Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Racconto extra: A parlargli non riesco, gli parlerò coi versi

Avviso spoiler: il seguente racconto si svolge dopo la fine di Play e anche dopo la fine di Rewind. Quindi vi consiglio di leggerlo solo se avete letto entrambe le storie.

In caso abbiate letto solo Play e non Rewind, potete leggerlo fino a circa quattro quinti subendo uno spoiler modesto di Rewind. Troverete un piccolo avviso per fermarvi nel punto in cui dovreste smettere di leggere per non subire uno spoiler molto più grosso.

Buona lettura!

***

«F-fermati! Dobbiamo lavarci i denti!»

Ivan alza gli occhi al soffitto, la bocca ancora socchiusa e il collo teso verso di me. Poi sbuffa.

«Abbiamo mangiato la p-pizza più d-di uuuun'ora fa. Ho già aspettato anche t-troppo. A te non dà fastidio? Non sssssenti i b-batteri che proliferano?»

«Come faccio di sentirli? Ti fanno tante piccole corsette e senti un... come si dice tickle in italiano?»

Rido. «Solletico. E in russo come si dice?»

«Scicòciet!»

«Scicòciet?»

«Da! Maladiez!»

«Ah, questo me lo ricordo, significa b-b-bravo!»

Ivan annuisce tutto contento. «Da! Tra un mese tu parli russo meglio di come io parlo italiano.»

«Non c-ci vuole molto! Dai, andiamo a lavarci i d-denti altrimenti i batteri c-ciii fffanno scicòciet in bocca.»

Ride anche lui, mentre dalla camera ci spostiamo al bagno. Vorrei baciarlo anch'io, ma non adesso. È passato davvero tanto dalla cena, abbiamo perso tutto quel tempo a chiacchierare e ascoltare quell'amico di papà suonare la fisarmonica. Sul momento non ci stavo badando, ma adesso ne sento il bisogno e mi fa un po' schifo che sia trascorso tanto tempo. Com'è possibile che non me ne sia reso conto?

La visita dei miei capelli azzurri allo specchio è sempre un po' spiazzante. Non credo ripeterò mai questa esperienza, non mi piace affatto come mi stanno. Magari un altro colore? Più scuro? No, è Vanja quello colorato.

Vanja aveva già portato qui tutte le sue cose personali, e sta spremendo una quantità eccessiva di dentifricio sul suo spazzolino elettrico, ma non lo correggerò. Mi devo proprio sforzare per non dirglielo, ma ho deciso di impegnarmi a non rompergli le scatole quando si lava i denti. A meno che non compia un errore igienico proprio madornale, non lo correggerò. E non gli romperò le scatole se dovesse lavarseli con poca cura. Dio, speriamo che se li lavi sempre con cura!

Lo fa, per fortuna. Lo osservo mentre spazzola e sciacqua, mi sembra si stia impegnando a passare lo spazzolino da tutte le angolature. Sputa. «Misha, così non ce la faccio.»

«Eh?»

«Se mi guardi non ce la faccio. Per piacere, fai che mi lavo i denti da solo, ti giuro lavo bene bene, ma se mi guardi poi penso che tu pensi che non ho fatto bene un pezzetto e mi viene ansietà e rifaccio stesso pezzetto per cento volte e poi penso che tu non sei contento lo stesso e...»

«Hai ragione» lo interrompo.

Mi guarda.

Io annuisco. «Mi fido d-della tua igiene. Viene l'ansia anche a me se ti guardo. V-vado a lavarmi i denti nell'altro bagno.»

È la cosa migliore.

Mentre mi lavo i denti nel bagno in fondo al corridoio, rifletto su quello che è appena successo. Non mi sembra un inizio molto rassicurante della nostra relazione. Quanti altri problemi simili ci saranno in futuro? Sempre a causa delle mie fissazioni. Le coppie normali si lavano i denti insieme? Dovremo avere una casa coi bagni separati? E quante altre piccole cose del genere succederanno che sommate una all'altra lo faranno scoppiare e gli faranno prendere la decisione di lasciarmi? E accidenti, è la quarta volta che ripasso il filo interdentale nell'interstizio tra il primo e il secondo premolare superiore destro e mi sembra che continui a venir fuori dello sporco, devo cambiare filo.

Le mie mani tremano mentre prendo la confezione, mi sento in affanno, ho il battito cardiaco accelerato e proprio in questo momento entra Ivan.

Vanja.

«Io ho finito posso farti la compagnia?» dice con un sorriso, mostrando il suo dente storto e scintillante.

«Qui l'articolo non serve» gli dico.

Aggrotta le sopracciglia.

«Si dice posso farti compagnia, senza articolo.»

Vanja sbuffa. «Quando metto articolo non va articolo, quando non metto articolo va articolo...»

Rido. Mi sembra che il battito del cuore si stia calmando.

Prendo il filo e... No, l'ho già passato tra questi denti. Però era venuto fuori dello sporco, devo passarlo finché non esce pulito. Lo faccio ed esce infatti sporco. Ma non di cibo. 

Di sangue.

Lo osservo: non mi succede spesso di sporcare il filo di sangue, le mie gengive sono sanissime. Mi era successo quando ho ricominciato a lavarmeli dopo non essermeli lavati per molto tempo durante la fase acuta della depressione. Ora come mai mi sono ferito? È perché ho passato il filo troppe volte, è ovvio. Forse l'ho fatto anche con troppa foga.

«Misha, tutto ok?»

Faccio un sospiro e annuisco. «Ho q-quasi finito.»

Mentre mi passo il filo tra gli altri denti, però, penso che non è vero che ho quasi finito. Perché dopo il filo devo dare un'altra spazzolata.

E se oggi non lo facessi? Una volta il dentista mi ha detto che lavarsi i denti troppo a lungo può rovinare lo smalto; poi però mi ha anche detto che la mia bocca è sanissima e quando mi fa la pulizia dei denti commenta sempre: «Ti sto rubando i soldi!» Quindi è incoerente: prima dice che non va bene, poi la realtà dei fatti lo smentisce. Di fatto però me lo dicono tutti, che esagero. E se non lo facessi e per una volta usassi solo il collutorio?

Mi sciacquo la bocca.

Ivan però una volta mi ha detto che a lui il sapore del collutorio fa schifo. E vorrei baciarlo. E non voglio che gli faccia schifo il sapore della mia bocca.

Il problema però non si porrebbe se anche lui avesse usato il collutorio, perché avremmo lo stesso identico sapore in bocca. 

«Vanja, t-t-ti sei mica sciacquato la bocca col c-c-c... c-collutorio?»

Vanja fa una smorfia, digrignando i denti, storcendo la bocca e alzando le sopracciglia. «Eh...» sembra un bambino colto in fallo. «Cioè non...»

Con le mani ancora bagnate gli prendo il viso, lo avvicino e lo bacio.

Si scontrano, le nostre labbra, sbattono i denti contro il tessuto morbido. Le apro, chiudo gli occhi e lui mi segue, la sua lingua è già lì che mi aspetta, le sue mani già mi cingono la vita.

Sa di dentifricio alla menta, e mi sorprendo a pensare che preferivo il suo sapore prima, era più suo, più umano. Ma mi piace ugualmente entrare in lui e lasciarlo entrare, respirargli sul viso e sentire vicino il suo, di respiro, il suo naso che tocca il mio. Com'è vicino, come vorrei non lasciarlo mai. Non lasciarmi, Vanja, non mi lasciare mai.

Vorrei dirglielo, ma sto zitto, continuo a baciarlo. Vorrei dirglielo, ma ho paura di spaventarlo, di asfissiarlo. Non mi lasciare: glielo dico con questo bacio. Ora ho le mani sotto alla sua felpa, gli sto toccando la schiena nuda, e mentre lo tocco mi rendo conto di volerne di più.

Allontano il mio viso dal suo. Ha le labbra un po' aperte umide della nostra saliva e gli occhi ancora chiusi.

«Sai cosa vorrei fare?» dico.

Lui apre gli occhi.

«Mi piacerebbe avere un altro rapporto sessuale con te.»

Scoppia a ridere.

Mi sento crollare il cuore nel diaframma. Cosa ho sbagliato? «C-c-c-che...?»

Ma lui mi abbraccia, appoggiando la guancia alla mia spalla. «Oh, Misha, quanto tanto ti amo...» E mi sembra che il cuore mi rimbalzi su, mi sento leggero, gli angoli della mia bocca si sollevano da soli verso l'alto. Lo stringo anch'io.

«Sei così strano come dici le cose» dice. «Ma sei così bello.»

«Non ho c-capito, c-c-come avrei d-dovuto dirlo?»

«Proprio così come lo hai detto. Andiamo in camera, anche a me mi piacerebbe avere un altro rapporto sexuale con te.»

E ci andiamo, in camera. Quel principio di eccitazione che avevo mi è passato, ma sono sicuro che tornerà non appena ricomincerò a baciarlo. Prima di iniziare, però, voglio mettere in chiaro una cosa. «T-ti devo avvisare» dico.

Mi prende le mani e mi guarda. Siamo in piedi proprio accanto al letto. «Cosa mi devi avvisare?»

«Sono ingrassato.»

Continua a guardarmi senza dire niente, ma le sue sopracciglia si sono appena appena abbassate.

«Nnnon ho p-più il bel fisico c-che avevo a San P-P-Pietroburgo. Ho un po' di pancia morbida e di rotoli sopra i fianchi, le mie c-cosce sono più larghe e...»

«Non mi frega un cazzo.»

Sono io a guardarlo senza dire niente, adesso.

«Misha, tu mi piaci anche se diventi ciccione come Raf.»

«Non ti c-credo.»

«Io non ti piaccio se divento ciccione come Raf?»

Bella domanda. Ci penso su. «Sicuramente t-ti amerò sempre» dico, e lui spalanca i suoi occhioni trasparenti come il ghiaccio. «D-dal punto d-di vista estetico non saprei, t-t-ti dovrei vedere, fatico a immaginarti grasso. Però... p-però io t-tutte le volte che mi sono eccitato per c-causa tua non mi sono eccitato grazie al tuo aspetto f-fisico, q-quindi mi p-posso dire abbastanza certo che mi ecciterei ugualmente, se è q-quello che ti preoccupa, e l'aspetto estetico, in fondo, a me interessa soprattutto nel t-tennis e nella gestualità sportiva. T-tu non è che sei molto bello, hai un fisico secco e il viso strano, però a me piaci molto, ti t-t-trovo interessante da g-guardare, hai due occhi che a volte mi sembra d-di sprofondarci dentro, e dalla tua b-bocca mi farei b-baciare in ogni angolo del corpo, l'importante è c-che ti prendi sempre cura dei tuoi denti, non p-p-penso che sopporterei mai se ti si guastassero i d-denti, quindi, t-ti prego, non ti chiedo di lavarteli come me li lavo io, ma p-prenditene la giusta cura.» Faccio un grande sospiro, lui sta sorridendo. «C-credo di aver parlato un po' a vanvera, sc-c-cusami e...» Mi gratto la testa. Sto andando in confusione e non so più cosa dire.

«Posso baciarti?» mi chiede.

Sorrido. «Sì!»

Lo fa, e facendolo mi spinge sul letto. E dopo pochi secondi mi ha già sfilato, in un colpo solo, felpa e maglietta, scoprendo il mio busto grasso. A cavalcioni sulle mie cosce, si china e appoggia le mani al mio petto, poi le fa scorrere sul ventre, guardandomi negli occhi, arriva al pube e mi tocca attraverso la stoffa. 

Mi conosce, sa cosa mi piace, perché mi guarda negli occhi leccandosi le labbra, e il sangue pulsa con tanta violenza che mi sembra che la mia erezione arrivi al suo culmine in meno di un secondo - no, non credo sia possibile dal punto di vista  fisiologico , ma è questa l'impressione che ho.

«Mi puoi...» Pompino. No, non ce la faccio a dire pompino. Proprio non mi viene. «Leccare... p-prendere... sesso orale?» Ho perso la capacità di esprimermi.

Lui ride.

«Se lo fai s-solo un attimo credo... c-cioè, sono q-quasi sicuro... d-di non eiaculare subito, ok?»

Lui ride ancora e mentre sta ridendo mi fa scendere pantaloni e boxer a metà coscia, abbassa la testa e poi mi mi lecca il pene dalla base alla punta.

«Oh... dio, no, non farlo più o non t-ti posso g-garantire...»

Ride per l'ennesima volta.

«Ma p-perché ridi tanto?»

«Perché sei bellissimo.»

Si stende su di me e mi bacia.

Oddio, no! Ha appena leccato il mio pene! Il mio pene che ora sta toccando con la mano, oh, la mia bocca si socchiude senza che quasi me ne accorga, le mie mani afferrano le sue natiche lo tiro contro di me. Questi vestiti non vanno bene. «Spogliati» sussurro.

Lo fa, lo aiuto, finisco anche di togliermi i pantaloni e in meno di un minuto siamo entrambi nudi e ci stiamo stringendo stesi uno accanto all'altro. 

Com'è più bello rispetto alla prima volta. Com'è bello non aver paura di baciarlo, di assaggiare la sua pelle. «Un giorno te lo farò anch'io» sussurro.

«Che cosa?»

«Un pompino» dico, toccandogli l'erezione.

«Oh! Davvero? Non ti fa schifo?» sussurra.

La mia mano scivola e gli accarezza la natica. Lo aggancio con la gamba per stringerlo contro di me. Gli parlo nell'orecchio: «Te lo lavo io, e p-poi ci provo» dico. «Voglio fare tutto c-con te, mi p-p-piacerebbe anche provare a p-penetrarti.»

«Oh.» Lo sento irrigidirsi.

Mi allontano un po' col busto. «C-c-c-cioè, se vuoi io... Io c-c-comunque p-p-preferisco... cioè, mi eccita quando sei t-tu a controllare tutto e... però una volta ho...»

Mi accarezza il viso. «Una volta cosa? Dimmi...»

«Ho avuto un rrr... rap-p-porto c-con questa... cioè, anche c-con Anna è stato uguale... cioè, gli unici d-due rapporti... p-però con q-questa ragazza...»

Il suo sguardo si incupisce. «Q-quale ragazza? Io... pensavo che avevi fatto solo con Anna...»

«No. Era una ragazza americana... Io stavo un po' male, p-penso che forse ero già d-depresso e non lo sapevo, e p-pensavo che forse se facevo sesso con questa ragazza sarei stato meglio. Ma non è stato c-così, anzi, sono stato p-p-peggio. Però q-quello che volevo raccontarti era c-che mentre lei era sopra di me e io la stavo... penetrando avevo pensato che mi sarebbe p-piaciuto provare a fare lo stesso con te. C-cioè, c-che tu stai sopra, però sono io che p-penetro... hai capito? Ma non sono sicuro che si possa fare anche t-tra maschi, cioè... forse è un po' più complicato?» Mi gratto la testa. «E c-comunque se non vuoi non importa...»

«Oh, Misha... quindi tu mentre facevi sesso con questa ragazza pensavi a me?»

Annuisco.

Sorride. «Forse dovrei dire che mi dispiace per la ragazza. Però non mi dispiace perché sono contento che pensavi a me.»

Non so cosa dire, quindi mi stringo nelle spalle e allargo le mani. O meglio, una mano, perché sono steso su un fianco.

«Lo sai Misha che io sono vergine di culo?»

«Sì, mi sembrava d-di aver capito che non ti piace. Infatti, c-come ti dicevo...»

«Voglio tantissimo che questa è la mia prima volta con te.»

Ci impiego qualche secondo a capire cosa voglia dire. Cioè, credo di aver capito. «Q-questa nel senso... P-prima volta nel senso...»

«Ho fatto tutto tutto tutto, io, con tante tante persone. Qualsiasi esperienza sexuale io ho fatto che ti puoi immaginare, ma non ho mai voluto che qualcuno mi mette il cazzo nel culo, ok? Mi piace sempre di più che sono io il top, però non è che non voglio cento per cento mai provare bottom, anzi, ho sempre avuto la grande curiosità di provare, solo che non ho mai avuto un ragazzo che ho pensato: voglio provare con te. E adesso sono così contento! Così contento che non ho mai trovato un ragazzo, forse lo sapevo, sai? Forse nel mio cuore lo sapevo che dovevo aspettare la persona speciale. Che bello, Misha, pensa! Ho una prima volta con te! Facciamo stasera! Adesso!»

Il cuore mi batte talmente veloce che vorrei vomitarlo. Tutte queste storie sulla prima volta mi sono sempre sembrate delle sciocchezze, ma adesso che Vanja mi ha detto queste parole... non so perché, ma mi sembra così speciale! Il fatto che mi stia dando qualcosa che non ha mai dato a nessuno.

«I tuoi occhi mi dicono che sei tanto contento» dice. «Li ho capito bene?»

«Sì, li hai capiti benissimo» rispondo.

«Però per piacere, per la prima volta, voglio stare bottom super cento per cento.»

«Cioè?»

«Voglio provare io steso sotto, tu sopra. Poi se ci piace la prossima volta facciamo come dici, io on top e tu mi metti il cazzo nel culo. Si può fare, non ti preoccupa, ho fatto tante volte. Cioè, non con il mio culo, con il culo di quell'altro.»

Mi viene da ridere a sentirlo parlare di cazzi e culi. Sono delle parole così buffe. «Culo» dico.

«Eh?»

«Sc-cusa, volevo provare a d-d-dirlo.»

Ride anche lui, poi si mette supino. «Dai, proviamo!»

Mi siedo, ma rimanendo accanto a lui, non mi metto subito sopra. Gli accarezzo il petto. Lui, a differenza mia, è completamente glabro, e mi piace che lo sia. «Non l'ho mai f-f-fatto stando sopra non so se c-ci riesco...»

Il suo viso si illumina. «Che bello, quindi è la prima volta anche per te!»

Se la mette in questi termini mi piace.

Mi stendo quindi sopra di lui. Cioè, non è che mi stendo a peso morto, anche perché avrei paura di soffocarlo. Punto le ginocchia una a destra una a sinistra delle sue gambe in modo da distribuire parte del mio peso sul materasso, e sono solo il mio pube e il mio busto a premere contro di lui.

Mi piace questo contatto, la sua pelle un po' sudata che scivola sotto la mia, il calore che mi trasmette, la sua erezione che strofina contro di me, sentirla così dura mi eccita ancora di più. Mi eccita anche sentirlo ansimare nell'orecchio, il fatto che il suo fiato esca un po' tremolante, come se non riuscisse a controllare bene il diaframma.

Ho il viso accanto al suo, giro la testa e gli bacio la guancia, qualche pelo sfuggito alla rasatura mi punge, gli mordo l'orecchio perché quando lui lo morde a me mi piace da impazzire, e mordendoglielo mi vien voglia di morderlo tutto, vorrei stringere le mandibole con forza e l'unico motivo per cui non lo faccio è che non voglio fargli male.

E a proposito di far male, cosa devo fare adesso? «Devo metterti un dito nell'ano, vero?» gli chiedo. «Ce l'hai un preservativo?»

Fa una risatina. «Misha, se ti fa tanto schifo possiamo anche...»

«No, no. Guarda c-che fa male. Mi ha fatto male d-dopo che l'avevi fatto, chissà quanto sarebbe stato peggio altrimenti. Col preservativo non mi fa schifo.»

Mi sorride e senza dire nulla mi invita a gesti a spostarmi, va al suo borsone accanto all'armadio – mi sto sforzando di ignorare il cumulo di vestiti usati che ci ha disordinatamente appoggiato sopra – e torna da me coi preservativi in mano. 

Ricordo ancora la prima volta che ho visto il suo pene eretto puntarmi, quanto mi aveva sopreso e spaventato allo stesso tempo, come l'avevo percepito quasi minaccioso, adesso mi piace, mentre si avvicina mi siedo con le gambe giù dal materasso e appena arriva con una mano lo tiro verso di me, con l'altra gli impalmo l'erezione che è all'altezza delle mie clavicole. Se abbassassi un po' la testa potrei davvero toccarla con la bocca, ma ancora non me la sento di farlo. Me la sentirò mai? Non lo so. L'importante è ciò che mi sento di fare adesso, cioè tirarlo di nuovo sul letto, spingerlo steso prono, lo so che mi aveva detto di voler stare supino, ma per questa prima operazione così mi sembra più facile.

A lui piace, lo capisco dal mormorio estatico che emette quando gli tocco le natiche con la mano ancora nuda, sono piccole ma sode, muscolose, si contraggono al mio tocco. Spontaneamente si mette carponi e sporge il sedere verso di me.

Oh, che visione... strana? Il cerchio scuro dell'ano e i testicoli che gli penzolano in mezzo alle gambe. Non è molto bello. Decisamente non mi attira. Ogni tanto penso di non essere gay proprio per niente, perché suppongo che a una persona gay, al contrario, questo spettacolo debba piacere. Chissà se a lui piaceva guardarmi da questa angolatura: vedendolo così mi vergogno di essermi messo in questa posizione. Lo dicevo, io, che era meglio farlo con lui sopra di me, in questo modo avrei visto solo il suo viso.

D'improvviso fa qualcosa, però, che mi fa dimenticare tutta l'estetica, gattona all'indietro fino a spingere il suo sedere contro il mio pube e questo improvviso strofinio mi fa venir voglia di penetrarlo. Gli afferro i fianchi, premo con forza contro di lui, il mio pene si schiaccia tra le sue natiche e il mio ventre. «Ah...»

Prendo un preservativo, lo apro e me lo infilo sul dito. Mi allontano da lui e lo guardo di nuovo solo un attimo per infilare il dito, che scivola dentro rapidamente e le altre dita nude toccano il suo scroto. Meglio se non guardo più. Con la mano sinistra, aggirando il suo fianco, gli afferro l'erezione e inizio a masturbarlo. Senti come geme, ah, oh, sto gemendo anch'io, non me ne stavo rendendo conto. «Devo muoverlo così?» gli chiedo spostando il dito avanti e indietro nell'ano, senza mai farlo uscire del tutto.

«Sì, Misha, sì... ciort... vengo subito se fai così...»

«Devo smettere di toccarti davanti?»

«Mettimi subito cazzo in culo» e aggiunge un paio di parole in russo. La sua voce è ancora più bassa del solito.

Vorrei esaudire il suo desiderio all'istante perché non resisto più, ma sforzandomi obietto: «T-ti faccio male...»

Incomincia la frase in russo, poi si ferma. «Subito, Misha, ti voglio anche se fa male...»

Il suo ano, in effetti, è rilassato, molto meno contratto di prima. Tolgo il dito e il preservativo lo lancio via per evitare di sporcarci e sporcare il letto, ne prendo un altro, lo srotolo sul pene e guidandomi con la mano lo penetro.

Cerco di fare piano ma fatico a controllarmi. Oddio... potrebbe essere la sensazione più piacevole che abbia mai provato nella mia intera vita! E sono il primo, il primo a entrare dentro di lui!

«Ah!» esclama Vanja. Le parole che seguono sembrano delle imprecazioni. «Fermo un attimo per piacere...» aggiunge con la voce ora sovracuta.

E come posso muovermi? Non voglio fargli male... Ma vorrei anche continuare... «Oh, Vanja...» sussurro.

«Ti piace?»

Rimango immobile col bacino, ma le mie mani, con cui gli stavo tenendo le anche, quelle non riesco mica a tenerle ferme. La destra sale lenta verso il petto, con l'anulare raggiungo un capezzolo duro, lo sfioro, lo strofino, l'altra mano si spinge verso il pube, le dita incontrano i suoi peli ruvidi, rastrellano la pelle sottostante, fino ad arrivare al suo pene ancora turgido.

«Ti piace?» sussurra di nuovo.

Non riesco a far uscire parole dalla mia gola, solo un gemito che si mescola a un ansito, mentre le dita e il palmo si chiudono intorno all'erezione di Vanja, la accarezzano, la strofinano. «Prova a muoverti» mi dice. E non aspettavo altro. 

Sposto le anche all'indietro e lui mormora un «Mmm», e mi ricordo bene com'era, i movimenti a uscire, all'inizio, erano più piacevoli di quelli a entrare, poi proseguendo nel rapporto era il contrario. Quindi quando è il momento di spingere di nuovo in avanti lo faccio più piano. E lo sento che il suo «Mmm» adesso è più sofferente.

«Un attimo» dice di nuovo. E aspetto. E ripetiamo l'azione un paio di volte.

«Ok» dice lui mentre il mio bacino è adeso alle sue natiche. «Sta incominciando che diventa che io... che...» dice una parola in russo. «I'm starting to enjoy this.»

«Sta c-cominciando a piacerti?» suggerisco.

Fa un grande sospiro, una specie di mezza risata. «Sì, mi fai dimenticare l'italiano.»

«Parlami in russo, se vuoi, prima o p-poi lo d-devo imparare, no?»

Ride. «Da! Vai, Misha, fai quello che vuoi...» E poi aggiunge davvero delle parole in russo, mentre io sto già ricominciando a muovermi, a lasciarmi completamente andare. Com'è bello, dio! Ma sarebbe ancora più bello se vedessi davvero il suo viso.

«Vanja, tu non volevi st-tare a pancia in su?»

Non mi risponde, allontana il sedere da me, facendomi uscire, poi si rannicchia, si gira, è supino, allarga le gambe e mette una caviglia su una mia spalla, una caviglia sull'altra. Oddio che spettacolo! Ha il viso arrossato, gli occhi che scintillano, i capelli corti spettinati, il corpo sudato, e il suo pene eretto è appoggiato ai suoi addominali, facendo spuntare, sotto, il filetto di peli che congiunge il pube all'ombelico, e i suoi testicoli, là sotto, visti da davanti sono decisamente più belli. «Sei più bello, da davanti.»

Lui ride, ah, quel suo adorabile dentino storto! Fa ridere anche me. 

Mi aiuto ancora con le mani per penetrarlo di nuovo, e poi gli abbraccio le cosce muscolose, e ricomincio, senza frenarmi neanche un po', ascoltandolo mormorare parole che non conosco, guardando le sue pupille fisse nelle mie, e vedere quanto gli piace, leggerglielo in faccia, sentirlo in ogni nota della sua voce, mi porta al limite molto in fretta, non resisto più, mi scuoto tutto durante l'orgasmo, e neanche il tempo di prender fiato, che Vanja mi implora: «Fammi fare una cosa, Misha, giuro che non ti sporco la faccia...»

«Cosa?» chiedo.

«Vengo sul... coso... chest... pectorali» dice. Mi spinge giù sul materasso e inizia a masturbarsi, vicinissimo al mio viso, guardandomi dall'alto, la sua mano si muove velocissima, la sua bocca respira spalancata, a grandi boccate, e il suo pene sembra enorme qui davanti alla mia faccia. «Mi sposto, ti giuro...» sussurra. Ansima, la mano accelera. Poi d'improvviso un gemito, indietreggia, chiude gli occhi e punta il mio petto, sento il suo sperma caldo sulla pelle.

Mi tiro su con le mani e guardo lo sperma gocciolarmi giù verso la pancia.

Lui mi guarda con le sopracciglia incurvate verso il centro della fronte. Sembra preoccupato.

Ho un po' di affanno. «La p-prossima volta puoi farlo p-prima?»

«Prima di cosa?»

«Prima che abbia il mio orgasmo.»

Spalanca gli occhi. «Questo?» mi chiede, indicandomi lo sperma.

Annuisco. «Oh sì, secondo me... c-cioè, mi sembra una cosa che... Ah... Quasi mi fa venire voglia di ricominciare subito...»

Ride. «Davvero Misha? Oddio... Io mi stavo preoccupando! Ti è piaciuto?»

Annuisco e sorrido. «Mi piace tanto quando vedo che ti piaccio.»

Sorride, mi viene vicino e mi dà un bacio sulla bocca a labbra chiuse. Restiamo uniti per qualche secondo, respirando, mi godo questa carezza morbida.

Poi è lui a levarmi il preservativo – e facendo gocciolare un po' di sperma sul lenzuolo, accidenti; andiamo in bagno a lavarci, torniamo in camera, ci rivestiamo e mentre camminiamo mi viene una voglia matta di abbracciarlo. Lo prendo da dietro e lo sollevo un po' da terra, lui ride, infine ci buttiamo di nuovo a letto, sotto la coperta. Allungo la mano per spegnere la luce ma Vanja mi ferma.

«Senti Misha, ti devo chiedere una cosa» dice.

«Dimmi.»

«Cosa vuol dire: sei più bello da davanti? Ho il culo brutto?»

«Ah...» Non stavo più pensando a quella frase e a quella visuale. «No! Cioè. Il tuo f-fondoschiena non è né bello né brutto, c-come gran parte dei fondoschiena.»

«Misha, ma cosa dici? Tu hai un culo bellissimo!»

«Mh... non ho mai capito b-bene cosa c-ci trovino le persone nel sedere. Io non c-ci vedo nulla di int-t-teressante, trovo molto più interessanti altre parti anatomiche, c-come ad esempio...»

«La bocca» mi interrompe.

Sorrido. «Sì, ma anche il v-viso in generale, oppure le mani o q-questa parte d-d-del collo che si congiunge alla c-c-clavicola, che è questo osso qui» dico toccandogli la clavicola, perché penso che magari non sappia il termine in italiano, «o anche la forma delle spalle e del deltoide. Mi piacciono molto le b-braccia in cui il deltoide è ben d-delineato.»

Vanja ha ridacchiato per tutta la durata del mio discorso. «E quindi mi vuolevi solo fare un complimento? Che ti piace la mia faccia?»

«B-be', no in realtà...» Glielo dico? È una cosa strana da dire? Potrebbe offendersi? 

«Dimmi, per piacere!» insiste. E non ha tutti i torti, ho iniziato una frase e se la lasciassi a metà chissà cosa si metterebbe a pensare.

«Hai p-p-presente quando t-ti sei mmmmesso c-c-carponi? Cioè... In questa posizione?» E mi metto nella posizione per farglielo capire.

«Ah, doggy, yes.»

«No, i cani non stanno sulle g-ginocchia.»

«Si chiama così quella posizione, doggy style.»

«Mh» Non mi sembra un nome proprio preciso, ma sorvolo. «Ok. Q-quando ti sei messo così, ho visto... eh...»

Vanja aggrotta le sopracciglia. «Il mio culo...»

«Sì, e... C-cioè, si vedeva...» Faccio un cerchio stretto con l'indice sul pollice. «Il t-t-tuo ano e p-poi lo sc-c-roto coi testicoli e...»

Vanja ridacchia.

«E...» Mi accorgo che sto facendo una smorfia. «C-cioè, non è proprio molto... esteticamente non è proprio b-b-b-bellissimo.»

Vanja ride, a bocca aperta, la sua splendida risata squillante. Be', sono contento che non si sia offeso. «Misha, resta sempre così, che dici sempre la verità anche quando dici cose strane!»

Faccio schioccare la lingua. «Adesso però spiegami perché q-questa è una cosa strana. Tu davvero trovi b-b-bello uno sc-croto visto d-d-da dietro?»

«No!» Dice in falsetto, e poi ride ancora. «No, no! È bruttissimo, ma non avevo mai pensato! E...»

«Com'è possibile che non ci avessi mai p-pensato?»

«Cioè, ti spiego, quando sei lì che fai le cose, e fai sesso con uno doggy style, non è tu prendi a pensare ah, guarda che brutto scrotum con palle che penzono, e poi tante volte, devi vedere! Anche tanti bruttissimi buchi del culo, io ho visto. Il mio com'è? Brutto?»

«Esistono b-buchi del culo belli?» chiedo.

Ride, e la sua risata fa ridere anche me, forse perché ho detto per la seconda volta "culo".

«Esistono brutti e bruttissimi» dice. «Forse ragazze è più carino perché non c'è tutti peli... Però, ti dicevo, quando sei lì nel mezzo dell'eccitazione non pensi che è brutto, anzi, vedi e ti viene la voglia di infilare il cazzo, o il dito, e ti piace, e le palle, anche, ah, onni volta che vedo le palle mi viene voglia di prendere in mano così» Fa una specie di movimento rotatorio con le dita e si morde il labbro. «Davanti, dietro, uguale, mi piace giocare con le palle.»

«In t-tutti i sensi» dico.

Mi guarda serio per qualche secondo poi ridacchia. «Ah, dici con tennis!» Ride. «Hai fatto una battuta! Sì, hai proprio ragione, ahah!»

Rido anch'io. Non sono bravo a fare battute, le rare volte che me ne viene una mi sento una strana emozione euforica nel petto. Anche se è una battuta stupida come questa.

«C-con le mie non ci hai mai giocato» aggiungo.

Gli ridono gli occhi. Alza le sopracciglia e sorride a labbra strette. «Vuoi subito?» Allunga rapidissimo una mano sotto le lenzuola e mi afferra il pube. Io rido e tiro il busto all'indietro.

«Hai toccato il pene» dico, «non i testicoli!»

«Così meglio?» ribatte, e la sua mano va di nuovo in mezzo alle mie gambe, più in basso afferrandomi i testicoli attraverso le mutande.

Rido, e stavolta non mi sottraggo, anzi, allargo un po' le gambe stendendomi a pancia in su. Lui ora li accarezza con la punta delle dita.

«Così mi fai... accidenti, ho d-dimenticato la parola! Scic...»

«Scicòciet!» Dicendolo li impalma, una specie di massaggio, che inizia a diventare un po' troppo piacevole.

«Ah, ma il tuo amico gli piace, eh?»

Il mio amico suppongo sia il mio pene, perché dai testicoli passa a lui, dei movimenti lenti dalla base alla punta, che dopo circa un minuto mi portano a un'erezione completa.

«Ah... lo sai...» Mi godo un altro paio di movimenti. «È la p-prima volta in vita mia... la p-prima volta che mi viene voglia di ricominciare a una d-distanza di tempo così b-breve.»

«Mai fatto un encore?» 

«Mai.» Sta continuando. Sta andando lentissimo. Vorrei spingerlo ad accelerare, ma mi piace anche così, mi piace la tensione dell'attesa.

«Neanche io.» Dicendolo mi prende la mano e la porta sulla sua erezione.

Non nascondo il mio stupore. «Mai? C-con tutte le esperienze che hai avuto?»

Fa spallucce. «Uno di solito basta. Oggi due prime volte.»

Passiamo un po' di tempo così, a toccarci a vicenda, vestiti, con le mani nelle mutande. È tutto più tranquillo, meno famelico di prima, non per questo meno bello.

«Vuoi fare la cosa di prima?» gli chiedo.

«Quale cosa?»

«Tu prima avresti voluto eh... eiaculare sulla mmmia faccia, vero?»

Vanja si avvicina e mi bacia sul collo. Poi mi parla nell'orecchio. «Misha, non ti preoccupare, io lo so che tu sei un po'... picky, che tante cose non ti piace. Non mi frega niente, è una cosa stupida.»

«Ma spiegami. Ti eccita l'idea? No, p-perché a me eccita l'idea di eiacularti in b-bocca.»

Vanja mi ride nell'orecchio, facendomi il solletico. «Ed è simile, no?» proseguo. «Quindi lo capisco. P-pensavo che magari potrebbe essere... cioè... Mmm... P-prima vederti così... Te l'ho detto, mi eccita molto vederti eccitato, p-penso che potrebbe piacermi.» Vanja si mette su un gomito e mi guarda. Io finisco: «Magari cerca... non so se sia molto facile... non farmelo finire sulla b-bocca...» Oddio, e se mi finisce sulla bocca? «Eh...» Be', se tengo la bocca chiusa, poi basta che mi pulisco. «Ma sì, dai, p-proviamo.»

«Sei sicuro, Misha?» Nei suoi occhi c'è un tale desiderio, non riesce proprio a nasconderlo.

Mi metto seduto, schiena al muro, e lo prendo per i fianchi, lo tiro su. «Vieni...»

Oh. Già mi sento fremere il diaframma, lui comincia, mi tiene il viso con una mano e con l'altra si masturba qui davanti. Mi masturbo anch'io. A tratti chiudo gli occhi, a tratti lo guardo. Gli guardo un po' il pene, un po' il viso, le labbra socchiuse, le spalle che si alzano e si abbassano per il respiro affannato, un mormorio gli esce dalla bocca. «Chiudi gli occhi, ah...» dice. Li chiudo e dopo pochi secondi il suo seme mi colpisce il viso, e ovviamente – ovviamente, lo sapevo! – un po' me ne finisce sulla bocca. Oddio! Non so come mi sento... Dovrebbe farmi schifo, ma è incredibile, non riesco a provare disgusto per nulla che lo riguardi, anzi, mi pulisco con la mano alla meno peggio, eccolo qui, sul dito, la mia lingua si muove da sola, e con la punta, appena appena, lo lecco, ne sento il sapore, com'è amaro! Non dovrebbe essere amaro, Vanja è l'opposto dell'amarezza, ma nonostante questa incoerenza qualcosa scatta nella mia testa, che mi fa agire come se non fossi io ad agire.

Vanja è ancora qui sollevato sulle ginocchia che mi guarda e dice qualcosa. No, stai zitto: lo metto a sedere, mi sollevo io sulle ginocchia e il cazzo mica glielo punto in faccia, glielo punto contro la bocca, che lui apre, mi fa entrare. 

Oh. 

Se il paradiso esiste è un pompino di Vanja, il modo in cui mi succhia e mi avvolge il glande con la lingua, e s'impegna a prenderlo con le mani, con la bocca, con le dita... Quante volte l'avrà fatto? Con quante persone? No, non ci pensare, non importa. Adesso lo fa a me, e d'ora in avanti lo farà solo a me, sempre e solo a me. Sono l'unico, l'unico al mondo ad avere questo privilegio.

«Oh, Vanja...» dico. Lui capisce, perché mi legge nel pensiero, non me lo spiego altrimenti, perché capisce che questo è proprio il momento in cui deve stringere di più, e formare il vuoto nella sua bocca, e artigliarmi le natiche con più forza per farmi avere l'orgasmo più intenso possibile.

Vanja inghiotte tutto, poi sorride, e cosa fa? Viene da me per baciarmi. Metto le mani avanti e lo tengo lontano. «Eh... non esageriamo!»

«Ah...» dice. Porta le dita alla bocca e ride. Rido anch'io e gli do un bacio sulla fronte. Lui mi abbraccia.

«Mi hai sporcato i capelli di sborra» dice.

E come ho fatto? Ah già... avevo la mano sporca del suo sperma. «Oh... hai ragione, scusa.»

Quindi torniamo in bagno a sciacquarci per la seconda volta.

«Se mi lavo bene la bocca con l'acqua... se vuoi anche veloce con spazzolino... ti posso dare un bacio?» mi chiede.

Ci penso su. «Sciacquati bene... e magari dai una spa-pazzolata alla lingua.»

«Roger!» dice facendo un saluto militare. E lo fa davvero. Molto rapidamente. Troppo rapidamente. Ma non importa. Come faccio a non baciarlo se me lo chiede con questi occhi? Lo bacio, non prima di essermi sciacquato la bocca io stesso – anche se io l'ho solo toccato con la punta della lingua, il suo sperma.

«Non ci posso credere che prima hai leccato il mio spermo...»

Rido. «Sperma» lo correggo.

«La mia sperma» si corregge, e mi fa ridere ancora di più.

«No, è un maschile in a: il mio sperma

Lui spalanca gli occhi e fa un sospiro. «E sborra com'è? Il mio sborra?»

Mi fa ridere talmente tanto che devo tenermi la pancia.

Quando finisco di ridere cerco di spiegargli: «Non so neanch'io p-perché l'ho fatto. Se ci ripenso...» E ci ripenso. E a mente fredda non la trovo una cosa invitante. Proprio per niente. Però, lì per lì... «Sai... è come quando Sara mi leccava il viso. Non mi ha mmmmai fatto schifo. Qualche volta ci ho pensato: p-perché non mi fa schifo? A me fa schifo t-tutto.» Alzo le spalle. «P-poi però non c-ci ho mai riflettuto a fondo. Mi dicevo: lei è così b-bella, così pura... Io la amavo tantissimo, è p-per quello secondo me. Non riesco proprio a vedere q-queste cose allo stesso modo. Un b-bacio con te, leccare quella c-cosa... È come se fosse un'altra cosa. Non so se ho spiegato b-bene, è difficile da spiegare.»

«Un'altra volta tu mi avevi detto che mi vuolevi bene come a Sara, e io ci sono restato un poco male... Ma adesso capisco che Sara è l'unica persona che tu hai amato. È bellissimo.»

«Sara non era una persona» ribatto. «E anche se lo fosse, non sarebbe stata l'unica. Io amavo tanto la mamma.»

Lo sguardo di Vanja si fa sfuggente. Mi spiace che questo argomento lo metta in imbarazzo. «Quanti p-problemi mi sono fatto per cercare di definire questa parola, amore. Adesso che la capisco mi sembra così semplice. Io amo te. E in modo diverso ho amato Sara e mia madre. E in modo ancora diverso amo anche Anna. E D-daniele. E mio padre.»

[AVVISO SPOILER: se non avete ancora letto Rewind smettete di leggere qui]

«Tuo papà è una tanto bella persona. È una persona che ha avuto coraggio di cambiare, secondo me avere il coraggio di cambiare è la cosa più difficile che esiste nel mondo. Anche tu hai avuto il coraggio di cambiare, in un certo senso, ma tuo papà più difficile. A cinquant'anni è tanto più difficile in confronto che a venti.»

Annuisco. «Sono d'accordo. A p-proposito... ora che ci penso non mi pare di averlo sentito tornare. C-che ore sono?»

«Cellulare in camera» dice Ivan. «È mezzanotte circa, secondo me. Andiamo a dormire, domani volo presto.» E fa uno sbadiglio che contagia anche me.

In camera scopro che è mezzanotte e venti. Apro le persiane e guardo qui sotto: i garage sono chiusi, segno che è tornato con la Delta. Però non mi sembra di aver sentito la porta di ingresso che si apriva, e non ho sentito rumori in casa. Se fosse tornato sarebbe andato in bagno, si sarebbe lavato i denti, avrebbe tirato lo sciacquone. Ne discuto con Ivan, secondo lui non l'abbiamo sentito perché eravamo troppo coinvolti dal sesso, ma io non sono convinto: sono sicuro che almeno a qualcuno di questi rumori ci avrei fatto caso.

Decido quindi di andare a bussare alla porta della sua camera, perché sono un po' preoccupato.

E le mie preoccupazioni erano giuste: la camera è vuota! Dov'è?

«È uscito con Leonardo, è ovvio» sussurra Ivan.

«Ma erano usciti prima! E la Delta è tornata, il garage è chiuso! Oppure...» Corro verso le scale, Ivan mi segue. 

«Misha, dove vai?» dice Ivan a bassa voce.

Arrivo fuori, apro la porta del garage e... la Delta è dentro, proprio come pensavo! «Ecco, vvv... ve-vedi? Dov'è!»

«Ma sono andati via con la macchina di Leonardo, è ovvio.»

«E a mezzanotte e mezza ancora non è t-t-t-tornato?»

«Mezzanotte e mezza non è ora tardi» dice, con l'aria quasi seccata. «Sono in bar che parlano.»

«Mio p-padre non esce mai di sera, q-questa cosa è stranissima.» Prendo il cellulare.

«Misha, dai, torniamo dentro» mi prega. «Domani parto, voglio dormire.»

«Andiamo.» Mi avvio per tornare dentro – anche perché siamo mezzi nudi e fuori fa freddo – e faccio partire la chiamata.

«Adesso risponde e vedi che è fuori. Lui non vede Leonardo di tanto tempo, vuole fare i grandi discorsi con lui.»

Dopo una decina di squilli parte la segreteria. Metto giù. «Io non ho mmmmmai sent-t-t-tito nominare questo t-t-tizio. Se fossero d-d-davvero vecchi amici lo avrebbe nominato q-qualche volta, no?»

«Non hai visto com'erano in confidenzia?» mi dice.

Mi fermo. Siamo davanti alla porta. Lo guardo, illuminato dalle stelle la sua pelle è azzurra, i suoi capelli pure, i suoi occhi sono vetro senza colore. Io non sono un granché a cogliere sottintesi, ma mi sembra ci sia un sottinteso in questa frase. Possibile che papà...? 

«Tu...» dico. «Stai pensando qualcosa?»

Alza le sopracciglia, spalanca un po' gli occhi. «No...»

Sta mentendo? Faccio partire una seconda chiamata. Ivan è così sveglio... forse ha percepito qualcosa che io non ho colto? E se davvero fosse così... 

«Ciao Michele.»

È vivo! «P-p-papà mi st-t-t-ta-taaaavo p-preoccupando! Ma dove sei? Ho visto che la Lancia è sotto il p-portico e...»

«Calmo, calmo. Scusa, sono uscito di nuovo con Leo, con la sua macchina, e mi sono dimenticato di avvisarti.»

Vanja, che evidentemente ha sentito, allarga le braccia e alza un sopracciglio, come a dire: hai visto?

«Ok.»

Poi però papà aggiunge qualcosa di inaspettato. «Resto a dormire da lui stasera, ok?»

O meglio: non del tutto inaspettato. O meglio ancora: non credevo che quell'ipotesi fosse corretta. «Oh... ok.»

«Cosa ha detto?» mi chiede quell'impiccione di Vanja.

«Scusa» aggiunge papà. «Forse non avrei dovuto dirtelo così brutalmente. Del resto non mi avresti visto tornare a casa e l'avresti capito da solo.» Il suo tono è molto cupo, sento un lieve affanno nella sua voce.

Cosa devo dire? Che Leonardo, per quel poco che ci ho interagito, mi è piaciuto? «Sembra... u-uuuu...» Ma perché a papà dovrebbe interessare ciò che penso io di quell'uomo? «C-c-c...» Io... se lui davvero... «Mh.» Non ce la faccio. Non so neanche cosa voglio dire.

«Ti dà fastidio?» mi incalza, con un leggero tremore nella voce.

E invece gli interessa, evidentemente. Di cosa ha paura? Pensa alla mamma? A parlarci non riesco, credo gli scriverò. «Scusa, fa-faccio ancora fatica a p-parlare, ogni tanto.»

Metto giù e tutto quello che non riuscivo a tirar fuori con la voce diventa chiaro via via nella mia testa ma mano che lo scrivo.

Stasera ho ricominciato a parlare con Ivan.

Ho fatto tanta fatica per trovare le parole giuste, ma le ho trovate.

La difficoltà a trovare le parole è una cosa che abbiamo in comune.

Quando ho origliato quel momento sul fiume tra te e Raf

Mi è dispiaciuto tanto

Mi sono sentito in colpa, perché era un momento vostro e io ero un intruso

Ma ho capito tante cose, quel giorno

E la cosa che mi ha colpito più di tutte

Di tutte le cose che hai detto

È l'ultima che ho sentito, ed è stata l'ultima perché mi ha fatto stare male e non ce l'ho più fatta a stare a sentire

E sono scappato via

Poi ripensandoci ho capito perché mi ha fatto stare tanto male

Non era per la tua tristezza, e non era perché avevo capito quanto avevi sofferto. Era anche per quello, ma la cosa che mi ha messo davvero sottosopra

È stata che tu non sei riuscito a dire veramente cosa volevi dire

Le parole erano sbagliate

E io spesso ho l'impressione di balbettare proprio per quello

Perché ho troppe parole in testa e non so quali sono quelle giuste

Ti ho sempre odiato e ti odierò per sempre

Io spero tanto che tu possa trovare un'altra persona da odiare per sempre

Come l'ho trovata io.

Buonanotte papà, a domani!

Guardo Vanja e gli sorrido: «Dai, andiamo dentro. Scusa che ti ho tenuto alzato.»

«Cosa gli hai scritto?»

«Tutto quello che non riuscivo a dirgli a voce.» Preferisco non parlare esplicitamente di questa cosa con Vanja, per ora. Ho l'impressione che abbia già capito, ma preferisco che sia mio padre a rendere tutto chiaro, se ne avrà voglia, e se davvero questo per lui è l'inizio di qualcosa.

Io spero davvero che lo sia. Mio padre, come me, è sempre stato solo. Io credevo di essere felice da solo, ma sono più felice con Ivan. Anche Papà mi ha sempre dato l'impressione di una persona che credeva di essere felice da sola.

Credeva. Come me. Forse.

Il mio cellulare vibra nella tasca. Lo prendo e ci sono quattro parole di mio padre: ti voglio bene Michele.

Entriamo, chiudo la porta, e per qualche motivo sento il bisogno di dirlo a Vanja. «Mi ha scritto che mi vuole bene.»

Il suo petto si solleva in una specie di sussulto e le sue labbra si allargano in un sorriso. «Che bello! Ti sorride gli occhi!»

«Ma io lo sapevo già. Me l'aveva già detto, in un modo ancora più bello.»

«Cioè?»

Non gli rispondo subito. Saliamo le scale, torniamo in camera e quando anche la porta della camera è chiusa alle nostre spalle aggiungo qualcosa. «È strano... anche una cosa di cui sei certo, se è una cosa così bella, è b-bello sentirsela dire. Anche se ne sei certo.»

«Ti amo.»

Rido. «Vedi? Io lo so, p-p-però se me lo dici sono contento. Perché?»

«Ho fatto apposta di dirtelo!»

«Questo d-dovrebbe essere il mmmomento in cui te lo d-dico anch'io, vero? Non ci riesco. Quando mi sembra forzato non ci riesco.»

«Infatti non dire. Dici solo quando ti viene fuori naturale. Ma non mi hai detto qual è il modo più bello che tuo papà ti ha detto ti voglio bene.»

Glielo mostro. Mi indico il petto, incrocio i pugni e lo indico. 

L'espressione di Ivan è la più tenera espressione di stupore felice che abbia mai visto. «Con il sign language?» mi chiede.

Annuisco. «Non è b-bello? A parole significa I love you ma questo gesto...» Incrocio di nuovo le braccia. «Lo trovo così bello. Non so se esiste un modo più bello di esprimere questo c-concetto.» Mi indico, incrocio le braccia e lo indico.

«Mi stai mostrando o mi stai dicendo.»

Mi indico la bocca, perché penso che anche questo sia un segno molto chiaro.

«Anch'io» dice. Mi abbraccia.

«Me l'avevi detto un minuto fa» obietto mentre lo abbraccio a mia volta.

«E te lo dico altre centomila volte nei prossimi dieci minuti.»

***

Note 🎶

Spero abbiate gradito il raccontino spicy! 

Approfitto di queste note per segnalarvi che il Webtoon di Play è online! E domani pubblicherò il primo vero capitolo. Per ora trovate le schede dei personaggi e un capitolo di benvenuto. Per leggerlo cliccate sul link che trovate qui a destra nei commenti. Buona lettura!

A presto e buona estate! E non dimenticate le stelline, che qui sugli extra scarseggiano sempre un po'!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro