90. I'm a creep
Sono le undici e dovrei dormire.
Ma non ci riesco.
Sento voci, dall'altra stanza. Sento la voce di Ivan.
Vincent dorme nella stanza adiacente a questa. È comunicante con la mia suite attraverso una porta, che è chiusa a chiave. Ma se appoggio l'orecchio alla porta sento le voci.
Ecco qui. Non riesco a capire cosa stanno dicendo, ma stanno parlando. E una delle due voci è quella di Ivan, riconosco il timbro basso. Cosa staranno facendo? Ivan ci starà provando con lui, probabilmente. Chissà quante sciocchezze gli starà raccontando. Forse staranno parlando di quel genere musicale che piace a entrambi. O forse si stanno dicendo cose romantiche.
Non dovrei starmene qui in piedi come uno stupido davanti alla porta. Domani gioco. Domani gioco il primo turno. Ho un avversario facile, Marco Alvarez, lucky looser argentino, quindi uno che non ha nemmeno passato l'ultimo turno di qualificazioni ed è stato ripescato a causa di una defezione. Ma a prescindere dal livello del mio avversario, dovrei riposare, arrivare fresco e batterlo in fretta. Tre set rapidi. È importante conservare le energie, agli Slam. Se dormo poco rischio di giocare male e tirare la partita più a lungo di quanto dovrei. Non posso permettermelo. Difendo la finale e il mio obiettivo è vincere.
Se vinco gli US Open potrei diventare numero uno: dipenderà anche dai risultati di Molina e Grković (rispettivamente numero uno e due), ma c'è anche Straussler in lizza, che è numero quattro non molto distante da me. Sono ben consapevole di questo fatto, e se riuscissi a raggiungere la vetta sarebbe per giunta un traguardo che posso sperare di mettere davanti a Ivan, uno dei tanti modi in cui posso batterlo, per cancellare l'onta della sua finale Slam a diciotto anni.
No. Cancellarla è impossibile. Ma posso almeno nasconderla un po'. Metterla in secondo piano e seppellirla pian piano nella tomba dei miei ricordi.
In questi giorni ci sono riuscito. Da quando io e Ivan abbiamo ricominciato a parlare non ho pensato quasi mai alla mia sconfitta di Wimbledon e alla sua finale. Capitava solo ogni tanto, quando ci mettevamo a parlare di tennis. Mi tornava in mente e sentivo il solito buco nel cuore, che si allargava e cercava di risucchiarmi e risucchiare tutto ciò che c'è di bello nella nostra amicizia. Ma sono sempre riuscito a tenerlo sotto controllo, ad allontanare il pensiero.
Ora mi sta tornando in mente. Sento la sua voce, di là, e penso a Wimbledon. Devo vincere assolutamente questo US Open. Devo vincerlo, e poi vincere gli Aussie Open a gennaio, e il Roland Garros, e Wimbledon. Fare un Calendar Slam, cioè vincere quattro major di fila. Ecco, un Calendar Slam a vent'anni è un buon record che non credo Ivan riuscirà mai a battere, è ancora troppo incerto sulla terra, gli ci vorrà ancora parecchio per riuscire a prendere le misure di questa superficie.
Certo, ha vinto Umag, sulla terra. Ma Umag non conta. È un torneo facile, con poca partecipazione.
Si sente una risata. Una risata di Ivan. Cosa avrà detto Vincent di tanto divertente? Non mi sembra un tipo molto divertente, non l'ho mai sentito fare battute.
Basta, devo smetterla di ascoltare.
Mi allontano dalla porta.
Sono nervoso, avrei voglia di mangiare qualcosa. Ma da quando Anna ha scoperto che ho problemi a controllare la mia alimentazione, ha fatto in modo di svuotare sempre da qualsiasi tipo di cibo o snack i frigobar delle stanze d'hotel dove dormiamo. Ne abbiamo discusso insieme e siamo stati entrambi d'accordo: meglio non avere tentazioni. Adesso, però, rimpiango questa decisione. Sento una specie di buco in pancia e vorrei riempirlo con qualcosa. Il servizio in camera sarà ancora attivo a quest'ora?
No, no! Non devo pensare al cibo. E nemmeno a Ivan. Devo dormire. Ma sono solo nel letto, solo coi miei pensieri. Dov'è Anna? Sono le undici passate, non è ancora finito il concerto? Quanto durano i concerti rock?
Prendo il cellulare e le scrivo un messaggio: Dove sei? No, la risposta è scontata. Cancello. Potrei prenderla larga: Ti stai divertendo? Sì, questo non è male. Invio.
Fisso il messaggio per qualche minuto, e le due spunte continuano a rimanere grigie.
Be', se è al concerto e non sente la suoneria, chissà quando lo leggerà...
Mi arrendo. Poso il cellulare sul comodino. Mi giro, sistemo il cuscino. Chiudo gli occhi.
Ho sentito un rumore. Viene dalla stanza di Vincent?
Mi alzo di nuovo. Accosto l'orecchio alla porta.
Non si sentono più le voci. Silenzio. Forse Ivan ha fatto una cosa intelligente e se n'è andato a dormire nella sua camera.
O forse stanno avendo un rapporto sessuale.
Basta, basta!
Mi dirigo di nuovo al letto. Anzi no, all'armadio.
La porto sempre con me in tutti i viaggi: la carota di Ivan. Non si sa mai che possa servire come antistress.
Mi rimetto a letto e la abbraccio.
Il cellulare si illumina. È Anna! Forse sta tornando!
Macché. Mi ha mandato un selfie: ci sono lei e Andrej, sono seduti ma c'e un sacco di folla intorno a loro, gente seduta, gente in piedi... Che ambiente insalubre e asfissiante! Sono tutti così, i concerti rock? Se sì, menomale che non ci sono andato. Nella foto si vede in primo piano Anna, sorridente, mentre Andrej, accanto a lei, sta a braccia conserte e ha l'espressione più seccata del mondo (ma mi sembra che stia un po' recitando). La didascalia dice: E bellissimoooooop 😍
Ha scritto la e senza accento e le è scappata una p alla fine della parola.
Sono felice che ti stai divertendo, le rispondo.
Adesso dormo. Metterò in pratica la tecnica di rilassamento del contare ritmicamente.
«U-no, du-e, tre-e...» Sussurro, piano.
Faccio il giro dei numeri fino a dieci, in tutte le lingue, e quando arrivo al russo mi blocco. Devo dire "Ras", come è più corretto, o "Adin" come ho sempre detto? Mi viene più spontaneo "Adin", ma sento la voce di Ivan in testa che mi dice: «Ras, Dva, Tri...»
Ed ecco che tutto il rilassamento se ne va. Avrei dovuto saltare il russo, che stupido!
Ricomincio.
***
Anna entra in camera camminando in punta di piedi.
Ho dormito poco e male e quando sento la porta aprirsi sono già sveglio.
«Anna?» sussurro.
«Ti ho svegliato? Scusa» sussurra lei.
«N-no, sto d-dormendo un po' male, ero sveglio. C-che ore sono?»
«Le tre.»
Le tre? Che tragedia!
Accendo la luce da tavolo sul comodino, strizzo le palpebre per abituarmi alla luminosità. Mi alzo per bere un po' d'acqua: ci manca solo che domani sia disidratato, oltre che stanco. È importante idratarsi bene il giorno prima di un incontro, più ancora che il giorno stesso.
Le chiedo com'è andata.
«Aaah, Michele, è stato bellissimo!» dice sognante. «A parte Andrej che rompeva le palle» aggiunge in tono seccato.
«Non ho capito b-bene perché l'hai invitato, e p-perché lui è venuto.»
«Se vuoi saperlo, non l'ho capito bene nemmeno io... Però...»
Però?
«Però, non so...» aggiunge.
«Non so cosa?» le chiedo.
Fa un sorrisetto e scuote la testa. «Lasciamo perdere.»
«È finito adesso, il concerto?»
«No, due ore fa. Poi ho cazzeggiato un po' con Andrej. Abbiamo parlato, ci siamo bevuti qualcosa in un locale qui vicino... Ma ti racconto domani, dai, tu devi dormire, scusa che ti ho svegliato. Mi svesto e vengo a letto.»
«E non ti lavi i denti?» le chiedo.
Lei spalanca gli occhi e fa un'espressione di sorpresa esagerata. «Oh mio Dio! Sacrilegio!» Poi sbuffa. «No, comunque hai ragione, abbiamo bevuto un po', meglio che li lavo. Cercherò di fare piano per non darti fastidio.»
Ma io la seguo in bagno, tanto starei sveglio comunque, finché non viene a letto. E preferisco parlare con lei piuttosto che continuare a tormentarmi con pensieri sgradevoli.
«Devi usare il water?» mi chiede.
«No, non riesco a d-dormire, raccontami del concerto.»
«Tutto bene, Michi?»
Sbuffo. «Sì... È che... c-c'erano Ivan e Vincent nell'altra stanza che p-p-parlavano e mi hanno tenuto sveglio.»
Anna fa una smorfia. «Che stronzi, domani mattina faccio a Vinnie una ramanzina e gli dico non parlare ad alta voce mentre tu stai dormendo.» Mi osserva socchiudendo gli occhi. «Ma a te non dava fastidio solo per il rumore, vero?»
Alzo le spalle. «Be', Vincent è un mio d-dipendente e mi dà fastidio che si c-c-comporti in modo p-p-poco p-p-pro... p-p-professionale.»
Anna fa un sospiro. «Vincent non sa nulla del tuo trascorso con Ivan, se vuoi gliene parlo... se è solo una cosa da una scopata e via potrebbe anche evitare di proseguire la relazione.» Allunga una mano e mi accarezza il braccio. «Mi dispiace che ci stai male.»
No. Ha frainteso tutto. «Il mio t-t-trascorso con Ivan non c'entra niente, non voglio che ne p-parli con Vincent. E non c-ci sto male. Mi dà solo fffastidio. Mi d-dà fastidio p-perché... perché... è una relazione fuori luogo.»
Anna mi accarezza di nuovo il braccio. «Proverò a sondare il terreno con Vinnie senza dirgli niente di esplicito. Ok?»
Annuisco.
«Magari potrei provare a dire qualcosa anche ad Andrej...»
Scuoto la testa. «No, non t-tirare in mezzo Andrej, p-per favore.» Questi discorsi cominciano a farsi pesanti, sento il bisogno di cambiare argomento. «A p-proposito di Andrej, mi d-dicevi del concerto... Raccontami come è andata.»
Anna fa un sorriso gigantesco. «Benissimo!» Prende finalmente lo spazzolino in mano. «È stato stupendo. Alla fine ci siamo divertiti tutti e due, anche se Andrej non lo ammetterà mai. Unica pecca, non hanno suonato la mia canzone preferita. Creep, hai presente? La canzone che Andrej storpiava oggi pomeriggio.»
«Sì.»
«Quando siamo usciti dal locale, mentre tornavamo in hotel a piedi, io mi sono lamentata di questa cosa. E lui: menomale che non l'hanno fatta! Hanno fatto bene, io odio quella canzone! Ma perché? Gli chiedo io. E allora lui me l'ha spiegato.»
Resta in silenzio con un'espressione pensosa, quindi la incalzo. «Cioè?»
«Mi ha fatto riflettere...» Fa roteare lo spazzolino tra le dita. «A te quella canzone piace, mi ha detto, perché ti immedesimi nella ragazza. La canzone ha un testo molto semplice, parla di questo tipo che si sente un verme, un creep, davanti a una ragazza bellissima, sei bella come un angelo, mi fai piangere quanto sei bella, sei speciale, e io sono un verme, uno strambo... dice così, più o meno...»
«Ha ragione Ivan, è d-d-deprimente.»
«È commovente, è diverso. E quindi Andrej mi dice: tu ti immedesimi nella ragazza bellissima. Non è vero, gli rispondo, mi immedesimo nella sofferenza di lui. Bugiarda. La verità è che a te piace l'idea di un ragazzo che ti ammira in silenzio e pensa che sei speciale e bellissima e si sente un verme in confronto a te. Ci abbiamo litigato un po', ma sai...» La sua espressione si intristisce. «Non volevo ammetterlo, ma aveva ragione. È sempre la stessa storia, mi piace sentirmi ammirata.»
«Non c'è niente di male» le dico. Ma lei neanche mi sente, continua a parlare.
«Lui alla fine dice: io, invece, mi immedesimo in lui, e mi fa arrabbiare. Ma datti una mossa, stronzo! Non ti piangere addosso, dille che ti piace e se lei ti dice di no, pace! Fattela passare e mandala a fanculo! Ma no, invece lui sta lì a lamentarsi, bohooo bohoooo...» Anna incrocia gli occhi e fa una smorfia con la bocca, credo imitando Andrej. «I'm a creeep, bohoooo...» Fa finta di piangere. «Nessuno mi vuole, lei è troppo bella... Fuck off!» Anna sospira. «E grazie a quel simpatico di Andrej, adesso non riuscirò mai più ad ascoltare quella canzone senza pensare queste cose.»
Non so cosa dire. «Mi spiace...»
Anna mi sorride. «Ma no... è stato... interessante, tutto sommato. E... cioè... era una riflessione che mi ha fatto pensare... E poi mi piace parlare con Andrej. Cioè, mi sta sul cazzo, lo odio in certi momenti, però...»
«Però?»
«Però... mi piace, pure...»
Annuisco. «Sì, è tipico dei Reshetnikov. Io uguale, c-con Ivan.»
Anna porta le mani al cuore, e le cade a terra lo spazzolino. «Oh, sì! Mi ricordo cosa gli hai detto al telefono. È stata una delle più belle dichiarazioni d'amore che abbia mai sentito!»
Eh? Cosa? «N-non era uuuuuuuuuna d-d-d-dichiaraz-z-zione d-d-d-d'amore!»
«Hai balbettato troppo per essere credibile.»
«M-ma...»
«Dai, dai...» Raccoglie lo spazzolino. Che schifo! Mica lo userà? «Vai a letto, ché domani devi giocare... Scusa se ti ho tenuto sveglio parlando di Andrej.»
Scuoto la testa. «T-t-tanto non avevo sonno.»
Tutta colpa di Ivan, che chiacchierava con Vincent nell'altra stanza.
Maledetto Ivan!
—
Note note note ♫
C'era una volta la giovanissima Ella Snufkin al concerto dei Radiohead, che ci rimane di merda perché non cantano Creep. Ma come? È una delle mie canzoni preferite e non la fanno? Ebbene sì: i Radiohead non suonano quasi mai Creep ai loro concerti, perché detestano che sia una delle loro canzoni più famose e osannate nonostante sia una delle prime che hanno scritto. L'hanno un po' disconosciuta, forse la reputano troppo acerba nello stile e troppo semplice nel testo. Un mio caro amico la odia più o meno per i motivi esposti da Andrej nello scorso capitolo: troppo adolescenziale! Be', sono d'accordo, ma lo considero un pregio e non un difetto. Credo che sia forse la canzone che meglio cattura, senza volerlo, quello spirito di teenage angst del sentirsi brutti, sfigati, incompresi ed estranei a qualunque posto.
https://youtu.be/XFkzRNyygfk
E che ne pensate delle nuove riflessioni di Andrej sul testo? Secondo voi cosa significano? E di quel rompi di Ivan che borbotta insieme a Vinnie nell'altra stanza? Povero Michele...
Detto ciò, a grande richiesta (?) vi propongo un nuovo giochino enigmistico per farvi riflettere e tenere la mente allenata durante l'attesa. Il seguente rebus risponde alla domanda: chi è la vera protagonista dei capitoli di questa storia?
La soluzione giovedì, insieme al nuovo capitolo!
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