56. Icona di stile
«C-c-cosa hai fatto di male?» le chiedo. «Perché dovrei pensare male di te?»
«Il fatto è che...» Sbuffa. «Quando ho capito che era stato Fernando a mettermi i bastoni tra le ruote, con un po' di insistenze sono riuscita a ottenere un appuntamento con lui, di persona. Per... per chiedergli spiegazioni e...» La sua bocca si storce. «No, non è vero. Non è vero! La mia intenzione è sempre stata una sola.»
Resta in silenzio per un po', perciò le chiedo: «Cioè?»
«Non ci arrivi?»
«Volevi... ucciderlo?»
«Cos... ucciderlo? Ma sei pazzo?»
Scuoto la testa. «Non lo so! Mi hai d-d-detto che era una cosa terribile, e questa è la cosa più t-t-terribile che mi viene in mente.»
Fa una risatina. «No... sei così ingenuo... Volevo scopare con lui.»
«E perché? Ti aveva fatto un t-torto!»
Alza gli occhi al cielo e scuote la testa. «Proprio per quello! Perché pensavo che se ci scopavo lui ricominciava a farmi lavorare. Esattamente come pensavo che se venivo qui e ti facevo un pompino tu mi aiutavi...» Abbassa la testa, e vedo le sua guance arrossire di nuovo. «Dio, mi faccio schifo da sola.»
Perché continua a ripetere quella frase?
Scuoto la testa anch'io. «Ma come puoi p-p-pensare una cosa simile? Come puoi p-pensare che qualcuno ti aiuti s-se... se fai q-queste cose? C-cioè...»
Sospira. «Avevo ragione quando dicevo che sei un bambino... sei ingenuo come un bambino, e tra parentesi non lo dico come una brutta cosa. Comunque... nel mio mondo è così che funziona.»
«Che funziona cosa?» le chiedo.
«Io voglio diventare famosa, ok? Se vuoi essere famosa devi scoparti qualcuno di importante che ti fa entrare nel giro e ti fa lavorare, ti fa entrare in tv... oppure un agente che ti trova i lavori giusti.»
Sono orripilato. E credo che lei me lo legga in faccia perché fa una smorfia offesa e dice: «Ecco, lo sapevo che pensavi male di me...»
«Non penso male di te, p-p-penso che è terribile che devi fare queste cose!»
«È così che funziona» ribadisce.
«Ma te lo chiedono? T-ti minacciano?»
Scuote la testa. «Minacce no... diciamo che te lo suggeriscono. O tentano approcci.»
«Ma non è p-p-possibile che devi fare queste cose, t-tu sei così bella! Tutte le c-c-case di moda dovrebbero volerti come modella!»
Mi sorride. «Lo pensi davvero?»
«Cosa? Che sei bella? C-chiunque lo pensa, lo sei!»
Abbassa la testa. Sembra triste.
«C-cosa ho detto di male?»
«Niente, niente... Se solo tutti gli uomini fossero come te...»
«Ma poi... non è illegale c-che ti chiedano cose simili? Perché non li denunci?»
«Perché se li denuncio non lavoro più.»
«Ma c-cosa dici! Io sono sicuro che...»
«Fidati» mi interrompe, «nessuno vuole lavorare con una che crea problemi.»
«Ma non è g-g-giusto!»
Lei alza le spalle, mi guarda, è seria. «Mi sono approfittata di un sistema marcio comportandomi in modo marcio. Ho avuto i miei vantaggi. Non dovrei lamentarmi.»
Non so cosa aggiungere. Ma continua a sembrarmi un sistema molto ingiusto.
«E... e quindi c-con Fernando... anche lui si è comportato così?»
Mulina la mano. «Mica solo una volta... è così che mi sono fatta ingaggiare dalla Star Match. E poi... quel giorno... È stato un paio di settimane fa... Ho pensato... lo seduco e magari ci ripensa. E lui mi ha scopata, sai? Non si è fatto nessun problema a scoparmi. E poi mi ha detto di andarmene e che tu eri il suo cliente più importante, quello che porta più soldi alla sua agenzia, e che...» Deglutisce. «E che non ci pensa due volte a mollare una... una troietta, mi ha chiamato, una troietta il cui unico merito è avere le tette grosse.» Fa una smorfia amara e si stringe nelle spalle. «Vedi, quando prima ti dicevo che sono sempre pronta a offendermi quando qualcuno mi dà della puttana... ecco... è perché in fondo lo sono.»
«Ma no, non è vero...» le dico avvicinandomi. Le metto una mano sul braccio. Non pensavo che Fernando fosse una persona così... così...
«Sì che è vero. Sono una troia. L'unico motivo per cui sono venuta qua è che volevo fare la troia con te» dice in tono asciutto.
«Hai tante qualità» le dico.
«Quali, oltre le tette e la bellezza?»
«Vai all'università!»
Fa spallucce. «Non vuol dire niente...»
Guardo il castello di Hogwarts, l'ala che abbiamo costruito. «Sei b-brava coi Lego.»
Scoppia a ridere. Ma è una risata un po' triste.
«E comunque...» proseguo. «Università a p-parte... non ti conosco tanto, ma mi sembri una ragazza intelligente.»
«Mica tanto...» commenta lei, di nuovo mogia. «Se fossi intelligente non sarei in questa situazione.»
«Sai che io non ho neanche fatto le superiori? Ho la t-terza media.»
Mi guarda aggrottando le sopracciglia: «Davvero?» Sembra stupita.
Annuisco. «Non avrei mai avuto il t-t-tempo, con gli allenamenti. Ho f-f-fatto qualche corso con d-d-degli insegnanti privati.»
«Oh...» Fa spallucce. «Non ti sei perso niente, le superiori sono una merda. Io ho fatto il liceo delle scienze sociali, tre ragazzi e venti ragazze, tutte invidiose di me perché già lavoravo.»
Le chiedo che tipo di lavori facesse quando era più piccola, e scopro che la madre ha cominciato a farle fare pubblicità e servizi fotografici quando aveva appena tre anni.
«So cosa stai pensando» commenta. «No, per fortuna non ho mai incontrato pedofili.»
«Non lo stavo p-p-pensando» ribatto scandalizzato, ed è vero: non mi sarebbe mai potuta venire in mente una cosa tanto orribile.
«Quando ero piccola sono quasi sicura che fosse mia madre a scoparsi i produttori e i direttori casting per farmi lavorare.»
Mi prendo la testa tra le mani e la scuoto. È davvero un sistema terribile. «Nel t-t-tennis non è così! Se hai talento e lavori d-duro emergi. Io sono sicuro che mio p-padre non ha mai fatto niente di simile per me!»
Anna ride. «Voi siete uomini, è diverso. Gli uomini non sono mai costretti a fare cose simili.»
«Io sono sicuro che anche le t-t-tenniste emergono grazie al loro d-duro lavoro.»
Alza un sopracciglio: «Tu dici, eh?»
«Certo! Sono c-competizioni sportive! Vince la p-più forte!»
Si abbraccia le gambe. «Dovevo fare la tennista, allora.»
«Sei alta, con l'allenamento g-giusto avresti avuto un buon servizio.»
«E invece avevo la mamma fissata con la tv.»
Restiamo entrambi zitti per un bel po', forse qualche minuto, lei con la testa rivolta al pavimento e lo sguardo triste, io a ripensare a tutto ciò che mi ha detto. Il comportamento di Fernando mi disgusta e me ne sento in parte responsabile.
«R-r-romperò il mio contratto con Fernando» dico infine.
Anna sgrana gli occhi. «Cooosa? Sei pazzo? Non... non volevo che arrivassi a tanto!»
«Non p-p-posso avere un agente che si comporta in quel modo.»
Anna abbassa la testa. Io ripenso alle mie stesse parole e mi rendo conto che se mollo Fernando non posso aiutarla come mi ha chiesto. Glielo dico e mi do dello stupido.
«Non lo mollare» mi dice lei. «Ma non considerare me in questa decisione. È un buon agente, e se lo molli poi mette i bastoni nelle ruote anche a te.»
«Ok, allora... glielo chiederò. Gli dirò di farti lavorare di nuovo.»
Lei sospira. I suoi occhi si perdono nel vuoto e comincia a scuotere lentamente la testa. «No» dice infine. Mi prende le mani e mi guarda negli occhi con un'espressione determinata. «Sai una cosa? Questo viaggio a Miami non è stato inutile. Parlare con te stasera è stato...» Alza gli occhi al cielo. «Non mi viene la parola...»
Per un attimo penso a Ivan e alle sue difficoltà linguistiche, ed è un pensiero sgradevole, perché mi fa venire in mente la sconfitta. E la scenata che gli ho fatto a rete.
«Catartico! Ecco la parola giusta. Mi sento libera» dice Anna. «Non avevo mai detto a nessuno le merdate che ho fatto. E dicendotele mi sono vista da fuori forse per la prima volta in vita mia. E ho deciso una cosa: non lo voglio fare più. Mai più. Non voglio più avere a che fare con gente di merda e non voglio abbassarmi al loro livello. Non...» Sembra quasi sul punto di piangere, ma si trattiene. Inghiotte.
«E q-quindi... proverai a d-diventare famosa in un altro modo?» le chiedo.
«Sono già abbastanza famosa» dice, con una luce speranzosa negli occhi. «Ho quattrocentomila follower su Instagram. Potrei sfruttare di più i social. Diventare la manager di me stessa! Potrei aprire un canale YouTube!» Il suo entusiasmo sembra smorzarsi all'istante. «Sì, buonanotte... e chi mi fa le riprese?»
«Falle da sola, no?»
«Non sono brava, non ho tanto occhio... e non ho una telecamera HD, che faccio? Uso il cellulare?»
«P-perché no?»
Annuisce, ma con lo sguardo pieno di dubbio. «E di cosa parlo?»
«D-di moda?» suggerisco.
Sorride. «Di moda ne so un casino!»
«Oppure anche di viaggi.»
«Non ho abbastanza soldi per girare il mondo... Pensa che ho chiesto un prestito a mia madre per venire qui a Miami...»
«Vieni c-con me! Seguimi in t-t-tour, io viaggio tutto l'anno!»
Anna sbatte rapidamente le palpebre. «Ma...»
«Ti p-p-pago io i viaggi e gli hotel, a me non p-p-pesa, ho un sacco di soldi che non so c-c-come spendere.»
Mi lascia le mani e fa una faccia offesa. «Ti ho appena detto che non voglio più fare la puttana e mi proponi di fare la puttana?»
«Eh? No!» Agito le mani davanti a me. «N-n-no! P-p-perché finisce sempre che pensi che ti sto dando della p-p-pprostituta? Non... no!» Non capisco cosa, nella mia frase, le abbia fatto fare questo ragionamento. «Pensi mica c-che... g-guarda che io non voglio avere rapporti sessuali c-con te.»
Fa una smorfia. «E ti aspetti che ci credo? Perché altro dovresti volermi intorno?»
«Ti giuro che non p-provo alcun d-desiderio di quel tipo. Volevo solo aiutarti. Mi d-dispiace per tutto quello che ti è successo. E per tutte le inc-comprensioni.»
Incrocia le braccia. «Non ti piaccio più? Prima mi hai detto che sono bella.»
Non so cosa rispondere. Era un commento puramente estetico.
«Posso chiederti una cosa? Quella sera, prima che litigassimo... ti è piaciuto? Perché a me, mentre lo facevamo, mi sembrava che ti stesse piacendo parecchio... L'hai scritto anche sulla chat che eri... com'era? Very captivated. Ma adesso mi dici queste cose. Ti è piaciuto davvero?»
«Yes» dico (mi esce in inglese, non so perché). «M-mi è p-p-p-piaciuto molto, lì per lì. Però era una situazione strana... D-dopo che è successo non ho mai p-p-p-provato il desiderio di ripetere l'esperienza.»
Anna sembra perplessa. «Quindi... non ti è piaciuto davvero...»
Abbasso gli occhi perché sono un po' imbarazzato. «No, mi è p-piaciuto, ti ripeto. Tu p-prima hai d-detto che ti sssenti in colpa d-di aver rovinato la mia p-p-p...» Uff, non riesco a dirlo. «P-prima volta. Ma a me non interessa, v-v-volevo solo p-provare e ssono c-contento di aver p-provato. Cioè, non sono c-c-contento di quello che è successo dopo, però...» Uff, che fatica parlare di queste cose. Però voglio spiegarmi con lei. «Il motivo p-per cui non ci t-tengo a ripetere l'esperienza... è c-che non ci penso spesso, a queste cose. Non mi interessano, in generale.»
La guardo di nuovo, per studiare la sua reazione. Lei inclina la testa, e siccome mi sta facendo pensare al sesso, lo sguardo mi cade sulla sua bocca bellissima e il mio pensiero sulle due fellatio che mi ha praticato, e a smentire tutto ciò che ho detto fino poco fa, il mio pene si agita un po'.
«Quindi... davvero non hai secondi fini?» mi chiede.
Scuoto la testa tenendo gli occhi bassi, per paura che vi possa leggere ciò che ho appena pensato.
«Non posso credere che mi fai un'offerta del genere dopo quell'intervista che ho fatto... pensavo che mi odiassi.»
Non rispondo. Ma scuoto la testa.
«Be'...» prosegue lei. «Sono... sono davvero senza parole. Grazie. Non me lo merito. Grazie di cuore... ma non posso accettare. Non voglio fare la mantenuta. Non voglio essere in debito con te.»
«Non lo saresti, non v-v-voglio i soldi indietro.»
Alza un sopracciglio. «Cosa c'entra, mi sentirei comunque in debito. Mi staresti mantenendo... perché? Chi sono io per te? Una tua dipendente? No. Sono una con cui hai scopato una volta. Stop.»
«Un'amica? F-forse, cioè...» Ce l'avevo, un amico. Mi piaceva avere un amico.
«Non dire cazzate, Michi. Ci conosciamo a malapena.»
Faccio una smorfia. Ha ragione. Io non ho amici. Non ne sono capace.
E non pensare a Ivan, adesso.
Lei scuote la testa. «Certo che tu sei proprio un tipo strano...» Fa schioccare la lingua. «Non ti capisco bene. Non mi conosci, non ci vediamo da mesi, ti ho infamato pubblicamente, mi presento a casa tua per cercare di sedurti in modo bieco, tu non ci caschi perché il sesso non ti interessa, e mi sembri sincero quando lo dici, e... così, di punto in bianco, mi proponi di girare il Tour con te, senza un vero motivo.»
Il motivo c'è, ed è che mi fa pena. E che mi sento un po' in colpa per come l'ha trattata Fernando.
«Questa situazione mi sembra simile a quella della tua chat, sai?» aggiunge.
«C-cioè?»
«L'ho letta, quella chat. Diverse volte. E mi ha lasciato senza parole. Io so che tu non hai rapporti con quelle persone, eppure gli hai raccontato tuoi fatti privati, personalissimi. Perché l'hai fatto? Sembra... non so, scusa se te lo dico, ma sembra come se tu... non sai capire bene i confini dei rapporti con le persone.»
Rifletto sulle sue parole. «Hai ragione. Non s-so p-prendere bene le misure. P-però... questa situazione, c-con te, è diversa.»
«E perché?»
«Be'... intanto ti conosco un p-pochino meglio dei miei colleghi, e poi... m-mi sento responsabile per quello che ha fatto Fernando.»
«Non devi. Non sei stato tu a dirglielo. L'agenzia ti protegge perché sei un loro asset.»
Sospiro. «Quindi... non accetti la mia p-proposta?»
«Di girare il Tour con te?»
Mi stringo nelle spalle. «Sai... forse... t-te lo sto chiedendo anche perché mi sento solo.»
Oggi ho litigato con Ivan. Ho odiato il mio unico amico.
Anna storce le labbra in una smorfia comprensiva. «Vuoi che ti faccio di nuovo da ragazza di copertura?» Sospira. «Non so se è un lavoro» fa delle virgolette con le dita «che voglio fare di nuovo.»
Un lavoro?
Anna mi ha appena fatto venire un'idea!
«T-ti assumo!» esclamo.
Fa una risatina. «E in qualità di cosa?»
Ci penso su qualche secondo, e la risposta è ovvia. Mi batto un pugno sul palmo della mano. «C-consulente di stile!»
«Eh?»
«Sì! Sai, gli eventi, i g-g-gala, le c-cene a cui sono c-c-costretto ad andare... mi scegli i vestiti! Anzi, Ci scegli i vestiti, anche a mio padre e a mia zia!»
Sorride. «Non ho mai fatto un lavoro simile.»
«Ma ne capisci di moda, no? Io e mio p-p-padre ci vestiamo sempre uguale c-con lo stesso completo di sartoria... c-che per giunta mi c-calza male... e quando devo andare alle serate c-c-casual...»
«Ti vesti da schifo, te lo devo dire.»
«Ecco, vedi?»
«Ed è un peccato mortale perché hai un fisico da paura.»
Quello che mi dice mi fa restare un po' male. «Ho un b-b-brutto fisico? Non mi sembrava...»
Spalanca gli occhi. «Brutto? Ma no, è stupendo!»
«Hai detto che fa p-paura... intendi perché sono alto?» Se vedesse Jack Ivory, allora: lui sì che fa paura, è alto due metri e dieci!
Anna ride. «Non hai mai sentito questo modo di dire? Da paura significa stupendo, bellissimo. Hai due spalle larghissime spaziali, proprio da statua, un culo da paura, cioè, bellissimo, delle belle gambe, sei alto ma non sei sproporzionato. Fidati: ho visto pochi uomini con un fisico bello come il tuo.»
È la prima volta che qualcuno mi fa dei complimenti del genere e mi sento un po' in imbarazzo.
«Allora accetti?» dico per sviare il discorso. «T-t-ti posso mettere a libro paga?»
Punta i pugni ai fianchi, sorridendo. «E quanto mi pagheresti?»
Ci penso su. Per parecchi secondi. «Non lo so. D-d-devo chiedere a... oh.» Stavo per dire Fernando. È la sua agenzia che gestisce i miei libri paga. «C-chiederò a zia Elena.» Lei di sicuro ne sa qualcosa.
«Stavo scherzando. Accetto. Se sei serio accetto. A prescindere.» Sembra felice. Speranzosa. «Oddio, forse è la decisione più assurda e improvvisata che abbia mai preso in vita mia, ma accetto! Sì! Mi piace! È una nuova sfida, per me. E ti giuro che mi impegnerò con tutta me stessa. Ti faccio diventare un'icona di stile!»
Stavolta sono io che rido. «Imp-p-possibile!»
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Note note note ♫
E così Anna e Michele fanno pace... e tutto, come succede spesso con Michele, è molto affrettato e pazzo, ma è proprio come dice Anna: lui non capisce molto bene i confini dei rapporti. Però, chissà, magari da questa proposta improvvisata potrà venirne fuori qualcosa di positivo. Voi che ne pensate? Cose belle o guai all'orizzonte?
Oggi vi saluto con una canzone tratta dalla playlist di Raf, Stella stai di Umberto Tozzi.
https://youtu.be/E0HovnqDhRo
Vi riporto un evocativo verso: "Stai, stella stai come lei, meno donna e un poco gay, chi lo sa, tanto sei la mia stella, stella stai, corpo a forma di S, dolce piede sul mio gas, quando vo, quando sto, per sospirarti di più, per sospirarti di blu." Cosa significa secondo voi? Penso che questo testo sia uno dei più assurdi e oscuri di tutto il panorama musicale italiano. Vi giuro, vi ho messo sopra una versione della canzone con il testo: leggetelo e ditemi se ci capite qualcosa. Essendo così oscuro, mi permetto di dare un'interpretazione parafrasata del verso sopra citato: "Rimani qui, stellina, (in cima al capitolo), che in questa storia vogliamo meno donne e un poco più di azione gay, ma chi lo sa, tanto la stellina sta qui lo stesso, col suo corpo a forma di S(tellina)(eccerto che ha il corpo a forma di stellina, è una stellina!), è come un dolce piede sul mio acceleratore (perché la presenza di stelline mi spinge a scrivere di più), quando vado, quando resto, per sospirarmi di più (perché sono triste) quando la stellina è blu... perché sapete che il blu è il colore complementare dell'arancione? Quindi quando la stellina è blu significa che è spenta, e io sospiro di tristezza."
Vi convince come esegesi?
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