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Capitolo 8




Nulla era lontanamente paragonabile a quello che stava succedendo, nulla, neanche la sua più fervida immaginazione poteva arrivarci.

Era arrivato con un volo aereo da Londra, viaggiando in prima classe. Un autista lo aveva accompagnato dai suoi colleghi, nonchè superiori, all'hotel in piena Manhattan dove avrebbe alloggiato. Hotel nel quale, si sarebbe svolto anche metà del suo lavoro, ovvero lo shooting per la nuova campagna pubblicitaria.

Era tutto dannatamente perfetto.

L'autunno unico e inimitabile di Central Park, le strade affollate e piene di vita, i taxi gialli che sfrecciavano per le larghe strade asfaltate in mezzo al fumo che i tombini rilasciavano.

New York era così, una cartolina, una fotografia, ma reale, vera, piena di sensazioni, di confusione, con un odore forte di cemento e hot dog, che si mischiava al rumore di chiacchiere e clacson.

Si sentiva un pò Carrie Bradshaw, non vedeva l'ora di iniziare. Non aveva neanche fatto in tempo a capire di essere arrivato, quando vide il nome dell'hotel, l'Intercontinental. Gli si annebbiò la vista, il cervello, tutti i sensi insieme, in un secondo.

Non era possibile, quanti hotel c'erano a Manhattan? Centinaia? Migliaia? Eppure, era proprio quello che James aveva scelto.

Proprio quello, tra un'infinità, proprio quello.

E fu inevitabile pensare a lui, a lui che probabilmente era già arrivato, a lui che probabilmente non avrebbe rivisto prima di qualche giorno, a lui che già gli mancava. Sentiva il suo profumo se si concentrava. Sentiva di nuovo le sue parole dalla visita alla Somerset

Dovresti farti sistemare lì

Sì forse dovrei

Invece alla fine ci si era trovato lui, i casi del destino.

I ritmi frenetici di New York lo avevano già contagiato, in meno di due ore. Il jet let si sarebbe fatto sentire ma doveva prepararsi per il lunedì e non aveva molto tempo. Louise impeccabile come sempre, lo aveva accolto nella hall, gli aveva illustrato lo svolgimento del lavoro, la suite dove avrebbero trovato tutti i props e gli stand dai quali poter scegliere gli outfit per lo shooting, gli aveva messo a disposizione due assistenti per aiutarlo con i modelli, e poi alla fine, finalmente gli aveva mostrato la location ufficiale.

Oltre all'intero hotel, ai corridoi, alla sala meeting, avrebbero scattato sul magnifico rooftop che affacciava su Manhattan. Non era altissimo, anzi alcuni grattacieli lo sovrastavano, ma era perfetto.

Louis rimase senza fiato e si prese alcuni minuti per guardarsi intorno. Riconobbe la balaustra e vi si affacciò. La luce del giorno era ben diversa da quella nella foto, ma il resto era identico.

Si sporse leggermente e vide le scie delle auto sotto di lui, era tutto uguale a quello che solo una settimana prima aveva visto in una galleria d'arte. Strinse forte il parapetto e sospirò, l'aria fredda gli entrò nei polmoni, chiuse gli occhi e si lasciò cullare un attimo dal silenzio ovattato che c'era lassù, un silenzio falso che non gli faceva paura. Sarebbe cominciato tutto da lì, da quel momento, doveva concentrarsi, doveva restare lucido e dare il meglio di sé.

Doveva incontrare i modelli e capire chi avrebbe indossato cosa, studiare i capi a sua disposizione e scegliere quelli adatti.
Era eccitato ed impaurito allo stesso tempo.

«Allora Louis, ti piace New York?»

Si riscosse e si voltò mentre si staccava dalla balaustra, James in piedi accanto a Louise con il suo tablet in modo gli sorrideva

«Sì, decisamente sì» annuì e seguì i due verso la porta per rientrare

«Bene, abbiamo un giorno e mezzo di tempo per definire le ultime cose, poi il fotografo sarà qui lunedì mattina e iniziamo»

Scesero le scale fino all'ascensore

«Andremo nella suite che ci è stata assegnata tra poco arriveranno i modelli, mi dispiace che abbiamo poco tempo, non possiamo riposarci un secondo, ma sai meglio di me quanto le tempistiche contano in questo lavoro»

«Certo, capisco James, sono davvero impaziente di cominciare, non mi rilasserei comunque in questo momento»

Risero tutti e tre, mentre le porte dell'ascensore si aprivano su un lungo corridoio con la moquette e le pareti chiare, in fondo una porta scura li aspettava.

«Sono arrivati stamattina, alloggiano negli hotel vicini, sono in quattro, due ragazze e due ragazzi come avevamo detto»
gli spiegò brevemente Louise mentre attraversavano il corridoio, aveva notato un sorrisino strano sul viso dell'amica, non riusciva a decifrarlo, ma non era normale

«Il layout è semplice, ti è arrivato per email giusto?» chiese la bionda

«Sì certo, in volo ho dato un'ultima occhiata, mi sembra tutto chiaro»

«Benissimo allora, non ci resta che cominciare»

Louise aprì la porta, mentre gli fece un occhiolino, poco nascosto, strano, molto strano, accompagnato sempre da sorriso furbo.

La prima cosa che notò furono le due modelle sedute al grande tavolo di marmo bianco in mezzo alla suite che bevevano da due tazze identiche. Della musica si stava diffondendo nella suite in un'atmosfera rilassata, le due ridevano tra loro, tranquille, bellissime, spontanee.

Conosceva bene i loro volti, li aveva visti mille volte, ma mai così. Struccate ma ugualmente perfette, senza lustrini o faretti puntati su di loro, naturali. Adesso iniziava davvero il suo lavoro, doveva essere professionale, un brivido gli attraversò la schiena.

«Ragazzi vi presento il vostro stylist per questo shooting» James si fece avanti e presentò

«Louis Tomlinson»

...e mentre Louis si sporse verso Georgia per stringerle la mano, un suono secco e forte dal piccolo angolo bar più in fondo ruppe l'atmosfera, le due ragazze si spaventarono e Georgia in un gesto spontaneo ritirò la mano, una tazza si era schiantata contro il pavimento e per un attimo il tempo sembrò fermarsi, la voce di Bella si sentì chiara

«Harry sta' attento»

Harry

Harry

Harry

Il cuore di Louis si fermò.

Non voleva alzare lo sguardo, non voleva farlo, sarebbe stato fritto, addio autocontrollo, addio professionalità, addio tutto, maledisse in silenzio Louise, imprecò contro di lei, perché non gli aveva detto niente?

Lei sapeva, maledetta.

Ma sorrise, contro ogni sua aspettativa invece sorrise, e immettendo di nuovo aria nei polmoni fu Louis Tomlinson lo stylist. Si sentiva degli occhi addosso, li sentiva che gli stavano perforando i vestiti, ma doveva resistere, resistere.

«Piacere Louis sono Georgia»

«Piacere mio» e si presentò anche a Bella.

Le due erano indescrivibili da vicino ancora di più, lo mettevano in imbarazzo, si sentiva quasi in soggezione. I due ragazzi lo raggiunsero in un secondo, Francisco il modello brasiliano, si sporse a stringergli la mano, era bellissimo, davvero stupendo lo aveva visto nella campagna per Dsquared2, era impeccabile, capelli castano chiaro, occhi penetranti, spalle larghe.

E poi l'altro ragazzo si avvicinò sporgendosi per stringergli la mano.

Louis ebbe un sussulto, la sua stretta morbida che conosceva alla perfezione lo fece uscire fuori di testa.

Sembrava un film, non era proprio possibile una situazione del genere, forse stava sognando poi sentì la sua voce, come miele arrivargli alle orecchie

«Piacere Louis sono Harry»

E sapeva che lo aveva fatto apposta, di proposito, stronzo, si era presentato con un sorriso di quelli che faceva quando aveva in mente qualcosa di poco casto ed in più aveva detto il suo nome, con quel suo accento che lo mandava al manicomio, come se tutta quella situazione non fosse già abbastanza assurda, e lui lo conosceva l'effetto che gli faceva

«Ciao Harry»

Gli rispose, e si staccarono, a malincuore ma si staccarono

«Bene ragazzi, adesso noi andiamo a vedere i props, voi rilassatevi e ci vediamo tra poco, vi chiameremo uno alla volta per provare l'outfit»

James invitando Louis a seguirlo con una mano sulla spalla. Il liscio si convinse a distogliere lo sguardo da Harry, fu difficile, assurdamente difficile, ma ci riuscì.

Louise gli strizzò piano un braccio senza farsi vedere e Louis le sussurrò «Questa me la paghi» e la bionda gli rifilò una linguaccia.

«Louis questi sono gli abiti, ovviamente puoi scegliere quello che vuoi, tutta roba molto semplice, informale, come hai visto dal layout sarà una storia semplice, quattro amici che si trovano a New York e organizzano un picnic sul tetto di un grattacielo, niente abiti da sera niente lustrini ma camicie leggere, tanti pezzi vintage. Noi raggiungiamo Ben ci sentiamo più tardi, ti lascio con i modelli e le tue assistenti, se hai bisogno chiamami, ma questa parte la lascio volentieri a te io non sono pratico di abbinamenti»

Risero tutti e tre e James uscì dalla suite.

Louise si avvicinò

«Stai calmo»

«Stai calmo? Louise cazzo il mio primo giorno di lavoro e uno dei modelli è Harry?»

«Volevo dirtelo giuro, ma non sapevo come avresti reagito»

«Non lo so neanche io come avrei reagito, ma forse sarebbe stato meglio saperlo»

«Tu dici?»

Gli diede un bacio a stampo su una guancia, stringendogli una spalla in un gesto che faceva spesso.
Uscì anche lei dalla suite dopo avergli sussurrato «Ci sentiamo dopo» gli fece il gesto del telefono all'orecchio e lui annuì semplicemente.

Il cuore a mille, strofinò le mani insieme, doveva calmarsi, Harry nell'altra stanza, solo a sentire pronunciare il suo nome qualcosa si scatenò dentro di lui, e anche nei suoi boxer, respirò, si tolse la giacca in Denim e rimase con una maglietta bianca e jeans, aveva caldo, doveva lavorare, voleva essere all'altezza.

Il compito sarebbe stato solamente un po' più complicato.
Le due ragazze dello staff furono subito molto professionali, si muovevano bene e lo aiutavano nel visionare tutti i capi. Chanel, Armani, Gucci, Saint Laurent, Dior, McQueen, Jacobs, Valentino, pezzi nuovi e vintage, era il paradiso, c'era di tutto. Louis era estasiato, era davvero l'Eden.

Toccava piano i tessuti di ogni capo, lo guardava attentamente lo studiava, mentalmente se li immaginava indossati -questo per Bella, i suoi occhi risalteranno, questo per Georgia le sue gambe saranno valorizzate, questo per Francisco è fatto apposta per lui, questo per Harry, Harry, Harry - e lì gli si fermava il pensiero, perché addosso a lui, andava bene tutto.

Prima fu il turno delle due ragazze. Bella si rivelò simpatica, scherzava, era molto alla mano, fu facile trovare qualcosa di adatto per i primi scatti che avrebbe dovuto fare nella hall.

Georgia, anche lei lo mise subito a suo agio, gli sembrava di avere a che fare davvero con ragazze che conosceva da una vita e non con super modelle che fruttavano migliaia di dollari a settimana. Facevano battute, si confrontavano per gli outfit, parlavano dei loro manager e delle loro cose personali come se Louis non fosse lì, anzi, lo facevano sentire parte del discorso.

La musica alta si diffondeva nella suite, Post Malone cantava e si sentivano risate e chiacchiere, amava quell'atmosfera, quel lavoro, lo avrebbe fatto tutta la vita.

Fu il turno di Francisco, il modello brasiliano era davvero molto affascinante, faceva battute, anche lui molto alla mano

«Di dove sei Louis?»

«Londra»

Fu generico, non voleva entrare nei dettagli

«Ah come Harry, due inglesini, la prossima volta che vengo usciamo a bere qualcosa»

Lo disse come se parlasse con un amico, come se si conoscessero da anni

«Molto volentieri»

«Harry, non esce mai quando vengo da quelle parti, è noioso, sempre con questa storia della privacy uff» e sbuffò un po', Louis non sapeva cosa dire, sapeva benissimo a cosa si riferiva il modello

«Posso capire anche lui, non è facile per voi andarvene in giro senza essere importunati»

Parlarono ancora un po' principalmente di lavoro. Dopo aver provato tutti gli outfit tornò dalle ragazze e fu il turno di Harry.

Si prese un momento Louis, andò in bagno, si sciacquò il viso, era già tardi, era già buio, non si era neanche accorto del tempo che passava, troppo preso. Guardò un secondo il suo riflesso allo specchio, prese fiato, e uscì.
Aprì la porta e andò a sbattere contro qualcuno

«Scusa»

Gli uscì spontaneo senza neanche accorgersi che davanti a lui c'era Harry, che stava andando verso la camera per provare i suoi outfit.

Non potè resistere oltre, la tensione era troppa, lo afferrò per un polso e lo spinse nel bagno con un gesto a cui nessuno fece caso, erano nascosti dalle scale, i ragazzi nella grande stanza accanto non badarono a loro, erano divisi da un piccolo salottino sotto le scale che faceva da anticamera alla zona notte, che divideva la sala principale dalle camere da letto dove si erano sistemati per provare.

Il rumore forte della porta che sbatteva non li disturbò minimamente, non gli diedero peso, non gli interessava.

Louis fu sulle labbra di Harry in un millesimo di secondo, lo spinse alla porta, lo teneva immobile con il suo corpo, gli si appoggiava addosso in un gesto di possessione, furia e impazienza, con le mani a tenergli i polsi sopra la testa.

«E' assurdo»

Lo disse tra i baci, tra i sospiri

«Davvero assurdo» confermò Harry che stava ricambiando i baci

«Io non so se resisto»

Lo disse piano ad un orecchio del liscio, mentre questi con un gesto veloce aveva già la mano dentro i pantaloni di Harry e gli accarezzava l'erezione già sveglia

«Lo dici a me? Prima credevo di impazzire» rispose mentre cercava disperatamente di strusciare il cavallo dei pantaloni ad una coscia del riccio.

«Ma che cazzo ci fai tu qui?»

«Ne riparliamo di questo Styles, non adesso»

Si baciarono ancora, ma la situazione stava degenerando, non potevano, non lì, non in quel momento, stavano lavorando, entrambi e non potevano assolutamente.

Con una forza di volontà che nessuno dei due credeva di avere uscirono veloci dal bagno ancora rossi in viso, ancora accaldati. Harry si sistemò i capelli in quel gesto che faceva sempre e seguì Louis nella camera.

Le due ragazze li videro entrare e iniziarono a tirare fuori i vestiti decisi in precedenza. Louis cercò di entrare di nuovo nella sua parte da stylist, cercando almeno un po' di risultare credibile, dopo l'assaggio di quelle labbra rosse e calde e dopo aver sentito il pene di Harry tra le sue mani gonfiarsi sempre di più.

Non era facile, per niente. Si schiarì la gola per cercare di allontanare alcuni pensieri

«Harry, per te ho pensato a questa, per i primi scatti»

Non lo voleva guardare in faccia o non si sarebbe trattenuto, continuò a spiegare

«Sarai in una stanza da solo, ci sarà un letto grande e una vetrata ampia, dovrai fare alcuni scatti li appoggiato, poi sul letto, avrai alcuni oggetti con te, un libro e vedremo cos'altro»

«Ok»

Harry disse solo ok, non riusciva a dire altro, era ammaliato da Louis.

Lo vedeva destreggiarsi tra i capi, spostava le stampelle e toccava i tessuti come se lo avesse fatto per anni, riconobbe in lui tanta professionalità e rimase ancora più colpito da quella persona che gli stava entrando dentro veloce come un treno.

Louis era sempre molto vago sul suo lavoro, non aveva immaginato che lo avrebbe trovato lì, ma questa cosa lo fece se possibile eccitare ancora di più, lo voleva, lì in quel momento, lo sentiva suo, non voleva dividerlo con nessuno.

Quelle mani che stava osservando dovevano toccare solo lui, quegli occhi dovevano guardare solo lui. Pensandoci adesso, avrebbe voluto quei marchi che voleva lasciargli qualche giorno prima, li voleva tatuati addosso.

«Harry» si sentì chiamare

«Harry»

Louis lo guardava quasi preoccupato

«Puoi provarli per favore?»

«Sì scusami, ero distratto»

Louis sorrise, Harry lo stava fissando come si fissa la vetrina di una pasticceria con un centinaio di cupcake colorati e non si sa quale scegliere, negli occhi una fiamma, lussuria.

Si provò la camicia bianca in stile hawaiano che Louis gli porgeva, Marc Jacobs, foglie di palma la decoravano, il momento peggiore arrivò quando Harry dovette per forza togliersi quella che già indossava.

Lo fece piano, con estrema lentezza, fissando Louis, che deglutì e distolse lo sguardo, mentre cercava gli skinny che avrebbero completato il tutto. Stronzo, bastardo Harry Styles, voleva farlo morire, ma non ci sarebbe passato sopra, no, peggio per lui. E sogghignò tra sè, pregustando il momento e il modo in cui si sarebbe vendicato, vendicato, una parola grossa, ma nella sua mente ci provò comunque.

Continuarono così, per tutta la durata delle prove, guardandosi poi ignorandosi, le due ragazze dello staff si davano ogni tanto delle gomitate, credendo di non essere viste. Non avevano fatto i conti con un piccolo particolare Harry e Louis. Quella maledetta foto. Era stata visualizzata milioni di volte, l'avevano vista per forza.

Nessuno però aveva mai menzionato nulla. Louis alla fine era un volto sconosciuto, solo Louise, Ben e James sapevano, ma erano stati talmente professionali, Louise a parte, che neanche gli era venuto in mente di menzionarla.

Non aveva fatto i conti con i colleghi di Harry ed evidentemente con le stagiste. Oddio i modelli nell'altra stanza sapevano, si erano accorti di qualcosa, forse avevano fatto due più due. Louis non voleva pensarci.

«Pensavo d'indossare Givenchy» chiese Harry con una nonchalance unica riscuotendo Louis dai suoi pensieri che restò immobile, lo aveva fatto apposta maledetto di uno Styles, ancora una volta voleva mettere alla prova il suo autocontrollo con quell'accento del cavolo, stronzo

«Forse, se farai il bravo» e lo fissò.

Scacco matto per Louis

Harry divenne rosso in viso, si guardarono, fiamme negli occhi.

Sessione di prove finita.

Quando il riccio uscì, sentì gli altri sghignazzare piano, stavano parlando tra loro e sentì le ragazze fare domande ad Harry. Sì sapevano, sapevano tutto.

Cercò di farsi gli affari suoi.
Pazienza.

Dopo circa dieci minuti, dove aveva segnato le ultime cose e aggiustato gli ultimi dettagli, salutò le due assistenti e uscì chiudendo la porta della camera dietro di lui. Nel grande salone, il silenzio, si voltò piano, credendo di essere rimasto solo, la giacca in denim appesa al braccio, si passò la mano piano tra i capelli, scostandosi la frangia dagli occhi, e sospirò, una giornata era andata, era soddisfatto di sè. Voleva solo riposare.

In realtà voleva fare altro, ma non sapeva se chiamarlo sarebbe stata una buona idea.

«Ehi Louis, ti unisci a noi?»

La voce dolce di Bella lo riscosse, si voltò, erano tutti e quattro sul divano, insieme, vicini, davvero come quattro amici, non li aveva notati subito, lo stavano guardando. Harry sorrideva, gli occhi speranzosi. Louis non capì subito, volevano che andasse a cena con loro? Che poi, cena, erano le undici di sera.

Ci mise un po' a rispondere, voleva andare a dormire, ogni cosa gli faceva male, era stanchissimo

«Non so, non vorrei disturbare»

I ragazzi si alzarono e iniziarono ad infilare chi una giacca chi un biker in pelle

«Figurati, nessun disturbo anzi, non è facile trovare persone simpatiche che fanno il tuo mestiere, ci fa piacere se vieni, ci piaci»

Georgia gli sorrideva e intanto si diresse verso la porta, Bella gli si avvicinò piano, mentre gli altri camminavano spediti verso l'ascensore in fondo al corridoio

«Se poi piaci a lui, devi essere speciale per forza» glielo disse piano all'orecchio e Louis rimase un secondo basito, immobile.

La certezza che loro sapevano, Harry si era esposto, non voleva crederci ma era così. Harry, mister ossessionato dalla privacy Styles, si era esposto con loro. Ne fu felice.

«Andiamo ragazzi o faremo tardi» disse Francisco aprendo la portiera dell'auto con il loro autista ad aspettarli

«Dove andiamo?» Chiese Louis curioso, credeva che sarebbero andati in un ristorante mega lusso, non conosceva le abitudini dei modelli, non sapeva nulla, nè di loro nè della città

«Dal mio fidanzato» disse Bella naturalmente con un sorriso smagliante «il concerto inizia tra mezz'ora, mangiamo qualcosa al volo» e la macchina partì.

Louis era vicino ad Harry, la coscia che premeva sulla sua, lo sentiva vicino ed era felice di essere lì, non gli importava altro.
Era con Harry stava andando al concerto di the Weeknd, era stanco morto, ma non gli importava, voleva godersi New York, voleva godersi la serata, voleva godersi tutto, voleva scoprire quel mondo così affascinante, voleva condividere con lui una parte della sua quotidianità, perché sapeva che per molto tempo in molte occasioni sarebbero stati lontani, ma non adesso, non ora.

Mangiarono take away in macchina, spaghetti cinesi e Mcdonald's, mentre ridevano, scherzavano tra loro, la musica a palla gli perforava i timpani Can't Feel My Face usciva dalle casse.
Le ragazze si facevano Instagram stories mentre cantavano a squarciagola, un'aria di festa, di felicità, di divertimento.
I finestrini completamente abbassati, Bella che ogni tanto si sporgeva canticchiando.
Louis osservava Harry che con le bacchette divorava velocemente i suoi noodles direttamente dal cartone

«Che c'è?»

chiese il riccio curioso con la bocca piena, sorridendo

«Non sapevo mangiassi schifezze»

Louis rise addentando il suo Crispy McBacon

«Non sono schifezze, e comunque mentre lavoro non sempre posso pretendere quinoa e tè verde»

lo guardò serio, ma subito rise facendogli vedere le fossette.
Erano spontanei, tranquilli come se quella situazione fosse la più normale del mondo.
In realtà lo era

«Ragazzi entriamo dal retro, possiamo stare dietro il palco, così siamo tranquilli»

disse Bella riagganciando il telefono, probabilmente già in contatto con qualcuno dello staff del suo ragazzo.

Sì, perché naturalmente come spesso succedeva, modelle e cantanti erano una formula vincente. Anche sua sorella era fidanzata da anni con uno di loro.

Scesero velocemente dalla macchina, lasciarono le giacche all'interno.
L'aria fredda della città li investì in pieno, non ci fecero neanche caso le azioni si stavano susseguendo velocissime, gli sembrava di non aver neanche avuto il tempo di respirare.
Iniziarono a salire gli scalini bui e stretti che li dividevano dal backstage al primo piano, dei bodyguard li scortavano e non li perdevano d'occhio un secondo, i tre ragazzi davanti salivano veloci.

Bella nel suo completo, mini e giacca rosa confetto con sneakers bianche e calzini ben in vista, Georgia vestita identica ma sui toni del giallo, cantavano già a squarciagola, la musica forte gli riempiva le orecchie, ovattava ogni rumore, i fans urlanti si sentivano distintamente, le pareti tremavano quasi, Louis fu scosso da un brivido, adrenalina.

Sentì qualcuno che gli afferrò la mano, Harry lo guardava con un sorriso che avrebbe fatto terminare ogni guerra sul pianeta, sereno, come a rassicurarlo che lì, in quel momento nessuno li giudicava o li vedeva, erano solo loro, andava tutto bene. Lo seguì, finirono di salire le scale con le mani intrecciate.

Might Not gli rimbombava nelle orecchie, arrivati, si aprì a loro la vista di una folla urlante e il cantante che si esibiva in mezzo al palco, c'era caldo, un'afa densa.
Si sistemarono da una parte, e iniziarono a ballare, a divertirsi, a cantare, Louis era davvero al settimo cielo, non credeva a quello che stava succedendo.

Portavano birre e vodka tonic dal backstage, lo staff faceva ogni cosa volessero, chiese di poter fumare, poteva tutto, in quel momento poteva tutto, erano in una bolla, privilegiati, felici, in una notte che palpitava insieme a loro.

Le luci, il rumore, le vibrazioni di un concerto, erano indescrivibili.
Si divertivano, le ragazze gli passavano drink e lui smezzava con loro le sigarette.
Notti indimenticabili, notti di spontaneità e divertimento.

Il caldo assurdo, l'odore di chiuso, di fumo, di alcol, piacere assoluto.
The Hills iniziò e con quella melodia tranquilla, si calmò improvvisamente tutto, ogni cosa fu più lenta, ondeggiavano.

Harry si avvicinò a Louis e spingendolo nella penombra dietro una tenda, in disparte, iniziò a baciargli il collo, la mandibola, l'orecchio, gli sospirava dentro, facendo venire i brividi al liscio in tutto il corpo. Louis gli arpionò il sedere, lo stringeva, lo toccava

«Ti voglio adesso Louis»

gli sussurrò Harry, erano in estasi, se erano insieme si dovevano avere, si dovevano possedere

«Adesso?»

«Adesso»

Non perse neanche un secondo, Harry questa volta come poco più di un'ora prima lo prese per mano e lo trascinò fuori.
Salirono in macchina e senza dire niente questa partì, gli altri si sarebbero trattenuti ancora per un po', avrebbe fatto in tempo a tornare a prenderli.

I sedili dietro erano abbastanza grandi per permettere ad entrambi di stare stesi, si strusciavano all'inverosimile, credevano di prendere fuoco, il calore nell'abitacolo era quasi insopportabile, sembrava di essere ancora dentro al club, si mangiavano a vicenda, come solo loro sapevano fare.

La camicia rosa a pois bianchi di Harry era ormai completamente sbottonata, Louis gli succhiava i capezzoli, Harry gemeva, ma dovevano trattenersi ancora

«Cristo quanto ci mette ad arrivare?»

Minuti interminabili, i loro vestiti bruciavano sulla pelle incandescente.

Neanche il tempo di dirlo che Louis aprì gli occhi, si erano fermati, l'autista aveva guidato velocemente.
Scesero ad una velocità impossibile dall'auto e si precipitarono in ascensore.

Erano all'Intercontinental gli ordini dell'autista erano di riportarli tutti lì. Liberi si ma sempre controllati, in certi momenti tornava utile.

In ascensore non si trattennero, le mani di Louis già dappertutto su Harry, attraversare il corridoio che li divideva dalla sua stanza fu come scalare una montagna, faticoso, a stento ricordava il numero della camera.

Non si preoccuparono di nulla, era tardi, in giro non c'era nessuno.

Poi finalmente dentro.

Si fermarono un secondo a guardarsi, gli occhi neri, ma con dentro una scintilla, la luce calda soffusa illuminava solo parte della stanza, il resto restava completamente al buio, dalle grandi vetrate si vedevano i grattacieli che circondavano gli edifici.

Silenzio, solo i loro respiri a mescolarsi, a scandire il ritmo dei loro pensieri.
I petti di entrambi che si alzavano e si abbassavano a ritmo veloce.

Louis sfilò dalla tasca dei jeans il suo iPhone

«Almeno finiamo il concerto»

Harry capì al volo, musica, Louis, musica, Louis, musica, Louis.

Earned it.

Gli si strozzò un respiro in gola ed Harry sussultò piano.
Louis sorrise, come faceva quando in mente aveva solo lui, solo loro, solo un piano per farlo suo.

Ma Harry era deciso quella sera, lo voleva, lo voleva più di ogni altra cosa. Così ricambiò il sorriso, e avvicinandosi con la camicia aperta che ancora non aveva tolto, arrivò davanti a Louis che ancora aveva la porta chiusa alle spalle.

Con un gesto veloce lo fece voltare, il liscio sussultò e oppose appena resistenza, ma Harry gli teneva i polsi bloccati dietro la schiena mentre una guancia era appoggiata alla fredda superficie della porta, gli occhi spalancati e la bocca appena aperta.

Quel gesto lo aveva colto di sorpresa, voleva parlare ma Harry fu più veloce, gli si avvicinò all'orecchio da dietro

«Ti voglio adesso Louis»

lo disse così come aveva fatto al concerto e Louis gemette piano, si divincolò appena, ma i polsi erano nelle mani del riccio come in due manette.

Harry gli fece aprire le gambe aiutandosi con un ginocchio e con il bacino iniziò a spingere la sua erezione che si sentiva dai jeans, sui glutei di Louis, non lasciando nulla all'immaginazione, imitando un gesto chiaro

«E come credi di fare Styles?»

domandò già in estasi il liscio, ma con un'aria di sfida, di strafottenza, quell'aria che tanto piaceva al riccio

«Penso di riuscirci Louis»

iniziò a baciargli il collo da dietro, mentre lo spingeva alla porta, forte con decisione, i jeans si erano fatti davvero stretti.

Gli lasciò i polsi e iniziò ad aprire i bottoni dei pantaloni da quella posizione, mentre Louis ormai gli cingeva il collo con le braccia in alto, il petto esposto, lo lasciava fare, voleva lasciarlo fare.

Gli piaceva la piega che stava prendendo quella notte, voleva Harry, lo voleva da morire.

Il riccio tirò giù pantaloni e boxer dell'altro, con un gesto deciso e lo aiutò a liberarsi delle scarpe, mentre era ancora appoggiato alla porta e gli dava le spalle.

Rimase abbassato, Louis si sfilò da solo la t-shirt rimanendo completamente nudo,

Harry lo accarezzava, in ginocchio dietro di lui, passava piano le mani nel suo interno coscia e tra le natiche, gli baciava quelle due sfere perfette e sode e Louis tremava piano, voleva voltarsi, ma Harry lo teneva lì fermo, non poteva muoversi, non voleva muoversi in realtà.

Il riccio passò una mano da dietro afferrandogli il membro già duro e iniziando ad accarezzarlo mentre la sua bocca si faceva strada da sotto le sue natiche sempre più in profondità.

Louis gemette forte, sbattè un pugno alla porta, fu attutito dalla musica, un'imprecazione smorzata, si morse a sangue il labbro inferiore.

D'istinto allargò ancora di più le gambe, Harry ebbe maggiore accesso, si aiutò con l'altra mano e dopo qualche secondo la sua lingua calda lo stava aprendo piano, Louis cercava di non urlare, di non gemere, voleva trattenersi.

Harry lo stava facendo impazzire, il liscio sentì un dito che piano e lentamente iniziava a spingere per entrare, strinse i pugni ancora di più irrigidendosi, avrebbe fatto male.

«Rilassati Louis, lo so, lo so ma rilassati»

Sapeva che probabilmente era da un po' che non invertiva i ruoli in una relazione, lo sentiva, ma voleva farlo, lo voleva troppo.

Louis si sentì rassicurato, si sciolse un po', fece uscire l'aria dai polmoni.

Harry trovando i muscoli appena rilassati ne approfittò e affondò l'indice, aiutato dalla sua saliva, umido, deciso, fino al suo anello, che Louis sentì freddo a contatto con la pelle bollente tutt'intorno.
Strinse ancora di più i pugni, le nocche bianchissime, voleva stringere qualcosa, ma non poteva muoversi.

Mugulò, gli faceva male, ma non voleva che Harry smettesse.

«Louis lasciati andare, sono qui»

Gli baciava le natiche e lo leccava, affondando il suo dito cercando di allargare la sua apertura.

Voleva che sapesse che poteva lasciarsi andare, che poteva godere davvero delle sue attenzioni, che sarebbe stato bene.

Un gesto lo sorprese, Louis si fece coraggio e con una mano gli afferrò i capelli da dietro e glieli strinse forte, in un gesto di possessione.

Harry sorrise e prendendo quello come un invito a continuare, leccò ancora la sua apertura e infilò un secondo dito, sentendo i polpastrelli dell'altro affondargli nella cute.

Entrambi volevano possedersi, entrambi volevano comandare il gioco, ma quella sera sarebbe stato Harry a guidare.

Solo Harry.

Louis si tratteneva ancora, Harry non lo sentiva, sapeva che entrambi non erano silenziosi, ma lui ancora si tratteneva.

Affondò ancora e ancora, il liscio tremava

«Louis urla per me voglio sentirti, ti prego»

Lo diceva mentre gli baciava le cosce, così il liscio strinse ancora di più i capelli tra le sue dita, strinse gli occhi forte, poi Harry gli afferrò di nuovo il membro e toccandogli la punta calda e rossa iniziò a masturbarlo.

Si rilassò completamente, non poteva resistere ancora, Harry aveva trovato il suo punto, iniziò a gemere forte, in un crescendo, il dolore flebile lasciava spazio al piacere assoluto, poi finalmente lo chiese

«Harry continua ti prego non smettere»

Ubbidì

Come un bravo soldato

Continuò ogni tanto mordendogli una natica, facendogli uscire dei gridi più acuti, le ginocchia gli facevano male a contatto con il pavimento ma la visione di un Louis a gambe divaricate davanti che si faceva masturbare mentre due dita che erano diventate ormai tre lo stavano penetrando, era più che sufficiente per non farlo muovere di un solo centimetro.

Gemeva Louis, gemeva forte ormai senza più freni, le gambe gli tremavano, sarebbe venuto presto, Harry aveva trovato il suo punto, quel fascio di nervi che lo faceva godere, spingeva forte, sempre di più

«Harry, oddio sto per...»

Non riusciva a finire la frase

«Harry»

Solo Harry, riusciva a dire solo Harry, troppe sensazioni, troppe scosse elettriche e Harry non accennava a fermarsi, fuori e dentro sempre di più il membro di Louis già bagnato dal liquido preseminale che stava uscendo, lo sentiva che era al limite

«Harry»

ancora una volta, aveva appoggiato la fronte alla porta e le mani erano tornate salde a cercare di sorreggersi alla superficie fredda, un ultimo pugno alla porta

«Harry così vengo»

«E' quello che voglio»

Lo sussurrò, ma Louis sentì e non riuscì a trattenersi oltre, venne, tra le mani del riccio, mentre ancora spingeva dentro di lui, dentro e fuori, la sua apertura allargata ma che si stringeva in spasmi intorno alle dita.

Venne in fiotti copiosi, mentre gemiti di piacere forti riempivano la stanza.

Harry si sollevò e mentre Louis si lasciava abbracciare da dietro, si voltò nel suo abbraccio a cercare le sue labbra, con il suo sapore ancora sopra.

Si aggrappò letteralmente ad Harry e riuscirono in qualche modo ad arrivare al letto, mentre si baciavano Harry si toglieva i vestiti che ancora aveva addosso.

Una volta nudi, si stese sul letto e Louis non perse un secondo per leccargli il membro sempre più duro, lo succhiava forte.

Harry lo guardava mentre lo inglobava tutto nella sua bocca, Louis era bravo, lo faceva impazzire, al bordo del letto, questa volta era lui in ginocchio

«Mi hai fatto impazzire Styles»

lo disse mentre prendeva ancora il pene in bocca e lo guardava, con quegli occhi che erano diventati troppo neri, nei quali Harry non vedeva più l'oceano ma sapeva che c'era.

Allora lo fece salire sul letto e Louis si mise seduto sul suo bacino, si baciarono per un tempo interminabile, abbracciandosi stretti sentendosi ogni costola, ogni vena, ogni tendine.

Harry lo voleva non resisteva più, scambiò velocemente le posizioni e fece voltare Louis che si ritrovò a quattro zampe sul letto.

Sussultò perché non se lo aspettava, Harry si abbassò nuovamente, ancora a donare attenzioni alla sua apertura che adesso aveva i muscoli molto più rilassati, appena aperta.

Louis questa volta non si trattenne e gemette forte, Harry passò la sua lingua in quel punto ancora qualche volta per avere un maggiore accesso e poi si posizionò esattamente dietro di lui sporgendosi verso il suo orecchio.

Il cuore di Louis batteva fortissimo, erano mesi che non lo faceva, non lo faceva quasi mai in effetti, ma con Harry sì, con Harry voleva farlo.

Sapeva però quali erano le dimensioni del riccio, lo aveva visto bene, lo aveva avuto in bocca parecchie volte, doveva rilassarsi.

Harry con lui era fantastico, doveva ricambiare.

«Sei mio»

lo sentì chiaro al suo orecchio e tremò

«Stanotte sei mio»

Nel sentirselo ripetere Louis perse ogni contatto con la realtà, si eccitò all'inverosimile.

Harry affondò in un'unica spinta, urlò, piano ma era comunque un urlo soffocato.

Harry rimase immobile, passò una mano sulla spina dorsale di Louis, dalle scapole alle fossette che aveva dietro la schiena, lo prese piano per i fianchi e appena sentì impercettibile una spinta verso il suo bacino, iniziò a spingere all'inizio piano, facendo abituare Louis che stringeva i cuscini, poi con ritmo lento ma deciso, costante.

Louis gemeva, Harry gemeva, continuarono per qualche secondo, in sincrono, si muovevano insieme

«Harry di più»

Louis lo sorprese con la sua richiesta, non se lo fece ripetere, iniziò a spingere più forte, più in profondità, trovando in poche spinte il punto di Louis che a quella sensazione si sollevò sulle ginocchia.

Cambiando angolazione, Harry lo strinse forte sorreggendolo, cambiò anche lui movimento aiutato da un ginocchio che sollevò per appoggiarsi con il bacino

«Di più ti prego»

Preso dal momento afferrò Louis forte per il torace e iniziò a spingere con tutta la forza che aveva, sempre più in fondo sempre più veloce, sempre più dentro, sempre più in profondità, usciva ed entrava con ogni centimetro del suo membro.

Louis lo accoglieva così bene, era una visione così eccitante che Harry non resistè per molto, dopo altre spinte, sempre più profonde che fecero gemere fortissimo il liscio, prese il pene tra le mani e iniziò a masturbarlo veloce, e lo sentì grosso, gonfio e umido, anche lui stava per venire.

Ultime spinte e Louis venne, venne forte mentre gridava il nome di Harry, sapeva già che anche lui non resisteva più, i movimenti erano diventati scoordinati, sentì calore, si sentì invadere dallo sperma del riccio che si riversava in lui, mentre gridava il suo di nome questa volta.

Si tennero ancora stretti in quella posizione, ansimanti, in ginocchio sul letto. Harry uscì da Louis e tutto il suo sperma colò tra le sue gambe, dandogli ancora brividi e facendolo sentire vuoto.

Si lasciarono cadere sul letto, si baciarono, sudati, stanchi, con gli umori a mescolarsi tra loro.

Non gli importava, si appartenevano, si sentivano, cercarono di regolarizzare il respiro.

Nessuno parlò, intanto the Weeknd cantava ancora in un loop di melodia.

Poi Louis preso da un momento di follia iniziò improvvisamente a ridere, rideva, Harry in un primo momento non capì, poi lo guardò e fu tutto chiaro.

«Styles, mi mandi fuori di testa, non so come devo fare con te, è tutto assurdo»

Si mise le mani sulla faccia mentre ancora rideva

«Non è assurdo Louis, lo sembra, ma è vero»

Anche lui iniziò a ridere.

Si calmarono, si girarono l'uno davanti all'altro

«Domani zoppicherò»

«Scusami, ma non ho saputo resistere»

Abbassò lo sguardo

«Non scusarti, era quello che volevo da un pò»

Si baciarono.

Non avevano bisogno di molte parole quando erano l'uno tra le braccia dell'altro.

«Mi piace cosa hai scelto per me»

Harry aveva il viso voltato verso la grande finestra alla loro destra, Louis lo strinse da dietro, baciandogli la spalla e circondandogli il torace

«Semplice, ma adatto alla tua personalità»

«Sì sono d'accordo, verrà benissimo»

«Lo spero»

Harry si voltò guardandolo negli occhi

«Hai stoffa per questo lavoro Louis e fidati, ne ho visti tanti, sei molto professionale e attento»

«Sì ma mi porto a letto i modelli»

scherzò

«Vedi di smetterla allora e portatene solo uno, cioè il sottoscritto se non ti dispiace»

Lo baciò ancora

«D'accordo vedrò cosa posso fare»

Louis gli succhiò piano il labbro inferiore.

Ancora nudi, non ebbero la forza di alzarsi, il sonno li prese lì e si addormentarono dopo pochi minuti.


——————————————————-



«Buongiorno ben alzato»

Niall in tuta e felpa grigia stava divorando delle uova strapazzate dal piatto, mentre accanto una macedonia di frutta gli faceva da accompagnamento.

La mattina presto Harry, indolenzito, aveva lasciato Louis addormentato e si era diretto verso il suo hotel due strade più in là per fare colazione con Niall.

Occhiali scuri e cappuccio di una felpa fregata al liscio che era leggermente corta sulle braccia, non erano serviti a passare inosservato al suo manager, lo aveva visto da lontano e così adesso Harry era costretto a fargli compagnia mentre mangiava prima della sua corsa mattutina.

«Com'è andata?»

Harry si tolse gli occhiali e lo guardò sbigottito

«Non stanotte Harry, ieri in generale» lo guardò serio e poi si misero entrambi a ridere

«Bene, è molto bravo ha scelto dei capi adatti a me»

«Lo spero per lui, devi essere perfetto, questa campagna è importante»

Harry sospirò, si tolse la felpa e chiese un caffè doppio con una quantità esagerata di frutta e un french toast con fragole. Parlarono un po' del lavoro, l'indomani il servizio sarebbe iniziato, due giorni e poi un evento, e un altro ancora e poi un altro, sarebbe stato qualche giorno a New York.

«Dice che sei uno stronzo»

Niall si bloccò, la faccia offesa

«E perché?»

«Perché gli hai dato una spallata senza scusarti»

«Ancora? Certo è uno che porta rancore» sbuffò, ma lo disse con il sorriso, non in maniera ostile.

«Ieri eravate da Abel?»

«Bella è voluta andare, l'abbiamo accompagnata e lui si è unito a noi»

«Io ero da Julia, stasera si esibisce in un club, se volete unirvi a noi»

Harry fece rumorosamente cadere le posate, in un gesto poco di classe ma che fu efficace

«Non mi dire» Harry spalancò la bocca «Niall Horan, che mi invita con la sua attuale fidanzata nonchè cantante di successo, a passare la serata con loro, insieme alla persona che sto frequentando? Davanti a degli individui veri con decine di armi letali chiamate cellulari che potrebbero colpirci?»

Niall lo guardò male, Harry iniziò a ridere

«Vaffanculo Harry»

«Grazie Niall, comunque la risposta è sì» e ricominciarono a mangiare

«Non ci sarà tanta gente, è abbastanza privato come evento»

Harry lo guardò da sotto le ciglia mentre infilava un boccone di french toast in bocca e masticò, annuendo. Sarebbe stata una bella occasione, passare la serata insieme, gli avrebbe presentato Niall, era felice.

Aveva altri piani per loro, ma potevano slittare di qualche ora, non c'era fretta.
Non adesso che erano insieme.

————————————————————-

Si svegliò a pancia in giù, il bianco delle lenzuola quasi lo accecava, la mancanza di tende in quella stanza lo destabilizzò un attimo.

Si mise subito seduto in mezzo al letto, era solo, i capelli arruffati, si guardò intorno.
Prese il cellulare dal comodino le 10.30, cazzo, era in ritardo per il brunch alle 11 con Louise.

Si precipitò giù dal letto, sentì qualcosa sotto un piede, un foglietto, lo afferrò e lesse

-Chiamami quando vuoi, oggi sono libero, stasera non prendere impegni x H. p.s ho la tua felpa -

Sorrise, Harry evidentemente era uscito prima, magari aveva degli impegni di mattina, lo avrebbe chiamato nel pomeriggio, aveva passato una notte pazzesca.
Non erano ubriachi eppure lui si sentiva strano, in una bolla di sapone, il cuore gli batteva forte, era stata una notte incredibile, una serata incredibile.

Non sapeva se era successo tutto davvero o no, era ancora confuso.
Poi un pensiero, camminò verso il bagno, appunto, sì era successo tutto.
Cazzo non si ricordava di quella sensazione, gli faceva male, zoppicava appena, ma era un dolore magnifico, il piacere era stato molto di più, decisamente di più.

Aveva bisogno di ricaricarsi di svegliarsi davvero Would that I di Hozier risuonò nella stanza, doccia veloce, si sistemò come poteva i capelli che asciugò in fretta, jeans neri, Reebok bianche, maglioncino grigio con profili manica rossi e bianchi e giacca denim, no, la sua giacca denim no, era ancora in macchina, si mise una mano sulla fronte, doveva ricordarsi di richiederla all'autista, ok, cappotto nero, informale, sarebbe andato bene per un brunch.

Trovò la bionda nella hall, lo accolse con un sorriso enorme e lo abbracciò forte

«Louis, sono così felice per te, hai fatto un lavoro eccellente ieri» lui ricambiò lo stretto abbraccio

«Grazie Louise, grazie davvero, è stato impegnativo ma bello, questa esperienza mi sta piacendo tanto, mi stimola, mi eccita» e si staccarono dirigendosi verso l'uscita.

«Insomma? Non mi dici niente? Per quanto ancora vuoi fare finta che non muori dalla voglia di raccontarmi qualcosa?»

Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, ma con Louise aveva voglia di aprirsi

«Tu offrimi il pranzo e io ti racconto tutto quello che vuoi» la prese sotto braccio, risero felici, camminarono per le strade di New York e scelsero un posto per il loro brunch.

Le raccontò tutto, ogni cosa, la settimana passata e il loro appuntamento alla Somerset nei dettagli, parlarono tanto, di Harry, di Londra, del concerto, dell'esperienza del giorno prima, di quello che si aspettava da NewYork, poi Louise gli fece una domanda che non aveva programmato, mentre mangiava la sua macedonia nel suo completo ruggine giacca e pantalone con un foulard Gucci abbinato

«Ti piace tanto?»

«Più di quello che pensassi»

«Sei innamorato?»

Silenzio, fu silenzio.

No quella domanda non l'aveva programmata, mai lo avrebbe fatto.

Louis non sapeva se era innamorato, non lo sapeva ancora, ma sapeva che sentiva qualcosa di forte, qualcosa di davvero forte per Harry e sapeva che non poteva rinunciare a lui, non adesso che lo aveva trovato, sentito, ascoltato.

Non lo sapeva se era innamorato e non voleva pensarci, voleva godersi il momento, quindi sorrise, semplicemente sorrise alla sua amica, e lei ricambiò, semplicemente ricambiò non chiedendo altro.

Non c'era bisogno di altro.
Non c'era bisogno di chiedere altro.



Grazie ancora di seguire numerosi questa storia, spero vi piaccia anche il capitolo 8
Mancano 3 capitoli alla fine di questa avventura
Grazie XX

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