43. Inverno russo ed estate australiana
L'estate australiana è bollente, e indossa sempre le stesse facce: quelle dei miei colleghi. Quelle che non vedevo da tre mesi, e le poche che ho visto a novembre alle Finals, unico torneo che ho giocato dopo gli US Open.
Le Finals quelle vere, non le Next-Gen in cui sarei stato testa di serie numero uno.
Povera ATP. Il presidente ha praticamente implorato me e Zadorov di andarci a giocare almeno un match di esibizione (pagandoci, ovviamente). L'ATP ha iniziato a progettare il torneo quando ancora io e lui non eravamo top ten, e pensava che entrambi avremmo partecipato almeno alla prima edizione: siamo i due Next-Gen più famosi e avremmo di certo attratto molto pubblico. La mia presenza, in particolare, faceva molta gola agli organizzatori, visto che il torneo si tiene a Milano e io sono italiano. Ma il primo anno in cui si è tenuto è coinciso col primo anno in cui io e Zadorov ci siamo entrambi qualificati anche per le Finals, quelle vere, quelle di Londra (dove ho vinto solo un match − sono uscito ai gironi, ero ancora in pieno riassestamento fisico). E tra i due tornei è ovvio che abbiamo entrambi deciso di dare la precedenza al secondo.
Ci siamo andati, comunque, a Milano, e abbiamo giocato un match in questo ridicolo formato al meglio dei cinque col no-ad e i set a quattro: se questo è il tennis del futuro, smetterò di giocare a tennis. Niente vantaggi, come nel doppio: che porcheria!
Ha vinto Zadorov in quattro, ma non do molto peso alla sconfitta: era un'esibizione, eravamo entrambi piuttosto rilassati ed era il primo incontro che io giocavo dopo lo stop. Mi è servito da riscaldamento per le Finals. Dopo l'esibizione, abbiamo preso un aereo privato insieme, per volare a Londra. Insieme è una parola grossa: non ci siamo praticamente parlati per tutto il viaggio, lui stava per i fatti suoi con il suo amico, il doppista Sousa che lo segue ovunque come un cagnolino, io stavo con Ethan, Lazlo e Armando.
Mio padre non c'era, si trovava ancora a Mosca, nel freddo inverno russo.
Pensavo che sarebbe rimasto a Mosca solo per una, massimo due settimane. Invece è stato lì per tutti e tre i mesi che Raffaele è rimasto ricoverato in clinica, da metà settembre a metà dicembre, e poi ha trascorso a casa di Raffaele, a San Pietroburgo, le prime due settimane fuori dalla clinica, fino a pochi giorni fa.
Nel frattempo io (prima delle Finals) sono stato in Francia a rimettere in sesto la schiena e a mimare servizi, dritti e rovesci in mutande davanti a dieci telecamere con cinquanta sensori appiccicati al corpo. Con l'aiuto dei medici e degli scienziati francesi, ho cambiato radicalmente il mio movimento di servizio e, superate le prime difficoltà, devo dire che mi sento molto meglio: sono meno stanco alla fine delle sessioni di allenamento e dei match, sento che la schiena sforza meno. Mi hanno dato un'aggiustata anche al dritto, per ottimizzare la dispersione dei vettori di forza. Ora faccio un'apertura un po' meno ampia, il che mi consente di avere un gioco più rapido: dovrebbe darmi dei vantaggi sul duro e soprattutto sull'erba.
E nel frattempo sono stati resi pubblici gli screenshot della chat privata coi miei colleghi tennisti. Sì, la chat in cui parlavo di ciò che era successo con Anna e in cui dicevo: "Non sono etero, non sono gay, non sono niente. A volte sono attratto da persone". La chat grazie alla quale adesso tutti (o quasi) credono alla mia versione della storia (positivo) e grazie alla quale adesso tutti si sentono autorizzati a dare giudizi sulla mia sessualità (negativo): è bisessuale? È asessuale?
Ho fatto l'errore di dare un'occhiata a Reddit, che ha una delle poche community tennistiche online piuttosto attive. C'era una discussione, o meglio, c'erano diverse discussioni che parlavano di quella chat. E ho letto diversi pareri sulla mia sessualità. Perché se ne interessano? Perché si sentono autorizzati a dare giudizi, a fare diagnosi? Non so nemmeno io cosa sono, devono saperlo loro?
Anzi, no. Io so benissimo cosa sono: io non sono niente. Non sono interessato ai rapporti sentimentali e/o sessuali. Questo fa di me un asessuale? Non lo so e non mi interessa. Non mi interessa definirmi. Non è qualcosa di importante, per me.
Sembra esserlo per gli altri, però. E allora ho deciso di ignorarli. Ci provo. Non è facile, sapendo che tutti sanno, ma ci provo. Ignoro gli sguardi, i commenti, i bisbigli. Cerco soprattutto di non ripensare alle mie stesse parole, perché se ci ripenso me ne vergogno e provo il desiderio di scappare e nascondermi.
Ogni tanto mi tornano in mente nei momenti più inaspettati. Mentre saluto un collega, se noto uno sguardo strano. O nei luoghi affollati, come questo, dove tanta gente mi guarda: la sala mensa di Brisbane.
Brisbane. Primo torneo dell'anno. È il primo gennaio del 2018, e intorno a me tutti si fanno gli auguri. A me non piace la festa di Capodanno e non faccio gli auguri a nessuno. Inoltre, meno interazioni ho, meno ripenso alla mia figuraccia mondiale.
Mangio in silenzio con mio padre, che ho rivisto di persona solo ieri dopo più di tre mesi. Non siamo mai stati lontani per così tanto tempo. Comunque non è stata una vera lontananza: ci siamo tenuti in contatto ogni giorno, in videochiamata.
Diverse volte l'ho visto anche attraverso un altro canale: il Whatsapp di Ivan. Ogni volta che Ivan andava a trovare Raffaele, o quando si incontravano in palestra per gli allenamenti, c'era anche mio padre e Ivan gli scattava qualche foto.
Le scattava di nascosto, e gliele scattava sempre "in situazioni compromettenti": gliel'ho insegnato io, l'aggettivo "compromettente". Ovviamente lo usa sempre a sproposito.
Si trattava perlopiù di foto buffe. Buffe secondo gli standard di Ivan che trovava ridicolo, ad esempio, mio padre chino a raccogliere qualcosa da terra ("haha, guarda tuo papa con culo allaria!"), oppure mio padre in ciabatte addormentato sul divano ("mi vieniva volia di scrivere qualcosa in faccia con pennarello"), oppure mio padre e Raffaele per le strade innevate di San Pietroburgo tutti bardati con tanto di colbacco in testa ("guarda Raf e Nic! sembrano due vecchi russi!!!"). La foto in colbacco, devo ammetterlo, ha fatto sorridere anche me. Mio padre è molto buffo, col colbacco in testa, e capita molto raramente che mio padre sia buffo.
Una delle foto che mi ha stupito di più ritrae mio padre seduto al tavolo di una cucina insieme a Raffaele. E stanno ridendo. È davvero insolito vedere mio padre che ride, ed è per giunta incoerente con il modo in cui si comportava durante le videochiamate con me: era sempre cupo, seccato, come se gli pesasse essere lì. Non so se quella risata fosse solo un'emozione estemporanea, passata dopo pochi secondi con la rapidità con cui era arrivata, o se il suo umore fosse davvero migliore, quando era in compagnia di Raffaele. In fondo sono stati amici, e forse l'amicizia è rinata, dopo tutti questi anni. Anch'io rido più spesso del normale, quando parlo con Ivan.
Non lo so, non lo so davvero. Ma ogni tanto riguardo quella foto e mi dà delle strane emozioni.
Sono curioso di incontrare Raffaele di persona, e vedere coi miei occhi come sta. Se il suo aspetto è migliorato, se è ancora sobrio. Ma Raffaele e Ivan non sono qui a Brisbane, Ivan sta giocando il Challenger di Canberra e poi andrà a farsi le qualifiche per gli Australian Open. Lo rivedrò a Melbourne, tra due settimane.
Guarda invece chi si avvicina al mio tavolo. «Good morning, Misha.»
È Andrej, con la sua tipica andatura un po' rigida e la sua espressione seria. Alzo una mano in cenno di saluto e quando lui arriva al tavolo mi mostra un pugno.
Vado nel panico. So cosa significa quel gesto: è il tipico saluto giovanile che non ho mai imparato a fare, quello in cui si deve scontrare i pugni tra loro e poi tirarsi schiaffetti alle mani in una strana sequenza.
Decido di ammettere la mia incapacità. Glielo dico (o meglio, lo balbetto). Mi vergogno di me stesso e vergognandomi mi torna in mente la chat. Anche Andrej l'avrà letta. Non so perché me ne preoccupo solo ora, so che quegli screenshot giravano da tempo. Però prima mi illudevo che: forse, magari, chissà, non è detto che li abbiano letti tutti, forse le voci sulla loro diffusione sono esagerate...
Adesso non posso più ignorarlo. Io so che lui sa.
«Che c'è? Non sai fare il saluto comunista?» mi dice (in inglese) quando smetto di balbettare.
Ah, Stavi facendo il saluto comunista? gli chiedo.
«Ma ovvio! Devi stringere il pugno e agitarlo in alto, così» esclama tendendo il braccio davanti a sé. «E magari ti metti anche a cantare l'Internazionale.»
Ora, io di storia e di politica non ci capisco niente, ma sono quasi certo che il regime comunista non fosse una cosa buona. Lo sento spesso associato al fascismo, al nazismo... mi disturba un po' l'idea che Andrej abbia idee del genere. Le avrà anche Ivan? «Oh» annuisco, senza sapere cosa dire.
«Ti sta prendendo in giro», dice mio padre apatico. «He is fucking with you», traduce, probabilmente per farsi capire da Andrej, che si mette a ridere.
«You...» accenno.
«Of course I'm fucking with you» dice Andrej di nuovo serio.
«Due settimane a farmi prendere per il culo da 'sti due coglioni,» borbotta papà, «sto iniziando a capire il loro stupido senso dell'umorismo.»
Sospiro. Come si fa a capire che una persona sta scherzando se quando scherza lo fa in modo così dannatamente serio?
«Non sai fare il fist-bump?» Mi chiede Andrej, sempre in inglese. Scuoto la testa in risposta.
«Non devi far altro che sbattere il pugno contro il mio» prosegue, tendendomi di nuovo la mano stretta a pugno. Io lo guardo con diffidenza e lui rotea gli occhi. «Non ti sto prendendo per il culo, adesso, giuro!»
Lancio un'occhiata a mio padre, che si è estraniato dalla conversazione e legge il cellulare, poi, titubante, faccio cozzare le mie nocche contro quelle di Andrej.
«Vedi? Non era difficile» dice serio. Poi si siede a una delle sedie libere, al mio tavolo: è tipico dei Reshetnikov, autoinvitarsi ai pasti.
Andrej indossa una tuta dell'Adidas, esattamente come me.
E anche Ivan adesso è sponsorizzato dall'Adidas.
Ha trovato lo sponsor grazie ad Andrej: l'Adidas lo ha contattato dopo la vittoria agli US Open e hanno fatto un contratto triennale a entrambi i fratelli.
Per me è andata un po' diversamente: dopo che il mio nome è stato riabilitato (in parte dalle parole di Molina, in parte dalla chat), mi sono arrivate diverse offerte: le tre principali erano Lacoste, Fila e Adidas. Io ho cercato di convincere fino all'ultimo la zia e Fernando a prendere l'offerta di Lacoste, primo perché è il marchio più elegante, secondo perché non volevo avere lo stesso sponsor di Ivan (la Fila non l'ho mai presa in considerazione). Terzo, perché con Lacoste avrei potuto scegliere una marca di scarpe buona, da abbinare ai completi (magari Asics): con l'Adidas sono costretto a usare le loro scarpe, e lo sanno tutti che fanno abbastanza schifo. Ma l'offerta dell'Adidas era la migliore da tutti i punti di vista: monetario, durata del contratto (sette anni) e di immagine (la Nike si fa scappare la stellina e io vado dai grandi rivali).
E quindi io e Ivan adesso siamo entrambi due atleti Adidas. Lui ne è felicissimo, io un po' meno. Ma pazienza.
Andrej comincia a chiacchierare. Mi chiede come sto. Fa ovviamente un commento sul mio pasto, che oggi è meno noioso del solito: trancio di salmone e pezzi di avocado, più un contorno di carotine cotte al vapore. Secondo Andrej le carote non c'entrano niente con tutto il resto, io gli ribatto che mi piace il sapore delle carote, lui scatta una foto e la manda a suo fratello, che dopo neanche trenta secondi risponde. A me.
Misha, sempre cibo ospedale, tu!!! 😂
Carota cotta horrore!!!
Mi piace la carota, gli rispondo. Ma cos'è tutta questa ostilità nei confronti delle carote? Sono una delle poche verdure saporite. A volte le mangio anche come snack crudo: fa bene perché è poco calorico ma ricco in vitamina A.
Non scrivere cose compromettente!!! 😂😂😂
Non faccio la fatica di continuare a rispondergli, e rivolgo di nuovo la mia attenzione ad Andrej: non voglio essere maleducato. Dopo la breve discussione sul cibo, trascorriamo un paio di minuti devo dire abbastanza piacevoli, in cui lui chiede a me della mia schiena e io a lui del suo US Open: non ho mai avuto occasione di parlarne con lui direttamente. Mi informa poi di aver trovato la ragazza, una notizia che non mi interessa minimamente, ma per cortesia gli chiedo come si chiama (Elina) e come l'ha conosciuta.
«Sai, quando diventi famoso le ragazze ti tirano la figa addosso», dice con fare un po' altezzoso.
Ah, sei diventato famoso in Russia dopo aver vinto lo Slam?, gli chiedo, in inglese, sorvolando sulla volgarità delle ragazze che distribuiscono la propria vagina. Un pensiero fugace corre ad Anna e alla chat, ma riesco ad allontanarlo subito, concentrandomi su Andrej.
Che mi fissa per svariati secondi con un'espressione dura che fatico a interpretare. Ho detto qualcosa di sbagliato? «Tu proprio non capisci il sarcasmo, eh?» dice infine.
«Ti divorano, questi due...» commenta burbero papà, senza staccare lo sguardo dal cellulare.
«Secondo te esistono tennisti in carrozzina famosi? A malapena siete famosi voi tennisti in piedi» prosegue Andrej.
Sbuffo. Come faccio a capire che scherzi se stai sempre serio?, gli chiedo.
Lui in tutta risposta indurisce ancora di più la sua espressione (non credevo fosse possibile). «Lascio ridere Vanja» dice, «lui ride per entrambi». Poi corruga la fronte e prosegue in tono drammatico: «Io non rido più dopo che quel cecchino del KGB mi ha sparato alle gambe facendomi diventare uno storpio.» Finge di asciugarsi una lacrima.
Ora capisco che sta scherzando, e gli chiedo perché abbia sempre voglia di raccontare queste storie assurde: un cecchino? E cos'è il KGB?
«Sono perseguitato dai servizi segreti russi» continua a scherzare, sempre serissimo. «Sono un nemico politico. Devo stare sempre molto attento.»
E perché dovresti essere perseguitato dai servizi segreti? insisto. Se deve inventarsi delle storie le inventasse almeno sensate.
«Vogliono farlo fuori perché è troppo coglione» commenta papà.
Andrej sembra pensarci un po' su. «Sai» mi dice infine, «io e Vanja siamo molto diversi. Non potremmo essere più diversi. Ma su una cosa la pensiamo esattamente allo stesso modo.»
Fa una pausa. Dovrei chiedergli: su cosa?
Non ce n'è bisogno, finisce lui: «Reality is dull.» La realtà è noiosa.
Vedo mio padre scuotere la testa. «La realtà è difficile da affrontare» dice, «soprattutto se sei un coglione con la testa di un tredicenne.»
«Cos'ha detto?» mi chiede Andrej, indicando papà, che per fortuna mi risparmia la traduzione e gli ripete il concetto in inglese.
«Pensi che io e Vanja non sappiamo prenderci delle responsabilità?» gli ribatte. «Noi la realtà la affrontiamo, ci giochiamo e la trasformiamo. Vanja si tinge i capelli e io riscrivo la mia noiosa biografia.»
Mio padre scuote la testa e fa un gesto di disprezzo con entrambe le mani. Poi si alza. «Hai finito di mangiare?» mi chiede.
Annuisco, ho appena messo in bocca l'ultima carotina. Devo lavarmi i denti.
Io e papà salutiamo Andrej (papà un po' meno cortesemente di me) e ci allontaniamo.
«Vanja dyes his hair...» dice mio padre mentre saliamo in taxi, scimmiottando l'accento russo di Andrej «I rewrite my boring autobiography...» scuote la testa. «Mi chiedo se a Raf faccia bene stare insieme a questi due coglioni.»
«P-perché?»
Papà si volta verso di me di scatto, quasi non si aspettasse la mia risposta. Resta in silenzio per qualche istante, sembra quasi in difficoltà. «Dicevo per dire...» Si stringe nelle spalle. «Intendevo dire... lui ha passato l'intera vita a scappare dalla realtà rifugiandosi nelle droghe e nell'alcol, non vorrei che i Reshetnikov alimentino questa sua tendenza.»
Annuisco e rifletto qualche istante sulle sue parole. Gli dico che Ivan e Andrej non mi sembrano i tipi che scappano dalla realtà, che Andrej secondo me intendeva dire una cosa diversa.
«Sempre a difendere il tuo fidanzatino...» commenta.
Ah già. Lui pensa ancora che Ivan sia il mio ragazzo. Non ho mai negato. Non mi interessa negare. Anzi, mi eccita, questa specie di sfida. Mi sento un po' infantile, ma ogni tanto sento il bisogno di provocare un po' mio padre.
Mi sento tanto infantile. Forse non dovrei farlo.
«Io lo so che Ivan non è una persona cattiva» dice papà, sorprendendomi un po'. Da dove viene fuori questo giudizio positivo? «Ho visto quanto ci tiene a Raffaele. Ma questo non cambia il mio giudizio sul suo carattere. Non mi piace. È un esibizionista, impiccione e invadente.» Mi punta un dito a due centimetri dal naso. «Finché continua ad andare tutto bene non ti impedirò di vederlo. Però attento: al primo sgarro, al primo problema che ti causa, qualsiasi tipo di problema, diamo un giro di vite.»
Annuisco. Sono il primo a essere d'accordo con lui: la mia carriera è la cosa più importante, e non ho intenzione di farmi distrarre da qualsivoglia relazione personale.
——
Note note note ♫
E rieccoci down under nel 2018! Vanja e Misha best friends, Andrej sarcastico come non mai, ma anche Nic sembra aver ricostruito la sua amicizia con Raf. Che ne dite? Il capitolo è un po' introduttivo, ma assicuro più carne al fuoco per i prossimi 😉
Ci rileggiamo mercoledì. Vi lascio con una filastrocca propiziatrice.
Stella stellina
L'incontro si avvicina
Misha traballa
C'è Vanja che lo sballa
Il dente storto è bello
Si ficca nel cervello
Di Misha ossessionato
E Vanja è preoccupato
Ma ognuno ha le sue fisse
Non è l'apocalisse!
(La parte importante della filastrocca è quella in grassetto!)
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