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64. In onore dei vecchi tempi

Per Wimbledon Ivan si è tinto i capelli di viola. Ottima scelta, è uno dei tre colori del torneo: verde, viola e bianco. Molto meglio di quell'orribile rosso che sfoggiava l'anno scorso.

Ivan non ha vinto Roma. È uscito in semi, battuto da Thaler, che poi si è fatto a sua volta battere da Molina. Grazie a quei quarti è diventato numero trentasei del mondo.

Quanto al Roland Garros, è uscito al primo turno, battuto da Spadaro, un tennista siciliano sconosciuto che ha avuto un exploit inaspettato arrivando in semi, dove io stesso l'ho battuto. Non ho vinto il mio secondo Slam, purtroppo: c'era Molina in finale, e Molina al Roland Garros ha perso solo due incontri in tutta la carriera.

Due. Due singoli incontri in quindici anni.

Credo sia uno dei dati statistici più impressionanti di qualsiasi sport.

Ma è stata la mia terza finale Slam di fila, non posso lamentarmi. E qui a Wimbledon voglio raggiungere la mia quarta. E la mia seconda vittoria. 

L'unica cosa che potrebbe distrarmi da questo obiettivo è Sara.

Sono un po' preoccupato per lei.

Negli ultimi tempi è un po' inappetente. Anna l'ha portata dal veterinario e mi ha detto che sta bene e che mangia poco a causa della dieta troppo monotona e della poca attività fisica.

Le ho comprato della pappa umida al posto delle crocchette, e mi sembra le piaccia un po' di più.

«Ha mangiato?» mi chiede Anna, uscendo dal bagno coi capelli umidi.

«Se le dò la p-p-pappa col dito mi pare che la lecchi volentieri...»

«Dovresti lasciarla in pace. Ai cani piace mangiare da soli» commenta gravemente mio padre.

Alloggiamo tutti insieme in una casetta, qui a Wimbledon, vicinissima all'All England Club: siamo io, papà, Anna, zia Elena, Ethan e Armando. Per fortuna Daniele ha preferito alloggiare in hotel con Maria e la bambina, altrimenti sarebbe stato il caos. È affollato già così, nonostante sia un appartamento piuttosto grande.

Ho riflettuto a lungo sull'opportunità di portare Sara a Londra: il volo è uno stress, anche se, essendo Sara di piccole dimensioni, viaggia con me e non in stiva. Ma l'alternativa era lasciarla a Capriva con mio nonno, e il nonno i cani li tiene in cortile. Si sarebbe preso cura di lei dal punto di vista medico, e le avrebbe dato da mangiare, ma Sara sarebbe rimasta sola. Secondo me è più felice insieme a me e Anna, che sta con lei quando io non ci sono (Sara le si è affezionata subito): i cani hanno bisogno di amore. E in quanto alle cure, anche qui a Londra ci sono veterinari molto bravi.

Trascorro altri quindici minuti con lei e finisce tutta la pappa.

Ecco. Con il cibo giusto sarà facile farle tornare l'appetito!

***

Vorrei stare con Sara tutto il giorno, ma non posso: sono un atleta e il mio mestiere è allenarmi. E comunque Sara è qui, a bordo campo con Anna.

L'allenamento di oggi è insieme a Ivan.

È la prima volta che accetto di fare una sessione con lui. Due ore di palleggio e punti.

Ho seguito il consiglio di Raffaele. Ho cercato di studiare il gioco di Ivan. Continuo a pensare che ci sia un abisso tra me e lui, ma non sono cieco: vedo quali sono gli elementi del suo gioco che mi mettono di più in difficoltà. Mi sono guardato tutti i suoi match ATP e qualcosa anche del circuito Challenger. Ho seguito la sua evoluzione. Ho fatto l'errore di pensare che fosse rimasto sempre identico e identicamente caotico. Ma guardando i suoi match comincio a vedere una certa logica, in mezzo al caos. Dei pattern. Delle variazioni a seconda dell'avversario che ha davanti.

È anche per questo che ho accettato la sua proposta di allenarci insieme. Voglio studiarlo. 

Era felicissimo quando gli ho detto di sì.

«Facciamo un po' di punti? Mini-set?» mi propone dopo un'ora e un quarto di palleggio, con papà alle mie spalle in silenzio quasi totale e un Raffaele, al contrario, molto ciarliero con Ivan.

Con il beneplacito di papà accetto. Un set a quattro senza vantaggi, stile Next-Gen Finals.

Lo vinco io con un break, e molto rapidamente: venti minuti sì e no. Anna, che ha fatto il tifo per me, esulta facendo battere le zampette a Sara. Abbiamo altri venticinque minuti. 

«Rivincita?» mi implora Ivan.

In realtà io ho in mente qualcos'altro. «Prima p-p-posso chiedere un favore a Raffaele?» dico avvicinandomi alla rete.

Raffaele sembra incuriosito. «Dimmi.»

«Posso palleggiare c-c-cinque minuti con te?»

Scoppia a ridere. «Neanche per sogno!»

«Ti pago, se vuoi. È d-d-d-dall'anno scorso che ci penso: da q-q-quando mi hai mostrato quel mmmeraviglioso dropshot, proprio qui a Wimbledon.»

«Cos'è questa storia?» chiede mio padre in tono seccato.

«Non è una questione di soldi, perché dovresti palleggiare con un vecchio ciccione come me? Non ti servirebbe a niente, e io farei una figuraccia.»

«Voglio vederti g-g-giocare di nuovo.»

«Di nuovo? Quand'è che mi hai visto?» Fa un cenno a mio padre. «Gli hai mostrato dei video?»

Quali video? Papà possiede dei video di Raffaele? Girati come? Dove? Da chi?

Ivan guarda la scena facendo roteare la racchetta sul dito, e fa la domanda che avrei voluto fare io: «Quali video?»

«Hai dei video?» chiedo a mio padre.

Raffaele mulina la mano. «Ne avrà ore e ore! Con quella tua telecamera costosissima... all'epoca costavano un sacco, le telecamere portatili... Andava a VHS, no?»

Guardo mio padre. Non avevo idea che avesse dei vecchi video! Mi chiedo se ne esistano anche della mamma. «Me li mostri?» lo prego.

«Quelle videocassette non so neanche più dove sono... Cos'è tutto questo improvviso interesse?» mi chiede papà. 

«S-s-sono sempre stato interessato a lui» rispondo, «da q-quando mi ha fatto vedere quel dropshot l'anno scorso.» Guardo Raffaele: «È il d-d-dropshot più bello che abbia mai visto in vita mia.»

«Esagerato» esclama Raffaele.

«Dico davvero. Ho c-c-cercato tuoi video online, ma ce n'è solo uno in cui si vede bene qualche colpo.»

«Nineteen years old Raffaele Novelli? Quello? Sì, era uno dei video di tuo padre, qualche giornalista mi pare ne aveva fatto una copia e la copia è girata. Ma ne esistono molti altri.»

«È come se non li avessi, non so più dove sono» commenta papà seccatissimo.

Vorrei chiedere di più a papà riguardo a questi video, ma è evidente che non abbia voglia di parlarne. Quindi mi rivolgo a Raffaele. «Eri... cioè, da quel p-p-poco che si vede sembravi...»

«Bravissimo» completa mio padre. «L'Italia avrebbe potuto avere il suo Robert Straussler. Potenza, eleganza, intelligenza. Ma mancava la cosa più importante. La stabilità mentale.»

Mio padre e Raffaele si fissano in silenzio con delle espressioni che fatico a decifrare. Mio padre sembra triste, deluso, forse. Raffaele sembra quasi commosso.

«Senti, visto che siete in vena di cazzeggio...» Raffaele guarda l'orologio. «...ti propongo cinque minuti di pausa. Bevete un po' di integratore e farò qualche palleggio. Ma non con te. Con un avversario più alla mia portata.» Guarda mio padre. «Nic, ti va di fare due tiri?»

Se qualcuno avesse proposto a mio padre di denudarsi e mettersi a fare saltelli in mezzo al campo credo che avrebbe avuto un'espressione meno sconvolta.

«Yeeeeeah!» Grida Ivan alzando la racchetta al cielo. «Sì sì sì, fight! Io e Misha su bordo campo a fare tifo!» Porge la racchetta a Raffaele, mentre mio padre alza le mani. 

«No, no» dice, «io...»

Gli mostro la mia racchetta.

Papà scuote la testa.

«Eddai, Nic!» Raffaele lancia piano una pallina con la racchetta, la pallina rimbalza sulla spalla di papà. «Hai paura di perdere contro un vecchio ciccione?»

Mio padre stringe le labbra. «Questi trucchetti psicologici patetici non attaccano con me. Michele deve allenarsi.»

«Cinque minuti. In onore dei vecchi tempi.» Raffaele sorride.

E incredibilmente, anche a mio padre scappa un mezzo sorriso. Per un secondo appena, ma gli scappa. È così strano mio padre, quando sorride.

Se non approfitto di questo istante potrei perdere l'occasione. Allungo la racchetta verso mio padre, il manico rivolto a lui.

Che la afferra stizzito. «E va bene! Cinque minuti!»

«Whohoo!» grida Ivan in falsetto. «Forza Raf! Distruggilo!»

«Forza p-p-p-papà!» mi sento in dovere di gridare, ma in realtà preferirei tifare anch'io per Raffaele. 

Andiamo verso il bordo campo, dove è seduta Anna, e suggerisco a Ivan di prendere una terza sedia dall'altro del campo. Ma lui dice di volersi mettere a terra. Io prendo posto sulla sedia accanto ad Anna, do una carezza a Sara, che scodinzola. Anche Anna chiede educatamente a Ivan se voglia il suo posto.

«No, è bellissimo seduto su prato» ribatte lui. «Mi sembra di essere in pic-nic. Come si dice pic-nic in italiano?»

«Pic-nic» diciamo all'unisono io e Anna.

Ivan ride. Cosa c'era di divertente?

«Da quant'è che non fai un po' di palleggio serio?» dice mio padre a Raffaele, preparandosi a servire. «Io mi alleno regolarmente, sai?»

Papà serve. Non troppo forte ma ben piazzato.

«Quarant'anni che ti alleni e ancora non sei riuscito a levarti quella scopa dal culo?»

Raffaele è volgare, ma mi strappa una risatina: papà è davvero legnoso quando gioca, lo è sempre stato, e la definizione di Raffaele mi sembra azzeccata.

Scambiano un po', colpi lenti e tagliati tipici del gioco senior. Ma Raffaele si è trasformato. 

Riesco a vedere il corpo di un giovane meraviglioso, sotto gli strati di rughe e grasso: l'eleganza, l'intelligenza di cui parlava mio padre. Ci sono ancora tutte.

I primi punti li fa papà, per il semplice fatto che è più agile, ma quando il servizio passa a Raffaele le cose cambiano. Comanda il gioco, e praticamente da fermo infila quattro punti uno più bello dell'altro. Sul dropshot che gli consegna il game non posso evitare di applaudire.

«Questo era per te» mi dice Raffaele.

«B-b-bellissimo!»

«Le tue famose palle corte» commenta papà, e mi sembra di sentire nostalgia nella sua voce.

«Che bello» dice Ivan, appoggiandosi all'indietro sulle mani.

«Mi sembra che giochino un po' lenti» sussurra Anna.

«È normale» le dico, «sono over cinquanta.»

«E Raf è over cento chili!» aggiunge Ivan.

«Non sparare cazzate, peso novantadue chili, sono dimagrito di tre negli ultimi due mesi» puntualizza Raffaele.

Cioè pesa due chili più di me ma è alto dieci o dodici centimetri in meno. E si vede.

Passano i minuti e la partita si fa più combattuta: sono entrambi molto sudati e la stanno prendendo sul serio. Non ho alcuna intenzione di fermarli, nonostante mi stiano rubando tempo di allenamento. Mi piace troppo guardare Raffaele: ogni colpo che fa sembra uscito da un manuale del tennis perfetto.

Mi ricorda la mamma. Mi ricorda incredibilmente la mamma. 

«Vanja!» È la voce di Daria. Era parecchio che non la incontravo di persona, dagli US Open l'anno scorso. Sta venendo da noi, in compagnia di Andrej, che si è finalmente fatto crescere la barba. Non mi piacciono le barbe, ma devo ammettere che non gli sta affatto male.

«Hey, Pirate King!» lo saluta Anna, sventolando la mano.

«Hi Superpussy» le fa lui.

Lei scuote la testa. Ma ride sotto i baffi.

Daria dice qualcosa a Ivan in russo.

«Huh!» Esclama lui. Poi mi guarda. «Mi ha appena detto sfansafatica!»

«Scansafatiche» lo correggo.

«Concordo con Dasha» grida Raffaele dal campo, mentre infila mio padre a rete con un passante.

«Cosa ci fate seduti sul prato?» Daria chiede a Ivan, parlando finalmente in inglese. Mette le mani ai fianchi.

«È bellissimo, vieni anche tu!» Ivan batte la mano sull'erba accanto a sé e lei va a sedersi. Chissà se si sentono mai in imbarazzo l'uno con l'altro dopo essersi lasciati? Intanto anche Andrej si siede, a terra, alla destra di Anna.

Ivan ripete a Daria la stupidaggine che ha detto anche a me sul pic-nic. Glielo dice in inglese. È sempre attento a non tagliare nessuno fuori dalla conversazione. A differenza di Daria che appena può parla in russo.

«Pic-nic a Wimbledon?» chiede Daria.

«Sì, è il mio sogno!» risponde Ivan. «Sul centrale, di notte! Con le candele!»

Lei ride. «Meraviglioso!»

Impossibile di notte, ribatto a Ivan. Coprono i campi, di notte.

Daria schiocca la lingua. «Tu sai sempre come rovinare i sogni romantici della gente» mi dice con stizza.

«Aspetta, aspetta...» Ivan si rivolge a me. «Coprono i campi? Che intendi dire?»

Resto qualche secondo in silenzio, incredulo.

«Quanto sei ignorante!» lo prende in giro Andrej.

Come è possibile che non hai mai visto i campi di Wimbledon di sera, dopo le nove, gli dico.

Ivan scuote la testa.

E quindi gli spiego che di notte mettono sopra ai campi delle coperture rialzate, sotto le quali ci sono degli spray d'acqua che mantengono l'erba umida.

«Oh...» L'espressione affranta di Ivan mi fa pentire di avergli detto la verità.

«Contento adesso?» mi fa Daria a denti stretti. «Hai appena rovinato il suo sogno con il tuo OCD!»

Vorrei chiederle cos'è un OCD ma non mi sembra il momento.

È Ivan a parlare. «Naah» dice alzando le mani, «era comunque un sogno impossibile! Un pic nic sul centrale a mezzanotte?» Scuote la testa. «Impossibile! Anzi, sono contento che mi hai detto la verità, così smetto di fare sogni idioti.»

Daria mi lancia comunque un'occhiataccia finale.

Ha ragione a disprezzarmi. Mi duole ammetterlo, ma ha ragione.

Io e la mia stupida mancanza di fantasia! Perché ho dovuto dirgli quella cosa?

«Ehi, non ti buttare giù» mi sussurra Anna in un orecchio. «Miss puzza sotto il naso parla così solo perché è gelosa di te.»

«Non ha m-motivo di esserlo» le rispondo. «Dici che le p-piace ancora Ivan?» 

«Cosa state dicendo che non possiamo sentire?» si intromette Andrej.

«Che sei un antipatico ficcanaso barbuto» gli dice lei in italiano. Ivan ride.

«Cosa? Cosa ha detto?» chiede Andrej in inglese. «Eddai! Ditemi cosa ha detto!»

Rido anch'io, mentre rivolgo di nuovo la mia attenzione alla lotta che sta avvenendo in campo tra papà e Raffaele. Non durerà solo cinque minuti. Ne sono  già passati dieci. Durerà fino alla fine dell'orario di allenamento.

Tanto vale che cominci a fare un po' di stretching.

Mi siedo anch'io a terra per allungare i muscoli delle gambe.

«Oh, benvenuto al nostro pic-nic!» esclama Ivan in inglese.

Sorrido.

E nella mia testa comincia a formarsi un'idea.

Mi chiedo a che ora di preciso mettano le coperture sui campi. Ci sarà un lasso di tempo in cui rimangono scoperti e vuoti?

E se provassi a sfruttare quel piccolo lasso di tempo?

E se provassi a organizzare un pic-nic per Ivan?

- -

Note note note

Un picnic a Wimbledon? Ma siamo impazziti? Secondo voi Michele riuscirà o no a organizzarlo?

Ah, l'erbetta bagnata di Wimbledon di prima mattina... avete mai visto un prato cosparso di rugiada, illuminato dal sole appena sorto? Non pensate anche voi che le gocce di rugiada sembrino tante scintillanti stelline? Forza, raccogliete una gocciolina e lasciatemela in cima al capitolo!

Ci rileggiamo mercoledì!

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