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114. Sotto i miei capelli colorati

Vado da lui a passo deciso. 

Non troppo deciso, a dire il vero, sono un po' malfermo, ogni volta che appoggio un piede a terra mi sembra che il pavimento abbia un'altezza diversa. Ma sono un atleta di fama mondiale e riesco facilmente a far fronte a questa piccola difficoltà. 

Eccolo, il mio bellissimo Ivan. Glielo chiedo qui? No, Daria ci romperebbe le scatole. Gli chiedo di uscire. Ehi, Ivan. No, anzi! Ehi, Vanja! Chissà come sarà contento che lo chiamo Vanja!

Mi schiarisco la voce e mi avvicino al suo orecchio. «Ehi, Vanja...» 

Lui si gira di scatto, fa una risatina. «Vanja?» Ride ancora. «Misha, quanto hai bevuto?» 

«Un pochino.» Rido anch'io «Ti devo dire una cosa.» 

«Parla più forte» mi dice lui, avvicinando una mano all'orecchio. «Con la musica non si sente bene!»

«Ti d-d-devo dire una cosa!» grido.

«Dimmi» mi fa lui. Guardo Daria, che mi sta guardando a sua volta con aria ostile. Sì, ti odio anch'io. Ma adesso devo parlare con Ivan. «Possiamo andare d-di là?» gli chiedo. 

Lui aggrotta le sopracciglia. «Perché guardi Dasha? Dove vuoi andare? Cosa vuoi fare?»

Mi avvicino al suo orecchio e parlo a voce un po' più bassa: «Ti devo chiedere una cosa...» 

«Chiedimela qui» mi dice. È serio. Perché? Io sono contento, non è contento anche lui?

Incrocio le braccia. «Non posso chiedertela qui.» 

«Perché c'è Dasha?» 

«No, cioè, sì... per favore, vieni di là.» 

«Di là dove? Cosa c'è di là?» mi domanda. 

Ci penso un po su, e in effetti non so cosa c'è di la. Forse un bagno? Sto ancora riflettendo sulla risposta a questa domanda, quando mi accorgo che Ivan sta parlando con Daria in russo. 

Discutono un po', e vedo Ivan fare quel gesto strano che gli ho visto fare spesso quando parla di gente ubriaca, si batte l'indice sotto il collo. Lo faccio anch'io, ma verso Daria: unisco pollice e indice e lancio verso di lei dei semini immaginari. 

Dei semini? 

«Andiamo» Ivan mi prende per un braccio e mi trascina fuori dal locale, nell'anticamera. La musica diminuisce d'intensità.

«Andiamo in bagno» mi dice, continuando a trascinarmi. «Non voglio scopare» aggiunge. «Non volevo scopare ieri, non voglio scopare ancora di meno oggi che sei ubriaco.» Sembra un po' arrabbiato.

«Non voglio scopare» gli rispondo.

Ivan apre la porta del bagno e mi spinge dentro, un po' brutalmente. «E allora cosa vuoi fare che Dasha non può sentire?» Sospira. «Dai, lavati la faccia. Non stai bene.» Apre un rubinetto, e mi spinge praticamente sotto.

Lo faccio. L'acqua fresca mi dà sollievo, toglie un po' del calore che sentivo sulle guance. Ivan sa sempre cosa è meglio per me. Grazie Ivan. «Sto meglio, grazie» gli dico.

«Prego.» Incrocia le braccia. «Allora? Cosa mi devi dire che Dasha non può sentire?»

«Voglio baciarti.»

Ivan non muove un muscolo. Anche la sua faccia rimane impassibile. Mi fissa. «Ok, possiamo tornare di là.»

«Voglio baciarti» ripeto, e mi avvicino a lui, lo prendo per le spalle. «Per piacere, baciami.»

«Lo dici solo perché sei ubriaco.» È sempre serio. «Dai, torniamo di là.»

«Sì, è vero. Lo so.»

Ivan non dice niente, io all'improvviso mi sento estremamente consapevole, e mi assale una tristezza inaspettata. «Lo so che voglio b-baciarti solo perché sono ubriaco. Per quello voglio che mi baci. Per favore. Io non mi ubriacherò mai più, e questa è la mia unica occasione.» Mi viene quasi da piangere. «È la mia unica occasione di baciarti. Voglio baciarti adesso perché domani forse non lo vorrò più.»

Gli occhi di Ivan sono grandi e umidi, brillano in modo strano illuminati da questa fredda luce al neon. Sono tanto belli. «Misha... e poi? E poi se ti bacio adesso e domani pensi al bacio e ti fa schifo? È peggio.»

«No, ti prego. Ho già sprecato un'occasione a San Pietroburgo, non me ne far sprecare una seconda.» Faccio fatica a parlare. Mi sento in affanno e ho lo stomaco un po' sottosopra.

«A San Pietroburgo?» Inclina la testa. «Quando?»

«Ti ricordi quando ti sei lavato i denti... e mi hai detto, adesso ti bacio... Io lì pensavo... ho pensato... forse p-potrei davvero... e poi però...» Scuoto la testa. «Ho pensato alle solite cose che penso sempre e...»

«E perché adesso non le pensi, quelle cose?» mi chiede. «Perché adesso vuoi?»

«Anche nei sogni lo voglio, ogni tanto.»

«Hai sognato che mi baciavi?»

Annuisco.

«Quante volte?»

Mi stringo nelle spalle e scuoto la testa. Non lo so. Non me lo ricordo.

Lui chiude gli occhi. «Oh, Misha...»

È il momento. Devo approfittarne. Mi avvicino a lui, gli accarezzo la guancia con un dito, mi avvicino al suo viso, ma Ivan è rapido, e mette una mano sulla mia bocca.

Ci guardiamo così, da pochi centimetri di distanza, per diversi secondi. «Non adesso» mi dice lui. «Non adesso, Misha.»

E dopo aver detto queste parole, chiude gli occhi e mi bacia. Cioè, bacia il dorso della sua mano. Ma lo bacia come se stesse baciando me. Lo guardo, col cuore in gola, guardo questa visione sfocata e troppo ravvicinata dei suoi occhi chiusi, del suo naso, del suo ciuffo blu, e dopo qualche istante chiudo gli occhi anch'io, immagino che la mano non ci sia, che le mie labbra stiano toccando le sue labbra, e non il suo palmo.

Dura pochi secondi, e veniamo interrotti da una frase in russo, pronunciata in tono gutturale. Ma la voce è quella di una donna.

Ivan si stacca da me, sussulta. «Dasha!»

Lei ci guarda. Io mi sto sentendo male. Vorrei sedermi.

Lei continua a parlare, in russo. 

«It was nothing» dice Ivan. «Nothing happened.» Non era niente, non è successo niente.

Lei gli dice qualcos'altro, lui continua, imperterrito in inglese. Il tono della loro discussione sembra calmo, ma si capisce che c'è del nervosismo. «Se hai visto, hai visto che non è successo niente» dice Ivan.

«I'm sorry» sussurro io. Mi dispiace.

Ma vengo coperto dalla voce di Daria. Che ha alzato il tono all'improvviso. «Smettila di parlare inglese!» grida lei. «Riguarda me e te! Non riguarda lo stupido stupido stupido Misha!» Sta digrignando i denti.

«I'm sorry» sussurro di nuovo. Sto male. Mi appoggio a una parete.

«Non me ne frega niente se ti dispiace!» grida Daria. Si avvicina a me. «Non me ne frega niente!» mi grida in faccia. «Sei un pezzo di merda! Io faccio di tutto per esserti amica, gioco il doppio con te, tutto, tutto! Perché voglio che Ivan sia felice e tu, Tu! Verme schifoso! Mi pugnali alle spalle!» 

È così strano. Fino a pochi minuti fa la odiavo, adesso mi fa pena. È una ragazza innamorata, e soffre anche per colpa mia. Mi viene quasi da piangere, a guardarla, e le parole che pronuncio mi salgono dal cuore: «I'm s-s-sorry. I just wanted a k-k-kiss.» Volevo solo un bacio. 

«A kiss» dice lei. «A kissss» ripete, sibilando a lungo la s finale. «L'uomo che odia i baci voleva un bacio. Da mio marito.» 

Non è ancora tuo marito, vorrei puntualizzare, ma non lo faccio. «Bene, indovina un po'? Vanja non può, è preso. Ma se ci tieni tanto ad avere un bacio, posso dartelo io.»

L'ubriachezza rallenta il mio cervello, e capisco il significato delle sue parole solo quando sento le sue labbra premute contro le mie. 

Le sue labbra sulle mie. 

Le labbra di Daria.

Le. 

Labbra. 

Di. 

Daria.

Nella stanza risuona un grido, un urlo tremendo, è la voce di Ivan. 

Il contatto con le labbra di Daria si interrompe dopo pochi secondi, ma il tempo è dilatato, l'istante rimane impresso nella mia testa e si ripete, si ripete, si ripete, anche dopo essere terminato. Le sue labbra sono ancora qui, sulle mie, anche se fisicamente non ci sono più. 

Ivan sta scuotendo Daria per le spalle, gridando parole che non conosco. Gli occhi di entrambi sono sgranati, quelli di lei per la paura, quelli di lui per la rabbia. Lui grida, lei chiude gli occhi, vedo particelle di saliva volare dalla bocca di lui al viso di lei.

La saliva è una sostanza disgustosa.

Soprattutto quella di Daria. Forse me ne ha lasciata qualche traccia sulle labbra. Me le strofino con la mano, le strofino con forza, fino a farmi male. 

Le mie labbra già troppo asciutte si spaccano, me le lecco, e quando avverto il sapore metallico del sangue, un fiotto di vomito mi risale finalmente dalla gola.

Finalmente. Finalmente! Di solito odio vomitare, ma in questo momento è una liberazione. Dal contatto con Daria, dal troppo alcol che mi riempiva lo stomaco. 

Ivan sta ancora gridando, e sento entrare qualcun altro nella stanza, proprio quando ho un secondo conato.

«Michele! Stai bene?»

Anna.

«Perché gridavi così?» chiede poi a Ivan. «Gridavi talmente forte che si sentiva anche di là, con la musica e tutto.»

«Perché è una stronza! Insensibile merda stronza! E ladra!» Grida Ivan, ormai senza voce. «Ladra! Thief! Monster! She's a monster! È un mostro!»

«Che cosa hai fatto?» si intromette Andrej, in inglese, rivolto a Daria.

«L'ha baciato!» grida Ivan, «L'ha baciato sulla bocca! Gli ha rubato il suo primo bacio! A lui! A lui che odia i baci! Mostro! Bastarda!» E aggiunge altre parole, forse insulti, in russo.

«Il suo primo bacio?» Chiede Daria, accompagnando la domanda con una risatina. «Ma quanti anni hai, tredici?»

Intanto io vomito per la terza volta.

«Guarda! Guarda come l'hai ridotto!» le dice Ivan.

«Sta vomitando perché ha bevuto troppo, stupido!» ribatte lei.

«L'hai veramente baciato?» chiede Anna.

«Voleva un bacio dalla persona sbagliata» risponde Daria.

Io mi avvicino al lavabo, apro l'acqua, mi sciacquo il viso. Per sbaglio ho calpestato il mio vomito, devo stare attento a non scivolare.

«E quindi l'hai baciato tu? Sapendo quante paranoie si fa lui coi baci?» insiste Anna.

«Sì. Problemi?»

Sento il rumore di uno schiaffo.

Alzo la testa, e dallo specchio assisto a un principio di rissa tra Anna e Daria, mani in faccia, tirate di capelli, con Anna che grida «Bitch!» e «Cunt!» e l'altra che risponde in russo. Vengono separate da Ivan e Andrej. Chiudo un attimo gli occhi, mi gira la testa.

«Anche tu sei innamorata di Michele?» le chiede Daria. «Stai attento, Andrej.»

«È il mio migliore amico, stronza! E se ti permetti di ferirlo te la devi vedere con me!»

«Il migliore amico, il primo bacio... Siamo tornati alle elementari?»

«Come puoi essere così insensibile?» le chiede Ivan. È senza voce. Sembra spossato. Il mio Ivan. Vorrei che mi prendesse e mi portasse via di qua, adesso.

Mi devo sedere.

«Io? Io sono insensibile? E tu? Tu che dici che mi ami e vuoi sposarmi e poi baci un'altra persona?»

Non posso sedermi qui, sul mio vomito.

«Non l'ho baciato!» protesta Ivan.

Entro in uno dei bagni, la porta è aperta, mi siedo sulla tazza.

«E poi,» sento dire a Daria, «diventi matto dopo che gli do uno stupido bacio a labbra chiuse!»

«Gli hai rubato il suo primo bacio! Non ti potrò mai perdonare!»

«L'ho rubato a lui o a te?»

Non vedo più niente, seduto in questo cubicolo, e in questo momento non sento nemmeno. C'è silenzio di là.

«Rispondimi, l'ho rubato a lui o a te?» ripete Daria. 

«Tu non capisci» dice Ivan.

«E invece capisco benissimo.» La voce di lei è quella di una persona che sta piangendo. «Capisco che sono e sarò sempre la seconda scelta.» Aggiunge qualcosa in russo e ha un singhiozzo di pianto.

La vedo passare davanti alla porta aperta del loculo. Si ferma, mi guarda, le guance rigate dalle lacrime, sputa per terra e se ne va.

Ciò che succede dopo è tutto molto confuso. Anna, Ivan e Andrej mi fanno alzare, mi accompagnano fuori. Mi portano in hotel, ma c'è solo Anna con me, i fratelli Reshetnikov sono rimasti indietro. Ivan, perché non sei con me?

Vorrei dormire con lui che mi abbraccia. Ho tanto sonno. Sono in hotel? Siamo già in hotel? Mi sono addormentato? Sto male. Vorrei vomitare ancora, e vorrei anche lavarmi i denti. Lo faccio, ma non ho la forza di pulirli a fondo, mi cade lo spazzolino di mano.

Quando mi sveglio è mattina. C'è luce fuori. 

Non voglio alzarmi dal letto.

Ho un po' di mal di testa. So che è uno dei sintomi del dopo sbornia, ma non è un mal di testa forte, mi aspettavo peggio. È una specie di dolore leggero ma molto pervasivo. Fatico a mettere a fuoco la stanza. 

Le labbra di Daria sulle mie.

Non mi fa alcun effetto, pensarci. Mi sembra quasi che non sia successo a me. Ero un'altra persona.

Non voglio alzarmi dal letto. Ma sento un sapore cattivo in bocca, e so di essermi lavato male i denti, ieri sera.

È questo pensiero che mi spinge a tirarmi in piedi.

Mi pulisco la bocca molto a fondo, faccio diversi sciacqui, sia col bicarbonato che con il collutorio.

Quando finisco di lavarmi e vado di là, trovo Ivan. Stava parlottando con Anna, a voce molto bassa.

«Come stai?» mi chiedono all'unisono.

Annuisco.

Anna mi sorride. «Io vado in camera mia, vi lascio soli. Ci vediamo dopo, Michi.» Anna si congeda, dirigendosi all'uscita.

Aspetto che lei esca, prima di parlare. Ivan mi accusa sempre di non essere sincero, quindi cerco di rispondere in modo sincero alla domanda che mi ha fatto prima. «In realtà non sto né b-b-bene né male.»

«Ti ricordi quello che è successo ieri sera?»

«Tutto» rispondo.

Fa una smorfia triste. «Mi dispiace tanto che Daria...»

«A me non interessa» lo interrompo.

Lui aggrotta le sopracciglia.

«Non era un bacio» dico. «Era un gesto di rabbia. Non era il mio p-p-primo bacio.»

Ivan non dice nulla.

«Ma poi perché il primo dovrebbe essere p-p-più importante del secondo o del ventesimo?» dico.

«Non dire cazzate.» La sua voce è ancora un po' roca, penso per tutto il gridare di ieri sera. «Il primo è una cosa speciale. Soprattutto per te.»

«Be', il mio p-primo b-b-bacio non esiste. Non è avvenuto e non avverrà mai.»

La verità di questa frase mi prosciuga internamente. 

«La c-c-cosa che mi fa davvero male,» aggiungo, «non è quello che ha fatto Daria. È il fatto che se penso di baciarti, adesso, p-p-provo le stesse sensazioni di rigetto che ho sempre provato.»

Ivan abbassa lo sguardo.

«Vorrei ubriacarmi di nuovo, anche se mi ha f-f-fatto schifo ubriacarmi, solo per avere di nuovo il desiderio di baciarti. E non ha senso. Non è una p-possibilità accettabile.»

«No» conferma lui.

«Hai ragione, Ivan, ho dei problemi. Non so cosa significa amare qualcuno, e non lo saprò mai. C'è qualcosa di rotto, nella mia testa, e ho l'impressione che sia impossibile da aggiustare.»

«Non dire questo.»

«L'altroieri ti ho d-d-detto che ti volevo, e tu mi hai c-chiesto cosa volevo da te a lungo termine. Non lo so c-cosa voglio. E secondo me non lo saprò mai. Perché forse in realtà non v-voglio niente.»

Siamo quasi alla massima distanza possibile, in questa grande stanza d'hotel. Lui si avvicina a me di qualche passo.

«Sai qual è la verità?» mi dice. «Io mi arrabbiavo con te, ti dicevo che non sai cosa vuoi, e ti chiedevo cosa vuoi. E pensavo: io so cosa voglio! Perché lui no? Ero convinto che sapevo cosa voglio, e andavo avanti dritto con questa convinzione. Sicuro e... come si dice... arrogante.»

Fa un altro passo, ed è a un metro da me. «E con questa... arrogantezza?»

«Arroganza» lo correggo.

«Arroganza. Con questa arroganza ho fatto male a te, ho fatto male a Dasha e ho fatto male anche a me.»

Abbassa la testa. Restiamo in silenzio per forse un minuto. Io non so cosa dire.

«Ieri sera ho capito tante cose» mi dice. «Tante cose che dovevo capire prima. Ho capito che io sono come te. Non so cosa voglio.»

«T-tu sei sempre così sicuro» osservo.

«E invece no. Io ero sicuro che volevo sposare Dasha. E se ieri sera non faceva quella cosa orribile forse la sposavo davvero. Pensa! Pensa che stupido! The second best, ha detto Dasha. È vero. Lo sapevo anche io. Però pensavo: sono felice con lei, sarò felice sempre. Non importa che amo Misha. Amo anche lei e lei mi fa felice.» Scuote la testa. «Stronzo. Selfish. Come si dice selfish?»

«Egoista» traduco. È vero che lo è. Egoista. Esibizionista. Caotico. Sempre sopra le righe. Lo odio. Cerco di convincermi che lo odio, ma in realtà in questo momento non sto provando niente che somigli all'odio. O all'amore.

«Egoista» ripete lui, sguardo duro, sopracciglia corrucciate. «Perché io amo te, e stare con Dasha era una bugia. E adesso che non sto più con lei, però, tu forse pensi che ho capito che voglio stare con te. Ma non è così facile.»

«Io non voglio stare con te» dico. «Se con questa espressione intendi dire: essere il tuo ragazzo. Perché c-continuo a non capire bene la profondità di quella p-p-parola.»

Mi guarda. Triste. Stanco. «No. Neanche io non voglio stare con te. Oppure... forse è più giusto se dico che non so.» Ha le spalle sempre più curve. «Vorrei stare con te, perché ti amo, ma ho paura. E penso ancora tutte le cose che ti ho detto sulle emozioni che si rompono nella mia testa. E allora penso che adesso ho bisogno di pensare e capire, perché non voglio fare male a me, a te e a nessuno facendo decisioni egoiste e poco pensate. E se un giorno capisco che voglio stare con te perché ti amo troppo, te lo dico. E se tu non vuoi ancora mi dici. E io accetto il tuo no.»

Continua a dirmi che mi ama, e sento il bisogno di chiedergli un chiarimento. «Tu p-p...» Non riesco a finire, devo prendere fiato. «P-p-p-perché m-m-mi ami?»

«Non è possibile spiegare amore» risponde lui, molto più rapidamente di quanto mi aspettassi.

«Ieri mi hai saputo d-dire benissimo perché ami Daria» gli faccio notare. «Perché è intelligente e b-b-bella e calcia il c-c-culo al mondo, hai detto così. Non hai delle ragioni simili per me?»

«Perché...» comincia lui.

E resta in silenzio. Resta in silenzio a lungo, e io aspetto. Lo guardo mentre rimugina e si morde il labbro.

«Tu sei self-centered,» mi dice infine. «Come si dice in italiano?» 

«Egocentrico» rispondo.

Ivan annuisce. «Sei egocentrico. E bambino, e rompipalle e hai la testa incasinata.» Si punta un dito in fronte. 

«Non mi sembrano q-q-qualità positive.»

Lui allarga le braccia. «Però ti amo.»

«E cosa significa?»

«Non posso spiegare.»

Sono destinato a non capire, quindi.

«Però c'è una cosa speciale» aggiunge. «Non è una ragione, è una cosa speciale che hai solo tu.»

«E cos'è?»

«Non c'è nessuno che mi capisce come capisci tu.»

In questo momento, però, non capisco. «Cioè?» gli chiedo.

«L'orologio Lego, sai perché è il regalo più bello del mondo per me? Perché è perfetto. Quando tu mi hai dato quel regalo, ho capito che tu avevi pensato a me e avevi capito come era fatta la mia testa, avevi capito talmente bene che hai trovato una cosa che io non sapevo neanche che la volevo e quando l'ho vista ho capito che l'avevo sempre voluta senza che lo sapevo. Ho spiegato male, vero?»

«No, hai spiegato benissimo.»

«E io ho capito, quel giorno, questo ragazzo così self centered, così egocentrico, non è così tanto egocentrico come sembra, se ha pensato così bene una persona completamente diversa da lui. Capisci cosa voglio dire?»

Annuisco, anche se non sono sicuro che sia vero.

«E secondo me tu sai anche la mia canzone preferita. Non la sai perché non la conosci adesso, ma quando la conosci, domani, dopodomani, tra un anno, quando la conosci la capisci. Nessuno hai mai saputo la mia canzone preferita, perché le persone non capiscono davvero cosa c'è sotto i miei capelli colorati. Anche quelle che mi amano di più, tipo Raf. Gli ho detto a lui quale era la mia canzone preferita, prima che moriva, e quando ho detto il titolo lui ha detto: che stupido, come ho fatto a non pensarci? Però non aveva pensato. Tu sì. Tu capisci cosa c'è sotto i miei capelli.»

Vorrei che servisse a qualcosa, capirlo, vorrei che fosse vero, che lo capisco. Non sono sicuro che lo sia.

——

Note note note

Non un bel capitolo per inaugurare il 2022. Ivan deve finalmente fare i conti con Daria e lei reagisce vendicandosi sull'innocente Misha con un gesto orribile. Nonostante ciò, non mi sento di dire che è una persona cattiva: è una ragazza ferita, trattata malissimo da Ivan, e quando si è feriti non si agisce mai nel più giusto e razionale dei modi.

Alla fine Ivan sembra prendere coscienza di come si è comportato e della propria immaturità sentimentale. Secondo voi gli servirà a crescere e a capire cosa vuole?

E Michele? Riuscirà a capirsi? Come uscirà da questa impasse emotiva? Siamo davvero in un momento di stallo della storia.

Passando ad altro, come avete trascorso il Capodanno? È una festa che personalmente odio, ma non ditelo a Ivan, perché in Russia è molto sentita, è un po' come il Natale qui da noi, con cenoni e scambi di regali. Avete visto bei fuochi di artificio? A me piacciono quelli silenziosi, che non spaventano i poveri cagnolini. Mi affascinano le stelline colorate che piovono dal cielo... e finiscono dritte dritte in cima al capitolo :)

A giovedì!

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