai?»
«Mmmh, in realtà non lo so pronunciare, qualcosa tipo Taka qualcosa»
«Taka qualcosa?»
Iniziarono a ridere
«Sì, Takayoka, no no Takayama»
«ah certo Takayama»
«La conosci?»
Chiese il riccio stupito
«Ovvio, ci va una persona che conosco per lavoro, ma spero che mi telefonerà ogni tanto»
fece il vago, guardando fuori dal finestrino, Harry gli dette una spallata
«Che idiota, neanche lo so pronunciare Takayama, figurati, e poi è ovvio che ti chiamerò»
«Harry è lavoro, sarà così dobbiamo abituarci, e poi vedrai un posto nuovo» «ma non ci sarai tu a farmi da stylist»
«E' vero, ma magari un giorno succederà e torneremo insieme in quella città della quale non sappiamo pronunciare il nome»
Il riccio lo guardava, rapito, come se gli avesse chiesto di sposarlo
«Che c'è?»
«Mi piaci Louis» e si gettò sulle sua labbra, lo strinse a sè, voleva rubargli il respiro.
L'auto si fermò e loro si staccarono.
«Ho un'ultima cosa da farti vedere, un'ultima sorpresa qui a New York»
«Harry davvero, non c'è bisogno, mi basta stare con te» protestò lui che avrebbe tanto voluto stare con lui da solo, possederlo, godendosi la loro ultima notte newyorkese, e non stare in mezzo alla gente, alla ressa al rumore assordante di sconosciuti intorno a loro
«Fidati, ti piacerà» e Harry aprì la portiera, lo seguì in silenzio.
Entrarono in un edificio non molto alto per gli standard della città, tutto bianco, Louis non lo riconobbe, ma dal basso spostò piano lo sguardo verso il cielo, non riusciva a scorgere nulla sul tetto, come se ci fosse solo buio, quasi ebbe le vertigini a fare quel movimento.
Si sentì strattonare e Harry gli afferrò la mano facendolo muovere in avanti e facendolo entrare, perse quasi l'equilibrio
«Vai di fretta?»
«In realtà sì, muoviti» e lo spinse dentro l'ascensore.
Harry era nervoso, le mani gli tremavano tantissimo, non aveva mai fatto una cosa del genere non sapeva neanche se Louis avrebbe gradito. Louis si sentiva strano neanche fosse la prima volta che si vedevano. Erano successe troppe cosa quella sera, troppe emozioni e se ne sarebbe andato dopo poche ore, voleva mettere le cose in chiaro con Harry, voleva che sapesse che lui c'era, a Londra a New York o dove voleva.
Era anche probabile che lui dopo essere andato a Takayoka o dove cazzo andava, non sarebbe tornato, magari lo avrebbe cancellato da tutto, si piacevano si' ma forse non bastava. Una parte di sè quella più nascosta, quella che nessuno aveva mai conosciuto, quella vera, quella spavalda, gli gridava di rischiare, di vivere quella storia o quelle ore insieme, al massimo.
Inevitabili sentimenti si stavano creando piano piano, particelle microscopiche in un mare di cellule, ma si sentivano forti.
Sospirò forte, gli tremavano le mani
«Ehi stai bene?»
Harry lo riscosse dai suoi pensieri, erano arrivati al loro piano evidentemente
«Si'» lo guardò negli occhi come a tranquillizzarlo, anche lui tremava impercettibilmente
«Sì sto bene» e gli prese la mano.
Harry quasi sollevato lo guidò su per delle scale strettissime alla destra del corridoio in cui erano arrivati. Non c'era luce, solo quella che proveniva dall'esterno alla fine della scala, ma era flebile. Harry davanti, Louis a seguirlo, quella sera era stato lui a guidarlo, sempre, senza mai lasciarlo andare in una città che conosceva bene, in una città che voleva gli restasse dentro, in una città che sperava fosse il loro inizio.
Louis sentiva sul viso il vento che iniziava ad essere freddo, brividi lungo la schiena lo fecero sussultare, la pelle d'oca arrivò inesorabile, le mani erano diventate freddissime anche se una era nel sicuro e tranquillo calore di quella di Harry
«Inizia a fare freddo, ma tra poco ci scaldiamo» non capì, erano all'aperto o almeno sembrava e non c'era l'ombra di un riparo o di una fonte di calore, tranne il corpo del riccio.
Tutto fu chiaro appena arrivò in cima alla scala, Harry si scostò appena
«Benvenuto nel tuo rooftop personale»
Louis era muto, inerme, non riusciva a parlare, non riusciva a fare nulla, neanche a muovere un muscolo, Harry non gli teneva più la mano, lo aveva lasciato, era solo, solo e non respirava.
Era in apnea da diversi secondi, solo il rumore del vento e della città ma era in lontananza non la sentiva davvero, più che altro la immaginava. Era all'ultimo piano di un grattacielo, ma in realtà era un giardino e non come quello della loro cena, no, un giardino vero.
Il parquet chiaro per terra gli dava un aspetto rustico, rurale. Un orto alla sua sinistra si estendeva tutto intorno a lui, dove c'erano anche alberi da frutto oltre a quelli ornamentali. Ancora il verde dominava, pur essendo autunno inoltrato, ancora le foglie non erano completamente secche, ancora non definitivamente arancioni, rosse, marroni, ma predominava il verde, la clorofilla ancora prepotente.
Si mosse, estasiato e s'inoltrò in vialetti formati sempre da piante di ogni genere, mentre mille lucine gialle come quelle di natale, scendevano da rami pensili e rampicanti di edera, tutto a formare un gazebo naturale. Al limite del rooftop, a circa 50 metri, c'era come una specie di casetta, tutta in vetro, anche il soffitto, all'interno coperte e cuscini colorati sui toni autunnali, con piccoli oggetti in corda, ma che s'intravedevano soltanto.
Luci, lucine ovunque che scendevano dai vetri e coprivano quello che c'era all'interno illuminandolo, occhi indiscreti non avrebbero potuto vedere nulla, solo da vicino si vedevano i dettagli. Davanti a lui oltre il parapetto a 500 metri circa, L'Empire, alto, imponente, illuminato, austero, magnifico. Si vedeva tutto anche se non erano così in alto avevano una visuale completa.
Louis si sporse piano, alle spalle sentiva i passi leggeri di Harry che lo seguivano, non avevano ancora detto una parola, neanche una. Louis era estasiato.
Sfiorava le piante, le foglie, guardava ovunque curioso. Gli mancava il respiro e non riusciva a voltarsi. Voleva Harry, voleva sentirlo vicino a sè, ma aveva paura, si sentiva in cima al mondo e per la prima volta aveva davvero paura di cadere, aveva paura di toccarlo quella volta perché credeva che ogni cosa bella se ne andasse in un secondo, svanisse.
Gli girò appena la testa, strinse forte la balaustra di freddo acciaio e chiuse gli occhi, doveva ringraziare Harry, non poteva stare lì imbambolato e dopo tutto quello non dirgli niente, erano soli, doveva parlare, il silenzio si stava facendo assordante.
Decise di voltarsi, ma qualcosa lo sfiorò appena sui fianchi, riconobbe il tocco del riccio che si aggrappò da dietro a lui tenendogli le mani aperte sul petto e la testa sulla spalla.
Sentì un sussurro, un mugolio al suo orecchio, chiuse gli occhi, voleva sentire tutto, voleva sapere
«But if you like causing trouble up in hotel rooms»
Louis aprì gli occhi all'improvviso, Harry stava cantando, piano, ma lo stava facendo, rimase in silenzio e tirò la testa indietro «And if you like having secret little rendez-vous»
appoggiò la testa a quella del liscio mentre continuò a canticchiare piano in un sussurro, la voce roca
«if you like to do the things you know that we shouldn't do, then baby, i'm perfect, baby i'm perfect for you»
Louis sorrise e si voltò appena ma Harry continuò, non gli diede tempo di parlare, ancora lo teneva saldo al suo petto, la sua schiena aderiva perfettamente, sembrava fatta apposta
«And if you like midnight driving with the windows down»
Louis rise mostrando appena i suoi denti bianchi, riconobbe nella sua mente il momento che descriveva, Harry fece lo stesso, le fossette in vista, e tra il riso continuò
«And if you like going places we can't even pronounce»
a quel punto Louis si girò davvero e guardò Harry negli occhi lucidissimi, non solo per il vento che si era alzato
«If you like to do whatever you've been dreaming about, baby you're perfect, baby you're perfect, so, let's start right now»
e lo baciò, lo strinse a sè forte.
«E' per te Louis» riuscì a dire il riccio tra i baci
«Siamo noi Harry»
sorridevano, si guardavano
«Non ho mai sentito questa canzone, com'è possibile?» «
Perché non esiste»
Louis lo guardò serio, in apnea senza fiato
«Che vuol dire?»
«Che non esiste, l'ho solo inventata»
Louis era imbambolato, non riusciva a muovere un muscolo, Harry continuò
«Senti ti sembrerò un matto ma devo dirtelo, ci tengo»
«No aspetta Harry, non dire cose che non vuoi»
«Ssshhh» gli mise un dito sulla bocca
«Lasciami parlare ti prego, sennò forse non ci riesco più, perché se ti guardo negli occhi mi emoziono e non riesco più a dire nulla di sensato, invece devi ascoltare»
il liscio annuì e un angolo della bocca si sollevò
«Quando tornerò a casa dal Giappone la prossima volta, scriverò back home come sempre»
«Mi piace quando scrivi quella cosa, è per la tua famiglia»
«Sì, di solito sì, ma la prossima volta voglio che tu sappia che è per te»
Louis s'illuminò
«Vorrei che tu fossi la mia casa quando tornerò e vorrei cercare di essere la tua quando avrai bisogno di me»
Non c'erano parole, tutte quelle che potevano dire sarebbero comunque state superflue.
Si osservarono ancora, gli occhi lucidi
«Non sono perfetto come dice la nostra canzone, ma voglio provare ad esserlo per te. Mi fai stare bene, mi sento sicuro. In così pochi giorni mi hai spinto a fare scelte che in un altro momento non avrei mai fatto. Mi stimoli in ogni cosa e ti voglio sentire vicino anche quando non saremo insieme».
Si baciarono con trasporto, in mezzo al giardino. Come testimone del loro momento solo l'Empire e il cielo autunnale di New York.
Louis, se lo teneva stretto al petto, non lo voleva lasciare. Gli sembrava tutto un sogno
«Come hai fatto ad inventarti quella canzone?»
«Mi ha aiutato Julia, oggi mentre preparavo tutto questo, l'ultima strofa l'ho aggiunta io»
«Hai del talento Styles» e mentre lo diceva lo prese per mano guidandolo all'interno della piccola casetta di vetro
«Vorrei sentirla tutta però»
«Chissà magari la farò incidere»
Una volta all'interno chiusero la piccola porta per non fare entrare il vento.
Louis iniziò a slacciare il fiocco nero al collo di Harry, lo sfilò e lo sollevò per farglielo vedere, il riccio capì subito a cosa si riferiva e deglutì, la loro serata, il nastro di raso, ancora ben impressa nella sua mente, poi continuò
«Come hai fatto ad organizzare tutto?» Iniziò a sbottonargli la camicia, lentamente, lo accarezzò con le mani calde sul collo, le dita delicate a toccargli la giugulare, a sfiorargli il pomo d'Adamo, sentiva il cuore accelerato sotto il suo tocco
«Ho le mie fonti»
Louis si avventò sul suo collo con la bocca, la camicia già completamente aperta fu sfilata velocemente e mentre Harry gli posò le mani sulle scapole, Louis gliele teneva piano intorno al collo, ai lati della testa, e lo baciava.
Avrebbe voluto lasciargli dei segni, lo voleva con tutto se stesso, così anche in Giappone avrebbero saputo che era suo, ma si trattenne, il giorno dopo doveva lavorare, doveva essere perfetto, come la loro canzone, come già lo era.
Era la loro ultima notte insieme a New York, la loro ultima notte sotto quel cielo stellato che aveva visto crescere in loro il bisogno di aversi e sentirsi sempre più vicini.
Per loro il tempo si era dilatato, due giorni erano diventati due mesi.
Si sentivano così tanto sotto pelle che il solo pensiero di non potersi sfiorare per intere settimane gli faceva male al cuore.
Erano soli nella penombra, le piccole luci ad illuminargli i volti, Louis spingeva dentro Harry, stretto tra le sue cosce bianche e lunghe, gemevano all'unisono.
Louis dettava un ritmo lento, si guardavano negli occhi, il liscio gli accarezzava continuamente il viso e Harry gli baciava le mani. Il verde intorno a loro era stato inghiottito dalla notte, erano estranei al mondo tranne che a loro. Il blu del cielo aveva lasciato spazio al nero, un nero che però non faceva paura, ma che splendeva, intenso, lucido. Harry gemeva, sentiva Louis dentro, lo sentiva ovunque.
Louis voleva che Harry si sentisse al sicuro, a cominciare da quella notte. Si possedevano con una passione unica, si mescolavano tra loro, i tatuaggi a confondersi a completarsi, le mani ad intrecciarsi.
Respiri lievi, gemiti rochi, parole sussurrate. Louis uscì dal corpo di Harry, piano, senza fretta, voleva sentire ancora la sensazione delle sue pareti calde intorno a lui, ancora un istante prima di separarsi. Ripresero fiato, pochi minuti, in cui le parole erano davvero superflue.
In cui le parole non avrebbero reso giustizia al momento.
In cui le parole erano inutili e inutile era sforzarsi di parlare.
Come la loro canzone, quella della loro prima notte, senza parole, senza testo, apparentemente senza significato, ma che racchiudeva tutto un mondo che loro si erano sentiti addosso fin dal primo momento.
Un significato che non poteva essere spiegato.
Note fatte di sospiri, note fatte di rumori veri, registrati su un adattatore per poi essere mixati.
Rumore di macchine, di foglie che cadevano di battiti cardiaci di marciapiedi calpestati.
Note e rumore, dolcezza e passione, proprio come loro.
Amplificava i sensi.
Li rendeva nudi, li rendeva veri, senza parole solo melodia.
Li rendeva unici.
Quando anche Harry uscì da Louis quella notte e si addormentò sul suo petto, l'alba li colse in quella magica atmosfera tra il viola e l'arancione, il rosa e l'azzurro.
Il cielo s'illuminò piano e loro piano si addormentarono.
Mancano 2 capitoli alla fine di questa storia
Grazie di esserci stati e di aver votato, spero che vi stia piacendo
Spero anche di avervi trasmesso delle belle emozioni con le canzoni che ho scelto per loro
Grazie di tutto insomma XX
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