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52. La differenza tra il più cieco amore e la più stupida pazienza

Mi hanno invitato al Festival di Sanremo. 

Persino io che sono un ignorante in materia musicale so cos'è. Non l'ho mai visto in vita mia, ma so che è una competizione canora e una delle trasmissioni televisive più viste in Italia. 

Una competizione canora, appunto. Cosa c'entra il tennis? L'ho chiesto a zia Elena, dopo che mi ha informato che avrei partecipato come ospite e che mi avrebbero anche pagato parecchio. 

A dire il vero la prima cosa che le ho detto è stata di cancellare la mia partecipazione, perché non avevo alcuna intenzione di cantare. 

Lei mi ha dato dello stupido: «Mica sei un concorrente, sei un ospite. Ti faranno un'intervista.» Allora le ho chiesto cosa c'entrasse il tennis con la musica. 

«Un beneamato cazzo» è stata la sua greve risposta. «Ma al Festival ci va un sacco di gente che con la musica non ci azzecca: attori, sportivi, astronauti...» 

Attori, sportivi e astronauti in una competizione musicale? Non riesco a immaginare come vengano inseriti tra una canzone e l'altra, ma così a naso questa trasmissione che non ho mai visto mi sembra una schifezza. 

A ogni modo, ho provato a protestare, ma ormai gli accordi sono stati presi. Ci devo andare tra pochi giorni, il 9 febbraio, e in questo periodo sono in pausa dai tornei (ricomincio a fine mese) quindi non sarà un problema da quel punto di vista. Devo semplicemente apparire sul palco per circa mezz'ora, poi posso andarmene. Durante quella mezz'ora mi intervisteranno, e probabilmente mi faranno fare qualche palleggio di esibizione con il presentatore. Non mi piace fare il pagliaccio esibizionista, ma ormai è deciso. 

Mi hanno anche già detto, a grandi linee, quali saranno le domande che mi faranno. E qui è sorto un nuovo problema: devo scegliere tre canzoni. Tre canzoni del Festival che abbiano per me un "significato". 

Zia Elena sa benissimo che non sono un appassionato di musica, quindi ha scelto lei per me tre canzoni, secondo il proprio gusto: L'essenziale di Marco Mengoni, Amen di Francesco Gabbani e Adesso e qui di Malika Ayane. 

Le ho ascoltate e non mi sono piaciute. Ho trovato la prima insopportabilmente lagnosa, la seconda insopportabilmente monotona e la terza insopportabilmente lagnosa (bis). Inoltre non mi piacevano le voci dei cantanti. 

Ho chiesto alla zia di sceglierne altre. «Non ti va mai bene niente!» ha commentato, ma mi ha proposto altri titoli: «Scegli quelle che ti piacciono di più.» 

Erano una decina di canzoni, e dopo averle sentite ho pensato che sarebbe stato più corretto, da parte sua, dirmi: «Scegli quelle che ti fanno meno schifo.» Nella mia testa, ora, c'è una matassa di musica che mi sembra tutta uguale, tutta identicamente noiosa e priva di personalità. 

È la differenza principale che ho notato tra queste canzoni di Sanremo e le canzoni che mi ha cantato Ivan: le canzoni di Ivan avevano tutte un loro carattere che me le ha fatte rimanere in mente, dopo averle ascoltate. Non sarei in grado di cantarle, ma se ci ripenso ricordo in cosa mi hanno colpito, ricordo che mi hanno suscitato qualche tipo di emozione. 

Le canzoni che mi ha proposto la zia, invece, non le ricordo più. Non ne ricordo più nemmeno una. Non so se sia una caratteristica tipica delle canzoni di Sanremo, o delle canzoni italiane in generale. 

Non credo la seconda, perché ricordo che la mamma, quando ero piccolo, ascoltava spesso delle canzoni che trovavo affascinanti, ed erano canzoni italiane. Il cantante era un uomo dalla voce bassa, ed erano brani molto tristi... ne ricordo una, in particolare, mi piaceva, parlava di un pescatore, e alla fine non riuscivo a capire se veniva ucciso o semplicemente dormiva. Mi inquietava e attraeva allo stesso tempo. Ma non riesco a ricordare il nome di quel cantante, e non voglio chiederlo alla zia perché non voglio parlare con lei (o con chicchessia) della mamma. 

Quindi, è certamente esistita, in passato, qualche bella canzone italiana, se la memoria non mi inganna. Forse semplicemente la zia ha dei gusti musicali orrendi. 

Allora, siccome non ho tempo di mettermi ad ascoltare canzoni italiane a casaccio, ho deciso di chiedere aiuto al più grande esperto musicale che conosco: Ivan. Ricordo di aver adocchiato, nella collezione musicale che ha condiviso con me, una playlist di roba francese e una tedesca. Possibile che non abbia anche qualcosa di italiano? 

Prima di chiamarlo faccio una ricerca tra le sue playlist con le parole chiave "Italy" e "Italia" ma non trovo nulla. Forse è davvero un problema della musica italiana, se nemmeno Ivan ha mai trovato nulla di degno da inserire in playlist. 

Gli scrivo un messaggio: quando hai mezz'ora libera, avrei bisogno di una consulenza musicale. 

Mi chiama dopo un minuto. Sono le nove di sera e ha giocato fino a un'ora fa: com'è possibile che sia libero? Glielo chiedo. «Sono sul lettino di fisio, adesso. Very relax. Dimmi!» Prima di chiedergli aiuto gli faccio i complimenti per la sua vittoria di oggi. Ha giocato oggi il primo turno all'indoor di Montpellier, e ha appena battuto un francese, Jean-Paul Henry, il ragazzo col servizio alla McEnroe. Io invece mi trovo a Bovec dove mi sto allenando in vista di Dubai e (soprattutto) del Sunshine Double, tornei che inizieranno a fine febbraio.

«Sì, grazie, ma dimmi di consulenza musicale!» 

«Conosci qualche c-c-caaanzone italiana?» 

«Mmm...» mugugna, «non tanto, solo roba che mi ha detto Raf.» 

Sbuffo. 

«C'è playlist su Spotify, non hai visto?» 

«No! Come sssss'intitola?»

«Si titola: Robe che piace a Raf!» 

Ecco perché non trovavo niente... 

«Ah, no, aspetta! Forse mi ero dimenticato titolo in russo. Fammi vedere...» 

Aspetto qualche secondo.

«Da! Che stupido. E "robe che piace a Raf" pero scritto in russo, ahah!» 

Ancora più facile da trovare. 

«Adesso cambio e scrivo in italiano, cosi trovi... ma perché mi chiedi?» 

«Sai cos'è il Festival di Sanremo?» Ma che domande faccio? Ovvio che non lo sa. 

Invece mi sorprende: «Da! È tipo Eurofestival, ma per canzone italiane.» 

«C-cos'è l'Eurofestival?» gli chiedo. 

«Eurovision Song Contest! È tipo Festival di Sanremo, ma con canzone di tutto Europa.» 

Che domande! Rinuncio a chiedere ulteriori chiarimenti (anche perché non m'interessa) e gli spiego la situazione 

«Wohooo! Figata! Ma queste canzone tu poi canta?» 

«Canzone è ssssingolare,» lo correggo (e mi pare non per la prima volta), «il plurale di canzone è c-canzoni.» 

«Sì, ok, ma tu canta... canti?» insiste.

«No, d-devo solo dir loro tre canzoni che abbiano un significato speciale per me.» 

Lo sento mugugnare ancora. «Quindi tu devi fare finta che ci sono queste tre canzoni di Sanremo che ti piace» riassume.

«Esatto. Ma non voglio che siano t-t-tre canzoni brutte! Nnnon voglio c-che la gente pensi che mi piacciono dei p-p-pezzi insignificanti.» 

«Hmm... oh... uuh... bravo! Push there, it feels good!» Sta parlando con il massaggiatore, evidentemente. «Allora, nu, faccio così: prima cosa, subito cerco in playlist di Raf se c'è canzoni che è di Sanremo, da? Sono tutte belle, le canzoni di Raf. Quelle che mi ha detto che non mi piace non le ho messe in playlist. E poi ti dico che canzoni è, ok?» 

«Grazie!» 

Ci salutiamo, e mi richiama dopo circa un'ora. Io sono già a letto, ma sveglio. 

«Misha!» esordisce, entusiasta come non mai. «Ho trovato canzone perfetta!»

«Me ne ssservono tre» protesto. 

«Sì, sì, calmo! In playlist c'era cinque canzoni di Sanremo, ma c'è una che devi prendere! Absolutamente!»

«Ok. Come si intitola.»

«Contessa, by Decibel. Ascolta subito!»

Obbedisco e la faccio partire. Già dall'inizio mi sembra carina. È buffa, c'è una buffa pianolina, e il cantante canta in modo ridicolo, un po' sarcastico. Mi diverte. Arrivato al ritornello, capisco perché Ivan vuole che scelga proprio questa canzone. Chi sei? C-c-c-c-contessa...

La interrompo subito. «Ok, mi hai d-d-detto di scegliere questa canzone perché il cantante balbetta?»

Ivan ride. «Sììì! È perfetta!»

Sospiro. «Sono tutte così sceme, le canzoni?»

«No, no... dai, non ti arrabbiare. Ti dico le altre... Vita spericolata by Vasco Rossi, una canzone molto Raf old style, Vacanze Romane by Matia Bazar, bella voce di soprano tipo Kate Bush, Storie di tutti i giorni by Riccardo Fogli e... ultima canzone... mmm... sai, è canzone che mi piace di meno, però ho lasciato in playlist perché... cioè, non mi fa schifo, eh, non è brutta, solo not my cup of tea... comunque, l'ho lasciato in playlist, e ogni tanto sento, perché mi fa pensare... e cerco di capire...» La sta tirando per le lunghe e sono un po' esasperato, sto per interromperlo, ma finalmente conclude: «Raf mi ha detto che è canzone preferita di tuo papa.» 

«Nnnnnon è po-po-possibile!» ribatto all'istante. 

«Prima che dici non è possibile, senti canzone, no?»

«No,» gli spiego, «il motivo per cui non è p-p-possibile è che mio padre odia la musica. Non l'ho mai sentito ascoltare una canzone in vita mia.» 

«Raf mi ha detto che questa canzone tuo papa ascoltava tanto.» 

Decido di tagliare corto e mi faccio dire il titolo.

«Un'emozione da poco, Anna Oxa.» 

Mi aspettavo che il titolo mi fosse familiare, in qualche modo, ma non lo è affatto. Cerco di ottenere da Ivan qualche informazione in più, su questa famigerata canzone e sul legame che mio padre aveva con essa, ma Ivan non aggiunge molto oltre a: «Boh, è una canzone d'amore.» 

Ora sono davvero certo che Ivan stia dicendo scemenze: mio padre non ascolta canzoni. E se le ascoltasse, non sarebbero canzoni d'amore. 

Parliamo ancora un po', delle canzoni e dei fatti nostri, e infine ci salutiamo.

***

Le canzoni le ascolto appena l'indomani, dopo l'allenamento mattutino. Quella di mio padre la lascio per ultima, mi inquieta un po' l'idea di ascoltarla, mi disturba l'idea di mio padre che ascolta canzoni d'amore. 

I pezzi mi piacciono, ognuno in modo diverso. Mi piacciono le voci dei cantanti, persino la voce di Vasco Rossi. È famoso, lo so che é famoso perché l'ho sentito nominare, e se l'ho sentito nominare io che non ho so niente di musica, deve essere famosissimo. Sembra stonato, cosa che all'inizio mi dà fastidio. Poi, però, ascolto bene il testo e capisco che non sarebbe stato possibile cantarla in un altro modo. Racconta una vita che è quanto di più distante possa esistere dalla mia: fare tardi di notte, bere superalcolici, ricercare emozioni esasperate... Proprio per questo la trovo interessante. E trovo interessante anche il modo storto, biascicato, un po' ubriaco in cui il cantante la interpreta. Ivan l'aveva definita «una canzone Raf old style». Sul momento non avevo capito cosa intendesse dire, ma dopo averla ascoltata è tutto chiaro: era la vita di Raf, prima che si disintossicasse. 

Mi torna in mente la sfida di Ivan: trova la mia canzone preferita. Se la scopri, significa che mi conosci bene (non l'aveva espresso in un italiano così corretto, sto parafrasando). Questa Vita spericolata potrebbe essere la canzone preferita di Raffaele? Una vita di eccessi... forse ci si immedesimava, da giovane, forse ci si immedesima ancora. 

Scorro la playlist di canzoni italiane. Ci sono tanti altri titoli, oltre ai quattro che ho già ascoltato. Tutta roba che piace a Raf: chissà se riuscirei a capire di più di quell'uomo misterioso, ascoltando queste canzoni.

Probabilmente no. Non ho capito granché di Ivan, ascoltando le canzoni che piacciono a lui. Dentro la sua collezione c'è talmente tanta roba diversa, che se cercassi di decifrarlo basandomi su questo, be', penserei che è uno schizofrenico. 

Il mio pollice è fermo sull'ultimo titolo. Un'emozione da poco

Quello scemo di Ivan pensava che "da poco" fosse un'espressione temporale, dice che lo ha pensato per mesi, e quando poi ha capito che significava, invece, "di poco conto" il testo ha acquisito un senso più chiaro. Un'emozione di poco valore. La canzone preferita di mio padre. 

Ancora non ci credo, secondo me Ivan ha capito male. Oppure Raffaele gli ha detto una bugia, o una sciocchezza, magari mentre era ubriaco. 

Non ha senso procrastinare. Clicco su play. 

Ha un incipit strumentale con dei violini e dei tamburi che mi sembra decisamente troppo enfatico, per i gusti di mio padre. E comincia il cantato. C'è una ragione che cresce in me...

Parla di una donna che prende coscienza di amare un uomo insensibile. Ciononostante, non riesce a lasciarlo. La musica ha dei passaggi molto struggenti, troppo struggenti. Mi suscita quel tipo di reazioni emotive irrazionali che sono il motivo per cui odio la musica. 

Il testo non mi piace. Come tutte le canzoni d'amore, non dice alcunché di interessante. Perché a mio padre piaceva? Ci si immedesimava?

Questa idea mi disturba. Mi disturba l'idea che reputasse la mamma una donna "senza pietà". La mamma era così buona e dolce... Piuttosto, nel loro rapporto, a me è sempre sembrato che fosse papà, quello che "non si è mai sentito finito e non ha mai perduto".

Riflettendo su questo, un'idea mi colpisce: e se papà si immedesimasse, invece, nell'uomo senza pietà? Se si sentisse in colpa nei confronti della mamma? 

Entrambe le ipotesi mi inquietano.

Non voglio più pensarci. È la terza volta che la riascolto e sarà l'ultima. Non voglio ossessionarmi con queste idee. 

Ma mi ci ossessiono ugualmente. 

Mentre mi alleno, in campo, di pomeriggio, c'è mio padre con me. Lo guardo pensando ad alcuni versi della canzone: per me è più che normale che un'emozione da poco mi faccia stare male. Di quale emozione si trattava? O sto solo costruendo fantasie insensate basate su una bugia? 

Papà si accorge che sono pensieroso. «Cos'hai da guardarmi?» mi chiede a un certo punto. «Non ti stai concentrando.»

Gli chiedo scusa, senza dargli spiegazioni. 

Arrivo a sera, dopo cena, esausto, dai miei pensieri, più che dall'attività fisica. L'idea di mio padre che ascoltava quella canzone, emozionandosi magari... È un'immagine oltraggiosa. Sbagliata. Profondamente sbagliata. E per cercare di togliermela della testa, o per lo meno fare un po' di chiarezza, chiamo Ivan. 

Mi risponde allegro, e io gli chiedo subito se può darmi il numero di Raffaele. 

«Siamo a cena, è qui! Gli do il telefono.»

«A cena? A quest'ora?» obietto. Sono le dieci e mezza. 

«Ho giocato» mi dice, proprio mentre mi stavo rendendo conto del fatto che sta partecipando a un torneo. Mi batto una mano sulla fronte. 

«C-c-he stupido! N-n-non ho n-n-nemmeno vvvvisto c-come...»

«Ho perso» mi interrompe (è raro che lo faccia).

«Scusa...»

 «Perché scusa? Non è colpa tua. È colpa di Bonnefille che mi ha battuto!» Ride. 

«No, sssscusa che mi sono d d-dimenticato, mmma...» 

«Vuoi parlare con Raf? Ecco!»

Mi ha interrotto di nuovo. Non credo sia arrabbiato con me, probabilmente è nervoso per la sconfitta.

«Michele?»

È la voce di Raffaele. E ora che la sento, mi rendo conto di non essere pronto. Come introduco il discorso? Come glielo chiedo? 

«Volevi dirmi qualcosa?» mi incalza dopo qualche secondo di silenzio.

«La c-c-canzone p-preferita di mio padre.» 

«Eh» fa lui. «Qual è?» 

Come sarebbe a dire: qual è? Ecco, lo sapevo che Ivan mi aveva detto una stupidaggine!

«Un'emozione d-d-da poco» rispondo. 

«Aaah, quella!» esclama. «Te ne ha... uhm, parlato lui?» 

«No, Ivan.»

Raffaele sospira. «Vanja... Stai mai zitto, tu?»

«Cosa ho detto?» lo sento ribattere in sottofondo. 

«Parli di cose private» gli risponde Raffaele. «Michele, ci sei?» 

«Sì» dico. 

Raffaele sospira di nuovo. «Non è che era la sua canzone preferita... tuo padre non è mai stato un grande amante della musica.» 

«Ecco perché Misha non piace musica!» Sento ancora la voce di Ivan in sottofondo. 

«Stai zitto!» lo rimprovera Raffaele. Poi si rivolge a me: «Dicevo, non è che fosse la sua canzone preferita... era una delle poche che ogni tanto ascoltava... cioè...»

«Cioè?» lo incalzo. 

Raffaele sbuffa. «Perché ti interessa?» 

«Perché...» ci penso su un attimo, non so bene cosa dire. «È c-cosi st-t-t-trano...»  comincio, senza ancora sapere come continuerò.

«Cosa strano? Tuo padre che ascolta musica? Sì, parecchio!» ride. 

«Che ascolta q-q-quella canzone!» 

«Non ti sembra una canzone... una canzone da Nicolò, giusto?» 

«Iooo... nnnon... cioè, no, p-per niente.»

«Sai, io non mi ricordo quand'è che ho detto a Vanja questa cosa, che quella era la canzone preferita di tuo padre. Probabilmente ero ubriaco. Non darci troppo peso. Sono io che la ascoltavo per primo, e tuo padre l'ha sentita.» 

«E gli è p-piaciuta. Perché?» lo incalzo. 

Raffaele non risponde. 

«A volte ho l'imp-p-pressione di non co-co-conoscere mio p-p-padre» aggiungo. 

Raffaele continua a restare zitto. 

«Anche q-questo inverno, quando stava a casa tua, a Sssssan Pietroburgo... Una volta Ivan mi ha mmmandato una foto che aveva sc-cattato d-di nascosto, a te e a papà, e lui... rideva, e... io nnnon l'ho mai visto ridere così, aveva un'espressione così strana e d-d-diversa d-da... da c-c-com'è lui. E adesso questa c-canzone. È troppo d-d-diversa da come è lui, c-c-capisci?» 

Raffaele fa una specie di grugnito. «E com'è tuo padre?» mi chiede, in tono un po' brusco. 

«Eh?» 

«Hai detto: è diverso da com'è mio padre. Secondo te com'e veramente tuo padre?» Il suo tono ora è più dolce. 

«Mmm... be', è freddo, calmo, p-p-posato, mai sopra le righe...»

«Controllato» chiosa lui. 

«Sì.»

«E cos'ha da controllare?» 

«Eh?» non capisco la domanda. 

«Se è controllato, qualcosa, dentro di sé, che vuole controllare, deve esserci no?» 

Stavolta sono io a starmene zitto. 

«Quello che voglio dire,» continua lui, «è che... le persone sono entità complesse. C'è sempre più di quel che sembra. Ognuno ha molti aspetti diversi, diversi lati del carattere che mostra o nasconde a seconda della situazione in cui si trova, della persona che ha davanti... Le persone hanno segreti, hanno paure...» 

«M-m-m-mi stai dicendo che mio padre f-f-finge c-coooon me?» 

«No» risponde Raffaele, «tuo padre è freddo, calmo e controllato. È lui. Ti sto solo dicendo che c'è altro, in lui, oltre al suo guscio. Dentro il suo guscio.»

«Cosa vuol dire guscio?» Sento Ivan intromettersi. Raffaele gli risponde con una parola in russo. 

«Oh, da...» commenta Ivan. «Misha e Nic sono uguali.» 

«In che senso?» chiedo.

«Metti speakerphone» dice Ivan. « Misha, mi senti?» La sua voce ora è forte e chiara. Gli rispondo di sì.

«Tu e tuo papa avete stessi occhi» mi dice. «Ti ricordi cosa ti ho detto? Che hai universo in tumulto, tempesta dentro occhi. Tu non vedi mai occhi di tuo papa? È uguale! Anche lui ha la tempesta come te.» 

«T-tu sei fissato con questa t-t-tempesta...» ribatto, un po' infastidito dall'osservazione. 

«È vero che vi somigliate, tu e tuo padre» commenta Raffaele. 

Resto in silenzio. Restano zitti anche loro. 

«Perché?» dico io, infine. 

«Perché vi somigliate?» mi chiede Raffaele.

«No, scusa, d-domanda sbagliata. Chi? C-chi era la p-p-persona senza pietà? Era mio p-p-padre o eeeera mmm-m-mia...» Mi escono dalla bocca degli ansiti involontari e rumorosi. Odio quando succede. Sono una specie di forma estrema di balbettio, quando cado su parole che non riesco a dire. 

«Tua madre?» completa Raffaele.

«Sì. Chi era dei due? P-p-perché io... io n-non p-posso credere che m-m-m... che lei fosse... una c-che non si e mai sentita finita, m-ma poi c-cosa significa di p preciso? E... i-i-iooooo lo so c-che i miei g-g-genitori non erano un... non erano in-n-namorati, n-non p-p più, almeno, quando, cioè, p-poco p-p prima c-c-che...» Prendo un respiro, loro non m'interrompono. «C'è questo verso c-che d-d-dice: non vedo più a che punto sta la differenza tra il più cieco amore e la più stupida pazienza.» Prendo un secondo respiro. «Non è terribile? I-i-iiiio nnon p-p-pensavo che fosse c-così...» Dio, quanto sto balbettando! «C-così... unidirezionale!» Il terzo respiro che prendo mi esce a tentoni. Balbetto persino quando respiro.

«Michele, scusa, puoi aspettare un attimo in linea?» mi chiede Raffaele. 

«Ok.» 

Sento qualche rumore, come se il telefono fosse stato appoggiato da qualche parte, e poi la voce di Raffaele: «Vanja, giel'hai detto tu quel verso? Cosa...»

«Raf!» lo interrompe Ivan. «Non hai messo mute, hai solo tolto speakerphone.» 

«Che imbranato...» 

Altri rumori, e ora il telefono è diventato silenzioso. Evidentemente ha trovato il pulsante del muto. Gliel' hai detto tu quel verso? Ho scelto, senza saperlo, un verso speciale? Importante? Ma a quale dei due versi si riferiva? "Uno che non si e mai sentito finito" o "la differenza tra il più cieco amore e la più stupida pazienza"? 

«Michele?» Il ritorno in linea di Raffaele non mi dà tempo di rifletterci. 

«Sono qui» rispondo. 

«Scusa. Non ci pensare più, a questa canzone, è una sciocchezza. Ok?» 

«Nnnon sono stupido, sai?» sbotto. «Se era una sciocchezza non aaaaavresti interrotto la chiamata p-p-per p-paaaarlare con Ivan.» 

Ivan fa un mugolio basso, mentre Raffaele sospira. È quest'ultimo, poi, a parlare. «Non era niente di importante. Volevo solo rimproverarlo, perché non si parla dei cazzi degli altri.»

«Qual era il v-verso?» chiedo.

«Il punto è... Sono cose passate, ok? Non ti fissare su una canzone che tuo padre ascoltava in momenti di tristezza, quando era solo un ragazzo. Sono cose passate. Sono sicuro che se glielo chiedessi ora, neanche si ricorderebbe che gli piaceva.» Raffaele fa una risata. Sembra forzata. lo non ribatto. 

«Era una storia adolescenziale, ok? Le storie passano, le canzoni passano, tutto passa. Dai troppo peso a cose che non hanno peso.» 

«Uuuna storia p-passata?» Vorrei delle spiegazioni. 

«Sì. Tua mamma non c'entrava niente, non te ne preoccupare più. Ok?» Il tono di Raffaele è un po' paternalistico, ora, e mi dà fastidio. Mi sta trattando da bambino. Non sono un bambino. Compio vent'anni tra meno di una settimana. Mi sta trattando da stupido. Come se non capissi che sta minimizzando qualcosa di importante. 

Sono talmente infastidito dal suo comportamento che lo saluto interrompendo un suo discorso a metà. 

Spengo la luce. Tiro su la coperta. Allungo la mano per cercare Sara, è un riflesso che ogni tanto ho, ma Sara è a Miami con mio fratello. Sta ogni giorno meglio, e non vedo l'ora di rivederla. 

Mi alzo, allora, e vado a prendere la carota, che è appoggiata alla credenza. Spengo la luce. Abbraccio il peluche. Mi manca dormire con Ivan. 

Passa qualche minuto e vedo il cellulare illuminarsi. È proprio Ivan.

«Non ti ho svegliato?» mi chiede.

«No.»

«Sei arrabbiato con Raf?» Sembra dispiaciuto.

«Mi dà fastidio c-che mi tratti da stupido» gli spiego.

«Io non ti tratto da stupido!» esclama Ivan, offeso. 

«No, non tu, Raffaele!» 

«Hai detto tratti! È tu tratti, lui tratta... no?»

Rido. Ivan riesce sempre a farmi ridere con i suoi errori. 

«Cosa ho sbagliato?»

«Niente! È giusto, t-tu tratti, ma in questo caso stavo usando il c-congiuntivo: che lui mi tratti.»

Ivan sbuffa sonoramente. «Che palle! Poi non ti lamentare che uso male i verbi. Troppe cose che devi ricordare, italiano lingua impossibile!»

Passiamo i successivi cinque minuti a discutere di quanto siano difficili i verbi italiani, con me che cerco di spiegargli varie coniugazioni e le occasioni in cui è più appropriato usarle. 

«Basta, ché mi viene mal di testa» mi interrompe a metà di una coniugazione. «Prossima volta io insegno a te russo.»

«Il russo è t-troppo difficile...»

«No, facilissimo! È così facile che io ho imparato quando ero bambino piccolo!» Ride della propria battuta, ma io non riesco a ridere. Nella mia testa c'è qualcos'altro, qualcosa che sta macerando da diversi minuti, e che esplode in una domanda.

«C-cosa ti ha detto Raffaele quando ha messo la c-c-chiamata in pausa?» glielo chiedo in tono brutale, senza preavviso, sperando di coglierlo di sorpresa. 

«Non ti dico» risponde prontamente. 

«Di che verso st-t-tava parlando Raffaele?» 

«Quale verso?» Fa il finto tonto. Lo so che fa il finto tonto.

«P-p-prima che mettesse il telefono in m-m-muto, ti ha d-d-deto: Vanja, gliel'hai d-d-detto tu quel verso?» 

«Mi hai chiamato Vanja!» esclama entusiasta. 

«No» ribatto, «non ti ho chiamato Vanja, ho sssolo rip-p-p-etuto...»

«Hai detto Vanja di nuovo!»

Ok, lo sta facendo apposta. «Mi piacerebbe che mi chiami sempre Vanja» continua, imperterrito.

«D-d-d-dimmi cosa t-t-t-t...»

«No!» sbotta. «Basta! Ho detto che non ti dico. Non mi chiedere piu!» Sembra davvero arrabbiato, ora.

«P-p-perché non vuoi dirmelo?» 

«Perché Raf è mio amico.»

Mi sento un po' offeso da questa osservazione. 

«Aaaanch'io sssono tuo amico!» protesto. 

Ivan borbotta qualcosa in russo. È una parola che gli sento dire spesso, deve essere un qualche tipo di imprecazione o parolaccia, suona tipo: Ciort! Aggiunge anche altre parole, sempre in russo, che ovviamente non capisco, e la frase termina con: «Perché? Perché? Perché?» detto a volume crescente. «Perché sei così bambino?!» 

«lo non...» 

«Sì, tu non sei bambino, hai vent'anni, bla, bla, bla...» Mi ha interrotto di nuovo. Credo non mi abbia mai interrotto tante volte in un lasso di tempo così breve. 

«Sssei nervoso per la sconfitta?» gli chiedo.

«No!» mi sbraita nel ricevitore.«Cioè» aggiunge a voce più bassa, «sì, un po'. Ma non c'entra niente, sono arrabbiato con te perché sei un bambino! Un bambino che... throw tantrum, come si dice?» 

«Un bambino che fa i capricci» rispondo. 

«Capricci? Capriccio? Come pezzo di musica?»

«Quale pezzo?» chiedo. 

«No matter. Non importa. Sei un bambino che fa i capricci.» 

Non rispondo perché non so cosa ribattere, se non che non penso sia vero.

«Tu non sai cosa vuol dire avere un amico» sentenzia. 

È un'affermazione che mi ferisce. «Sì che lo so. T-tu sei mio amico, no?» 

«Sì. Ok. Great. Se io ti dico un segreto, tu lo dici a qualcuno?» 

«No! P-però...» 

«Però?» mi incalza.

«Però se t-t-tu mi chiedessi una c-cosa imp-portante, una cosa che se non la sai t-ti fa stare male, io t-te la direi.» 

«Sei un bambino» ripete.

«P-p-perché dici cosi!» sbotto.

«P-p-perché non capisci che devi rispettare le altre persone! lo voglio bene a Raf, Raf mi dice un segreto, io chiudo segreto in mio cuore per sempre! E tu devi rispettare il mio amore per Raf. Se tu vuoi bene a me non mi devi neanche chiedere una cosa come questa. lo non ti chiederei mai di dirmi un segreto di tuo papa.» 

«Se me lo chiedessi e fosse importante t-t-te lo direi!» 

«Un segreto di tua mamma.» 

La sua risposta mi toglie il fiato. Non mi aspettavo che nominasse la mamma. 

«Non ti chiederei mai un segreto di tua mamma. Mai!» 

C'è un lungo silenzio. Lunghissimo. Credo un minuto, forse anche due.

«Mi d-dispiace che hai p-perso, oggi» dico infine. Sento il bisogno di cambiare argomento.

Ivan sospira. «Mi dispiace anche a me. Ho perso al tie-break di terzo set, sai?» 

«Tu hai g-grossi problemi coi tie-break decisivi» ribatto. 

Parliamo ancora un po' del suo incontro. Mi consiglia di vedere gli highlight perché «...è stato bellissimo match!» 

Nei miei retropensieri continua a esserci quella canzone, e quel verso: la differenza tra il più cieco amore e la più stupida pazienza. Ci sono fantasie, nella mia testa, riguardo donne che mio padre ha amato prima di mia madre, e che forse ha amato anche in seguito. Raffaele è suo amico, e sa. Probabilmente ha rivelato qualcosa a Ivan mentre era ubriaco, e ora anche Ivan sa. Una catena di segreti: Raffaele mantiene il segreto di mio padre. Ivan mantiene il segreto di Raffaele. E io sono l'unico a non sapere niente. 

«Misha?» 

Mi risveglio dalle mie riflessioni. 

«Pensi ancora a canzone, vero?» 

«Sì. Scusa» ammetto. 

«Ho sbagliato a dirti che era la canzone preferita di tuo papa. Era cazzata. Ma non sapevo... cioè... Raf mi aveva detto, questa canzone piaceva a Nic, e basta, e io ti ho detto a te... E poi... Se sapevo non ti dicevo, non pensavo che stavi cosi male.» 

«Non importa» mento. 

«E comunque, io non so quasi niente» aggiunge. «Raf mi ha detto poco. Quasi niente.» 

«Ok» dico. 

«Se stai tanto male, perché non parli con tuo papa? Perché non chiedi a lui?» 

La sola idea mi imbarazza. Glielo dico, balbettando parecchio. 

Lui fa una risatina. «Sì, è vero. È imbarazzante parlare con mama e papa di sentimento!» 

Sto cominciando a trovare pesante anche questa conversazione con lui. E poi è tardi, dovrei e vorrei dormire, dopo una giornata di lavoro e troppi pensieri. Vorrei addormentarmi e risvegliarmi domattina, dimentico di tutto. 

Ma invece ricorderò, e ci ripenserò, e andrò a Sanremo, e parlerò proprio di quella canzone. 

No. Non posso scegliere quella canzone. Non posso affrontare ciò che direbbe o (ancora peggio) non direbbe mio padre, in merito. Questa canzone rimarrà un segreto. Tra mio padre e Raffaele. Tra Raffaele e Ivan. Tra Ivan e me. O meglio, tra me e me. 

Una catena di segreti da cui, probabilmente, non uscirà mai una verità.

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Note note note

E finalmente una playlist di musica italiana, ma essendo cose selezionate da Raf è tutta roba dei primi anni '80, cioè di quando era adolescente/giovane lui 😅! Se siete curiosi di sentirla, è l'unica playlist della raccolta ad avere il titolo in cirillico ;) Sono tutte canzoni che in qualche modo apprezzo anch'io, con piccole eccezioni (tipo non sono una grande fan di Vasco, ma mi sembrava un pezzo molto appropriato alla personalità di Raf). Non volevo mettere più di un brano per artista, ma confesso di aver barato con Battiato: c'è un pezzo scritto e cantato da lui, e altri due scritti da lui e cantati da due artiste della sua "scuderia".

Quanto alla canzone che dà titolo al capitolo... la conoscete? Penso di sì perché è famosissima. Se non la conoscete: eccola.

https://youtu.be/odqCkzNRvH8

Io su questa canzone potrei scriverci un trattato perché ha TUTTO per essere odiosa alle mie orecchie: 

- canzone d'amore in cui chi canta si lamenta di un partner stronzo (di solito odio i testi di questo tipo);
- genere melodico italiano (che di solito odio);
- arrangiamento con violini (che nella musica pop e rock di solito odio);

e nonostante questi tre limiti giganteschi riesce a essere una canzone straordinaria. Ha una struttura armonica a tre stanze che mette insieme tre progressioni di accordi classiche in modo originale, una melodia vocale interessante e ragionatissima persino nelle strofe (che di solito sono la zona della canzone dove: ok cantiamo a cazzo di cane nota su nota giù nota su nota giù, tanto è il ritornello quello importante), un arrangiamento strumentale fatto coi controcoglioni e un testo stupendo nonostante l'argomento: del resto l'ha scritto Ivano Fossati, e l'afflato cantautoriale secondo me si sente. 

La frase che dà titolo al capitolo, in particolare: non riesco a immaginare una presa di coscienza più lucida, amareggiata (amarissima e venata di squallore) e impotente dell'amare una persona spietata. È più che normale che un'emozione da poco mi faccia stare male e una parola detta piano basta già, e io non vedo più la realtà, non vedo più a che punto sta la netta differenza tra il più cieco amore e la più stupida pazienza.

Bonus: Anna Oxa all'Ariston diciassettenne con look punkabilly garçonne (ripulito in chiave Ariston) era stupenderrima. Ho un debole per i look femminili androgini ❤️

Chiusa la digressione musicale (scusate ogni tanto mi parte la mia mai morta ambizione di fare la critica musicale, ahah) cosa ne pensate dei segreti di Raf? Cosa ci nascondono questi "vecchi" amareggiati? Chissà se lo sapremo mai.

Ora accendete in cima al capitolo tanti piccoli sferoidi di plasma che attraverso processi di fusione nucleare nel proprio nucleo generano energia, irradiata nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica, flusso di particelle elementari  e neutrini (anche detta stellina)(no, non ho una laurea in astrofisica, ho copiato da Wikipedia).

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