88. Louboutin
Io e Anna abbiamo parlato molto, stanotte. Ne sono andate di mezzo le mie sacre ore di sonno, ma per una volta ho deciso di mettere lei al primo posto. In fondo, sapevo di avere un turno non problematico, oggi, contro il canadese Placek, e così è stato, l'ho battuto con facilità anche se ero un po' stanco e non ho giocato benissimo.
Le ho rivelato di averle buttato via la bustina di droga, qualche sera fa, e lei si è un po' arrabbiata: «Mettimi di nuovo le mani in borsa senza permesso e te le cionco» ha detto, e poi ha aggiunto di essere stata «impanicata» per mezza giornata, pensando di averla dimenticata da qualche parte. E ci avevo visto giusto, il motivo per cui si è addormentata in sala stampa era proprio quello: non avendo uno stimolante in circolo, le ore di sonno arretrate si sono fatte sentire.
Mi ha giurato di aver buttato tutto quello che le era rimasto in borsa. Mi ha detto di non essere sicura di non ricarderci, ma che ce la metterà tutta. Io le ho detto che la aiuterò. «E come? Non è che puoi seguirmi e controllarmi, hai il tuo lavoro da fare.» È un po' come me quando non riuscivo a trattenermi dal mangiare schifezze? Le ho chiesto. «Una specie, credo...»
Ha parlato con la madre di Ivan, che le ha dato molti buoni consigli su come scegliere un assistente e dove cercarlo.
Io, invece, ho parlato con Andrej. È venuto lui da me, mentre facevo i trattamenti dopo il match di oggi. Mi ha raccontato qualcosa di ciò che si sono detti lui e Anna ieri sera. Quasi niente, a dire il vero. «Non racconto le confessioni private delle persone» ci ha tenuto a precisare. «Ma una cosa te la devo dire: abbi più cura di lei.» Mi ha raccontato un paio delle cose che Anna sta facendo per me senza che io ne sappia assolutamente nulla. Ad esempio, la causa con il tizio a cui ho rotto il cellulare. La cosa sta andando avanti, e Anna è impegnata da mattina a sera a discutere con gli avvocati dell'agenzia sulla migliore strategia mediatica da tenere per cercare di limitare i danni di immagine. E poi, ovviamente, ci sono tutte le piccole mansioni di routine: prenotare voli, visti per l'estero, concordare interviste, servizi fotografici, impegni vari di relazioni pubbliche a cui di solito vengo portato e prelevato senza preavviso e senza che quasi io sappia cosa devo fare. E discutere con i direttori dei tornei, mediare con l'agenzia, eccetera, eccetera, eccetera. È davvero un lavoro enorme.
Ho deciso che farò qualcosa per lei. È una sciocchezza, me ne rendo conto, ma forse può esserle un po' d'aiuto.
Mi ha colpito molto ciò che mi ha detto Raffaele, sul fatto che smettere di prendere cocaina possa portare alla depressione. Ho deciso quindi che cercherò di mitigare questa depressione facendole dei regali. Ma dei regali belli, come quelli che Ivan ha fatto a me. I regali di Ivan mi hanno reso molto felice, e anche i regali che gli ho fatto io hanno reso felice lui, lo so, l'ho visto (l'orologio Lego lo indossa a ogni conferenza stampa). Forse riuscirò a tirarla un po' su di morale, se le farò dei bei regali.
È un impegno mentale non da niente. Devo pensare a cose che le potrebbero piacere, e non è facile. So che dovrei stare concentrato sul mio lavoro e sul torneo (e per giunta adesso arrivano gli US Open), ma dedicherò ugualmente una parte dei miei pensieri ad Anna. Sono un bambino egocentrico? Forse posso cominciare a uscire dal mio egocentrismo concentrandomi sui bisogni di un'altra persona.
Oggi le ho preso una rosa. Lo so che è un regalo stupido, ma era il primo e non ho avuto modo di pensarci molto. Ho chiesto alla concierge dell'hotel che mi comprassero una rosa. «Un mazzo di rose?» mi hanno chiesto. Un mazzo mi sembrava un po' esagerato, mi sembrava qualcosa che ti possono dare quando vinci un torneo. No, una singola rosa, ho risposto. «Colore?» Boh. Rossa?
E rossa è stata. La sto porgendo ad Anna.
«Mi stai facendo una proposta di fidanzamento?» mi chiede lei.
«No! È un regalo. Per ringraziarti di quello che fai p-p-per me.»
Lei ride e prende la rosa. «Lo sai che le rose rosse hanno un significato? Sono un regalo che si fa tra fidanzati.»
«N-n-non lo sapevo, s-s-scusa...»
Lei ride di nuovo. «Dai, stupido, ti prendo in giro. Mi fa molto piacere, grazie!»
Sta sorridendo, la annusa. Ci sono riuscito! L'ho fatta felice!
«La metterò a testa in giù per conservarla» mi dice.
A testa in giù? Questa non l'ho mai sentita.
Adesso devo pensare a un secondo regalo. Voglio fargliene uno al giorno, almeno per i primi giorni, che a quanto dice Raffaele sono i più difficili. E decido di chiedere aiuto a Ivan.
«Misha, che idea bella!»commenta lui.
«Ma n-n-non so cosa farle! Non è che p-p-posso regalarle un fiore ogni giorno.»
«Perché no? A me piace molto, fiore molto bel regalo. Domani prendi un fiore diverso.»
«No, no, deve essere un altro regalo.»
Ne discutiamo un po'. Lui mi chiede cosa le piace, io gli dico che le piace la moda. Potrei regalarle un bel vestito? Lui mi dice che è difficile indovinare i gusti e le taglie delle persone coi vestiti.
«Un orologio bello come quello che hai preso a me?» mi propone.
«Magari le prendo un Rolex.»
«Nooo!»
«No, hai ragione, è il mio sponsor, sembra un regalo che non ho sp-p-peso niente a farlo.»
«No, non va bene per il contrario. Troppo costo, troppo... come si dice... luxury. Regali più belli sono pensiero, non tanti soldi.»
Ne discutiamo ancora un po'.
«Che musica ascolta Anna?» mi chiede.
Gli dico che mi ha nominato un paio di gruppi e cantanti, ma non riesco a ricordarne nessuno. «Sai c-c-che non sono un esperto...»
«Aspetta» mi fa lui. «Andriushaaaa!» sento gridare (per fortuna ha allontanato il ricevitore). Poi c'è una breve discussione in russo tra lui e Andrej. Quando torna da me, Ivan annuncia trionfante: «Radiohead!»
«Cosa vuol d-d-dire?»
«È il gruppo preferito di Anna.»
Ora che ci penso, mi sembra di averli sentiti nominare, proprio da Anna, non ricordo quando. «E come fa a saperlo, Andrej?»
«Andrej e Anna ha parlato, no?» mi risponde come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Q-q-quindi... le prendo un CD di questi Radiohead?»
«Niet! Quando vivi Misha? Oggi nessuno compra più CD. Puoi comprare LP per collector fetish, forse? Ma Anna non mi sembra persona che ha record player.»
Non gli chiedo cosa significhi collector fetish, probabilmente qualcosa che si è inventato lui sul momento.
Sento di nuovo parlare Andrej in russo, in sottofondo. «Oh, really?» fa Ivan. «Andrej dice che Radiohead ha concerto a Madison Square Garden in periodo che c'è US Open! Aspetta...» C'è un'altro breve scambio di battute in russo tra i due. «Domenica prima di day one US open c'è concerto Radiohead, compra biglietto per lei! Oh... aspetta, Andrej vuole parlare con te.»
Andrej? Con me? Mi mette un po' in imbarazzo l'idea di parlare con lui al telefono, ma è già qui, non posso più sottrarmi.
«Cristiàn Lubutòn» dice. Secco. Non aggiunge altro.
Gli chiedo se sia un altro cantante che piace ad Anna.
«No. He's a shoemaker.» Cos'è che significa shoemaker? Calzolaio?
C'è silenzio nel ricevitore, mentre io cerco di capire le sue parole. Non è un tipo di molte parole, al telefono. Be', neanche di persona, a dire il vero.
«Spelling: L-O-U-B-U-T-I-N.» Aggiunge. Lo tengo a mente.
E cosa dovrei fare?
Mi spiega, infine, che è una marca di scarpe che le piace molto, ma sono troppo costose per lei, quindi non ne ha nessun paio.
Come fai a saperlo?, gli chiedo.
«Non mi ricordo quando me l'ha detto. Ma mi ricordo il nome, perché mia madre ne ha un paio e le conserva come se fossero una mummia egizia. Le riconosci perché hanno la suola rossa. A me sembrano scarpe come tutte le altre» mi dice, in inglese.
«No, Misha» dice Ivan da lontano. Poi riprende possesso del suo telefono e parla nel ricevitore. «Regalo di troppi soldi. Troppo... come si dice... importante!»
«Se le p-p-p-piacciono tanto quelle scarpe le prenderò. Quanto p-p-possono costare?»
«Duemila euro, tipo. Anche di più forse.»
«Non è un p-p-problema per me.»
La telefonata con Ivan si conclude, quindi, con due nuovi progetti di regalo per Anna: le scarpe che le piacciono tanto, e un biglietto per il concerto dei Radiohead, o meglio, due biglietti. «Compra due, poi lei decide che va con chi vuole» mi ha suggerito Ivan, e spero tanto che non lo chieda a me, perché non ho proprio il tempo né la voglia di assistere a un concerto di gente sconosciuta, per giunta il giorno prima dell'inizio del torneo.
Devo pensare a qualcos'altro, però, se voglio farle un regalo al giorno!
***
Il torneo prosegue, e proseguono i miei regali.
Il secondo giorno (giorno di pausa, per me) le ho regalato una cena speciale. L'ha preparata Guinevere, d'accordo, ma su mia indicazione ed espressamente per lei. Ho chiesto a Guinevere che le cucinasse qualcosa di salutare che allo stesso tempo potesse metterla di buonumore.
Le ha preparato una pasta con un sugo a base di pesce, fragole e mentuccia e non so cos'altro, e un dolce al cioccolato per dessert. Un dolce vero, che ha mangiato solo Anna! Ne è sembrata molto contenta.
Il terzo giorno sono stato eliminato dal torneo. Troppi pensieri e troppi impegni, troppa poca testa. Ho giocato malissimo, facendo uno sproposito di doppi falli. Ma non importa, pazienza: è vero che l'anno scorso questo torneo l'avevo vinto, ma i punti persi qui li ho recuperati in parte con la finale di Montréal. Non è grave. Sono sempre numero tre. La cosa importante, adesso, è la salute mentale di Anna.
Oggi l'ho vista davvero giù di morale. Molto più dei due precedenti. Stanca, un po' apatica. È il giorno in cui le darò i biglietti per il concerto dei Radiohead, che ho comprato online. Glieli consegno in serata.
Quando li prende e legge cosa sono comincia a saltellare, stringendoli al petto. «Woooo! Ma lo sai che ci avevo fatto un pensiero? Però alla fine avevo deciso di non fare niente, perché pensavo che non avrei mai avuto il tempo...» Si avvicina e mi prende le mani. «Ci vieni con me?»
Ecco. Lo sapevo che me lo chiedeva! Rifiuto gentilmente e le spiego che non ho tempo, e per giunta non conosco nemmeno la musica di questi Radiohead. «V-vai con chi vuoi tu. E se non trovi nessuno, puoi andare anche sola.»
Anna all'improvviso si incupisce. Incrocia le braccia e la sua espressione si fa sospettosa. «Michele... perché tutti questi regali? Vuoi farti perdonare per qualcosa? Ieri la cena, l'altroieri la rosa, oggi il concerto...»
Non mi va di spiegarle ciò che mi ha detto Raffaele sulla depressione e le crisi di astinenza, lo trovo un discorso un po' pesante, quindi le dico semplicemente che mi dispiace di averla strapazzata troppo e che le farò un regalo al giorno per sette giorni, per tirarla su di morale.
«Non so sssse saranno t-t-tutti belli come questo, ma...»
«Non serve» mi interrompe.
«N-no, ormai ho deciso e lo faccio.»
Anna abbassa lo sguardo. «Grazie.» Mi sembra un po' a disagio, e non capisco perché.
***
Il quarto giorno, l'ultimo che trascorreremo a Cincinnati, il regalo è una seduta di massaggi e trattamenti in una SPA. Quale regalo migliore per alleviare lo stress? Anna lo apprezza molto.
E infine arriva il giorno delle famose scarpe Louboutin. Ieri pomeriggio sono andato a prenderle di persona in una boutique in centro a Cincinnati, insieme a Ivan, subito dopo la mia seduta di allenamento pomeridiana mentre lei stava alla SPA. Ho rubato un paio di scarpe eleganti dal guardaroba di Anna (ne ha davvero tante, non credo si sia accorta che gliele ho prese, e poi le ho rimesse dove le ho trovate), e le ho portate con me, in questa boutique.
Era la prima volta in vita mia che entravo in un negozio di abbigliamento (di scarpe, a essere precisi, vendevano solo scarpe). Quando l'ho detto a Ivan se n'è stupito molto. Ho mostrato a una commessa le scarpe di Anna, e lei ha fatto un'espressione disgustata: «These are fake guccis» ha commentato. Non so cosa siano dei guccis. Le ho spiegato che vorrei regalare alla proprietaria dei guccis un paio di scarpe. La commessa ha cominciato a farmi delle domande: che tipo di scarpe? Non lo so. Sandali? Aperte? Chiuse? Stilettos? Boots? Ha cominciato a elencare termini che non avevo mai sentito in vita mia e che immagino fossero modelli di scarpe. Ivan era molto divertito dalla cosa. «Smettila d-d-di ridere e aiutami!» gli ho detto. Ma lui continuava a ridere.
Alla fine abbiamo deciso per un modello di sandalo dell'ultima collezione, uno dei più popolari, a detta della commessa.
Ho chiesto se potevano farmi una confezione regalo e si sono limitati a metterlo in un sacchetto con il loro marchio e chiudere il sacchetto con un adesivo. Ma che razza di confezione regalo è? Non ho detto loro niente, ma appena io e Ivan siamo usciti me ne sono lamentato con lui. Anche questo lo ha fatto ridere. «In negozi fanno così sempre» ha commentato. «Cosa volevi, pacchetto con carta colorata e ribbon?» «Sì! C-con la bustina di mmmmarca si capisce subito cosa c'è dentro. Ma sono scemi?» Ha riso di nuovo.
Insomma, abbiamo recuperato in hotel della carta regalo e del nastro, e ho confezionato io stesso un pacco regalo come si deve.
Ed ecco. Siamo appena entrati nella nostra suite, nell'hotel dove alloggeremo per tre settimane qui a New York, e lo sto porgendo ad Anna, finalmente.
Lei è stanca per il viaggio. Sembra perplessa, ma sorride. «E oggi cosa mi hai preso?»
«Apri!»
Quando lo scarta e vede la scatola di scarpe la sua espressione è impagabile. Spalanca la bocca, gli occhi, dilata persino le narici. Dalla sua gola esce una specie di debolissimo mugolio acuto. Toglie il coperchio alla scatola, estrae le scarpe e le ammira, no, sarebbe più corretto dire le venera. «M-ma, ma... sono... sono stupende, Michele! Sono per me?»
«Sì!»
Ne prova una. «Che meraviglia, mi calzano alla perfezione, ma...» Mi guarda. «Tu sei pazzo! Quanto ti sono costate?»
Mi stringo nelle spalle. «Niente...»
«Non dire cazzate!» Si morde un labbro. «Dio, che belle che sono...»
E d'improvviso sembra triste.
No, non proprio triste. Fatico a decifrare la sua espressione: ci vedo dentro amarezza, perplessità, ma forse anche un po' di rabbia. Perché?
Non sapendo bene cosa fare, mi avvicino a lei, le accarezzo un braccio.
Lei appoggia le scarpe su una poltrona e mi abbraccia. Mi stringe. La stringo anch'io, anche se non capisco bene le emozioni di questo frangente. Continuo ad accarezzarle la spalla, anzi, la schiena, le scapole.
Lei mi infila le mani sotto la maglietta. Perché lo sta facendo?
Ora mi spinge. Cosa fa? Mi spinge verso il letto, mi spinge sul letto, si stende su di me e comincia a spingere il suo pube contro il mio.
Sono paralizzato.
Solleva il busto e si sfila la canottiera, scoprendo il reggiseno, poi con un gesto rapidissimo si slaccia anche quello e resta a seno nudo.
La visione di lei, sopra di me, a seno nudo, non so perché, accende qualcosa in me, e il mio pene reagisce senza che il mio cervello ne stia capendo il motivo. È come se fosse una parte del mio corpo disconnessa da me.
«C-cosa fai?» riesco infine a dire.
«Non è quello che vuoi?» mi chiede.
Cosa? No! Apro la bocca per dirlo, ma non riesco a dirlo, perché in questo momento non sono sicuro di non volerlo.
Ma per fortuna è lei a non proseguire. Resta immobile. «Michele...» dice. «Tu... cosa...? Tu non...» Tentenna.
E ora sul suo viso leggo vergogna. Arrossisce. Stringe le labbra.
Mi ci vuole un po' di forza di volontà, per respingerla, ma devo farlo perché sembra persino più paralizzata di me, la spingo via delicatamente, la metto di schiena sul letto, e poi mi alzo in piedi, mi allontano di qualche passo.
Lei fissa il soffitto in catatonia e si copre il seno con le mani. «Oddio... oddio come sono...» Non finisce la frase.
«P-p-perché l'hai fatto?» le chiedo. «T-t-tu... p-p-perché? Non c-c-capisco.»
Lei si tira su a sedere, le mani sempre a coppa, a coprirle il seno... Io mi sento ridicolo, qui in piedi, con una mezza erezione tra le gambe, e sentirmi ridicolo mi aiuta a farmela passare.
«Perché mi hai regalato quelle scarpe?» mi chiede, con un filo di voce.
Resto qualche istante in silenzio perché non capisco bene la domanda. «T-t-te l'ho detto, io... V-volevo t-tirarti su di morale... cioè...» Ok, forse è il caso di essere più chiaro. «Raffaele mi ha d-detto che l'astinenza può portare a d-d-depressione e io ho p-p-pensato che... i regali c-c-c-che mi fa Ivan mi rendono sss... sempre f-felice, e q-q-quindi volevo aaaaiutarti a superare la p-prima settimana d-di astinenza fa-facendoti un regalo al g-g-giorno.»
Fatico a parlare, ma il suo silenzio è talmente ostinato che mi costringe a finire, tra mille balbettii. Ha la testa bassa. Mi avvicino a lei, un po' titubante.
Lei solleva il viso di scatto e mi parla in tono irritato, quasi offeso. «Non puoi regalarmi delle scarpe da duemila euro e pensare che io non pensi che...» Sospira. «Scusa, giri di parole, cioè... Dio che imbarazzo...» Sospira di nuovo e il suo sguardo si perde nel vuoto. «Io sono abituata che quando gli uomini mi fanno regali così costosi vogliono solo una cosa da me.»
«C-cioè tu stavi... volevi fare... s-s-sesso con me per... perché ti ho regalato le scarpe?»
«No. Io credevo che tu volessi fare sesso con me. Io... cioè, non ero sicura, all'inizio, ma poi tu mi hai abbracciato e mi accarezzavi la schiena e...»
«Io... c... c-cosa? Io ti accarezzavo la schiena perché mi sembravi t-t-triste!»
«Io ero triste perché pensavo che tu stessi cercando di comprarmi. E... mi avevi deluso, e... non pensavo che eri quel tipo di uomo, e invece... cioè, in realtà non lo eri e avevo frainteso tutto perché vivo ancora in questa mentalità marcia.» Anna ha le guance color porpora e gli occhi fissi al pavimento.
Mi avvicino a lei, le siedo accanto. «N-n-non mi sto sedendo qui p-p-perché voglio fare sesso, g-g-giuro...»
Lei fa una risatina, che però dura solo pochi secondi. «Lo so, Michele, lo so...» dice in tono triste.«Mi sento così stupida, adesso. Sei la persona più pura e priva di malizia che abbia mai conosciuto e... come posso aver pensato che stessi cercando di comprarmi? Mi faccio schifo. Sono marcia in testa.»
Le poggio una mano sull'avambraccio. «P-perché l'hai fatto, se non volevi?»
«Perché sono troia dentro!» sbraita, poi prende un grosso respiro interrotto. «Perché mi sentivo in debito con te» aggiunge a un volume più normale.
«No, no!» Scuoto la testa. «Aveva ragione Ivan...» mormoro.
«Pensa anche lui che sono una troia?» dice lei con un filo di voce. Sembra mortificata.
«Eh? No!» Esclamo. «No, intendevo, s-s-sul regalo... Mi aveva d-d-detto di non comprarti le Louboutin perché i regali troppo c-c-costosi sono impegnativi, e infatti... infatti tu hai ff-f-frainteso. Sono st-t-t-ato stupido. Ma Andrej mi ha detto che ti piacevano tanto, e allora ho pensato... Sai, trovare regali per sette giorni non è facilissimo... E a me duemila euro non cambiano niente... e...»
«Ti ha detto Andrej che mi piacciono le Louboutin?» fa un mezzo sorriso.
«Sì, me l'ha detto lui.» Mi stringo nelle spalle vergognandomi un po'. «Non sono tanto bravo a pensare ai regali, e allora ho chiesto consiglio a Ivan. Andrej ci ha sentiti e... mi ha detto anche che il tuo gruppo preferito sono i Radiohead e che ci sarebbe stato un concerto a New York proprio nelle date dello US Open.»
Il sorriso di Anna si allarga. «Dei Radiohead mi ricordo bene di averne parlato con lui, ma non mi ricordavo di avergli detto che mi piacciono le Louboutin... Chissà perché gliel'ho detto? Non parlo spesso di moda, con lui, non è un argomento che gli interessa.»
«N-non lo so...» Perché lo chiede a me?
Anna è di nuovo abbattuta. Si sta ancora abbracciando il seno nudo. Raccolgo la canotta che aveva buttato a terra e gliela porgo, lei se la infila. «Pensi tanto male di me?» sussurra.
«P-perché dovrei?»
Lei mi sorride. È un sorriso triste. «Continuo a chiedermi come posso aver pensato che volevi un favore sessuale in cambio delle scarpe. Tu non sei meschino. Io sì, invece.» Scuote la testa. «A volte mi faccio schifo...»
«Io p-p-più che altro non ho ancora capito p-p-perché lo stavi facendo se non volevi farlo.»
Anna alza le spalle. «Te l'ho detto, ci sono talmente abituata... è diventato tipo un riflesso automatico.» Fissa il vuoto, tira su col naso, deglutisce. «La mia testa mi dice: ok, è arrivato il momento, lui lo vuole, lo faccio. Perché lui mi ha fatto un favore e l'unico favore che lui vuole da me è questo.» Poi mi guarda, inclina la testa. «E mi sono ricordata di quando l'abbiamo fatto, mi ricordo che ti era piaciuto, ho pensato: vuole farlo di nuovo, si è stufato di dormire abbracciati come due fratelli. E... e devi capire che io nella mia vita ho conosciuto solo due tipi di uomini: quelli che mi vogliono scopare sempre, e quelli che non vogliono farlo perché sono gay. Tu non rientri in queste due categorie. A volte faccio fatica a interpretarti.» Deglutisce. «Sai, io credo che non devo disintossicarmi dalla coca, ma da questo modo che ho di vivere il sesso. Credevo di essere diventata una donna forte e indipendente con uno schiocco di dita, così, solo perché l'ho detto, ma è evidente che ci devo ancora lavorare tanto. Dovrei fare un reset completo della mia testa.»
Non so cosa dire. Mi mette un po' in imbarazzo. «S-scusa se ti ho preso quelle scarpe» è l'unica cosa che mi viene in mente.
Lei ridacchia. «Ma scherzi? Sono stupende... Posso... posso tenerle?»
Sorrido. Annuisco.
Anna allora indossa le scarpe e poi si mette a camminare avanti e indietro guardandosi al grande specchio del guardaroba. Sorride. Menomale, è di nuovo felice.
«Tutto ok, Michi?» Mi chiede, guardandomi dallo specchio. «Per prima, dico... Scusa se sono un disastro.»
Le sorrido anch'io e alzo i pollici.
Si gira verso di me e mi tende le braccia. «Vieni qui e abbracciami.»
Ci abbracciamo.
«Ti ricordi, a Capriva, quando hai detto a tuo... a Nicolò che sono la tua migliore amica?»
«Uhm... sì?»
«Lo pensi davvero?»
«Sì, certo!» Forse sarebbe più corretto dire che è l'unica.
Mi stringe più forte. «Anch'io lo penso di te.»
Quello che dice mi emoziona. La cingo con le braccia e appoggio la guancia alla sua testa.
«Non ho mai avuto un amico come te.»
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Note note note ♫
Oddio che momenti di disagio gravissimo. Anna è un basket case pure peggio di Michele, ha davvero tanti tanti problemi da risolvere, nella sua vita e nel suo modo di rapportarsi agli uomini. Per fortuna, almeno stavolta, sembra essere finito tutto bene.
Avviso: due piccole modifiche
Ho fatto due modifiche importanti nei capitoli scorsi. Per la prima devo ringraziare YellowRust, che mi ha fatto notare che il titolo del capitolo 83, Bambino cretino, suonava un po' male, considerando che si trattava del capitolo in cui esplodono i disturbi alimentari di Michele. Devo dire che concordo, quindi ho deciso di cambiarlo con un più neutro Mal di pancia, che secondo me è persino più pertinente all'intero capitolo, in senso anche metaforico (nota: ho cambiato solo il titolo, Anna continua a dare a Michele del cretino nel testo).
La seconda modifica è più sostanziosa e riguarda il capitolo scorso. La lettrice VKappa mi ha criticato una eccessiva freddezza di Michele, Raf e Vanja dopo la rivelazione che Anna ha problemi di dipendenza. È un difetto che mi è saltato all'occhio lampante non appena me l'ha fatto notare: in effetti mi ero preoccupata più delle spiegazioni di Raffaele che di dipingere una scena emotivamente verosimile. Ho quindi aggiustato il tiro degli scambi, aggiunto qualche riflessione di Michele, qualche espressione di turbamento da parte di Ivan e Raffaele (soprattutto quest'ultimo), ho moderato un po' le parole di Ivan (la ripetizione della battuta sul troppo sesso era decisamente fuori luogo, Ivan sarà anche un po' stronzo e troppo allegro, ma non è un sociopatico, quindi ora la dice una volta sola). Mi sono anche resa conto che farli restare a finire l'intera cena con Anna lontana e in difficoltà emotiva era un comportamento inverosimile, quindi ho anticipato una prima risposta di Anna ai messaggi di Michele e fatto finire la cena dopo la prima portata. Spero che adesso funzioni meglio. Secondo me sì, e ringrazio ancora la lettrice di avermelo fatto notare e anche la già menzionata YellowRust che mi ha dato ulteriori dritte e consigli.
Nota: le modifiche le ho fatte venerdì sera, quindi se avete letto il capitolo sabato o domenica avete già letto la versione cambiata.
—
Detto ciò, lo so che voi stavate aspettando con ansia la soluzione all'enigma della scorsa settimana. E c'è una lettrice che mi ha mandato la soluzione su Telegram (a proposito: iscrizioni sempre aperte)! La provetta enigmista Laurapia90, che per aver risolto il giuoco vince un bell'applauso di tutti i lettori (fate un applauso, grazie), ha trovato il messaggio nascosto: accendi la stella! Interessante, non trovate?
E per quest'oggi vi lascio solo con questo monito, ché troppi giuochi enigmistici affaticano il cervello. Magari ne preparo uno per il prossimo capitolo, che arriverà regolarmente giovedì!
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