Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

31.Finalmente

Daniel uscì dal centro sportivo con il borsone in spalla e un fastidio ai muscoli della coscia non indifferente. La sera prima aveva fatto ritorno a casa dopo la partita disputata in trasferta e quello era il primo allenamento di ripresa. Il dolore non era passato e, a detta dell'allenatore e del medico di squadra, ci avrebbe messo almeno una settimana a scomparire del tutto. Dunque, era certa la sua assenza in panchina per la partita successiva: il mister non l'avrebbe neanche convocato, preferendo lasciarlo del tutto a riposo. Scorse immediatamente tra le macchine parcheggiate in doppia fila quella di Felipe e, al suo interno, il brasiliano guardare concentrato lo schermo del cellulare. Sorrise senza neanche accorgersene mentre si avviava verso l'automobile sotto lo sguardo del suo ragazzo, che l'aveva visto ed aveva messo da parte il cellulare. Stava scambiando alcuni messaggi con Tiago, che a breve sarebbe partito assieme alle sue sorelle da Rio de Janeiro. Il viaggio sarebbe durato diciassette lunghissime ore; Felipe non osava immaginare quanto avessero pagato per arrivare fino a Londra, ma probabilmente potevano permetterselo senza problemi.

Lui aveva iniziato a lavorare durante l'ultimo anno di scuola, già consapevole di non voler andare al college: la voglia di studiare era sempre stata carente, e l'aver trovato subito lavoro come commesso in negozio appartenente ad una nota catena d'abbigliamento aveva confermato la sua scelta di non proseguire con gli studi. Sapeva che non avrebbe lavorato lì a vita, ma era fiducioso.

Attese che Daniel lo affiancasse dopo aver sistemato l'ingombrante borsone nel portabagagli, poi si avvicinò alle sue labbra e ci lasciò un bacio frettoloso. Era parcheggiato in seconda fila da dieci minuti, doveva andare via di lì al più presto. Tuttavia, il neo-diciottenne non sembrò pensarla allo stesso modo, perché approfondì il contatto circondandogli le spalle con un braccio. Si staccarono solo quando sentirono un clacson ricordargli della loro condizione precaria; Felipe alzò una mano per scusarsi con l'autista seduto dentro l'automobile alle loro spalle, poi mise in moto e partì.

"Come va la gamba?", gli domandò il maggiore. Si erano sentiti la sera prima per telefono e Daniel gli aveva raccontato con immenso rammarico la sua uscita anticipata dal campo.

Il ragazzo dagli occhi azzurri scosse la testa. "Sempre uguale, oggi ho fatto un allenamento separato dagli altri e il medico mi ha detto di metterci ghiaccio e di stare a riposo, infatti ho una settimana di riposo che passerò esattamente a fare nulla", dichiarò un po' scoraggiato."Però il lato positivo è che potremo stare più tempo assieme", aggiunse accennando un sorriso. Felipe percepì l'agitazione impossessarsi di lui. Aprì la bocca, gliel'avrebbe detto anche se il suo cervello gli suggeriva di aspettare ancora un po', di accertarsi che tutto quello non fosse un sogno.

Poi la richiuse.

"Noi...ehm, da domani lavorerò fino all'orario di chiusura per una settimana, devo coprire i turni di due colleghi che hanno lavorato al mio posto", mentì, sentendosi in colpa quando Daniel abbassò lo sguardo, deluso. Appoggiò il palmo della mano sulla sua coscia e strinse appena la presa.

"Possiamo sempre vederci la sera, no? Domani puoi dormire da me", propose, cercando di rimediare al danno commesso. Daniel sollevò lo sguardo ed annuì, cercando di non mostrarsi troppo dispiaciuto. D'altronde, non poteva di certo pretendere che il suo ragazzo non andasse a lavoro, così come Felipe non gli impediva di allenarsi ogni giorno. Entrambi avevano degli impegni improrogabili, ma era bello poter fare affidamento su quelle poche ore al giorno che passavano assieme, era ciò a cui Daniel si appigliava ogni mattina quando non aveva voglia di alzarsi dal letto.

"Va bene, sì, adesso pensiamo a fare i babysitter a mia sorella". Daniel sollevò gli occhi al cielo.

"Non vedo l'ora", commentò Felipe, sorridendo. Adorava quella bambina.

"Nemmeno lei, non fa che parlare di te da giorni e giorni", gli fece eco il calciatore. "Ora che mia madre si sta vedendo con quello, penso che questa non sarà la prima volta che dovrò stare da solo a casa con Emma".

Quello era l'uomo con cui si stava frequentando sua madre da qualche giorno. Daniel ancora non l'aveva conosciuto, e temeva che ci sarebbe voluto tempo prima che accadesse.

"Ah, a proposito, non accennare nulla ad Emma, lei sa che oggi nostra madre va a mangiare fuori con delle colleghe di lavoro".

Felipe annuì mentre cambiava marcia, poi tornò ad appoggiare la mano sulla coscia del suo ragazzo.

Venti minuti dopo avevano fatto il loro ingresso in casa Murray, ricevendo una calorosa accoglienza dalla piccola Emma, che era corsa ad abbracciare il ragazzo di suo fratello mentre quest'ultimo augurava una buona serata a Grete, che si precipitò fuori dall'appartamento subito dopo aver salutato i nuovi arrivati.

Una volta soli, Daniel e Felipe furono trascinati dalla bambina di soli sette anni nella sua cameretta rosa e piena di giocattoli buttati a terra. Dovettero scavalcare un paio di bambolotti che giacevano sul parquet e per poco non schiacciarono una pentolina sfuggita dai fornelli di plastica della cucinetta posta in un angolo della stanza.

"Che si fa?", osò domandare il diciannovenne. Cercò di osservare cosa stesse facendo Emma, ma la bambina era quasi interamente immersa dentro una scatola da cui sporgevano vestitini di bambole e pezzi di lego, alla ricerca di chissà cosa. Emerse poco dopo sfoggiando un microfono e uno strano aggeggio simile ad uno stereo, che in realtà non era altro che il vecchissimo karaoke regalato a Daniel anni ed anni prima, ma che poi era passato in eredità alla sorellina.

"É preistorico questo coso",commentò il diciottenne sfilandolo dalle mani di Emma e osservandolo con un sorriso divertito. Quanto si era divertito con i suoi amici a storpiare qualsiasi canzone esistente sulla faccia della Terra. "Ma funziona?", chiese, premendo qualche tasto a caso. Lo accese constatando che sì, funzionava, quindi porse il microfono alla sorella e scelse tra i cd quello che facesse al caso suo. Quasi tutte le canzoni appartenevano a tempi ormai andati, data la vecchiaia di quell'oggetto, ma per Emma non fu un problema, dato che le aveva cantate un'infinità di volte,

Stettero per tutta la serata lui, Emma e Felipe, a cantare a squarciagola canzoni di cartoni animati. Le loro voci erano così alte che, per qualche ora, riuscirono a superare il flusso dei pensieri del brasiliano.


Casa di Gale era piena di persone che parlavano ad alta voce per sovrastare il suono della musica che proveniva potente dalle casse poste vicino al televisore. Qualcuno accennava passi di danza poco studiati, altri conversavano tra di loro appoggiati alle pareti del soggiorno. Eric sentiva che a breve i vicini avrebbero denunciato suo fratello per disturbo della quiete pubblica, e non li biasimava: c'era fin troppo rumore, lì dentro, e l'orario non era proprio alla portata di tutti. Saranno state almeno le due e mezza del mattino.

Ad ogni modo, quella festa improvvisata ricordava moltissimo i party collegiali che si vedono solo nei film adolescenziali. Lì, i presenti erano tutti più o meno coetanei dei due gemelli. Poco prima Gale gli aveva presentato la sua collega di matematica, nonché l'ultima conquista. Eric già aveva dimenticato il suo nome, ma appena l'aveva vista aveva pensato a quanto fossero fortunati i suoi alunni, perché era davvero una bella donna.

Quando andava a scuola lui l'età media degli insegnanti era settant'anni...c'era stato un notevole salto di qualità. Non che gli fosse mai importato più di tanto, data la sua omosessualità, ma lo stesso discorso valeva per i professori maschi.

Si guardò attorno alla disperata ricerca di suo fratello, che trovò intento a parlare proprio con la professoressa di matematica. Non li avrebbe mai e poi mai interrotti, ma sentiva che a breve Paul sarebbe tornato all'attacco. Paul era quel ragazzo che qualche mese prima gli aveva fatto un pompino negli squallidi bagni della discoteca, ed Eric non voleva approfondire ancora una volta il rapporto. Aveva supplicato suo fratello affinché non lo invitasse ma non era servito a nulla: appena aveva varcato la soglia d'ingresso si era ritrovato il ragazzo appiccicato e tutti i tentativi di staccarselo di dosso era non risultati vani. In quel momento era appena uscito dalla toilette, motivo per cui aveva perso di vista per cinque minuti buoni Paul.

"Perché non vuoi dare una svolta alla serata?", gli chiese con tono quasi supplichevole il ragazzo, avvicinandosi a lui e sfiorandogli il braccio con una mano. Eric sbuffò, era già la terza volta che gli faceva la stessa domanda.

"Paul, non so più come spiegarti che quel pompino me l'hai fatto solo perché eravamo entrambi ubriachi, non voglio che accada di nuovo, punto", decretò per l'ennesima volta il venticinquenne. Detto ciò, lo superò ed irruppe poco educatamente nella conversazione tra Gale e la collega.

"Io vado, grazie per la serata ma il tuo amico", si voltò ed indicò senza alcun remore Paul, che lo stava fissando stralunato, "non fa altro che rompermi le scatole, e mi sono stancato", proseguì, irritato. Gale sbuffò, poi afferrò il fratello per un polso. "Scusaci un attimo", si congedò momentaneamente con Rose. Spinse Eric nella sua stanza, poi si chiuse la porta alle spalle ed accese l'interruttore.

"Si può sapere perché devi fare sempre così?". Sembrava infastidito.

"Così come?", rispose prevedibilmente Eric, sedendosi sul bordo del letto. Gale sollevò le braccia, poi le fece ricadere sui fianchi.

"Come una vecchietta che odia i bambini e gli buca il pallone con cui stanno giocando...sei un guastafeste certe volte. Paul è interessato a te, ma tu lo schifi e ti rovini la serata. Hai venticinque anni, divertiti un po', dai!".

"Abbiamo sempre avuto due concezioni diverse di divertimento, Gale", constatò Eric. Il suo gemello dovette annuire.

"Però per una volta potresti fottertene", proseguì Gale.

"Non ne sento la necessità", rispose secco Eric, passandosi nervosamente una mano tra i capelli scuri. Che lui e Gale fossero diversi, lo si era intuito fin dalla nascita. Gale era sempre stato quello più vivace, più animale da festa.

"Giusto, tu preferisci startene a casa a suonare la chitarra col ricciolino, vero?", insinuò maliziosamente."Perché è lui che ti interessa, ci scommetto questa casa".

Eric sentì il cuore sprofondargli nel petto, poi pompare velocemente. Ryan, stava parlando di lui. "Non dire scemenze", disse a bassa voce. Socchiuse gli occhi e si alzò in piedi.

Gale si strinse nelle spalle ed alzò i palmi verso l'alto, in segno di resa. "Errore mio, allora, devo aver frainteso". Eric annuì, ma non aggiunse altro. Ne era convinto? Non si diede neanche il tempo di pensare approfonditamente. "Ad ogni modo, vado a casa dato che è tardi e domani ho lavoro, grazie della serata", liquidò il fratello velocemente ed uscì dal suo appartamento. Una volta fuori s'infilò le mani in tasca e camminò fino alla sua macchina, che aveva parcheggiato poco lontano da lì, dall'altra parte della strada. Salì a bordo e mise in moto mentre gli tornavano in mente le parole di Gale.

Era vero, era cambiato molto da quando Michael l'aveva lasciato per stare con un altro, ma quell'esperienza l'aveva ferito profondamente. Aveva convissuto per anni con quel ragazzo che credeva fosse la sua anima gemella, ma che si era rivelato solo un traditore, l'aveva visto uscire dalla sua vita e dal loro appartamento all'improvviso, ed era rimasto segnato a vita. Non lo amava più, ma rimpiangeva quell'illusione in cui aveva vissuto per lunghi anni della sua vita, quell'illusione che l'aveva reso felice dagli anni del liceo.

Lui e Michael si erano conosciuti tra i banchi di scuola e si erano messi assieme dopo pochi mesi di frequentazione . Michael era sempre stato un ragazzo che rivendicava i propri diritti, aveva sempre saputo di essere omosessuale proprio come Eric, ma quest'ultimo non aveva ancora fatto coming out con la sua famiglia, e ci era riuscito solo grazie all'appoggio del suo ragazzo.

Ritrovarsi all'improvviso senza la sua ancora di salvezza l'aveva destabilizzato, portandolo anche a pensare di vendere l'appartamento che aveva acquistato con il suo ormai ex ragazzo, ma solo grazie alla grandiosa opera di convincimento di Gale e della sua famiglia era riuscito ad andare avanti.

Era passato quasi un anno dall'ultima volta che aveva visto Michael, eppure dopo di lui non c'era stato nessun altro. Non che le occasioni non gli si fossero presentate(basti pensare a Paul e ai numerosi ragazzi che lo cercavano nella chat di Facebook), ma era stato lui a declinarle senza un motivo ben identificato sul quale non si era mai interrogato più di tanto prima di quel momento.

Ora, però, i dubbi cominciavano ad assalirlo. Possibile che nessuno avesse attirato la sua attenzione in quasi nove mesi di stallo? Certo, c'era stata la piccola cotta per il barista che aveva visto sì e no due volte e quella per il tecnico che gli aveva riparato la lavatrice a novembre, ma niente che l'avesse tenuto eccessivamente impegnato col cervello. D'altronde, però, la sua giornata si muoveva in funzione del lavoro e, tre volte a settimana, del suo giovane allievo, Ryan. Il cuore gli schizzò in gola proprio come era accaduto poco prima, quando suo fratello aveva osato nominarlo. Dovette accostarsi al marciapiede dimenticandosi anche di mettere la freccia, ma fortunatamente non aveva nessun altra automobile dietro. Strinse il volante e tolse il piede dal freno, sospirando nel buio della sua automobile.

Si era preso una cotta per Ryan!?


Felipe non era mai stato un fumatore accanito. Le poche volte che gli capitava di fumare una sigaretta si trovava quasi sempre in compagnia, oppure ne accendeva una quando si sentiva eccessivamente nervoso, cosa che capitava più o meno una volta all'anno. Felipe era un ragazzo tranquillo e che si agitava difficilmente, ma quando accadeva era per un buon motivo.

Quel giorno, di sigarette ne aveva già finite tre nel giro di un'ora, il che denotava una tremenda e soffocante ansia. Il suo turno a lavoro sarebbe iniziato dopo l'ora di pranzo, mentre in quel momento erano appena le otto di mattina. Felipe sparava davanti allo Starbucks più vicino alla fermata della metropolitana da cui, a breve, sarebbero comparsi Tiago e le sue sorelle.

Aveva anche iniziato a mangiarsi le unghie, cosa che non accadeva praticamente mai, dal momento che ci teneva molto alla sua apparenza. Buttò a terra l'ennesimo mozzicone di sigaretta e lo schiacciò con la punta della scarpa, giusto per accertarsi che fosse spento, poi infilò le mani in tasca. Sussultò quando vide una folla di gente salire le scale ed uscire dal sottopassaggio in cui era stata scavata la ferrovia sotterranea. Gli passarono davanti decine di turisti mischiati a londinesi che dovevano andare a lavoro, poi lo vide.

Le sensazioni provate in quel momento furono così intense, che a spiegarle non sarebbero state necessarie parole. Per un istante sentì le gambe cedergli, mentre osservava suo fratello, sangue del suo sangue, guardarsi attorno agitato. L'ansia gli stava facendo venire la nausea.

"Tiago!", riuscì ad esclamare a gran voce per farsi vedere dal diciannovenne, che si voltò verso di lui e ci mise ancora qualche istante per individuarlo. Quando finalmente i loro sguardi s'incontrarono dopo quattordici anni, Felipe si rese conto di non essersi mai realmente ricordato di Tiago, ma dei suoi occhi sì. Nel corso degli anni aveva cercato di attribuire al concetto di "fratello" un corpo il più fedele possibile ai ricordi che un bambino di quattro anni aveva immagazzinato, ma che col tempo si erano affievoliti; ma non i suoi occhi, no. Quelli erano rimasti proprio come li ricordava, verdi ed intensi come i suoi, adesso più vicini perché si erano avvicinati.

Abbracciarlo era una cosa che avrebbe voluto fare da sempre, ma che aveva sempre reputato un sogno irrealizzabile, ed invece ecco lì lì, in mezzo a migliaia di persone, con i loro cuori che battevano all'unisono a causa della fortissima emozione. Felipe non contò il tempo che rimasero in quella posizione, le braccia più magre di Tiago e le sue più muscolose che si stringevano a vicenda.

Dai suoi occhi scesero lacrime di commozione, non piangeva da tempo.

"Non ci credo", gli sussurrò Tiago all'orecchio.

"Nemmeno io", aggiunse Felipe, allontanandosi un po' dal suo corpo per guardarlo negli occhi. Anche lui aveva versato qualche lacrima, ma ora le sue iridi erano limpide e trasmettevano emozioni travolgenti. Tirò su col naso, poi si fece da parte per indicargli due ragazze che avevano assistito alla scena in disparte, ma con grande emozione.

"Loro sono le mie sorelle, Aida e Leya", le presentò al fratello. Felipe strinse ad entrambe la mano, constatando che fossero due bellissime ragazze dalla classica bellezza brasiliana, con pelle ambrata, occhi scuri e capelli voluminosi. Sorrise ad entrambe, poi tornò ad osservare il fratello, che era alto qualche centimetro in più di lui ma era decisamente più magro e meno allenato. La loro somiglianza stava nel particolare colore degli occhi e dei capelli e in alcuni tratti del viso.

Sorrise anche a lui, incapace di fare altro, poi Tiago gli cinse le spalle con un braccio.

"Andiamo, abbiamo mooolto da raccontarci, giusto?".

Presero a camminare stretti in quel mezzo abbraccio al cui si unirono anche Aida e Leya, le quali affiancarono il fratello e gli rimasero affianco in quello che, probabilmente, sarebbe stato il giorno più bello della sua vita.

Per Felipe lo era senza alcuna ombra di dubbio.

Ciao a tutti!

Mi sto letteralmente ammazzando per pubblicare velocemente questi ultimi capitoli. Per vostra informazione, ne mancano in tutto quattro, compreso l'epilogo, alla fine della storia. *lacrimuccia*.

Ad ogni modo, il titolo di questo capitolo è eloquente.

FINALMENTE, perché Eric si inizia a porre le domande che avrebbe dovuto farsi moooolto tempo prima, e FINALMENTE perché Felipe incontra Tiago, suo fratello, dopo anni ed anni. Sappiamo tutti quanto sia importante per lui. Sappiamo anche che lui debba dirlo a qualcuno di molto importante, ma ancora non l'ha fatto...cosa succederà?

Io vi saluto e vi ringrazio, abbiamo raggiunto le tremila letture, significa molto per me! Grazie mille, alla prossima, 

Lavy.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro