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28.Un po' di sano stalking

Daniel era appoggiato con i gomiti sulla ringhiera che affacciava direttamente sul giardino adiacente alla Tour Effeil. Quel giorno lui ed il suo ragazzo avevano deciso di dividersi da Lillian ed Albert, che avrebbero passato un'intera giornata al Louvre, il museo d'arte parigino per eccellenza, mentre i due giovani li avrebbero raggiunti nel pomeriggio. Sebbene non fossero degli amanti accaniti dell'arte, sapevano che visitare almeno un decimo di quell'enorme museo valesse la pena.

In quel momento il più giovane stava osservando la capitale francese dall'alto, noncurante del vento freddo che tirava proprio nella sua direzione. Su quel piano c'erano altre persone intente a fotografare il paesaggio e loro stessi. Una di queste era proprio Felipe che, alle spalle di Daniel, stava scattando fotografie da almeno cinque minuti. Sbuffò.

"Ti puoi togliere di mezzo? Non riesco a fotografare bene il parco", chiese a Daniel con fare sbrigativo, facendogli anche un cenno con la mano. Il diciottenne lo guardò stizzito e si fece da parte, incrociando le braccia al petto.

"Rovino il paesaggio?", domandò. Finse d'imbronciarsi, non se l'era presa, era solo il loro modo di prendersi reciprocamente in giro. Felipe distolse lo sguardo dall'obiettivo della macchinetta fotografica e lo puntò sul suo ragazzo. Sorrise appena, poi tornò a guardare all'interno del mirino. Chiuse un'occhio e scattò la foto.

"Lo sai che ti amo", disse senza distogliere lo sguardo da davanti a sé,concentrato sullo scatto. Stava celando un sorriso.

Daniel sentì che il suo cuore sarebbe esploso da un momento all'altro. Aspetta, magari l'ha detto per scherzo...magari non era serio. Dio, io invece lo amo così tanto, ne sono sicuro. Fu quello che pensò.

Si schiarì la voce, mordendosi la lingua per evitare di parlare, ma come al solito non riuscì a controllarsi. "Che hai detto?", domandò.

Felipe si girò con il busto, puntando la macchinetta fotografica sul suo ragazzo. "Che ti amo". Scattò nel preciso momento in cui la bocca di Daniel si incurvò in un sorriso sincero e meravigliato, poi lo osservò attraverso il mirino avvicinarsi lentamente a lui. L'ultima cosa che vide prima che la macchinetta fotografica gli fosse tolta di mano furono gli occhi azzurri e scintillanti del suo ragazzo, che lo aveva già stretto in un abbraccio ed aveva congiuntole loro labbra in un tenero bacio che fu osservato da alcuni dei presenti.

Daniel non badò alle occhiate degli altri turisti, non gli era mai interessata l'opinione altrui. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era Felipe, alle labbra carnose dell'altro sulle sue, al modo in cui si era innamorato improvvisamente e profondamente di lui, alla prima volta in cui l'aveva visto in quel pub, un venerdì sera come tanti altri, e la sua bellezza travolgente aveva subito attirato la sua attenzione. Erano passati quasi due mesi dal loro primo bacio dato sulla soglia della porta di casa sua, dopo un pomeriggio intero passato a giocare con Emma, eppure sembrava trascorsa un'eternità.

Non gli era mai capitato di affidarsi completamente ad una persona, con Liam non era stato così. Era più piccolo ed inesperto per comprendere bene i propri sentimenti, ma ora che stava con Felipe era cambiato tutto, si sentiva in grado di donarsi completamente al suo ragazzo perché lui l'aveva fatto a sua volta, raccontandogli del suo passato tortuoso e concedendogli mille attenzioni che mai nessuno aveva osato dargli.

Non avevano più segreti.

O forse, Daniel era convinto di ciò.


Ryan non era andato a scuola quella mattina per studiare in vista di un test molto impegnativo che si sarebbe tenuto il giorno successivo, ma stava facendo tutto tranne che, appunto, studiare.

Effettivamente aveva aperto il libro di fisica, ma stava osservando attentamente lo schermo luminoso del suo computer portatile comprato anni ed anni prima. La scheda grafica era pietosa e il sistema andava un po' a rilento, ma per l'uso poco professionale che ne faceva andava più che bene. Mordicchiò sovrappensiero una pellicina dell'indice,spulciando attentamente il profilo Facebook del suo insegnante di chitarra.

Non aveva mai stalkerato qualcuno sui social, ma c'è sempre una prima volta, no?

L'idea gli era venuta dopo essersi ridestato da un sogno abbastanza focoso che aveva visto come protagonisti se stesso ed il bellissimo venticinquenne in una situazione molto, come dire...intima. Il ragazzo dai capelli arancioni si era svegliato con un'evidente erezione che aveva dovuto sfogare in fretta e furia, con l'ansia che qualcuno irrompesse in bagno sebbene fosse a casa da solo.

In quasi diciotto anni della sua vita, non gli era mai capitato di sognare un amplesso così spinto. Evidentemente i suoi ormoni si erano risvegliati nell'ultimo periodo, che a dirla tutta era stato anche abbastanza movimentato. Prima Eric, poi il bacio con Nolan.

Non aveva mai avuto una vita sessuale (se così poteva definirsi), tanto attiva. Necessitava di parlarne con Daniel, l'unico che non avrebbe iniziato ad urlare come un ossesso non appena fosse venuto a conoscenza della sua omosessualità, ma al momento l'attaccante del Millwall se la spassava a Parigi col suo ragazzo e non voleva disturbarlo eccessivamente.

Non gli aveva neanche accennato dell'esistenza di Nolan, sebbene avessero parlato più di una volta al telefono. Il suo migliore amico sarebbe tornato a Londra tra due giorni, poteva resistere nel silenzio.

Continuò a scorrere tra le foto del profilo, quelle caricate e quelle in cui era stato taggato. Era quasi sempre in compagnia, ce ne erano anche un paio col suo inquietante, almeno a detta di Ryan, fratello gemello. Il cuore gli sprofondò in petto quando si trovò davanti una fotografia che ritraeva il suo insegnante di chitarra stretto in un abbraccio con un altro ragazzo, che lo stava baciando sulle labbra, proprio dove avrebbe voluto farlo lui. Erano al mare, entrambi i torsi dei due ragazzi erano nudi, due costumi a pantaloncino li coprivano fino a metà coscia.

La fotografia risaliva a due anni prima, e c'era anche il nome dell'uomo che baciava teneramente il venticinquenne sulla bocca. Era una bella foto, Ryan non poteva negarlo, tuttavia non poté fare a meno di sentirsi un po' deluso. Avrebbe dovuto immaginare che Eric avesse avuto numerosi ragazzi nella sua vita, bello ed intelligente com'era.

Forse era sbagliato, un po' troppo invadente, eppure cliccò col mouse su quel nome, e la pagina si caricò lentamente.

Michael era un ragazzo nella norma, capelli castano chiaro, occhi del medesimo colore e barba curata, fisico allenato e qualche tatuaggio sparso qua e là sulle braccia e sul petto, come si evinceva dalle numerose fotografie pubblicate a torso nudo. Chissà come si erano conosciuti, lui ed Eric.

Mentre scorreva i post del suo profilo, che consistevano principalmente in condivisioni di battute idiote, canzoni romantiche e freddure dal pessimo tasso comico, s'imbatté in un'altra foto. In un primo momento temé che il ragazzo avvinghiato al corpo di Michael fosse Eric, e sentì il sangue raggelarsi. Successivamente, però, si rese conto che Eric non fosse biondo, non avesse un naso così aquilino, né occhi azzurri, e si tranquillizzò.

Quindi, Michael era stato con Eric, ma ora era fidanzato con un certo Kevin di cui, sinceramente, Ryan non aveva voglia di approfondirne la conoscenza. Gli bastò osservare quella foto forse un po' troppo spinta per essere pubblicata su un social network di dominio pubblico, per avere la conferma che la relazione tra Eric e quel palestrato Michael fosse finita già da un pezzo, e menomale.

Ciò non lo scoraggiò nel proseguire a spulciare il profilo del venticinquenne, sempre con l'ansia di non lasciarsi sfuggire un like a fotografie caricate sulla piattaforma anni ed anni prima. Era sempre imbarazzante quando accadeva.

Passarono in successione tre o quattro foto di Eric intento a suonare la sua chitarra scattate da Gale, poi altre dell'Erasmus a Roma, nelle quali un Eric più giovane e meno sobrio del solito era ritratto nelle strade romane assieme ad un gruppo di ragazzi altrettanto brilli, ma felici. Sorrise anche lui quando si caricò l'ennesima fotografia di quei nove mesi nella capitale italiana che raffigurava il ventitreenne Eric con la testa ficcata sotto una fontanella, e dietro di lui i tre ragazzi degli scatti precedenti intenti a fare boccacce e brutti gesti.


Il suo cuore ebbe un sussulto quando si caricò ancora una fotografia. Stavolta era stata pubblicata da Michael. Il soggetto era Eric addormentato su un divano sommerso da scatoloni. Come descrizione, c'era scritto: "quando siamo al secondo giorno di trasloco, io scendo a caricarmi gli ennesimi scatoloni e lui crolla sul nostro divano".


Quella foto fu l'ultima che vide prima di spegnere il computer, e fu anche la più dolorosa.

Avevano vissuto assieme, era stata una cosa davvero seria, quindi. Ryan non avrebbe mai potuto competere con un tipo del genere, non avrebbe mai potuto avere speranze.

La delusione s'intensificò tanto da fargli pizzicare gli occhi; ora sentiva le lacrime minacciare con prepotenza di scendere, ma non voleva piangere. Eric era sempre stato così gentile con lui, lo aveva aiutato con i suoi sorrisi, gli aveva dato dei buoni consigli, e lui si era preso un'enorme, gigante, cotta per lui.


Tutte le emozioni provate negli ultimi giorni risalirono a galla assieme alle lacrime che rotolarono lungo le sue guance. Pianse perché stava sbagliando tutto: con se stesso, con Nolan, con Eric. Come aveva solo potuto sognare che un ragazzino come lui potesse stare con uno come Eric?

Aveva frainteso la gentilezza, l'ospitalità, l'affabilità. Ancora una volta, non aveva capito nulla.


Daniel era sdraiato a pancia in giù sul letto della loro stanza d'hotel, i capelli erano ancora umidi ed alcune goccioline d'acqua stavano bagnando la maglietta del pigiama, ma lui non sembrava curarsene, intento com'era a parlare al telefono con sua sorella. Felipe riusciva a sentire la voce squillante della bambina nonostante stesse frugando nella valigia alla ricerca di un paio di mutande da indossare l'indomani, che sarebbe stato il loro ultimo giorno lì. Il tempo era volato, si erano divertiti da matti assieme anche ai nonni di Daniel, ma il brasiliano non vedeva l'ora di tornare a casa per vedere Tiago. Non aveva ancora raccontato a nessuno riguardo a quella faccenda e non era intenzionato a farlo, almeno finché non fosse stato sicuro che l'avrebbe rivisto davvero. Non voleva allarmare la sua famiglia, i suoi amici e tantomeno Daniel.


Non lo stava facendo per cattiveria o per sfiducia nei loro confronti, voleva semplicemente avere la certezza che ciò che stava vivendo fosse vero, che non fosse un'illusione. Probabilmente, se non avesse più incontrato suo fratello ci sarebbe rimasto malissimo. Sentire la sua voce maturata dalla pubertà, ma con lo stesso accento di quando era solo un bambino, aveva risvegliato in lui ricordi reconditi nella sua mente, stralci di conversazioni, piccoli ma significativi flash di un'infanzia malvissuta nella povertà. C'era stato un periodo della sua adolescenza nel quale non aveva fatto altro che sognare di rivivere quei momenti, le fughe tra le baracche fatiscenti, le urla di sua nonna, il sangue incrostato sulle pareti in lamiera, i corpi dei suoi genitori e dei suoi zii stesi a terra, esanimi, con gli occhi spalancati. Quelli di sua madre, verdi come i suoi, fissi sul soffitto. Era stata la prima cosa che aveva notato e l'ultima cosa che avrebbe dimenticato in vita sua, perché alcuni ricordi ti perseguitano anche se cerchi di ignorarli.


Chissà i suoi cugini che fine avevano fatto, non l'aveva chiesto a Tiago.

Daniel si voltò nella sua direzione, il cellulare incastrato tra spalla ed orecchio. Gli sorrise mentre continuava a parlare. Emma gli stava raccontando la sua lezione di danza, durante la quale aveva fatto cadere una compagna di corso e si era dovuta sorbire una dura punizione. Il brasiliano si allungò col busto verso di lui e gli lasciò un bacio sulla fronte, poi gli frizionò i capelli bagnati con un asciugamano che le donne delle pulizie avevano appoggiato ai piedi del letto.


Non voleva che si prendesse un malanno, sopratutto ora che stavano per fare ritorno a casa e avrebbe dovuto riprendere gli allenamenti. Alcune volte non lo invidiava per nulla, quando correva imperterrito sotto la pioggia. Vedeva nei suoi occhi azzurri la passione per ciò che faceva, il suo sogno avverarsi passo dopo passo, gol dopo gol.

Migliaia di tifosi credevano in lui e lo supportavano durante ogni partita. Quel giovane ma talentuoso giocatore di appena diciotto anni aveva conquistato il cuore di tutti, maggiormente quello di Felipe.


Daniel concluse la telefonata e lanciò il telefono tra le lenzuola, appoggiando la fronte sul cuscino mentre il suo ragazzo gli asciugava i capelli. Sospirò di piacere. Adorava quando qualcuno gli toccava i capelli.


"Resterei qui per sempre", commentò, la voce attutita dal cuscino.

"Non ti manca casa?", domandò Felipe. Daniel scosse il capo, poi si fermò e il brasiliano proseguì con il suo massaggio.

"Non molto", rispose. Si girò sulla schiena, riuscendo così a guardare negli occhi Felipe. "Sto così bene qui con te", aggiunse, allacciando le braccia attorno al collo del maggiore e avvicinandoselo al viso. Lo baciò sulle labbra.


Felipe sorrise e si sforzò di non pensare a ciò che lo aspettava una volta tornato a casa. Ricambiò il bacio di Daniel e si stese sul suo corpo, facendo intrecciare le loro gambe.


Non gli restava che aspettare, senza destare sospetti.


Ciao a tutti!

Mi scuso in anticipo per il capitolo corto, ma come potete vedere è di passaggio, dal prossimo torneremo alle tremila parole canoniche e ad avvenimenti più significanti.

Devo scappare, ho tremila argomenti da studiare, alla prossima.

Lavy.

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