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Play me like a violin

- Gió, mi fai un altro gin tonic?

- Nicolò, no - si era avvicinato il barista al suo amico seduto al bancone, due bicchieri dove il ghiaccio galleggiava solo - Per stasera basta gin tonic.

- Allora fammi un Cuba Libre - aveva riso sghembo il ragazzo moro.

-Nico - si era bloccato Giorgio davanti a lui con lo strofinaccio tra le mani - Cosa è successo? Di solito non bevi mai così tanto in settimana.

Nicolò aveva buttato indietro la testa ed era ricascato sul bancone con le braccia incrociate: - Aaaah!

- Con parole tue...

Il moro aveva alzato gli occhi un po' annebbiati e aveva tentato di mettere insieme le parole: - Sai che il Teatro De Bardi ha deciso di creare una nuova orchestra sinfonica formata solo da ragazzi sotto i 30 anni?

- No, non lo sapevo. Ma va beh, vai pure avanti.

-Ecco, stamattina sono andato per fare il provino come "secondo violino".

- Andata male?

- Molto peggio - aveva fatto una risata mal modulata - Mi sono fatto prendere dall'ansia e ho sbagliato un sacco di note, non ho preso mezzo vibrato e ho rotto una corda durante il pizzicato - aveva nascosto definitivamente il viso arrossato nelle braccia - La mia carriera è finita!

- La tua carriera non può essere finita per colpa di un'occasione andata male - una voce femminile aveva interrotto il flusso dei pensieri di Nicolò, il quale aveva tirato subito su lo sguardo per dare un viso a quelle parole.

Poco distante, al bancone, se ne stava seduta una ragazza poco più piccola di lui: aveva enormi occhi cerulei e il viso cereo era completamente tempestato di lentiggini. Era davvero bella e questo, nonostante Nicolò fosse brillo, lo vedeva benissimo - Anche i più grandi hanno fallito, quindi chi sei tu per dire che la tua carriera è già finita?

Il violinista si era risvegliato dal suo intontimento come colpito da un fulmine in pieno petto, le parole della ragazza sembrano sortire l'effetto desiderato: incuriosirlo.

Avrebbe voluto raccogliere la sfida, ma per ora era troppo demoralizzato: - È diverso qui, ho fatto un disastro tale che rimarrà negli annali.

- Oh, credo che si siano dimenticati già di te: con tutte le persone che vedono, sicuramente alcuni anche peggio di te -si era alzata con il suo Daiquiri in mano e si era seduta sullo sgabello al fianco di Nicolò - E poi lo hai detto anche tu: ti sei fatto prendere dal panico. Cosa hai suonato?

- Il volo del calabrone.

- Scelta discutibile - aveva abbassato leggermente la voce e le sguardo - Ma funzionale per mostrare il talento, quindi te la lascio passare. Però, la vera domanda è: ti emozioni quando suoni quel pezzo?

Nicolò aveva spalancato gli occhi lucidi e l'aveva guardata con ovvietà: - No, assolutamente no.

- Ecco il problema - aveva dato una sorsata al drink e lo aveva messo giù, offrendo la mano a Nico - Comunque Clara, piacere.

- Nicolò - le aveva afferrato la mano, stringendola forte.


-Ragazzi, sono le tre, dobbiamo chiudere - si era avvicinato Giorgio al bancone dove Nicolò e Clara, gli ultimi clienti, se ne stavano ancora a parlare.

Nico aveva guardato l'amico e poi la ragazza: - Ti va di venire a casa mia? Abito a 400 metri da qui.

- Sì, volentieri.

Si erano alzati, avevano salutato il barista e se ne erano usciti, incamminandosi verso la periferia della città.


- Senti, ero un bambino molto, molto strano - Nico aveva aperto la porta del suo piccolo monolocale e aveva fatto entrare Clara - Benvenuta nella mia reggia. Scusa il disordine.

- No, mi piace - si era spostata subito avanti verso il letto, la prima cosa che si vedeva entrando, e ci si era piazzata sopra senza troppi convenevoli - È abbastanza in ordine per essere la casa di un musicista - si era guardata in giro, posando gli occhi sulla libreria e alzandosi di scatto - Oh, "Il delitto di Lord Arthur Savile"- aveva preso il libro tra le mani e aveva cominciato a sfogliarlo.

- Amo Oscar Wilde.

- Ah - aveva alzato gli occhi - Gusti così sopraffini e poi ti presenti a un'audizione con il volo del calabrone.

- Cosa hai contro quel pezzo? - aveva riso curioso.

- Contro il pezzo, nulla, ma è solo un modo per mostrare il talento.

- E non è una buona cosa?

- Sì, ma si può essere talentuosi anche emozionando - si era girata di scatto e aveva guardato il violino posato nella custodia al fianco dell'armadio - Posso? - aveva fatto un cenno con la testa - Ti giuro che lo tratto bene.

- Fai pure, ma occhio: è uno...

- ...Stradivari del 1924 - aveva sollevato lo strumento e aveva suonato qualche nota, mentre Nicolò se ne stava lì sorpreso dalla risposta della ragazza.

Senza preavviso, Clara aveva attaccato con un lungo La, per poi muovere velocemente l'archetto sulle corde e con esso l'abito bianco.

Nicolò aveva riconosciuto subito il pezzo, Gymnopedie n.2, ma quell'arrangiamento per violino lo stava catturando nota dopo nota con la sua delicatezza.

I movimenti con cui Clara si accompagnava erano perfetti: gli occhi socchiusi, le labbra rosee che vibravano leggermente e il corpo che sembrava sciogliersi sotto quel suono.

Si era interrotta sfumata, guardandolo: - Allora, che ne dici?

Senza nemmeno rendersene conto, si era ritrovata Nicolò sulle sue labbra, gentile e desideroso di quel contatto bramato ormai da tutta la sera

- Scusami, ho sentito qualcosa di strano dentro mentre suonavi e...- il ragazzo si era staccato e aveva sorriso timido - ...e nulla, volevo baciarti già da un po'.

- Puoi continuare, se vuoi – gli aveva sorriso con lo sguardo.

Lui aveva ricambiato, le aveva preso il viso tra le mani e l'aveva baciata di nuovo davanti alla finestra, la Cupola del Brunelleschi come solo testimone.


- Ci tengo tanto a quel violino - Nico aveva interrotto il silenzio che aleggiava nella stanza guardando Clara, che ora se ne stava ad accarezzare lo strumento con solo il maglione del ragazzo addosso - Me l'ha regalato la mia prima insegnate di violino, Rachele Faldini, poco prima di morire. Aveva detto che ero la sola persona degna di utilizzarlo, ma non ho mai capito cosa intendesse.

- È un violino molto prezioso - lo aveva accarezzato ancora la ragazza.

- Sì, ma non è quello che intendeva lei: credo che fosse di qualcuno a cui lei voleva molto bene - Clara era tornata sul letto ed era rimasta in silenzio a fissare Nicolò - Che c'è? - le aveva chiesto dopo poco.

- Nulla, nulla - aveva fatto scivolare le parole – Forse domani mattina potresti riprovare con un nuovo pezzo – si era accoccolata al suo petto, aveva chiuso gli occhi e si era addormentata, lasciando il ragazzo perplesso.

 Beh, valeva la pena tentare un'altra volta: mal che andasse, lo avrebbero cacciato malamente.


Quando Nicolò era ritornato nella sua casa l'unica cosa che aveva trovato di Clara era stato un biglietto con scritto "cercami sotto la neve, dove odo persino crescere le margheritine"* e aveva subito pensato a un brutto scherzo, ma quello che ora aveva davanti agli occhi gli diceva quella era la verità, la cruda e dura verità.


CLARA FALDINI

1928-1952

IN MEMORIA DI UN TALENTO SCOMPARSO TROPPO PRESTO


- Quando me lo avresti detto? - Nicolò si era rivolto allo spettro al suo fianco.

- Non lo avrei mai voluto fare, avrei voluto proteggerti sempre da lontano.

- E allora cosa ti ha spinto a materializzarti!?  Dai, trovami una motivazione valida a...- aveva preso un respiro profondo - ...quello che è successo ieri sera – era rabbioso, ma soprattutto ferito.

- Ho avuto paura che tu abbandonassi per sempre il tuo sogno solo perché qualcuno ti aveva dato un "due di picche" – aveva sorriso gentile, avvicinandosi al ragazzo - Quindi ho disobbedito alla regola che ci dice di non palesarci ai vivi e mi sono fatta vedere: non avesse funzionato la mia idea di ritentare il provino, almeno avresti avuto una spalla su cui piangere, una persona che avrebbe capito anche la fatica di veder un sogno infrangersi.

- Aspetta, aspetta – si era girato di scatto il ragazzo – Hai disobbedito alle regole solo per aiutarmi?

- Sì, certo! – si era illuminata capendo che la delusione del ragazzo era passata in secondo piano – Nico, non avrei mai potuto permettere che il mondo non vedesse il tuo talento, sei troppo speciale – dietro a quelle parole Clara aveva tentato invano di nascondere altri significati, ma Nicolò li aveva capiti tutti, costringendola a cambiare subito discorso – Almeno ha funzionato?

- Mi hanno proposto di essere il violino solista nel primo concerto della stagione – le aveva sorriso – Brahms* - aveva riso divertito, trascinandola con sé e guardandola dolce negli occhi: la ferita si era rimarginata solo con quelle poche parole ben assestate.

- Potremo mai rivederci? – si era fatto serio

- Spero il più tardi possibile – gli aveva sorriso iniziando ad allontanarsi – Ma ogni tanto potrei anche venire a trovarti nel tuo appartamento, se mi suoni qualcosa – gli aveva fatto l'occhiolino ed era sparita oltre l'orizzonte.

- Potrei – aveva sorriso ormai al sole che tramontava oltre la collina verde del cimitero.





* tratto e rielaborato dalla poesia "Requiescat" di Oscar Wilde

* Brahm ha avuto una storia d'amore ( ma pare non sessuale) molto complessa con Clara Schumann, vedova del compositore Robert 

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