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Capitolo 4

"Tu sei completamente fuori di testa Harry!"

Erano circa due ore che Nick gli ripeteva che aveva fatto una grossissima cazzata.

Gli aveva raccontato dell'incontro notturno da Tesco, incontro che non sarebbe avvenuto se Nick non avesse finito le aspirine e se Harry, preso da compassione, non fosse andato a comprarle.

Appena riaccompagnato a casa lo speaker in zona South Kensington quella notte, totalmente ubriaco, e soprattutto disperato mentre gli raccontava di aver litigato con il suo ragazzo, Harry cercò le aspirine in bagno non trovandole.

Messo Nick a letto decise di andare al Tesco vicino a comprarle, così la mattina le avrebbe prese prima di andare a lavoro.
Nessuno lo avrebbe mai fatto, nessuno.
Non a quell'ora, non in quella situazione.
Solo Harry che era troppo buono.
Solo Harry che tante volte era stato un pò come un angelo custode per Nick.

Lo aveva salvato da parecchie situazioni spiacevoli. La differenza di dieci anni che li divideva non era mai stata un problema. Harry era sempre stato molto più maturo della sua età e Nick non lo aveva mai trattato da ragazzino.
Si rispettavano.

Le persone riuscivano davvero ad essere cattive, tendevano ad approfittarsi delle situazioni che comprendevano gente famosa, alcool, gossip e droga. Il suo amico cercava davvero di frequentare persone perbene, ma tendeva a fidarsi troppo spesso e con troppa facilità di quelle sbagliate. A volte sembrava Nick il più piccolo tra i due.

"Nick smettila, gli ho dato il numero privato. Neanche dieci persone hanno quel numero, se mai dovesse rivelarsi uno stalker lo cambio e non ci penso più. Il management non dovrà sapere nulla, non per forza".

Stava preparando il caffè, la grande cucina di casa di Nick era molto pittoresca, confusionaria, estrosa, un po' come lo era lui. Legno bianco e mogano si inseguivano in una danza perfetta. Design di carattere ma pulito. I pensili erano tutti completamente esposti, niente sportelli.

Harry si stava sporgendo su uno scaffale tenendosi al lavello in pietra grezza, per riuscire a prendere la polvere per la moka, in alto, dietro la farina integrale. Aveva imparato in Italia a fare il caffè come si deve, così il Natale precedente aveva regalato una macchinetta per la moka all'amico.
Ma evidentemente non la usava mai perchè l'aveva trovata in fondo allo scaffale insieme alla bilancia per alimenti.
Si giostrava bene in quella casa, tante volte c'era stato e tante volte aveva cucinato lì, per amici o solo per loro.
Amava cucinare. Ma non aveva mai tempo per farlo.
Intanto il bollitore sul piano ad induzione sull'isola dietro di lui, iniziò a fischiare.

Dall'altra parte del salotto Nick in accappatoio blu elettrico fumava una sigaretta alla finestra.

"Ho capito Harry ma è da pazzi, cioè è un tizio qualsiasi che hai conosciuto in un supermercato mentre compravi delle aspirine... Niall ti ucciderà"

"Aspirine che ti stanno salvando da un mal di testa incredibile e che ti permetteranno di andare a lavoro tranquillo, e adesso Niall non è qui e tu non glielo dirai".

Sul tizio qualsiasi sorvolò.

Nick sbuffò entrando in bagno dopo aver spento la sigaretta nel posacenere sul davanzale. Fuori il sole era già alto ed illuminava l'autunno.

Alla fine Harry era rimasto a dormire li.

Dormire.

Parola grossa.

Si era riposato qualche ora, aveva svegliato il suo amico per farlo andare a lavoro e adesso voleva decisamente tornare a casa a cambiarsi prima del brunch con Gemma.

Niente vestiti programmati, avrebbe cambiato outfit.
E come immaginava non si era riposato abbastanza, Nick da ubriaco era piuttosto rumoroso, quella sera sarebbe crollato lo sapeva.

Non sarebbe uscito, no no e no.

Niente chiamate, niente amici, niente di niente.

Nada.

Dopo un pò Nick uscì dal bagno con i capelli ancora bagnati, si avvicinò al bancone per bere il suo caffè.
Un sorriso di compiacimento gli si dipinse in volto

"Non so come avrei fatto senza di te"

"Avresti fatto lo stesso Nick, ma io con eleganza ti ho salvato dalle sanguisughe che stavano per paparazzarti e di conseguenza sbattere la tua faccia sul the Sun" lo disse quasi fiero di sè, come se avesse davvero fatto un gesto eroico

"Grazie tesoro" gli schioccò un bacio sulla guancia.

Si mise a sedere su una poltrona del salotto portando con se la tazzina

"Comunque" prese l'ultimo sorso del suo espresso e si inumidì le labbra "Raccontami di occhi blu"

Harry imbarazzato arrossì e piegò la testa in avanti.

"Caspita Styles, ma è stato un colpo di fulmine allora, non ti ho mai visto arrossire per nessuno"

Il moro lo canzonò, mettendosi comodo mentre ancora in accappatoio stendeva le gambe sul tavolino da fumo in cristallo che arredava il grande salotto comunicante con la cucina.

Harry si avvicinò
"Non lo so, ma è stato diverso da qualsiasi altro incontro casuale abbia mai avuto, e non ne ho mai lo sai, quindi è stato l'unico direi"

Prese un sorso della sua tisana alla liquirizia che stava bevendo dalla tazza con la sua iniziale sopra.

"All'inizio credevo mi avesse riconosciuto e che volesse una foto, ma non lo ha fatto. L'ho guardato negli occhi e mi sono un attimo perso Nick, credimi, è stato davvero assurdo."

Nick sorrise. Poche volte Harry si esponeva così, mai a dire il vero. C'era per forza un motivo che lo aveva spinto a farlo
Harry non era il tipo per queste cose.

Harry non s'innamorava mai figuriamoci un colpo di fulmine.

Aveva avuto avventure, più o meno lunghe ma nulla di più.

Nessuno sembrava alla sua altezza, ma non come bellezza, come alchimia.
Diceva sempre che non gli scattava nulla, alcuni erano bravi in quel senso, altri erano buoni con lui gli facevano regali ma poi basta nulla di profondo.

Non si lasciava andare
Non aveva trovato chi gli faceva battere il cuore

Con Louis aveva sentito qualcosa. Aveva visto non solo un bellissimo ragazzo, ma una persona interessante. Aveva sentito un brivido non sapeva spiegarlo.

"E' stupido Nick lo so, lo so che l'ho visto solo tre minuti, ma mi sono..." non trovava le parole, sospirò

"Harry non ti sto accusando, solo, se decidi di incontrarlo davvero, stai attento"

"Oddio forse ho fatto la cosa più stupida del mondo, stasera vado a cambiare numero" si prese la testa tra le mani dopo aver appoggiato la tazza bollente sul tavolino

Nick gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla.
"Ehi Haz calmati, finchè non ti chiama non dovrai preoccuparti"

"E se mi chiama ed è un assassino? E se non mi chiama?"

Harry guardava il suo amico con occhi spaventati.
"Non è un assassino Haz, non aveva le mani sporche di sangue giusto?"

Harry lo fissava incredulo "Stai scherzando?"

"Ahahahaha ovvio che sto scherzando daiii. Harry..." gli fece voltare il viso verso di lui

"Ti chiamerà e non è un assassino, se non ti piace addio e tutti felici come prima ok?"
Harry annuì

"Ok, hai ragione, tanto sicuramente non mi chiamerà"

"Uuuuh quanto sei negativo" Nick roteò gli occhi al cielo.

"Nick seriamente, alla fine lunedì ricomincio a lavorare e non so di preciso quando ma tra poco dovrò ripartire, non ho tempo per questo" fece una pausa "Ma che mi è saltato in mente" mugolò frustrato

Nick lasciò che Harry tornasse a guardarlo
"C'è sempre tempo per conoscere gente nuova ricciolino"
Con un occhiolino si alzò e andò nella sua camera, lasciando Harry in salotto a finire la sua tisana.

Dopo un quarto d'ora circa Harry era già sull'uber che l'avrebbe riportato a casa, e Nick aveva già preso la metro per andare a lavoro.

Dopo aver dato da mangiare a Evie, ed essersi fatto una doccia, si stese nudo sul letto.

Aveva bisogno di un'ora di pace.
Amava stare nudo.

Forse tutto era dovuto al fatto che indossava continuamente vestiti nuovi e spesso scomodi per lavoro, non lo sapeva ma era una cosa che lo rilassava tantissimo. Aveva un ottimo rapporto con il suo corpo e la sensazione che provava lo metteva a suo agio.

This town di Sasha Sloan e Kygo si stava diffondendo per tutta la stanza. Si rilassò completamente con il suono della dolce voce della cantante, pensando suo malgrado ad occhi blu che lo avevano rapito.

Gli aveva guardato le mani come prima cosa, oltre al viso ovviamente. Unghie corte leggermente mangiucchiate, ma comunque curate, sul medio e l'anulare della mano destra il numero 28 tatuato. Chissà se ne aveva altri.
Amava i tatuaggi.
Anche Louis per qualche secondo era rimasto immobile mentre lo fissava, forse lo aveva riconosciuto davvero, ma sembrava educato, forse aveva fatto finta di niente, magari non gli aveva detto nulla per non metterlo in imbarazzo o in una situazione scomoda.

Non avrebbe mai e poi mai pensato di incontrare qualcuno in un Tesco qualsiasi a quell'ora, Nick aveva ragione.
Nessuno avrebbe dovuto saperlo, menchemeno il suo manager e lo staff.
Assolutamente no.
Cercò di auto convincersi, aveva fatto una cazzata, ormai era andata.

Si riscosse dai suoi pensieri

Fece un rapido giro sui social per vedere se qualcuno aveva messo foto della notte precedente. Tutto tranquillo. Nessuno lo aveva notato fuori dalla Toy, erano stati fortunati.
Nessuno aveva dichiarato di averlo visto in un Tesco.
Nessuno, calma piatta.

Nessuna chiamata o messaggio minatorio dal suo manager.
Era stato tutto sommato fortunato.

Gemma lo aspettava da lì a quaranta minuti all'Eggbreak non troppo lontano da casa sua, un posticino appartato e piccolissimo gestito da un'amica di sua sorella.

Nessuno li infastidiva mai lì dentro
Indossò skinny neri, Chelsea boots dello stesso colore, camicia fantasia cashmere sui toni del viola, sbottonata fino a metà petto e mise le sue irrinunciabili collane. Non passava inosservato, doveva ammettere che era un po' egocentrico anche lui, colpa di Nick. Completò il tutto con capelli lasciati sciolti sulle spalle e anelli quasi ad ogni dito delle mani.

Una spruzzata del suo Tom Ford, cappotto grigio spigato, chiuse la porta dietro di sè.

S'incamminò fuori dalla stradina stretta di casa sua. Gli piaceva quel quartiere. Passava inosservato perchè era in una via nascosta ma in una zona centrale, tranquilla con pochi rumori del traffico e vicini di casa molto riservati. Anche troppo, non li conosceva neanche.

Ma alla fine lui non c'era davvero mai
Voleva camminare.

Erano mesi che mancava da Londra, voleva godersela un pò almeno finchè era lì. Gli mancava tantissimo la sua città, gli mancavano anche le sue abitudini e i suoi amici, ma ormai si era abituato.

Ci avrebbe messo circa venti minuti ad arrivare all'appuntamento.

Era quasi sempre puntuale odiava essere in ritardo, per lavoro aveva imparato a rispettare questa regola, fondamentale.
Si tirò indietro i capelli con un gesto che ormai faceva sempre. Si guardò intorno per capire se negli ultimi mesi era cambiato qualcosa.

Niente

Era sempre tutto uguale, sempre la sua Londra, sempre lei. Ne fu contento.

Era una giornata tersa e piuttosto fredda, ancora le vere giornate autunnali non erano arrivate, almeno non gli sarebbe servito l'ombrello.

Passò da Ladbroke Square deviando di qualche centinaio di metri, amava i colori di quella stagione, voleva vedere i giardini.
In realtà non sarebbe dovuto andare in giro così, Niall glielo ripeteva continuamente.
"Harry non sei una persona normale, non comportarti come tale" in un mondo dove la moda era così importante ormai un modello era quasi come una rock star.

Lui s'impuntava di voler fare una vita tranquilla ma a volte era davvero impossibile, in certe città lo fermavano ogni cinquanta metri. Soprattutto a Los Angeles e New York. E capiva che il suo manager doveva tenerlo sotto controllo, così gli aveva affidato un bodyguard. Che ovviamente si era rifiutato di portare con sè a Londra. Voleva sentirsi normale ogni tanto, e poi i Londinesi non erano certo spudorati come gli Americani, no erano decisamente meno plateali anche nel richiedere foto o fare saluti. Ma Niall non era d'accordo.

Niall Horan era il suo manager da ormai tre anni, non poteva chiedere di meglio. Erano coetanei, Niall aveva solo un anno più di lui. Lavorava nella moda da quando aveva diciotto anni, la H&Co era una famosissima Model Agency inglese di proprietà di suo zio, agenzia alla quale Harry si era iscritto appena iniziata la sua carriera. Lo aveva seguito dall'inizio come assistente di Jeff il suo precedente manager. Niall doveva imparare il lavoro e suo zio lo aveva affidato a Jeff Azoff.

Quattro anni dopo però per disguidi ed incompatibilità di carattere avevano finito per litigare, Jeff era passato alla concorrenza ma Niall era rimasto. Credeva in Harry e aveva capito che insieme potevano fare molto. Lo aveva portato davvero alle stelle. Niall ci sapeva fare ed Harry si fidava completamente. Aveva anche lui preso qualche giorno per godersi la sua famiglia e presentare a tutti la sua nuova ragazza americana. Julia. Harry l'adorava l'aveva conosciuta durante la fashion week a New York. Il suo amico sembrava davvero felice con lei. ll lunedì si sarebbero rivisti.
Niall ovviamente lo chiamava ogni giorno e ogni giorno si raccomandava di non andare in giro solo, anche se ormai conosceva Harry e sapeva che era completamente inutile.

Gemma era già arrivata, Harry la vide attraverso il vetro.
Il locale era vuoto, solo un tavolo con due ragazze. Bene non avrebbe affrontato fans scatenate quel giorno.
Appena entrato si fiondò ad abbracciarla, e lei fece lo stesso.

"Il mio meraviglioso e bellissimo fratellino" lo stritolò in un abbraccio.

"Mi sei mancata" lui fece lo stesso, infilando il naso nei suoi capelli che odoravano di casa.

"La principessa ha fatto la brava, mi manca già" riferendosi al gatto

"Tra poco forse tornerà a farti visita chi lo sa".

I due ragazzi si misero seduti e presero i menù già sul tavolo.

"Te ne vai via subito?" Lei lo guardò regalandogli un grazioso broncio, espressione che anche lui assumeva spesso.

"Penso di sì ma prima di Natale torno e starò di più questa volta" la rassicurò

Il locale era semplice, piccoli tavolini, sedie tutte diverse, stile industriale tutto in legno grezzo. Ad un piccolo bancone una ragazza che si destreggiava tra centrifughe ed insalate. Un altro ragazzo serviva birra artigianale e vino. In sottofondo WrongONyou. Un'atmosfera tranquilla li circondava.
Alla vetrina che dava sulla strada e sul bancone già presenti le decorazioni in vista di Halloween. Zucche e ragnatele erano
protagoniste.

I due ragazzi parlarono tanto, ordinando un brunch leggero con uova e avocado toast.
Si somigliavano in modo incredibile Harry e Gemma, non solo caratterialmente.

Da quando anche sua sorella era tornata al castano naturale sembravano ancora più uguali, si somigliavano davvero tanto.

Lei stava facendo un master mentre lavorava, frequentava un ragazzo che sua madre aveva già conosciuto, ne aveva parecchie di novità da raccontargli. Anne stava bene, era tutta presa dal suo orto e dal suo giardinaggio, Harry ne era felice. Si sentivano spesso tutti e tre avevano un gruppo tutto loro su Whatsapp e si facevano parecchie videochiamate, ma essere tutti insieme era un'altra storia. Avrebbe dovuto aspettare le feste.

"Quindi? Con Fran?" chiese Gemma curiosa

"Ma dai Gems" Harry scoppiò a ridere, sapeva dove voleva andare a parare " Non lo vedo dall'estate, non abbiamo più nessun rapporto in quel senso, siamo solo amici, siamo troppo diversi e poi lui è un ninfomane"
Abbassò la voce sull'ultima frase scatenando le risa della sorella

Perché doveva sempre chiedergli di quello? Anzi, perché Harry si era lasciato sfuggire che si erano visti qualche volta?
Accidenti a lui

"Non biasimarmi però, avrei scatenato tutte le gelosie delle mie amiche, avrei avuto come cognato il modello di Xs, scusa se è poco"

"No non è poco, posso capirti" la guardò con sguardo furbo.

"Ehiiii" una spallata lo fece spostare da un lato, "non è che perchè tu adesso hai goduto di quel ben di Dio, puoi fare il furbetto così".

Risero entrambi e continuarono a mangiare. Si adoravano e si raccontavano davvero di tutto.

"E' parecchio noioso però, nessuno crede che i belli in qualche modo abbiano difetti, pensano siano perfetti, non è per nulla così, anzi"

"Almeno noi comuni mortali sogniamo, il vostro problema è che, o vi fidanzate tra voi oppure non troverete mai nessuno al vostro pari. Ovviamente sto parlando a livello estetico, non sono così mentalmente piccola da fare discorsi del genere, hai capito no?"

Harry rise tra sè, aveva capito perfettamente cosa intendeva
Gemma lo guardò bene perchè il suo silenzio stava durando qualche secondo di troppo.

"Quindi?" Insistè

"Gemma" alzò la testa dal piatto " Lo so cosa volevi dire, tranquilla. Ma ci sono tante bellissime persone normali, e molto meno incasinate, forse è più facile avere relazioni con alcune di loro che con personaggi dello show business"

"Io te lo dico per certo, guarda com'è bello il mio ragazzo" gli fece una linguaccia e l'occhiolino.

Harry rise e poi un attimo di silenzio

"Ma..." ecco lo sapeva che non si sarebbe fermata, si era accorta di qualcosa, non poteva nascondergli nulla, nulla "con questo discorso non stai cercando di dirmi qualcosa vero?" Insistè la ragazza castana.

Harry non riuscì a trattenersi. Voleva davvero stare zitto, fare finta di niente, fare finta che nulla fosse successo. Perchè in realtà nulla era davvero successo, nulla di nulla. Ma glielo disse. Si guardò intorno e vedendo solo il tavolo di prima occupato si avvicinò ancora di più alla sorella e glielo disse.

Lei rimase un attimo senza parole, non capiva.

Harry era sempre stato così attento alla sua privacy, così poco socievole con gli estranei.
Non capiva se la stava prendendo in giro o meno, non capiva come poteva aver fatto quello che le stava raccontando.

Harry le stava dicendo che non era nulla di che, che sarebbe stata una storia divertente da raccontare e basta, niente di più. Che si stava già quasi scordando il nome del ragazzo conosciuto nel super market. Ma non era così e lei era sua sorella e lo conosceva. Non voleva però parlarne ancora non voleva andare oltre.

L'argomento morì.

Non voleva parlare di quello, voleva in qualche modo preservarlo. Era come un piccolissimo segreto che voleva custodire.
Finirono di mangiare, Harry offrì il pranzo, fecero un giro.

Gemma doveva ritirare dei libri da Waterstones, la libreria ad angolo infondo a Uxbridge street così decise di accompagnarla.

Durante il tragitto, scherzavano tra loro, Harry aveva indossato i suoi fedeli Gucci con montatura tartarugata marrone, stava raccontando alla sorella del Giappone, il suo telefono privato squillò.

Lo estrasse tranquillamente dalla tasca pensando fosse Nick o Niall.

Numero sconosciuto

Il sangue gli si gelò nelle vene.

Sentì freddo, si congelò sul posto.

Si arrestò all'improvviso.

Sua sorella con lui.

"Che succede Harry chi è?"

Il riccio non riusciva a parlare, non riusciva a muoversi.
Lei lo fissava preoccupata "Harry chi è?" Insistè

Fissò lo schermo del cellulare.

Chiuse un attimo gli occhi come a volersi calmare, nel petto il cuore gli scoppiava.
Tremava forte

Ma che gli stava succedendo?

Rispose

"Pronto"

"Ciao Harry".

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Era tutto davvero assurdo, se lo ripeteva ormai da dodici ore.

Assurdo

Era l'unica parola che gli veniva in mente.

Gli sembrava di star vivendo in un sogno, in un'allucinazione, in un mondo utopico che non poteva essere reale, no.
Sogni, a proposito di sogni. Lo faceva spesso quel sogno, ma nulla paragonato alla realtà.

Assurdo e basta.

Erano sul terrazzino di Louis a casa sua. Zayn era arrivato circa un'ora prima, gli aveva raccontato tutti i dettagli dell'appuntamento con Liam, si stavano rilassando, si stavano confrontando, Louis gli spiegava del lavoro, il moro lo ascoltava con attenzione, nessuno dei due voleva deludere l'altro.

Era un pomeriggio tranquillo. Tutti e due un po' assonnati per non aver dormito a sufficienza. Zayn con profonde occhiaie osservava Louis curioso. Aveva un guizzo nello sguardo che non vedeva da tempo, sembrava imbambolato.

A quel punto Louis gli aveva raccontato dello strano incontro
Zayn non gli aveva creduto

Louis aveva chiamato

Harry aveva risposto

Zayn era rimasto in silenzio con un sorriso soddisfatto dopo aver assistito alla telefonata

Louis aveva iniziato a ridere in un primo momento, una risata isterica. Poi si era immobilizzato.

Zayn gli aveva passato una sigaretta. Seduto su una sedia, le converse nere che si appoggiavano alla balaustra, si strinse appena nello sherpa di jeans, le dita lunghe portavano la sigaretta alla bocca con movimenti lenti. Ad ogni tiro sfiorava piano con la punta delle dita le sue labbra, sembrava che la venerasse quella sigaretta, era come una danza.

Louis aveva ancora la sua in mano, la guardava e la rigirava tra le dita. Chiese in silenzio l'accendino al suo amico, si conoscevano bene, si capivano anche senza parlare. Dopo pochi tiri Zayn parlò.

"A che ora?"

Sapeva che la prima domanda che gli avrebbe fatto sarebbe stata irrilevante, ma Zayn era così, non s'impicciava molto delle cose altrui, o gliele dicevano oppure lui raramente chiedeva.

"Alle 6"

"Bene"

"Bene" lo disse piano affondando la bocca nella sciarpa tartan che aveva al collo.
Ci aveva affondato tutto il viso in realtà.

La conversazione con Harry era durata circa un minuto e mezzo

Tre domande

Tre risposte affermative

Un appuntamento

Non era tipo da queste cose, non l'aveva mai fatto, mai, con nessuno. Almeno non con nessuno che gli interessasse davvero. Di solito chiedevano a lui di uscire, non il contrario. Ma Harry era stato furbo, gli aveva lasciato lui il suo numero, non il contrario.

Voleva essere chiamato

Era come un invito a farlo, velato, ma un invito.

Si sentiva uno stupido. Gli appuntamenti si chiedevano nei film.

Nella vita reale non succedeva.
Nella vita reale si aspettava di rincontrarsi per caso magari in una caffetteria, gli si proponeva al massimo di pranzare insieme. Nella vita reale si aspettava di rincontrarsi in un locale per caso, si finiva per scopare e poi ognuno a casa propria.
Nella vita reale se si aspetta che le cose capitino non capitano mai.
Nella vita reale bisogna rischiare.
Nella vita reale bisogna cambiare atteggiamento certe volte per sentirsi realizzati e felici.
Nella vita reale s'incontrano persone per caso.
Nella vita reale si osa.

Lui lo aveva fatto

Aveva osato, era andato contro ogni suo comportamento adottato in ogni singolo incontro occasionale o meno che aveva avuto.
Fumarono la sigaretta in un rigoroso silenzio, il sole tiepido che li scaldava. Entrambi persi nei propri pensieri, entrambi in un'estasi segreta. L'uno non voleva farne parola con l'altro, in un tacito silenzio conosciuto, fin troppo. Entrambi con gli occhi chiusi rivolti verso il sole, per prendere tutto il calore che poteva dargli.

Si guardarono, si sorrisero.
Zayn si alzò, spense la sigaretta nel posacenere sul tavolino, gli strinse una spalla

"Ci sentiamo domani, fai il bravo" si diresse verso la porta finestra per uscire.

Due minuti dopo lo sentì chiudere e lo vide attraversare la strada per andare a prendere la metro che lo avrebbe riportato a casa. Una volta sul marciapiede si voltò e alzò un braccio in segno di saluto. Louis intanto si era appoggiato alla balaustra con i gomiti e seguiva il suo amico con gli occhi. Alzò il braccio per ricambiare il saluto.

Non avevano bisogno di darsi spiegazioni, non avevano bisogno di tanti come o tanti dove o tanti perchè, niente ansie inutili. Sospirò.

E adesso?

Voleva essere se stesso al 100%, o avrebbe fallito o sarebbe stato tutto perfetto, o perlomeno era quello che sperava. Inutile portarlo in ristoranti costosi, ne aveva sicuramente visti fin troppi e lui non avrebbe potuto permetterseli.

Inutile fargli credere che fosse quello che in realtà non era, un sè diverso.

No.

Gli avrebbe fatto vedere il Louis vero, il ragazzo semplice a cui piacevano le piccole cose. Il ragazzo che aveva bisogno di una Red Bull in un Tesco alle 3 di notte. Quel Louis.

Era nervoso, uscendo di casa si rese conto che camminava così veloce che quasi correva, rallentò di scatto, un bel sospiro e andò verso la metro.

Il movimento monotono del treno lo rilassava.
Direzione Temple. Somerset House, c'era una mostra fotografica che voleva vedere, poteva essere un argomento da cui partire per instaurare una conversazione o forse no.

Rischiare, la sua nuova parola preferita.

Appena uscito dalla metro il vento gli sferzò il viso facendogli lacrimare gli occhi blu. Si spostò i capelli che gli erano finiti sugli occhi.

Non voleva fumare, non sapeva se Harry avrebbe gradito. Si strinse nelle spalle nella giacca bykers in suede grigio tortora, sotto una t-shirt bianca semplice gli fasciava la figura, skinny neri e church's alte stringate dello stesso grigio della giacca. Aveva optato per un look sobrio, casual, non aveva idea nè di come si sarebbe svolta la serata nè di nient'altro in verità.

Stava facendo tutto con il battito del suo cuore proprio dentro la gola, si muoveva un po' meccanicamente per non doversi concentrare troppo.

Sentiva il rumore del Tamigi alla sua sinistra. Vedeva l'entrata della Somerset.

Ancora non c'era nessuno, ottimo non era in ritardo. Un punto a suo favore. Si sfregò le mani tra di loro, in un gesto che faceva spesso quando era sotto pressione o in pensiero per qualcosa. Arrivato proprio davanti all'ingresso si mise di spalle alla strada guardando appena oltre la porta per assicurarsi che nessuno lo stesse aspettando. Alle sue spalle una macchina accostò al marciapiede e mentre sentì un ringraziamento sussurrato, si voltò con lo sguardo basso, sentendo chiudere la portiera.

"Ciao"

Tirò su lo sguardo

"Ciao"

Un enorme sorriso gli comparve sulla bocca, chi lo aveva salutato sorrise di rimando e due profonde fossette gli si formarono sulle guance.

Quelle fossette che Louis conosceva bene, quelle fossette che Louis avrebbe voluto baciare.
Harry fece due passi verso lui. La salivazione completamente azzerata

"Entriamo?" indicò l'entrata con la mano, Harry annuì.

Una volta dentro andarono verso gli ascensori in fondo alla prima sala.

"Appena mi hai detto Somerset House, mi sono venute in mente mille immagini di me che cadevo dai pattini", risero, Harry guardò Louis

"Ci venivi spesso?"

"Si ogni inverno prima di Natale, con mia madre".

Le porte dell'ascensore si aprirono, Louis da bravo gentil'uomo fece entrare prima Harry.

"Sei cresciuto a Londra?" Louis era curioso, avrebbe voluto sapere tutto e subito di Harry.

"No in realtà, ma mia mamma ci portava spesso, venivamo in treno"

"Mi piacciono i treni" Harry lo guardò negli occhi

"Anche a me" confermò Louis.

Un secondo dopo la porta si aprì, arrivarono davanti ad una piccola sala che portava poi in dei corridoi molto grandi e spaziosi, dov'era stata allestita la mostra. Le grandi e alte vetrate lasciavano entrare la luce dei lampioni della strada, all'interno una luce soffusa rendeva l'atmosfera rilassata e calda.

"C'è una mostra su New York" Louis lo disse imbarazzato, come se stesse dicendo davvero una cosa stupida, in quel momento non era più sicuro che fosse stata una buona idea portarlo li

"In realtà sui suoi grattacieli, l'artista espone foto fatte dai tetti" lo disse piano, mentre camminavano uno di fianco all'altro per andare verso la prima sala. Harry però sembrava a suo agio, gli sorrideva, così anche Louis cercò di rilassarsi

"Ci sarai stato mille volte" continuò il liscio.

Harry per un secondo pensò a quanto fosse stato stupido ad accettare di vederlo. Era chiaro che Louis sapeva chi fosse, si sentì improvvisamente esposto, vulnerabile, ma non voleva rinunciare a provarci, non aveva nulla da perdere alla fine, così non rispose ma si spostò verso la prima foto, la guardò bene, abbastanza classica, la vista dall'Empire, Louis deglutì iniziava a sudare freddo, aveva detto qualcosa di sbagliato, lo sapeva e voleva scappare.

Non parlò più.

"Non l'ho mai vista così però" disse Harry all'improvviso dopo interminabili attimi che a Louis parvero ore, gli sorrise ancora una volta.

Louis non sapeva se sarebbe arrivato a fine serata, se ogni cinque secondi si dimenticava di respirare sicuramente no.

Non c'era praticamente nessuno, solo un paio di ragazzi che però se ne stavano andando. Erano soli, un silenzio che a Louis iniziava a spaventare, cercò di non pensarci. Rimasero alcuni minuti zitti godendosi altre tre o quattro foto, in realtà Louis non stava assolutamente guardando le foto. Non facendosi notare guardava Harry, lo venerava con lo sguardo ma di sottecchi, senza esagerare.
Era davvero molto in imbarazzo ma decise di non darglielo a vedere.

Harry aveva un cappotto lungo alle ginocchia, jeans strettissimi neri che gli fasciavano in maniera impeccabile quelle gambe che Louis davvero non riusciva a smettere di guardare. Chelsea boots sempre neri e una camicia verde army che teneva leggermente sbottonata sul petto, Louis intravedeva delle collane appese al suo collo. Aveva visto mille foto di Harry, mille primi piani, mille smorfie, mille posizioni. Ma averlo davanti era un'altra cosa. Si muoveva sinuosamente sembrava che danzasse.

Aveva una femminilità nei movimenti che raramente si trovava altrove, ma allo stesso tempo era mascolino, le sue spalle larghe e le braccia muscolose si notavano dal cappotto. Alle dita, un anello con una rosa, un altro con una pietra turchese incastonata, all'anulare destro un anello d'oro con la base tonda, l'anulare sinistro era libero. La croce tatuata sulla mano spiccava sulla pelle bianca. Louis conosceva a memoria la posizione di tutti i suoi tatuaggi, ma era sicuro che se mai li avesse visti non li avrebbe riconosciuti, sarebbe stato come vederli per la prima volta. Harry era in piedi davanti ad una foto in bianco e nero, si vedevano grattacieli ovunque e un pezzetto di strada con le scie luminose delle macchine che sfrecciavano sull'asfalto. Era concentrato, si stringeva con la mano destra il labbro tra pollice e indice e il braccio sinistro faceva da appoggio a quella posizione.

Louis si avvicinò, voleva spezzare quel silenzio
"Mi piacerebbe vedere tutto questo davvero" lo disse fissando anche lui la foto, Harry rilassò le spalle, sciogliendo il suo labbro che era diventato rossissimo dalla stretta delle sue dita

"Non riconosco niente, non conosco l'hotel da dove è stata scattata"

Louis si sporse a leggere la descrizione "Intercontinental Hotel", guardò Harry che aveva assottigliato appena gli occhi "No, non mi dice niente"

"Dovresti farti sistemare lì una volta che ci torni, sembra bellissimo"

Di nuovo silenzio

Non doveva più comportarsi come se lo conoscesse, non lo conosceva, sapeva solo chi era, non significava conoscerlo.

"Sì forse dovrei" Harry gli rivolse un sorriso furbo.

Louis non riusciva a capire nulla

Guardarono ancora la foto, surreale, ipnotizzante. Il bianco ed il nero intensi si mescolavano alla perfezione, si inseguivano in una scala di grigi maestosi. La luce era quella del crepuscolo, la si riconosceva dall'inclinazione delle ombre, troppo allungate per essere mattina. Si vedeva appena il parapetto del rooftop, uno scatto fatto proprio dal bordo, una sensazione di vertigine arrivava dritta all'osservatore, era una foto che ti faceva trattenere il fiato, in lontananza si scorgeva l'oceano. Sarebbe stato davvero bello essere lì.

"Come mai New York Louis?" Harry iniziò a sciogliersi e ad essere curioso, ormai erano lì insieme, tanto valeva conoscerlo.

"Perchè mi sarebbe sempre piaciuto visitarla, chissà magari un giorno"

"Che lavoro fai?" Il liscio si bloccò sul posto, se gli avesse detto che anche lui lavorava nella moda magari sarebbe scappato, avrebbe pensato subito male di lui, oddio forse doveva mentire.

No, si era ripromesso completa sincerità. "Beh, in realtà lunedì firmerò un nuovo contratto di lavoro fino ad adesso ero responsabile vendite da All Saints"

Harry si fermò sul posto

"In realtà avevo il tuo viso davanti agli occhi ogni giorno"si bloccò in mezzo alla sala, Louis lo lasciò due passi indietro. Si voltò piano.

"Non sono un maniaco Harry, neanche uno stalker, tranquillo" Harry sembrò trattenere ancora il fiato

"Era per fare una battuta, scusa" Louis abbassò la testa, sogno infranto, Harry sarebbe scappato.

In realtà contro ogni sua aspettativa, Harry rise, rise di gusto "Quindi tu hai la mia faccia davanti agli occhi ogni santo giorno?"

Sembrava riscosso da qualcosa, forse non voleva scappare, forse anche lui voleva godersi quella serata, quell'appuntamento.

"Sì in realtà non sei così male" scherzò Louis continuando a ridere, Harry gli toccò una spalla

" Non riesco a credere alle coincidenze, giuro."

Il tocco di Harry fece sussultare il liscio che a sua volta si fermò

"Comunque nessuno mi aveva mai portato ad una mostra per un appuntamento, grazie" Harry si era messo davanti a Louis e lo fissava, lo fissava con tutto il verde possibile, con ogni sfumatura di quel verde

"Volevo solo dirtelo, sembri un tipo originale Louis e neanche tu sei male" gli scoccò un piccolissimo bacio sulla guancia destra, piccolissimo quasi impercettibile, labbra calde a contatto con pelle di ghiaccio.

Louis non si muoveva, Harry non era più davanti a lui ma sentì la sua voce

"Ehi finiamo il giro? Ho fame"

A quelle parole, lo raggiunse.



Ringrazio ancora ognuno di voi per continuare ad aspettare e leggere questa storia.
Spero di trovarvi anche in questo capitolo
Grazie x

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