16. Il sesso non mi interessa
Non credo che proverebbe a baciarmi, ma per sicurezza metto una mano sulla mia bocca. Non ho cambiato idea, sussurro.
Anna sospira, ma non perde il suo sorriso. «E va bene, divertiamoci in un altro modo...» La sua mano corre verso il mio pube, ma io la spingo via, cercando di farlo con gentilezza.
Devo lavarmi i denti, le dico.
Ora sembra delusa. «Allora dicevi sul serio, prima, che volevi salire per lavarti i denti...»
Certo! Annuisco.
«Cosa te li lavi a fare i denti, se tanto non ci baciamo?» commenta, un po' seccata.
Ma che domanda è? Sta scherzando?!
Non rispondo e vado in bagno.
Finalmente!
Procedo.
Mi lavo le mani.
«Va be', ti aspetto...» sento dire Anna dalla camera.
Estraggo dal borsello un piccolo asciugamano pulito e lo stendo sul ripiano del lavabo, poi ci appoggio sopra gli strumenti che userò dopo: filo, tirafilo e specillo. Poi lo spazzolino elettrico, sul quale infilo la testina con setole incrociate a morbidezza media (nuova, ovviamente). Dentifricio al bicarbonato, salato. Lo preferisco salato. Dolce mi dà una brutta impressione di zucchero, anche se so che nessun dentifricio contiene zucchero. Distribuisco il dentifricio sui denti e accendo l'oscillazione.
Finalmente!
Comincio dal secondo molare superiore destro. Dal secondo e non dal terzo, perché non ho più i denti del giudizio: li ho fatti estrarre per ragioni igieniche e di equilibrio. Cinque secondi a faccia (comprese quelle orizzontali di molari e premolari, e il retro dei secondi molari) per un totale di circa sette minuti e mezzo.
Appoggio lo spazzolino in posizione verticale.
Scarto il bicchiere di plastica (confezionato singolarmente), lo riempio d'acqua e procedo al primo risciacquo. Un minuto.
Ora è il turno del filo. Comincio dal diastema tra i premolari superiori destri e procedo fino al lato opposto. Cambio il filo quattro volte, per ogni quarto di bocca.
Per i denti più in profondità uso un tirafilo, impossibile altrimenti raggiungere bene entrambe le superfici dentali.
Sono trascorsi altri otto minuti.
Prendo quindi lo specillo e pulisco con maggiore attenzione gli incavi a ridosso della gengiva, tra i molari e i premolari: tra quei denti gli spazi sono un po' più larghi e il filo interdentale a volte non riesce a catturare tutte le particelle di sporco.
Sono passati altri tre minuti.
Finite queste operazioni, prendo di nuovo lo spazzolino e ci metto dell'altro dentifricio: la pulizia col filo e con lo specillo ha sollevato nuovo sporco che va spazzolato via, ma questo secondo passaggio è più rapido, di solito ci impiego solo tre minuti.
È circa a metà di questo passaggio che entra Anna, tirando su col naso: è raffreddata? L'ultima cosa di cui ho bisogno, ora, è buscarmi un raffreddore.
«Mi spieghi cosa cavolo stai facendo?»
Mi indico la bocca guardandola dallo specchio: non è ovvio?
«È mezz'ora che sei qui dentro... e ti sei persino portato dietro il tuo spazzolino!»
Annuisco. Pensava forse che usassi il suo? Mi dà il voltastomaco solo pensarlo.
«E quello cosa cavolo è? Sembra... quel ferretto con cui il dentista ti toglie il tartaro...»
È esattamente quello. Si chiama specillo, ma non perdo tempo a spiegarglielo.
«Guarda che è pericoloso usare questa roba senza saperla usare...» insiste.
E chi gliel'ha detto che non la so usare? La so usare benissimo e ci faccio molta attenzione. Il dentista mi fa sempre i complimenti per lo stato di salute e pulizia dei miei denti e delle mie gengive.
Anna scuote la testa. «Sei completamente pazzo.»
Finisco la seconda spazzolatura dei denti, sciacquo lo spazzolino e procedo alla pulizia della lingua.
«Scusa, per curiosità, ma quanto ci metti ancora?»
Non le rispondo, sono impegnato. La lingua va pulita bene, cerco di andare più in fondo possibile, fino al limite del riflesso di vomito (mi conosco, so dove posso arrivare). Poi passo lo spazzolino anche tra le guance (spento, altrimenti la plastica dura rischia di sbattere contro i denti) e sul palato. Dopo due minuti posso sciacquarmi di nuovo la bocca.
Anna è ancora lì. «Hai finito?»
Altri cinque minuti, le dico.
Lei rotea gli occhi ed esce, mentre faccio il primo dei tre risciacqui con acqua. Un minuto ciascuno.
Faccio passare l'acqua in ogni angolo delle guance e della bocca, faccio dei gargarismi per sciacquare bene il fondo della gola.
È arrivato il momento del collutorio. Altri due minuti di risciacquo.
E finalmente la mia bocca è pulita. Ah, come sto bene!
Ripongo tutto accuratamente nel mio borsello, e vado in camera.
E rimango sorpreso dalla vista di Anna. È stesa sul letto con indosso solo un paio di mutandine di pizzo. Sta tenendo le mani sul suo enorme seno e mi sorride. Tira di nuovo su col naso.
È solo in questo momento che mi rendo conto di essere da solo in una camera d'albergo, da solo con lei, e nella mia mente balena l'immagine della sua bocca sul mio pene. E mi ricordo dei preservativi nella borsa, a cui non avevo mai pensato in tutta la serata. Dovrei andare in bagno a prenderla
Ma tutto ciò dura solo un istante, il tempo di rendermi conto che la sua bocca è sporca.
«N-n-non ti lavi i d-d-denti?»
Lei ride. «Ma sei proprio ossessionato!» Poi mi guarda sottecchi e allarga le braccia, scoprendo i seni. «Me li lavo dopo... dai, vieni qui!»
La visione del suo seno nudo mi manda in confusione. Ricordo il morbido sotto le mani, vorrei toccarlo di nuovo.
Faccio un passo verso di lei, mi sto eccitando.
Sorride.
I suoi denti.
Ha mangiato e non si è lavata i denti.
Per favore puoi lavarti i denti, la imploro. Mi dà fastidio.
Anna sbuffa. «E va bene...» Si alza, mi passa accanto e un suo seno struscia sul mio braccio: l'ha fatto apposta? «Sei davvero un tipo strano... svestiti, intanto» mormora mentre entra in bagno.
Comincio a togliermi il maglioncino (di sera fa fresco, qui a Londra), e resto in camicia.
Mi siedo sul letto. Cosa devo fare? Devo prendere i preservativi? Vuole fare sesso con me? E io? Cosa voglio fare io?
Mi sbottono la camicia.
A me il sesso non interessa. È una cosa a cui non penso spesso. Tre anni fa ho origliato una conversazione tra mio padre e mia zia. Venivo da un periodo in cui ero sempre stanco a causa di un virus intestinale, ma all'epoca ancora non lo sapevamo. Ricordo mio padre dire a mia zia: «Secondo me si masturba troppo. A sedici anni io stavo col cazzo in mano da mattina a sera. Tutti i maschi adolescenti lo fanno.»
L'immagine di mio padre eccitato mi aveva fatto passare la voglia di masturbarmi per almeno due o tre mesi.
A ogni modo, mio padre si sbagliava, almeno su di me (non so sugli altri adolescenti). A parte un breve periodo di scoperta e frenesia intorno ai dodici anni, non mi sono mai masturbato molto spesso. L'ho sempre fatto in modo disorganizzato, sollecitato da fantasie estemporanee, lunghi periodi di astinenza alternati a settimane in cui ero più eccitabile. È stato dopo quel giorno che mio padre mi ha consigliato di regolare anche questo aspetto della mia vita, e anche se ho trovato quel discorso con lui molto imbarazzante, devo ammettere che è stato un buon consiglio. È un'utile valvola di sfogo, se usata nel modo giusto.
Mi tornano in mente le parole di Raffaele: un equilibrio tra controllo e libertà.
Cos'è questo appuntamento? Un momento di libertà?
Ecco che torna Anna, proprio mentre lascio cadere la camicia a terra. Indosso ancora i pantaloni.
Lei si appoggia al muro, mi guarda, spinge il fianco in fuori. Il suo seno è davvero bello.
Sorride e si indica la bocca: «Puliti!»
Ci ha messo circa tre minuti. Troppo poco.
Ma meglio di niente.
Si avvicina a me. Mi sta in piedi davanti, le sue mutandine all'altezza del mio viso. Alzo gli occhi e vedo il suo seno da sotto.
Non mi interessa il sesso, ma sarei curioso di provare. Il mio pene è completamente turgido. A volte non capisco nemmeno perché succede. Ho una donna nuda davanti, ma non provo desideri definiti e comprensibili per lei. Vorrei toccarla, ma non so come e dove.
Allungo una mano e sfioro con le dita la pelle liscia della sua pancia, accanto all'ombelico.
Lei si china su di me, mi spinge disteso sul letto, con dolcezza. «Niente baci sulla bocca? Sicuro?»
Annuisco.
Allora lei mi bacia il petto.
Non protesto. È piacevole. È bello. Vorrei che i suoi baci scendessero. Mi slaccia i pantaloni, li sfila. Mi sfila anche i calzini. «È la tua prima volta?»
Perché me lo chiede? Lo sa già. Con chi potrei mai aver avuto rapporti in queste tre settimane in cui non ci siamo visti?
Annuisco per confermare l'ovvietà.
Lei sorride. «Non sono mai stata la prima volta di nessuno.»
Ho l'impressione che questa cosa abbia più importanza per lei che per me. A me non interessa, vorrei solo che mi toccasse e la smettesse di parlare.
E siccome non lo fa lei lo faccio io, perché non resisto più: infilo la mano nei boxer e comincio a masturbarmi. Ho ancora le gambe a penzoloni giù dal letto, le tiro su, mi stendo meglio.
E mi sento ridicolo. Ma cosa sto facendo? Mi sono messo a masturbarmi davanti a una ragazza che conosco a malapena. Cosa mi è saltato in mente?
Tolgo la mano dalle mutande, sto per chiederle scusa, ma lei non sembra affatto disturbata da ciò che ho appena fatto, anzi, mi lancia uno sguardo malizioso, si morde le labbra, le sue bellissime labbra, mentre mi toglie le mutande, scoprendo la mia erezione. Fammi una fellatio, ti prego! Posso chiederglielo?
Non ho tempo di farlo, si stende accanto a me e mi tira su di sé.
Ora giaccio su di lei, le mani puntate sul materasso, il pene nudo a contatto col suo corpo.
Non so cosa fare. Comincio a muovere il bacino, quasi senza rendermene conto, mi accorgo solo dopo qualche secondo che lo sto facendo. La frizione è piacevole.
Metto una mano sul suo seno. È morbido, e mi fa l'effetto opposto di quel che dovrebbe: mi fa venire voglia di appoggiarci la testa sopra e addormentarmi.
Anna mi prende la stessa mano con cui le stavo toccando il seno e la guida verso il basso, nelle sue mutandine.
Mi preme le dita nella fessura della sua vagina, ed è stranissima, umida e piena di pieghe e carne che non mi aspettavo di trovare. Non mi piace molto. Sento che l'eccitazione mi sta un po' passando: non voglio toccare lei, voglio che lei tocchi me!
D'altra parte mi sembra corretto ricambiare, mi ha fatto due fellatio, due, io non ho mai fatto niente per lei, a parte i "grattini" per farla addormentare.
Non so bene cosa fare, ho il gomito ben puntato sul materasso per tenere il viso lontano da lei, che mi guarda negli occhi. Non riesco a decifrare la sua espressione. Forse è spazientita perché da svariati secondi sono fermo con le dita infilate nella sua vagina? Questa situazione si fa meno eccitante ogni secondo che passa.
Mi decido a fare qualcosa, e faccio la cosa più ovvia che mi viene in mente, la penetro con un dito. La sensazione di caldo viscido è un po' disturbante, ma allo stesso tempo, non so perché, mi fa eccitare di nuovo. Mi fa venir voglia di penetrarla davvero, di avere un rapporto completo con lei.
Lei guida ancora la mia mano: «Così» sussurra.
La fa scorrere su e giù nella parte più frontale del suo organo genitale. Perché diamine lo sta facendo? Devo continuare questo movimento?
Lo faccio, e lei intanto si sfila le mutandine muovendo su e giù le gambe e rendendo più difficile il mio lavoro.
Non mi piace. Sto pensando troppo.
Controllo e libertà. Devi lasciarti andare. Credo che questa sia proprio una di quelle situazioni in cui ci si dovrebbe lasciar andare, ma non ci sto riuscendo.
«Tutto bene, Michi?»
Le rispondo, con sincerità, che non so più cosa fare. Sorvolo sul fatto che mi ha chiamato Michi. Io mi chiamo Michele. Non Michi. E neanche Misha.
Lei sorride. «Come sei dolce...»
E non sono dolce!
Mi spinge delicatamente a lato, mi fa stendere supino. Mi sorride. «Questo mi pare che ti piaceva...»
Oddio. Sta per farlo!
Lo fa!
Chiudo gli occhi e all'improvviso tutti i pensieri svaniscono. La sua bocca, il mio pene che si ingrossa.
Ma dura troppo poco. Appena sento di essere al massimo dell'eccitazione, lei si tira su a sedere, su di me e guida il mio pene nella sua vagina.
Fino a qualche secondo fa non avrei voluto altro che finisse la fellatio, ma devo dire che mi piace questa sensazione. È molto avvolgente. Molto più della bocca.
Lei comincia a muoversi su e giù. Le metto le mani sui fianchi, il suo seno rimbalza mentre si muove. Sta gemendo e mi accorgo che lo sto facendo anch'io.
Chiudo gli occhi. Dio, è bellissimo. Vorrei che aumentasse la velocità.
Lo fa. È stupendo. Uh, non resisto più!
Orgasmo.
Quando riapro gli occhi lei si sta ancora muovendo su e giù sui resti della mia erezione ed emette dei gemiti acuti. Sta avendo un orgasmo anche lei? Non lo capisco.
Dopo un gemito più lungo e acuto degli altri si solleva e gocciola sperma sul mio ventre.
Ed è solo in quel momento che mi rendo conto con immenso, estremo orrore che mi sono completamente dimenticato del preservativo.
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Note note note ♫
Mi sembra di vedere un po' di facce perplesse tra i lettori: ma non c'era scritto boy x boy nel titolo? E siamo già al secondo rapporto etero? E sembra pure che gli sia piaciuto? Cosa succede qui? Aiuto!
Calmi calmini, dai! Non facciamoci prendere dal panico per così poco! E per il preservativo mancato? Che ne dite? Per quello ci facciamo prendere dal panico?
Ma no, dai! Aspettiamo con calma lunedì, e nel frattempo tempestatemi di stelline! :)
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