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2.Loser

Il locale in cui avevano prenotato un tavolo per tre era molto affollato, così tanto che anche i tavoli esterni erano colmi di ragazzi. Il venerdì sera rappresentava la fine della settimana, degli studi e del lavoro per quasi tutti, e nessuno perdeva tempo a casa, sapendo di poter uscire ed andare a mangiare e sopratutto a bere in qualche pub. Daniel si destreggiò tra i clienti evitando di ricevere spallate e seguendo con lo sguardo Taylor che, qualche metro avanti a lui, stava parlando con un cameriere che le stava mostrando il loro tavolo in fondo alla sala. Quella sera non ci sarebbe stata alcuna band a suonare, perché la confusione era così tanta che l'aggiunta della musica avrebbe fatto esplodere le orecchie a chiunque. Abigail si accomodò vicino a Daniel, mentre Taylor prese posto davanti ai due, lamentandosi del fatto che, seduta il quel modo, non avrebbe potuto vedere chi entrava e chi usciva dal locale.

"Hai visto chi c'è al tavolo vicino al nostro?", chiese Abigail, sporgendosi con i gomiti sul tavolo per evitare di farsi sentire dai diretti interessati. Taylor annuì e si voltò a sinistra, tornando poi a guardare la sua migliore amica e scambiando con lei un'occhiata molto eloquente.

"Non sto capendo", comunicò Daniel, estraniato dal discorso. Lanciò anche lui un'occhiata ai vicini di tavolo, constatando che fossero cinque ragazzi, ma non ebbe tempo di studiarne i volti.

"Quelli sono dei fighi davvero da paura", bisbigliò Taylor, sistemandosi i capelli dietro le orecchie. Abigail annuì, concorde.

"Dan, vedi un po' se ci stanno guardando", gli ordinò, dandogli una gomitata. "Aspetta! Non guardarli, cioè, non farti vedere".

Daniel la fissò disorientato. "Mi dici come faccio a guardarli senza guardarli, eh?", sbottò, mantenendo il tono della voce basso. Taylor lo zittì con un gesto della mano, perché proprio in quel momento una cameriera si avvicinò al loro tavolo per prendere le ordinazioni, poi li lasciò di nuovo soli.

"Oggi ho fatto il compito di biologia, speriamo sia andato bene".

"Come ti è sembrato?", chiese Daniel.

Tuttavia, Taylor non fece in tempo a confessare ai suoi amici che aveva copiato praticamente tutto dal suo compagno di banco, perché uno dei fighi da paura seduti al tavolo vicino al loro si alzò, avvicinandosi.

Abigail e Taylor si scambiarono un'occhiata sorpresa, poi finsero indifferenza.

"Scusate, siete impegnate?", domandò il tipo, rivolgendo un sorriso alle ragazze. Daniel alzò gli occhi al cielo.

"N-no", risposero all'unisono, arrossendo appena.

Lo sconosciuto si voltò verso i suoi amici, che gli fecero cenno di procedere.

"Allora vi va di unirvi a noi?", chiese, indicando con il pollice il gruppetto alle sue spalle. Ci fu un breve ma intenso momento di silenzio, in cui Daniel percepì distintamente il piede di Abigail colpire lo stinco di Taylor, che dissimulò il dolore sorridendo forzatamente ed annuendo. Le due ragazze si alzarono, seguite dall'applauso dei ragazzi e dallo sguardo omicida di Daniel. In quattro e quattr'otto i tavoli erano uniti, ed il diciassettenne si ritrovò vicino ad un ragazzo dai capelli ricci e biondi. Aveva un accenno di acne sulle guance e sul mento, ma a parte quel piccolo inestetismo non era poi così brutto. Non appena volse lo sguardo davanti a sé, però, gli si mozzò il respiro. Il ragazzo davanti a lui era decisamente più bello di quello al suo fianco. Distolse lo sguardo, non notando la gomitata che proprio quel figo ricevette da parte del ragazzo che sedeva alla sua destra. Non avrebbe mai potuto sentire cosa si dissero a bassa voce, ma quando sollevò nuovamente gli occhi, Daniel notò che lo stavano fissando entrambi.

"Come vi chiamate?", domandò proprio Lui, congiungendo le mani sopra il tavolo.

Abigail e Taylor si presentarono battendo forse troppe volte le ciglia allungate dal mascara.
"E tu?", chiese, rivolgendosi proprio a Daniel. Ancora una volta, quest'ultimo non sentì il commento di uno dei ragazzi, che sussurrò "già, e lui?".

"Daniel Murray", si presentò, vagando con lo sguardo su tutta la tavolata. Un paio di volti li aveva già visti in giro per scuola, ma era sicuro di non aver mai incontrato il ragazzo che sedeva davanti a lui. Se le sarebbe ricordate, quelle iridi verdi.

"Ti ho già visto da qualche parte", disse Thomas, il ragazzo che aveva chiesto al trio di unirsi a loro cinque. Daniel si strinse nelle spalle, vagamente a disagio nel sentirsi gli occhi di tutti puntati addosso.

"Non saprei, forse a scuola", tentò, rivolgendogli lo sguardo per la prima volta. Sebbene fosse seduto, capì immediatamente che fosse parecchio alto. Comprese subito il perché degli sguardi adoranti di Taylor ed Abigail; era davvero un bel ragazzo dal classico fascino nordico: capelli biondo cenere, pelle chiara, occhi celesti e lineamenti severi. Thomas scosse la testa, facendosi pensieroso.

"Non è possibile, visto che ho studiato privatamente fino ad un anno fa". All'improvviso il suo volto s'illuminò, e lo indicò minacciosamente con l'indice. I due ragazzi vicino a lui alzarono gli occhi al cielo, seguendo con interesse la scena.

"Giochi a calcio?", domandò, e Daniel annuì confuso, non capendo come fosse finito a chiedergli del suo sport.

"Si, gioco nel Millwall", affermò. Notò con la coda dell'occhio Taylor cercare di mascherare uno sbadiglio, annoiata dal discorso. Sia lei che Abigail forse si erano accorte che l'attenzione del gruppo fosse rivolta verso il loro migliore amico, e non su di loro come avevano sperato.

Thomas annuì, sorridendo soddisfatto per la sua giusta intuizione. "Io sono il difensore del Fulham che la scorsa domenica hai fatto penare per novanta minuti di fila", si presentò, porgendogli la mano. Anche Daniel sorrise stavolta, ricordando i tre magnifici goal che aveva segnato nella rete avversaria, e ricambiò la stretta.

"Niente rancore, mh?", scherzò il diciassettenne, facendo ridere anche gli altri che forse sapevano della penosa sconfitta inferta alla squadra del loro amico.

Thomas scosse la testa, facendogli l'occhiolino. "Basta che al ritorno non ci umili in quel modo".

"Questo non te lo posso assicurare", gli resse il gioco Daniel, sorridendo sornione.

I sei ragazzi si addentrarono in una discussione calcistica molto intensa, alla quale le uniche due donne del tavolo tentarono di partecipare con scarsi risultati. Di calcio ci capivano meno di zero, e non sapevano minimamente chi fossero Rooney, Morata o Sànchez, quindi dopo qualche minuto desistettero, limitandosi ad ascoltare passivamente.

"Noi andiamo in bagno", annunciarono a metà serata, quando i piatti erano mezzi vuoti. Si alzarono dai loro posti sotto lo sguardo del loro migliore amico e di un altro paio di ragazzi, che poi tornarono ad osservare il video dell'ultimo goal di Ronaldo sul cellulare di Cody, il ragazzo riccio seduto vicino a Daniel.

"Non ho parole", decretò Abigail, chiudendo la porta della toilette a chiave e appoggiandosi con la schiena contro di essa.

"E' come se tutti ci stessero provando con Daniel, assurdo!", esclamò Taylor mentre si tirava giù le calze per fare pipì. L'altra annuì, concorde, incrociando le braccia al petto.

"Questo mostra quanto sia facilmente corruttibile la mente maschile: basta nominare un pallone da calcio che si dimenticano delle ragazze", brontolò Abigail, aprendo la porta del cubicolo non appena l'amica tirò lo sciacquone. Si posizionarono davanti agli specchi, guardando i loro riflessi.

"Adesso gli faccio vedere io", annunciò Abby, sbottonandosi un po' la camicia nera e ravvivandosi i capelli castani. Si voltò verso l'amica, sporgendo le labbra. "Come sta il rossetto?",chiese. Tayor la rassicurò, poi tornarono a passo di carica al loro tavolo.

"Dai, non potete essere davvero incavolate con me per questo!", esclamò Daniel, cercando di stare al passo di Abigail e Taylor che, infuriate, avevano smesso di parlare ed iniziato a camminare speditamente lungo le stradine mezze deserte del loro quartiere. Sospirò quando non ricevette una risposta per l'ennesima volta, ed afferrò per i polsi entrambe le ragazze, costringendole a voltarsi verso di lui.

"Smettetela, davvero, vi state comportando come ragazzine", disse serio, allentando la presa e rimettendosi le mani in tasca. Taylor emise un verso stizzito, alzando le sopracciglia. "Sentite-io ci ho provato a cambiare argomento, l'avete visto pure voi, ma loro hanno continuato, non prendetevela con me", continuò, notando che nessuna delle due fosse intenzionata a ribattere. "Mi dispiace se quei ragazzi non vi si sono filate minimamente, probabilmente sono così idioti da non essersi accorti dei due splendori che avevano davanti". Sorrise, sapendo già di aver detto le parole giuste,e difatti fu così. La prima a sciogliersi fu Abigail, che saltò quasi in braccio all'amico, seguita da Taylor.

"A che servono i fidanzati quando abbiamo un amico così", cinguettarono quasi all'unisono spaventando il povero Daniel che, paralizzato, cercava di staccarsele di dosso. Le due ragazze lo liberarono dall'abbraccio solo dopo avergli schioccato un bacio sulle guance, sporcandogli di rossetto il viso.

"Quanto sei gay, Dan", lo canzonò bonariamente Taylor,passandogli una salvietta umida recuperata dalla borsa per pulirsi.Daniel la afferrò con un verso stizzito, sfregandola compulsivamente sulle sue guance prive di barba. "No, siete voi ad essere appiccicose, è diverso", borbottò, lanciando loro uno sguardo infastidito e buttando la salvietta in un cestino sul marciapiede alla sua destra.

"Dovevi farti perdonare in qualche modo per averci rubato tutto quel ben di Dio", si difese Abigail anche a nome di Taylor, dando una pacca sulla schiena all'amico, che alzò gli occhi al cielo.

"Quanto vorrei che Ryan fosse qui a salvarmi dalle vostre grinfie", mormorò.


Ryan Fromm odiava mangiare, nonostante la sua conformazione fisica suggerisse il contrario. Non era in una situazione disperata, questo no, però era un po' in carne, c'era da dirlo. Vivendo in una casa assieme a sua nonna, sua madre e sua zia era impossibile mantenere una linea perfetta, ed erano più le volte che il suo stomaco chiedeva pietà per la quantità industriale di cibo ingerito, che quelle in cui brontolava per la fame. A dirla tutta, non provava l'assillante necessità di mangiare da parecchio tempo, ormai; l'ultima volta era stata almeno dieci anni prima, quando aveva partecipato ad una gita di qualche giorno con i bambini della sua scuola. In quell'occasione, il cibo fornito dall'hotel era risultato immangiabile anche per le maestre, che però si erano fatte forza per dare il buon esempio ai loro alunni. Morale della favola, Ryan era tornato a casa affamatissimo, e sua madre, sua nonna e sua zia si erano spaventate così tanto che l'avevano farcito di cibo, riempendolo più di un tacchino per il giorno del Ringraziamento.

Quel venerdì sera gli era stato severamente vietato di uscire con i suoi migliori amici perché finalmente (per sua madre, non per lui, a lui non importava un accidenti), avrebbero conosciuto il nuovo compagno di Carol.

Quando Ryan era nato diciassette anni prima, sua madre aveva dovuto affrontare la gravidanza con il solo aiuto della sorella e della madre. Niente marito, o quantomeno compagno, niente di niente. Era rimasta incinta a soli diciassette anni, ed il fidanzatino che l'aveva ingravidata aveva pensato bene di darsela a gambe con famiglia al seguito non appena appresa la notizia, lasciando la giovane adolescente con un bambino e mille rimorsi a torturarle l'animo.

E adesso, diciassette anni dopo, all'età di trentaquattro anni, entrava in casa per la prima volta con un uomo di trentasette anni, un poliziotto che aveva conosciuto su Facebook (questo non l'aveva detto a nessuno, ma Ryan l'aveva intuito). Sedevano tutti e cinque attorno al tavolo in legno elegantemente apparecchiato per l'occasione, e parlavano di Graham, del suo lavoro, della sua passione per la caccia e per la fotografia. L'unica cosa che Ryan pensava di quell'uomo era che il suo nome gli ricordasse una band danese molto in voga in quel momento, ma evitò accuratamente di dirlo. Si limitò a mangiare sotto lo sguardo attento di sua nonna l'arrosto di manzo, mandando giù ogni boccone con estrema fatica. Ogni volta che deglutiva ciò che aveva masticato fino a quel momento sentiva il suo peso aumentare un po' di più.

"Quindi cosa fai, oltre studiare?", gli chiese Graham, spostando l'attenzione su Ryan, che fino a quel momento non aveva aperto bocca. Il ragazzo appoggiò la forchetta dentro il piatto e deglutì il boccone.

"Suono il violino qualche volta, prima era una specie di passione, ma ora ho perso la voglia", spiegò, non rivelandogli il reale motivo del suo abbandono. In quella famiglia a lavorare erano soltanto sua madre e sua zia, mentre la nonna riceveva una pensione minima. Le lezioni in città costavano molto, e Ryan non poteva permettersele.

"E' molto bravo, quando si mette a suonare mi migliora la giornata", commentò Anne, sua nonna. Il diciassettenne le rivolse un sorriso affettuoso, poi abbassò lo sguardo sul suo piatto, che era stato rimpinguato da sua zia. Sospirò, cercando di mantenere la calma, ed afferrò con dita tremanti la forchetta mentre ascoltava distrattamente Graham raccontare della sua band creata alle superiori, nella quale lui suonava la chitarra. Sua madre lo guardava con occhi sognanti, prestando poca attenzione all'espressione tesa del figlio. Dopo aver cenato, il giovane si ritirò in camera sua con la scusa di dover eseguire una montagna di compiti assegnati dai professori senza cuore per il weekend, compiti che aveva già svolto quel pomeriggio in un paio d'ore, ma questo non lo avrebbe saputo nessuno. Tutto quello che fece fu sdraiarsi sul letto, senza neanche infilarsi sotto le coperte, e fissare il soffitto. L'appartamento in cui viveva da sempre con la sua strana famiglia era piccolo, ma sua madre era riuscita ad organizzare una minuscola stanzetta di due metri quadrati per due, in cui erano incastrati ad opera d'arte un letto, una scrivania ed una libreria formato bambino. Tante volte aveva odiato quella camera, così tante da perdere il conto: non poteva invitare amici a casa, la sola idea di aprire la porta della sua stanza a qualcuno lo faceva arrossire dalla vergogna. Stava stretto, si sentiva incredibilmente soffocato dalla sua vita; la sua stanza ed il suo corpo ne erano la prova evidente.

Sentì bussare alla porta, e si tirò a sedere sistemandosi la maglietta.

"Vieni a mangiare il dolce, e smettila di studiare!", esclamò sua zia facendogli l'occhiolino. Ryan si portò una mano all'altezza dello stomaco e scosse la testa vigorosamente. "Non ho fame, sono sazio", disse. Jane sorrise appena, facendogli cenno di alzarsi.

"Non dire sciocchezze, c'è sempre spazio per un po' di torta alla crema".

"No davvero, non ce la faccio", ribatté, distogliendo lo sguardo.

La donna sospirò, chiudendosi la porta alle spalle ed accomodandosi vicino al nipote.

"Qual è il tuo problema?", chiese, appoggiandogli una mano sul ginocchio.

Ryan dovette sforzarsi molto per non alzare gli occhi al cielo dall'esasperazione. "Nessuno, semplicemente non ho fame".

Jane continuò ad osservarlo con serietà, poi le sue labbra fine si addolcirono. "Ho capito, ho capito", sussurrò. "Ormai hai diciassette anni, tua madre ha davvero bisogno di un uomo al suo fianco, lo capisci, vero? Se l'è sempre cavata da sola e ti ha sempre dato tutto, ma tu dovresti capire adesso che anche lei ha bisogno di vivere con un compagno, non essere egoista".

Ryan spalancò la bocca, poi la richiuse. "A me non interessa con chi sta mamma, seriamente", spiegò gesticolando. Sua zia strinse la presa sul suo ginocchio.

"E' normale, non c'è bisogno di inventare scuse, ma tua madre ti amerà sempre, non pensare che adesso con Graham sarà diverso, che ti trascurerà". Gli rivolse un sorriso dolce, che gli fece prudere le mani dalla rabbia. Annuì, alzandosi in piedi senza ribattere,senza riuscire a difendere la propria opinione. La seguì in sala da pranzo, si accomodò sulla sedia che aveva occupato fino a venti minuti prima e mangiò con il cuore in gola due fette di torta.

Perdeva sempre.


Ciao a tutti!

Voglio augurarvi un buon 2018, sperando che sia migliore dell'anno passato.

Come probabilmente avrete capito, in questa storia seguiremo parallelamente la vita di Daniel e di Ryan, due amici completamente diversi tra di loro. Forse questo primo capitolo è quello da cui poi partiranno le vicende che seguiremo fino alla fine della storia; è un capitolo di conoscenze: da una parte Daniel, che incontra un gruppetto di ragazzi che non dovete sottovalutare; dall'altra Ryan che si presenta al nuovo compagno di sua madre. Anche quest'evento è importante per ciò che accadrà in seguito, ma questo lo scoprirete leggendo.

Se il capitolo è stato di vostro gradimento, lasciate una stellina o commentate.

Alla prossima :)

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