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108. Abbandoni

Raffaele è morto sette giorni dopo, nella mia casa di Capriva, assistito da Ivan e da mio padre. 

Ci sono stati dei momenti un po' sgradevoli con mio nonno. Si ricordava di Raffaele, si ricordava che è stato amico di papà, da ragazzo, e si ricordava dei suoi problemi di droga e alcol, quindi all'inizio si è opposto all'idea di farlo stare lì. Ma sì è ammorbidito e ha ceduto quando ha capito che stava morendo e aveva bisogno di cure, e per fortuna ha lasciato tutti in pace durante gli ultimi giorni. 

Io sarei dovuto partire per andare a Washington. Ivan era iscritto al torneo di Amburgo, che si svolge negli stessi giorni. Abbiamo entrambi cancellato la nostra partecipazione.

Con papà non c'è ancora stata una vera riappacificazione. Lui era troppo impegnato con Raffaele, io mi sentivo ancora a disagio, più per la scena che ho visto in riva al fiume, che per quanto è successo con Sara. Nelle ore immediatamente successive alla morte, ho provato ad avvicinarmi a lui. L'ho trovato che piangeva, e quando mi ha visto mi ha detto che voleva stare solo. 

Gli ultimi due giorni è venuta a Capriva anche Daria, e sono tornati un po' in anticipo dalle loro vacanze Anna e Andrej. Ivan ha avuto la loro compagnia, non ho passato molto tempo nemmeno con lui. Sono rimasto solo, in una casa affollatissima, in mezzo a una confusione lugubre e angosciante, oppresso dal pensiero della morte di mia madre, e dalla prospettiva della imminente morte di Raffaele.

Siamo al funerale, che Raffaele ha voluto si tenesse qui in Friuli, anche se non ha mai vissuto da queste parti (era originario di Roma). «Non ho più amici in nessun posto» ha detto. «E siccome siamo tutti qui, tanto vale che lo facciate qui, se proprio ci tenete a farlo.» È un funerale civile, perché Raffaele non era credente. Sono presenti molti ex colleghi tennisti di mio padre, che lo conoscevano da ragazzo, venuti apposta da tutta Italia. Ci sono i genitori di Ivan, che sono volati qui ieri sera dalla Russia. Ho offerto loro ospitalità a casa mia, ma l'hanno gentilmente declinata, preferendo un hotel.

C'è la madre di Raffaele, che è ancora viva.

Una donna strana. Minuta, molto grinzosa e vestita in maniera elegantissima, forse persino troppo sfarzosa. È venuto qualche giornalista, al funerale, e l'ho sentita dare interviste prima dell'inizio della cerimonia. Si diceva addolorata per la perdita del figlio, ma non sembrava affatto triste. C'era una freddezza apatica nei suoi occhi.

Non mi piacciono i funerali. Non ho voluto assistere a quello della mamma, perciò questo è il primo funerale a cui partecipo, e lo faccio solo per stare vicino a Ivan. Anche se non gli serve: c'è Daria a tenergli la mano.

Siamo già seduti. Sento vociare, dietro di noi. Qualcuno trova irrispettoso il modo in cui è vestito Ivan, che indossa semplicemente dei jeans e una t-shirt grigia, senza scritte o loghi. Trovano irrispettosi i suoi capelli viola. Non capisco questi commenti: sono i suoi capelli. A Raffaele non davano fastidio, e questo è il suo funerale. Ivan, comunque, per fortuna sembra non sentirli, o forse semplicemente se ne infischia.

La cerimonia è abbastanza lunga. Diverse persone salgono su un piccolo podio a dire parole su Raffaele, a parlare del suo talento sprecato, dei suoi problemi. "Problematico" è uno degli aggettivi che sento più spesso. Perché parlano? Lo conoscevano venti o trent'anni fa e poi lo hanno perso di vista. Continuo a non capire. Mi sembra tutto completamente privo di senso.

Non mi piacciono i funerali. C'è la bara, per fortuna chiusa, in mezzo alla sala. Nella bara c'è il corpo morto di Raffaele. Che cosa disgustosamente macabra.

È morto. A cosa serve tutto questo?

Dopo un discorso molto lungo della madre di Raffaele, viene il turno di mio padre. Che sale sul palchetto e pronuncia solo poche parole: «Non ho niente da dire. Era un mio carissimo amico e mi mancherà molto.» C'è un forte brusio mentre torna a sedersi, cupo in volto.

Si alza in piedi Ivan. È seduto alla mia destra, e alla sinistra di Daria. Sono l'ultimo della fila, quindi mi devo alzare per farlo uscire. 

Quando sale sul palchetto, inizialmente non dice nulla. Resta lì a testa bassa, sembra quasi seccato. La gente mormora. «Che stronzo...» sento qualcuno dire. 

Ivan si schiarisce la voce. «Io non so se esiste l'aldilà» dice. «Ma se esiste, e Raffaele sta guardando questo, si rompe proprio tanto le palle.»

Il brusio si intensifica. 

«Siete tutti quanti ipocrìti.» Lo pronuncia con l'accento sulla i. E mi ricordo che quella mattina, la prima mattina che mi ha parlato, a Parigi, la colazione a cui si era autoinvitato, aveva detto "ipocritici". L'errore mi strappa un sorriso. «Voi non conoscevate Raf. Siete qui solo per farvi vedere belli e buoni.» Indica la madre. «Sì, anche tu. Raf mi ha parlato di te. Dov'eri mentre il tuo figlio stava male? Dove sei stata tutti questi anni?» La madre non dice nulla, lo guarda stringendo la bocca. Sento delle macchine fotografiche scattare, dal fondo della sala.

Ivan si rivolge di nuovo alla platea. «Vi sto sul cazzo che sono venuto qua con capelli viola e jeans, ma io,» si batte il petto, «io e Nicolò Bressan» indica mio padre, «siamo le uniche due persone qui che lo volevano bene veramente, e se Raf...» La sua voce si incrina, deglutisce, riprende il discorso: «Se Raf mi vede, adesso, sai cosa dice? Si incazza che non ho rifatto la tinta! Ti potevi anche fare la tinta nuova per il funerale, mi diceva, sono sicuro che mi diceva così.» Si ferma. Si asciuga delle lacrime. «Scusa Raf. Scusa che ti rompi le palle, che non ho fatto una festa più divertente.» E così dicendo resta lì, in piedi, a piangere ancora un po'.

In sala si alza un brusio di protesta. La gente è scandalizzata, sento qualche spezzone di frase «mancanza di rispetto» e «vuole solo attirare l'attenzione». I flash dei fotografi sono impazziti. L'uomo che sta officiando la cerimonia si avvicina a Ivan, e gli dice qualcosa che non sento, ma intuisco lo stia invitando a scendere, la sua espressione facciale è contrita.

«C'è gente in lutto, qui» protesta qualcuno in sala.

«Sì» dice mio padre. Mio padre! Si è alzato di nuovo in piedi, e il brusio della folla si calma. 

Mio padre va da Ivan, e arrivato lì si gira verso la platea. «Ci sono due persone in lutto, in questa sala. Io e Ivan Reshetnikov.» Poi si avvicina alla bara, ci appoggia le mani sopra. «Che adesso rendiamo omaggio al nostro amico.» Papà scoppia a piangere. «Al nostro amico che si sta rompendo le palle tantissimo» dice tra i singhiozzi.

Ivan gli si affianca, gli mette una mano sulla spalla. Papà lo lascia fare. Piangono entrambi, e adesso la folla è silenziosa. Nessuno osa più dire niente.

Restano lì per un po', un minuto o forse qualcosa di più, e infine papà se ne va. Non torna a sedersi, esce dalla sala, in lacrime.

La cerimonia non è finita, ma decido di uscire anch'io. Eravamo all'interno del palazzo comunale di Cormons, vedo mio padre attraversare la piazza antistante. Sta andando verso la macchina. C'è la Lancia Delta di Raffaele, che ha guidato Ivan, e papà fa scattare da lontano la serratura automatica della Golf che è parcheggiata proprio accanto, la macchina che usiamo sempre qui in Friuli.

Alcuni fotografi escono dietro di noi, ma hanno il buongusto di restare all'ingresso del palazzo e non seguirci. Ci scatteranno delle foto da lontano. Non mi interessa.

«Papà!»

Si gira, proprio davanti alla macchina. Sta singhiozzando. «Cosa c'è?»

Non so cosa dire. Non so cosa fare.

Allargo le braccia.

Mio padre non è mai stato un tipo affettuoso. Mi ha abbracciato quando ho vinto il primo Slam, ma era un abbraccio di esultanza. Non so se accetterà questo gesto.

Ma si avvicina a me. Lo stringo. Mi stringe. È alto quasi quanto me, appoggia la fronte alla mia spalla. 

Mi sento quasi a disagio, non ci sono abituato. Viene da piangere anche a me.

«Vi ho visti, al fiume...» dice papà, con il viso ancora nascosto sulla mia spalla.

Sussulto.

«Vi ho visti mentre andavate via.»

Non dico niente. 

«Non sono arrabbiato» dice. «Non so da quanto eri lì, non mi interessa cosa hai sentito.» Si allontana. Mi guarda, serio. «Non voglio che mi perdoni perché ti faccio pena» dice.

Stringo le labbra. «Non so se riuscirò m-mai a perdonarti del t-t-tutto per la cosa di Sara» dico.

Abbassa gli occhi.

«Però...» Deglutisco. «Raffaele mi ha raccontato quando hai ucciso quell'uccello, e ho capito molte cose.»

Papà sembra stupito dalle mie parole. Mi fissa con uno sguardo addolorato per parecchi secondi ma poi i suoi occhi si addolciscono quando finalmente parla.

«Raf non si fa...» Esita. «Non si faceva mai i cazzi suoi.»

«Io devo chiederti una cosa.» Mi escono queste parole di bocca, quasi involontarie. Mi escono perché ci ho pensato durante tutta la cerimonia, guardando la bara di Raffaele.

Ho pensato alla mamma.

Papà stringe le labbra. «Riguardo Raffaele?»

«No. Riguardo alla m-m-m... Riguardo alla m-m... Alla... alla m-m-mamma.»

Papà mi fissa in silenzio per diversi secondi, con la bocca socchiusa e gli occhi bagnati. «Chiedi» dice infine.

E adesso sono io a restare in silenzio, a lungo. Fatico a cominciare. Mi sento il respiro mancare, e ho paura, paura quanta non ne ho mai avuta in vita mia, sono persino più teso della semifinale Slam che ho giocato contro Ivan, l'anno scorso. 

E alla fine ci riesco. Balbettando e ripetendo più volte le parole. Papà, che spesso mi interrompe, stranamente stavolta non lo fa. Come è morta la mamma? Questa è la domanda che gli faccio.

Papà contrae le sopracciglia e abbassa gli occhi.

«D-dimmelo.»

«Si è tolta la vita.»

Io non so che sensazione si provi a essere pugnalati, ma non credo sia molto diverso da ciò che sto sentendo adesso. Un dolore pungente sotto al costato, al centro del diaframma. Il sangue che defluisce dalla testa. L'udito che si ovatta.

«P-perché?» sussurro.

Papà scuote la testa. «Aveva tanti problemi» dice, con un filo di voce. «E io non ho saputo aiutarla.»

Mi tornano in mente le parole di Raffaele: Una vita senza amore...

«Lei...» Non ho neanche la forza di piangere. «Mi aveva detto che non mi avrebbe mai lasciato solo...»

«Aveva tanti problemi» ripete papà. Digrigna i denti. 

Perché, mamma? Perché?

Ha lasciato scritto qualcosa, prima di uccidersi? Possibile che se ne sia andata senza dirmi niente? Vorrei chiedere anche questo, a mio padre. Ma per oggi ho chiesto abbastanza. Non sono in grado di ricevere ed elaborare altre informazioni. Non sono in grado di ricevere ed elaborare altro dolore.

«Dopo questo...» dice papà. «Se non vorrai più vedermi lo capisco.»

Lo guardo. Lo odio? 

No. O meglio: non lo so.

Ma non voglio più essere orfano.

«La prossima settimana sono a Toronto» dico. Le parole escono molto lentamente dalla mia bocca. «Ci sei anche t-tu con D-daniele, vero?»

Annuisce.

«Mi f-farebbe p-piacere se venissi a vedere anche i miei match, q-quando hai tempo. Non ad allenarmi, solo a vedere.»

Papà scoppia a piangere di nuovo.

«P-pensavo che saresti stato c-contento» sussurro.

«Sì che sono contento, stupido!»

E mi abbraccia di nuovo, piangendo, mentre io penso alla mamma, che aveva promesso di non lasciarmi mai, e invece mi ha abbandonato.

——

Note note note

Siamo arrivati al momento che non volevamo arrivasse. Vanja e Nic soffrono, e soffre anche Michele ascoltando verità per lui difficili da accettare.

Non voglio aggiungere altro a questo capitolo molto triste. Mi piacerebbe però aggiungere due parole sul capitolo scorso.

Avete fatto diverse teorie su Raf e Nic, su ciò che è successo tra loro in passato, a cui ho deciso di non voler aggiungere, per ora, niente. Inizialmente avevo scritto delle note papiro per mettere in evidenza passaggi del testo che puntavano verso la soluzione "giusta", ma poi ho pensato... ma giusta de che? Alcuni di voi hanno una teoria, alcuni un'altra, e i ragionamenti che avete fatto per arrivare a queste conclusioni, a volte anche abbastanza diverse, mi hanno affascinata moltissimo. Quindi ho deciso che lascerò la cosa così, in sospeso.

Ovviamente se volete farmi domande e continuare a teorizzare sarò felice di rispondervi e farvi notare passaggi del testo che secondo me sono significativi. Ma non voglio forzare nulla.

Nota del 2024: alla fine la storia di Nic ho deciso di scriverla. La sto pubblicando sul mio profilo col titolo Rewind e se volete sapere cosa è successo nel passato di Nic e Raf potete andare a leggerla quando avrete finito questa :)

Ci rileggiamo lunedì.

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