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31. La persona giusta

«Ciao» mi saluta, in italiano. «Can I talk with you for a minute?» Posso parlare un minuto con te?

«Com'è che tutta la famiglia Reshetnikov è ossessionata da te?» commenta papà. Sono sicuro che non gli sia piaciuto il tifo, e suppongo disprezzi anche lei, oltre ai due fratelli.

Dico a Daria che sono di fretta, devo andare a fare i trattamenti. Non ho alcuna voglia di confrontarmi con lei, so che è arrabbiata, di certo offesa da quello che le ho urlato in faccia prima.

«Solo un minuto...» Mi mostra il dito indice. Le sue unghie sono smaltate di lilla, oggi. Ivan cambia colore ai suoi capelli, lei alle sue unghie. Si sono trovati. «Non sono arrabbiata, voglio solo parlare» aggiunge. Ma a discapito di ciò che dice la sua espressione è dura, un po' ostile.

Anche se non mi va, alla fine cedo e acconsento: mi sento ancora un po' in colpa per prima. Chiedo a papà e zia se possono avvisare Ethan che tarderò qualche minuto.

«Non ti far abbindolare» mi ammonisce papà allontanandosi.

Comincio col chiederle scusa di aver urlato, ma lei mi interrompe subito: «Non è per quello che sono qui », dice, e aggiunge che al posto mio forse avrebbe avuto la mia stessa reazione.

Non capisco bene cosa intenda dire. I giornalisti, intanto, stanno uscendo anch'essi dalla sala stampa. Aspetto che si allontanino e le chiedo di spiegarsi meglio. Lei specifica: se lei fosse stata in campo a giocare e io fossi stato sugli spalti insieme a "Vanja" a farle il tifo.

Be', urlavate parecchio, le ribatto, ma ho avuto comunque una reazione esagerata.

Lei fa un sorrisino. «Non ti sei arrabbiato perché urlavamo forte» mi dice. «Ti sei arrabbiato per la stessa ragione per cui mi sarei arrabbiata io al posto tuo. Perché eri geloso

La fisso per qualche secondo esterrefatto. Di chi?

«Di lui.»

Ma cosa sta dicendo? Mi sono innervosito perché stavano starnazzando come due oche impazzite! E perché erano tre russi che facevano il tifo per un italiano contro un russo e mi sembrava del tutto fuori luogo. Non faccio in tempo nemmeno a cominciare, parla ancora lei.

«Ti odio un po'. Ma mi sembri un bravo ragazzo, quindi non ti odio tanto.»

Ma che discorso completamente senza senso è? Perché mi odia? Cosa le ho fatto? Se si tratta ancora di quella vecchia storia su Ivan che ci ha provato con me... io ancora non sono del tutto convinto che non si trattasse, in realtà, di uno scherzo.

Non riesco a dire nemmeno queste cose, le penso soltanto, lei sta facendo un monologo. Dice che siccome io piaccio a "Vanja", si è arresa, e ha deciso di sforzarsi: «Sto cercando di farmiti piacere.»

È molto seria, quasi ingrugnata. «Ci sto provando davvero» ribadisce. «Non voglio fare la fidanzata iperpossessiva.»

Annuisco, ma continuo a non capire il senso di tutto questo discorso e dove voglia andare a parare.

«Io sono innamorata di lui» mi dice. Sto iniziando a trovare questa interazione estremamente sgradevole.

«Anche se ha due anni meno di me», continua lei, «Vanja mi piace tanto. Voglio stare con lui, anche se è difficile, essendo sempre in viaggio e giocando spesso in tornei diversi.»

Ok, e allora? Cosa vuole? Ho bisogno dei miei trattamenti, voglio andarmene. Glielo chiedo: «What d-do you wwwwant to t-t-tell me?»

«Stanotte Vanja vuole passare la notte con te.»

Ha ripetuto due volte notte.

«Eh?» è la mia reazione un po' ritardata.

«Sì. Non per fare sesso, o lo ammazzo.» Ride.

Mi spiega che "Vanja" vuole offrirmi una cena fuori, visto che è la sua ultima notte qui. La prima cosa a cui penso è che non voglio: poi come mi lavo i denti? Le cene fuori sono una cosa complicata.

Le chiedo perché non la trascorra insieme a lei, la sua ultima notte qui.

Lei mi fa notare di essere stata anche lei eliminata dallo Slam, al primo turno, e che domani parte insieme a lui, vanno a San Pietroburgo, a casa di lui. «Quindi posso lasciarlo una notte da solo» conclude.

Mi sembra una cosa seria, se Ivan la porta addirittura a casa sua. Lei è di Mosca (l'ho letto sulla sua Wikipedia). Sono due ragazzi così giovani, soprattutto lui. Del resto però, ora che ci penso, Kirill Koptsev è sposato da quando aveva diciannove anni, Daniil Moryakov si sposa l'anno prossimo (l'ha detto sul gruppo) e di anni ne avrà ventuno. Sarà una cosa tipica russa, sposarsi giovanissimi?

Ma forse sto correndo troppo con l'immaginazione. Ha detto che va a casa sua, mica che si sposano...

Ok, e quindi? Le chiedo. Perché sei venuta qui, cosa vuoi?

«So che ti piace. Lo so!» dice, quasi con rabbia.

No, non è vero, le rispondo. Ivan mi innervosisce. È invadente, chiassoso, logorroico, esibizionista. Non mi piace.

«Non mentire a te stesso, Misha.»

Mi faccio forza e parlo di nuovo: cosa vuoi chiedermi, hai paura che ci provo con lui stasera? Non lo farò. Ivan non mi piace e per giunta non sono interessato ad avere una relazione con chicchessia. Balbetto parecchio, ma lei mi lascia finire senza interrompermi.

«Sì, sì... mi ricordo...» dice con aria annoiata. «Non sei gay, non sei etero, ma a volte sei eccitato da... persone.» 

Cita ciò che ho scritto sulla chat e la cosa mi colpisce come un pugno, mi stringe lo stomaco... Reshetnikov gliel'ha fatto leggere? Le ha fatto leggere le mie confidenze private? Come si è permesso?

«Non preoccuparti, Misha» mi dice lei. «So cosa stai pensando. Non è stato Vanja a dirmelo, lui non l'avrebbe mai fatto. Le tue confessioni sono state fotografate da qualcuno e girano. Tutti le hanno lette. Tutta l'ATP e tutta la WTA.»

Resta qualche secondo in silenzio, come se volesse farmi digerire le cose che mi ha appena detto. 

Non dovrei rimanerci male, perché me l'aspettavo, ne avevo già avuto sentore. Ma ci rimango male ugualmente. Mi sento stupido. Mi sento tradito.

«A ogni modo,» prosegue, «il mio punto è: hai detto persone. Persone! Non ragazze. Persone!» Si batte un pugno sulla mano. «E questo! Questo è il mio problema con te! Non sei consapevole di cosa ti piace davvero!»

Si sbaglia. Sono perfettamente consapevole di cosa mi piace o non mi piace. Non mi piace la bocca di Daria, ad esempio. È troppo sottile, e quel lucidalabbra rosa che si mette sempre ci sta sopra malissimo.

Non mi piace la bocca di Reshetnikov, con quel maledetto incisivo storto. Anche se qualche tempo fa mi sono eccitato, pensandoci. Ma è un episodio a cui non do alcun peso, perché mi capita, a volte, di eccitarmi anche pensando a persone che non mi piacciono. Ad esempio, una volta mi sono eccitato pensando a Zadorov, la cui bocca trovo in realtà orripilante, con quelle labbra sottili e i canini sporgenti. È successo quando ero più piccolo, quindici anni, dopo un match in un Challenger in cui l'avevo battuto. È piuttosto ovvio che fosse stata la circostanza a suggestionarmi, e non lui. Lo stesso vale per Reshetnikov.

«Dici che non ti piace» insiste, «Ma lo vedrai stasera! Perché lo vedrai se non ti piace?»

Le chiedo cosa glielo faccia pensare. Che ne sa lei se accetto l'invito? Non ho ancora deciso niente.

«Il modo in cui mi hai risposto poco fa», risponde lei. «Mi hai detto che non ci proverai con lui, staseraQuindi ci andrai.»

Mi rendo conto che ha ragione, e la cosa mi lascia senza parole. Non ho davvero voglia di vederlo. Allo stesso tempo... una parte di me sta dando per scontato che ci andrò.

«Vedi cosa intendo dire?» dice indicandomi. «Non sei consapevole!»

Rimaniamo per qualche secondo in silenzio e poi lei sorride. Sembra che si stia sforzando, ma è un sorriso dolce. «Lui ti piace, questo è sicuro», mi dice. «Io spero che lui ti piaccia solo come amico. Perché tu non sei la persona giusta per lui.»

Non so cosa rispondere. Non la capisco.

«È per questo che sono venuta qui», continua lei. «Per chiederti di non illuderlo.»

Scuoto la testa. Come potrei mai illuderlo, le chiedo? E poi - aggiungo in fretta sperando che non mi interrompa - di cosa hai paura? Io non capisco. Lui è innamorato di te, no? Ti porta a San Pietroburgo, ribatto.

Lei sorride di nuovo. Ma stavolta solo con la bocca, stira le sue labbra strette e i suoi occhi verdi rimangono tristi. «Sì gli piaccio. Gli piaccio molto. Ma ho paura che tu gli piaci di più.» 

Non so cosa rispondere. Non penso proprio che sia vero.

«Tu lo affascini... Ma non sei il ragazzo giusto per lui» prosegue. «Sei confuso, sei difficile. Ho letto cosa hai detto alla tua ex, il fatto che le hai chiesto di fare un test per le std subito dopo il rapporto... Possibile che tu non abbia capito che era una cosa fuori luogo da dire in quel momento? Mi sarei sentita offesa anch'io, al suo posto!»

Smettila di commentare i miei fatti privati! Sbotto. Per quanto mi sia possibile sbottare, frenato dalla balbuzie.

Lei mi ribatte che è colpa mia. Che sono stato stupido a confessare cose così private a degli sconosciuti la prima volta che ci parlavo. «È evidente che tu abbia dei problemi relazionali», mi dice. «Sei un immaturo e lo faresti impazzire» è il suo giudizio conclusivo.

E tutte queste cose su di me, le ribatto, le hai capite leggendo una conversazione su Whatsapp? Tu non mi conosci!

Non risponde, continua col suo discorso. «Sono io la ragazza giusta per lui, sotto tutti i punti di vista. Lo sai quanti problemi ha passato con la federazione russa dopo il coming out?»

La sua espressione si fa improvvisamente più cupa.

Le chiedo in che senso.

«Il coming out non è stato ben visto. Non è una cosa ben vista. È un cattivo esempio per i giovani, dice qualcuno.»

Qualcuno chi, le chiedo, e perché dovrebbe essere un cattivo esempio?

Lei scuote la testa. «Non so se puoi capire. Non so come sia la situazione nella federazione italiana.»

Fa un sospiro. Poi prosegue.

«Ti faccio un esempio. C'era una tennista russa, anni fa... una tennista che è ancora attiva oggi. Lesbica. Non aveva fatto coming out alla stampa, ma era molto mascolina» dice. «Capelli cortissimi, vestita sempre in completi maschili, shorts e magliette. Tutti sapevano che era lesbica, si sapeva anche chi era la sua fidanzata, una tennista australiana. Si baciavano in pubblico, nelle players room, quando non c'erano telecamere. Alla federazione andava bene perché non lo diceva pubblicamente, ma l'hanno comunque costretta a dare di sé un'immagine pubblica più femminile. Ora veste completi con la gonna, ha i capelli lunghi.»

Ma chi è, le chiedo.

Non vuole dirmi il nome. «Se fai un po' di ricerca ci arrivi» mi dice.

Le dico che mi sembra una cosa assurda e che non ho mai sentito di federazioni tennistiche con politiche di questo genere.

Lei mi risponde che non sono politiche ufficiali, che non è mai niente di esplicito. «Suggerimenti» dice. 

«Poco dopo l'inizio della nostra relazione» prosegue, «mi ha contattata un dirigente della federazione tennistica russa. Si congratulava con me e con Vanja. Siete una coppia bellissima! Lui è un po' una testa calda, gli piace dire cose scandalose per fare scena, ma tu sei una ragazza dai valori sani e lo saprai tenere a bada! Non ha detto altro, ma hai capito il senso?»

Scuoto la testa.

«Il senso è che gli perdoneranno il coming out, lo dipingeranno come un colpo di testa, come se l'avesse detto solo per attirare l'attenzione, per fare il trasgressivo, come i suoi capelli colorati. Glielo perdoneranno se continuerà a stare insieme a me.»

Le domando se sia questo il motivo per cui sta con lui.

«No, stupido!» grida lei. «Te l'ho detto! Sono innamorata! Lui è così...» sospira. «Come fai a non innamorarti di lui?»

Le credo, su questo punto. Sembra sincera.

Ma non credo a quei discorsi assurdi sulla federazione.

Se ci tieni tanto a fargli fare bella figura con la federazione russa, le dico, potevate evitare, oggi, di tifare contro un tennista russo.

Lei mi guarda per qualche istante con un'espressione perplessa, poi scoppia a ridere. «Kuruchkin non è russo! È kazaco!»

Eh?

«Ma non l'hai sentito quando vi hanno presentati prima di entrare in campo? Dal Kazakhstan, Mikhail Kuruchkin!»

Mi gratto la testa. Prima di entrare in campo sono sempre molto concentrato e non sento niente di quello che dice lo speaker.

«E non l'hai notata la bandierina kazaca vicino al suo nome sul tabellone luminoso?» insiste lei.

A dire il vero, nemmeno ricordo come sono fatte, la bandiera russa e quella kazaka. Cioè, mi ricordo che quella russa è rossa, bianca e blu a strisce orizzontali, ma non ricordo l'ordine dei colori, la confondo sempre con quella della Serbia. Quella del Kazakistan, poi, non ho proprio idea di come sia fatta, probabilmente ha gli stessi colori, tanto per aumentare la confusione.

«Sai che l'Unione Sovietica non esiste più?» ride, poi si mette a cantare, mimando una chitarra con le mani: «You don't know how lucky you are boy, back in the US, back in the US, back in the USSR!»

La guardo aggrottando le sopracciglia.

«Non conosci questa canzone?» mi chiede. «Sono i Beatles! Oh cielo... Vanja mi ha detto che non sai nulla di musica...»

Come spesso accade quando qualcuno mi fa pesare la mia ignoranza, comincio a sentirmi a disagio. Già ero a disagio a causa del semplice fatto che stavo parlando con lei, ora lo sono ancora di più.

Ok, non conosco le bandiere, e faccio confusione sulle nazionalità dei miei colleghi, e non conosco le canzoni degli stramaledetti Beatles. So che esistono, i Beatles. So che sono un gruppo musicale estremamente famoso (perché se li ho sentiti nominare io che non ne so niente di musica devono esserlo), ma non conosco le loro canzoni, non conosco nemmeno le loro facce. Daria evidentemente li conosce bene. Forse è anche lei un'appassionata di musica.

Forse è per quello che lei e Ivan si sono innamorati, perché piaceva loro la stessa musica. Lui le avrà chiesto: qual è la tua canzone preferita? Hanno cominciato a parlarne, hanno scoperto di avere gli stessi gusti... Ecco, Daria non si deve preoccupare, perché a me la musica non piace, non c'è pericolo che Ivan si innamori di me.

«Perché fai quella faccia triste, adesso?» dice lei fingendo un broncio. Poi sorride. «Non posso prenderti un po' in giro?» mi chiede.

Non le rispondo. 

«Ok» prosegue. «Non ti piaccio. Per niente. Ma ti piace lui. E se ti piace davvero, fai ciò che ti ho detto.»

Lui non mi piace e non ci tengo a lui, le rispondo, ed è proprio per questo che non ti devi preoccupare.

Lei spalanca gli occhi. «Non ci tieni a lui?!» dice a voce talmente alta che un paio di giornalisti, nei paraggi in attesa di una seconda conferenza stampa, si voltano a guardarci. «Ma sei stupido? Vincerai gli US Open per lui e dici che non ci tieni?»

Quello che dice mi oltraggia al punto da farmi gridare. «I do it for me!» Lo faccio per me.

Lei si stringe un po' nelle spalle, tira il busto indietro spaventata. I giornalisti continuano a guardarci, straniti. Per fortuna non c'è Bob Aaronson, avrebbe già scritto un Tweet per raccontarlo al mondo intero.

Faccio un respiro. «S-s-s-sorry» le dico, a bassa voce. Le spiego che io gioco sempre per vincere e le mie vittorie non le dedico a nessuno. Sono mie. Solo mie.

Lei annuisce. Mi chiede scusa. «Ho detto una cosa stupida, sono un'atleta anch'io e so da dove vengono le motivazioni.» Si batte il cuore col pugno, mentre pronuncia queste parole. «Ma...»

«B-but?» la incalzo.

«Ma gli darai centomila euro, quando vincerai. Perché lo fai se non ci tieni?»

Apprezzo molto che abbia detto "when" e non "if". Quando vincerò. Ci crede anche lei.

Ma devo correggerla. Li darò a Raffaele, non a Ivan. È una cosa che faccio per Raffaele.

«Lo fai per Vanja» insiste lei.

Non so più cosa ribattere. Pensa pure ciò che vuoi, le dico.

«Ti prego» mi dice un'ultima volta. «Non illuderlo.» Poi sospira. «Ti lascio andare dal fisio» aggiunge. «Goodbye, Misha.» Mi tende la mano.

Gliela stringo. «Goodbye Daria.»

Lei fa un sorrisetto. «Chiamami Dasha. Tutti mi chiamano Dasha.» Mi lascia la mano e si allontana.

«Why you rrrrrussians are s-s-so obsessed by nicknames?»

Lei non dice altro, si limita a voltarsi un attimo verso di me, mi strizza l'occhio e corre via, la coda di cavallo castana che rimbalza sulla sua nuca.

Io, ancora stranito dalla conversazione, mi avvio verso la stanza dove Ethan mi sta aspettando da almeno dieci minuti.

Guardo il cellulare. Ivan mi vuole invitare a cena. Mi avrà già scritto? Chiamato? No. Solo messaggi di congratulazioni per il passaggio del turno, da lui e da altre persone.

La cena è fuori discussione, rifletto. Però potrei proporgli di incontrarci dopo cena, coi denti puliti.

Ma voglio davvero farlo?

Arrivo da Ethan. Mi saluta. Mi spoglio e resto in mutande. Guardo un'ultima volta il cellulare, prima di stendermi. Spengo la suoneria ma attivo la vibrazione. 

Comincio degli esercizi di scarico, guidato da Ethan. Sento le fibre muscolari distendersi pian piano. Mi fanno un po' male i trapezi.

Il cellulare vibra. Interrompo l'esercizio e guardo lo schermo.

L'ennesimo messaggio di congratulazioni, sul gruppo Whatsapp. Il gruppo dei traditori. Appena finisce questo trattamento cancellerò la mia iscrizione.

Ricomincio i trattamenti, ma dopo pochi secondi una seconda vibrazione. Allungo il braccio.

«Puoi spegnere quel dannato aggeggio?» dice Ethan spazientito. «Stai aspettando una chiamata importante?»

Sbuffo. Scuoto la testa.

No, scusami. Niente di importante.

Assolutamente niente di importante.

Note note note

Daria ha parole molto dure per Misha. E scopriamo anche dei dietro le quinte non facili per Vanja, di cui lui non ha mai fatto menzione.

Pura coincidenza, proprio oggi/ieri 21 aprile 2021 è uscito il coming out di una giovane tennista russa in attività, Daria Kasatkina, (omonima!) che si dichiara bisessuale e spiega perché preferisce le relazioni con le donne a quelle con gli uomini. Una notizia davvero interessante, sono curiosa di vederne gli sviluppi, considerata l'aperta ostilità delle istituzioni russe nei confronti della comunità LGBT. Mi risulta sia il/la primo/a atleta russo/a a fare coming out.

E che ne pensate dell'invito di Vanja? Cosa succederà adesso a questa specie di appuntamento (sempre che avvenga, ahah)? 

Lo saprete prestissimo, lunedì prossimo! Ora prendete un telone nero, fateci tanti buchetti, metteteci dietro un faro e vedrete apparire una miriade di stelline! Come quelle che dovete lasciare in cima al capitolo ;)

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