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126. Sacrifici

Nonostante le insistenze di mio fratello, di Maria e di Anna, non mi sono tinto i capelli, né di rosa, né di azzurro, né di nessun altro colore.

Credo che Ivan sia un po' deluso da questo fatto, ma ha capito che non me la sento e (a differenza di Daniele, Anna e Maria) non ha insistito per farmelo fare. «Io i capelli così li tengo un anno come promesso» mi ha detto. «Così se tu cambi idea io sono già pronto. Poi comunque fa bene a capelli ogni tanto respirare.»

Ancora faccio un po' di fatica ad andare in giro, ho sempre il terrore che qualcuno mi riconosca, mi importuni e si metta a parlare con me. Se avessi i capelli colorati in modo strano sarei un semaforo ambulante, attirerei l'attenzione di chiunque. Non voglio attirare l'attenzione.

Ivan coi capelli corti sta benissimo, perché fanno risaltare i lineamenti spigolosi del suo viso e fanno sembrare i suoi incredibili occhi azzurri ancora più chiari. Non li ha mai avuti così corti da quando lo conosco: pochi centimetri del suo strano castano cenere. 

Per me è un colore stupendo. Gliel'avevo già detto quando lo conoscevo da poco: con quei capelli e quegli occhi sembri un weimaraner. Gliel'ho ripetuto. Lui ha messo una foto di un weimaraner nelle sue story Instagram. Non credo che qualcuno, a parte me, abbia capito perché l'abbia fatto. Avranno pensato che sia il suo nuovo cane.

È bello parlare di nuovo con lui. Ci sentiamo ogni giorno. O meglio... è un po' complicato.

Dopo la vittoria, non ho ancora avuto il coraggio di riattivare il mio vecchio numero, non credo riuscirò mai ad affrontare tutti i messaggi in sospeso che contiene, ma ho detto a mio padre di dargli il numero della scheda che c'è nell'iPad. 

Ho aspettato la sua telefonata con un'incudine sul diaframma.

Quando mi ha chiamato, ho risposto, ho aperto la bocca per parlare... e dalla mia gola non è uscito il minimo suono.

«Non dici niente Misha? Vuoi scrivere?» mi ha proposto lui.

E così comunichiamo come quella prima sera, la primissima telefonata che mi ha fatto nel cuore della notte, con lui che parla, io che gli rispondo scrivendo.

A volte mi scrive anche lui. Messaggi infiniti, foto, chiacchiere.

A volte mi legge quel libro. Quello che non abbiamo mai finito, Metro 2033. In italiano. Adoro sentirlo leggere, ascoltare i suoi commenti idioti sul significato delle parole italiane e su come: «In russo questo pezzo si capiva meglio.»

Sono così felice di riuscire di nuovo a comunicare con lui.

Verrà a trovarmi. Appena finiscono i suoi impegni. Da quando ha vinto lo Slam non fa altro che girare studi televisivi e set fotografici, e dare interviste. Quasi non ha il tempo di allenarsi. Tra una settimana avrebbe dovuto giocare Acapulco, ma ha detto che lo salta per un fastidio muscolare. Non so se sia vero o se sia solo una scusa per venire a trovarmi. Sospetto, da alcune piccole incoerenze nelle sue spiegazioni, che sia la seconda.

Se così fosse un po' mi dispiacerebbe, perché non voglio che prenda alla leggera la sua carriera e si rovini il Sunshine Double per colpa mia. Allo stesso tempo mi rende anche felice l'idea che mi consideri più importante di due dei tornei più importanti dell'anno.

E quindi viene a trovarmi poco prima di partire per Indian Wells. Dovrebbe arrivare a Capriva tra cinque giorni.

Dopodomani, invece, arriva Andrej. Sono stato io a proporre ad Anna di invitarlo e lei non se l'è fatto ripetere due volte. 

Vedo ancora il dottore, una sola volta a settimana. Ci parlo un po', a fatica. Mi dice sempre che ho fatto e sto facendo dei progressi incredibili. Io non sono sicuro al cento per cento di esserne uscito del tutto. Non sono sicuro di essere guarito, di non ricaderci di nuovo per chissà quale motivo tra una settimana, un mese, un anno. 

Ma è vero che mi sento meglio. E per ora mi tengo questo.

Ho ricominciato ad allenarmi. Non ho detto a Ivan di voler giocare il doppio con lui. Non so se avrò mai il coraggio di dirglielo, e a dire il vero non so nemmeno quando e se ricomincerò a giocare. 

L'ho detto a Daniele, però. Gli ho detto che un giorno, più avanti, se mai dovesse capitare che lui non è impegnato col suo partner, mi piacerebbe giocare di nuovo con lui, come abbiamo fatto tante volte, ma per la prima volta con una nuova intesa. 

«Hai cambiato idea sul doppio? Non dicevi sempre che i doppisti sono tutti singolaristi falliti?» mi ha preso in giro. Be', nella maggior parte dei casi è vero, ho ribattuto. Daniele si è messo a ridere. «Sai, ho sempre pensato che dicessi questa cosa perché sei uno snob stronzo e che volevi solo umiliarmi. Ma adesso credo di capire che tu non vuoi offendere nessuno, sei solo incapace di raccontare palle a fin di bene.» Ho annuito. «E in fondo hai ragione e lo so anch'io. Però uno come me, quando capisce di non avere un futuro come singolarista, può lavorare sui propri punti di forza e rivedere le proprie prospettive. Io sono sempre stato molto bravo nel gioco a rete. E mi piace giocare in squadra. Quindi forse è vero che ho fallito come singolarista, ma sono molto soddisfatto e felice della mia carriera di doppista.»

Ho annuito e gli ho detto che penso che sia un doppista eccellente. Sei uno stratega intelligente, hai dei riflessi eccezionali a rete e riesci a trovare una buona intesa anche con persone con cui hai scarsa affinità personale, come me. Ci ho impiegato parecchio a balbettarlo ma mi ha fatto finire.

«Wow, quanti complimenti oggi!» ha ribattuto con un sorrisetto.

«P-p-però se v... vuoi d-diventare il d-doppista mmm... migliore d-d-del mondo d-devi migliorare il servizio.»

Lui ha riso. «È vero che ho un servizio mediocre. Il tuo invece è perfetto. Perché non mi insegni a sistemarlo?»

Ho avuto un moto di entusiasmo e gli ho detto di sì, ma mi sono subito smorzato pensando che forse era una richiesta sarcastica. «Mmme lo c-c-c...» Respiro. «Chiedevi p-per scherzo?»

«Ma no, scemo! Dicevo davvero.»

Gli ho sorriso e detto che mi avrebbe fatto molto piacere, anche se non so ancora come potrei aiutarlo.

«Grande!» Mi ha dato una pacca sulla spalla. «Poi quest'estate vinciamo la medaglia d'oro insieme alle olimpiadi. Ci stai?»

Non so se quest'estate sarò già abbastanza in forma, ma gli ho detto che mi piacerebbe provarci. 

Una medaglia d'oro con mio fratello. Mi piacerebbe davvero! A essere proprio sincero, preferirei vincerla insieme a Ivan, ma purtroppo alle olimpiadi saremo costretti a essere sempre avversari. A meno che non ci sposiamo e uno dei due cambia nazionalità. 

No. Ma cosa diamine vado a pensare?

A ogni modo, intanto mi rimetto in forma, poi si vedrà. Per ora sto facendo solo allenamento atletico: corro un'ora ogni mattina e faccio un po' di pesi ed elastici il pomeriggio. Niente di troppo intenso, me la prendo con calma. Ho perso un chilo di peso. Uno solo! Sarà dura perderne altri dieci e ritornare al mio peso forma. Ma ce la farò.

Sono sicuro che ce la farò, sto anche mangiando meglio, perché ho cominciato a farmi da mangiare da solo.

In modo serio.

E ho scoperto che mi piace moltissimo cucinare. In modo serio.

Ho spulciato un po' il libro di Gwen che mi ha regalato Anna, ma a dire il vero trovo molto più facile seguire video ricette su YouTube. 

Sono riuscito finalmente a rende eccellente la pasta al pomodoro. La prima volta che mi è riuscita bene ho deciso di prepararla per tutti: me, papà, Anna, Daniele, Maria ed Elisa. Ed è stata un tale successo che mi hanno pregato di cucinare anche altri piatti.

Ho accettato, ma coi piatti nuovi non riesco quasi mai ad arrivare allo stesso livello di eccellenza; normale, ci vuole allenamento per eccellere. Alcuni mi vengono meglio e sono gradevoli al palato, altri mediocri, nessuno pessimo. Li servo ugualmente agli altri perché dalle loro reazioni capisco cosa va migliorato.

A parole sono tutti falsamente complimentosi. «Buonissima!» ripetono fino allo sfinimento (tranne Elisa che guaisce e batte la sua forchettina di plastica sul tavolo). Ma leggo i loro commenti successivi o guardo cosa lasciano nel piatto e la verità la capisco sempre. 

L'unico sincero è mio padre. Dopo i primi complimenti che mi ha fatto a un piatto decisamente mediocre, gli ho detto (balbettando moltissimo, ma mi sono sforzato di dirglielo a voce) che non deve trattarmi in modo diverso da quando era il mio allenatore. Quando era il mio allenatore era spietato con le critiche e parco di complimenti, voglio che giudichi allo stesso modo i miei piatti.

Da quel giorno è diventato un critico durissimo. Ha capito che è quello che mi serve. Tutto quello che faccio voglio farlo al meglio, e più le critiche sono dure e imparziali, più mi sono utili.

Mi piace cucinare. Nella cucina ho trovato qualcos'altro che mi piace fare, che mi piace davvero, oltre al tennis. Mi piace perché è un'attività in cui al giusto impegno seguono risultati soddisfacenti. E mi piace perché è un'attività di condivisione. 

Quando cucino non lo faccio solo per me, lo faccio anche per altre persone. Sto dando qualcosa di bello a me stesso e ad altre persone, e farlo mi rende felice. Non vedo l'ora che Ivan sia qui e cucinare qualcosa di buono per lui. 

***

È il pomeriggio del ventitré febbraio e Andrej è appena arrivato a Capriva. Appena sceso dal taxi Anna lo abbraccia con un tale impeto da farlo quasi cadere. 

«Più cerchi di farmi finire col culo per terra, più mi innamoro di te. Stai attenta!» le dice lui. 

«È esattamente il mio scopo» ribatte lei.

Dopo essersi un po' abbracciati e baciati, Andrej viene da me, che stavo qui in disparte, e mi saluta col suo solito pugno. «Grazie dell'ospitalità» mi dice. «Vanja sta morendo dall'invidia, in questo momento!»

Ho preparato una cena da due portate: come primo degli gnocchi ai quattro formaggi, e per papà una carbonara vegetale con le zucchine. Poi, come secondo, per papà ho fatto una crema di lenticchie e rape rosse: non è facile inventare piatti proteici vegetariani, ma ci tengo a fare sempre un'alternativa per papà. Ho rubato diverse ricette a base di uova e legumi dal libro (ma soprattutto dal canale YouTube) di Gwen, e anche da altri canali che propongono cucina vegetariana. Non tutti mi sono riusciti bene, ma ce ne sono stati un paio di cui papà è stato entusiasta. Spero gli piacerà questa crema, è la prima volta che la faccio. 

Per Anna, Andrej, Daniele e Maria, invece, il piatto forte è spigola al forno con patate, e infine c'è un'insalata di lattuga, radicchio, noci e pere come contorno per tutti. Ho pensato che il formaggio degli gnocchi si abbinasse bene all'insalata con le noci e le pere, e che le patate che fanno da letto alla spigola richiamassero le patate degli gnocchi, ma papà mi ha giustamente fatto notare che: «Pesce e formaggio non c'entrano un cazzo» e: «La patata è un carboidrato e non ha senso raddoppiarla.» Ha ragione, ovviamente. Sto diventando abbastanza bravo nella preparazione dei singoli piatti, ma sono ancora scarso nell'organizzazione dei menù. Dovrei guardare qualche video che spiega l'arte dei menù. Chissà se Gwen ne ha pubblicato qualcuno?

«E poi hai preparato troppa roba! Gnocchi e insalata bastavano e avanzavano» ha aggiunto.

Dovevi vedere quanta roba mi hanno presentato in tavola alla prima cena a casa di Ivan, a San Pietroburgo, gli ho risposto.

A ogni modo, Andrej ha apprezzato. «The gnocchi were wonderful!» mi dice a fine pasto. «Buonissimo!» aggiunge in italiano.

Sì, lo erano, gli rispondo. Lui ride: «Sei sempre molto modesto, tu.»

Non è questione di modestia, erano buoni davvero. Era la terza volta che li preparavo. La prima volta mi erano venuti gommosi perché avevo usato delle patate troppo giovani. La seconda troppo flosci. Stavolta erano perfetti. Ho acquistato (papà ha acquistato) delle patate a pasta rossa da un contadino di zona, ce le ha vendute già vecchiotte, erano perfette, molto disidratate, hanno tenuto benissimo la farina.

La sera, dopo cena, io, Anna e Andrej chiacchieriamo un po' seduti sul divano, davanti al caminetto. Andrej mi parla molto di Ivan, di quanto in Russia, dopo lo Slam vinto, stiano cercando disperatamente di farne un eroe nazionale minimizzando il fatto che è bisessuale. 

Chiacchieriamo un po' anche del più e del meno, di sciocchezze, pettegolezzi su tennisti, fatterelli vari dell'estate australiana. Sarebbe più corretto dire che loro chiacchierano, io ascolto e ogni tanto ribatto con qualche parola. Ma sono felice di stare con loro. Parlo poco, balbetto moltissimo, ma pian piano sto migliorando. Una parola alla volta, come dice sempre il dottore.

***

«Arrivo domani.»

Le parole di Ivan mi lasciano a bocca aperta.

Arriva con un giorno di anticipo.

«Non ce la faccio più di interviste! Ho annullato ultimi impegni e volo da te! Così sto un giorno in più» aggiunge, in tono concitato.

Non so cosa dire. Sono felice, ma anche terrorizzato all'idea di rivederlo di persona.

«Anzi, no un giorno in più, sto una settimana in più! Ti dà fastidio se resto una settimana di più?» aggiunge.

Ma poi ti perdi il Sunshine Double!

«Uffa, che palle il Sunshine Double...»

Vuoi smettere di fare il tennista?

«Ma no, no, scherzo. Ho tanta voglia di giocare di nuovo. Magari torno da te dopo Sunshine Double, prima di terra rossa. Ti dà fastidio se torno?»

Puoi venire quando vuoi e restare qui quanto vuoi. Questa è la casa di Ivan, ti ricordi?

Lui ride. «Hai detto risposta giusta.»

Dopo aver chiuso la telefonata rifletto su tutto quello che Ivan sta facendo per me. Viene qui rimandando all'ultimo la partenza per gli Stati Uniti. Sarebbe venuto anche se avesse giocato Acapulco, strizzando qualche giorno tra un torneo e l'altro, solo per vedermi. Sarà distrutto dal fuso orario e si rovinerà Indian Wells, e forse persino Miami. Rimanda i suoi impegni, probabilmente ci perde dei soldi solo per arrivare un giorno d'anticipo. E fa questo sacrificio solo per vedermi, per stare con me.

Ivan sta facendo di tutto per venirmi incontro, per comunicare, per starmi vicino, e io? Me ne sto qui col mio mutismo e ancora non sono riuscito a dirgli, a voce, una singola parola.

Be'. Farò qualcosa per lui. E forse un po' anche per me. Ho appena preso una decisione.

Ma ho bisogno dell'aiuto di Anna.

Lei e Andrej sono al piano di sotto che fanno da baby-sitter a Elisa, mentre Maria lavora al computer e Daniele si allena. 

Elisa sembra molto interessata alle gambe di Andrej: gli ha tirato su un pantalone e sta toccando e studiando la protesi con aria incuriosita, no, direi persino ammirata.

«Da quando si è accorta che sono un cyborg mi adora» mi spiega Andrej quando mi vede. «Credo che mi interpreti come una specie di giocattolo gigante.»

«Mimi!» dice la bambina accorgendosi di me. Lo dice sempre per chiamarmi, credo sia una storpiatura del mio nome. Spero che Ivan non la senta, conoscendolo sarebbe capace di mettersi a chiamarmi così anche lui.

Mi schiarisco la voce. «A... Anna» riesco a dire.

«Dimmi.»

«Ho b-b-bisogno d-d-deeel t-t-tuo a... aiuto.»

Anna si alza e viene da me, lentamente, quasi come avesse paura. Mi fronteggia. «Come posso aiutarti?»

Cerco di dirlo a parole, ma è una frase troppo lunga, non ci riesco.

Prendo l'iPad e scrivo. 

Faccio un sospiro e le mostro lo schermo.

Mi voglio tingere i capelli di azzurro.

——

Note note note

E va be, il proposito di restare castani è durato esattamente un capitolo. Daje Michè! Una scommessa è una scommessa!

Prima di proseguire con le note, una segnalazione che non ho fatto nel capitolo scorso per non esagerare in lunghezza: se non l'avete già viste, ho pubblicato negli extra di Play due fanart davvero bellissime dedicate a Michele. La prima delle due, in particolare, mi ha commossa, perché ritrae Michele nel momento più buio della sua depressione. L'autrice è Kiritsub0 e si merita un sacco di complimenti!

Tornando alla storia, avrete notato che in questo capitolo vengono nominate le olimpiadi... quelle due 2020 che, come ben sappiamo, a causa pandemia si sono giocate nel 2021. E be'? Dov'è finita la pandemia in questa storia che ricalca la realtà? La pandemia in questa storia non esiste. Ho pianificato la trama prima che succedesse il casino che è successo e inizialmente la pandemia non era (ovviamente) nei miei piani. È avvenuta mentre scrivevo e ho cambiato idea in corso inserendo diversi riferimenti al covid, tra cui, proprio in questo capitolo, un non troppo delicato Andrej che spiegava a Michele cosa stava succedendo nel mondo a sua insaputa. I tre fidi beta hanno letto la stesura pandemica e il loro giudizio è stato unanime: non c'entra nulla con il romanzo ed è solo un brutto riferimento a una realtà non ancora risolta nella realtà. Be', mi sono trovata d'accordo. E quindi ho eliminato tutto, senza che la trama cambiasse di mezza virgola (tanto era stato forzoso l'inserimento in primo luogo), e Michele, Ivan e compagnia vivono in un mondo bellissimo in cui non c'è una briciola dell'angoscia che ci ha oppressi negli ultimi due anni. Beati loro.

Fatta questa doverosa precisazione, ci rileggiamo giovedì con un Michele che (forse?) sfoggerà dei bellissimi capelli di questo colore —> 💙 

E io sono molto arrabbia perché non volevo usare un cuore azzurro, ma una stellina azzurra, solo che l'emoji non esiste, uff,  quindi mi tocca pescare un'immagine random.

Colto il messaggio? 

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