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16.Rischi e Regali

Daniel non aveva fatto altro che mangiare, nei limiti della dieta imposta dai preparatori atletici, ovviamente. L'atmosfera a tavola era rilassata: i piatti colmi di cibo erano stati svuotati e sulla tovaglia rossa erano appoggiati mazzi di carte e diversi giochi da tavola. In sottofondo al vociare dei presenti c'era la televisione che stava trasmettendo il solito cinepanettone visto e rivisto ogni anno.

"Possiamo scartare i regali?", chiese per l'ennesima volta Emma tirando il nonno Albert per un braccio. "Ti preeeeego", spalancò gli occhioni azzurri e batté più volte le palpebre, sapendo di avere giù la vittoria in pugno. Infatti l'anziano sospirò e "d'accordo, andate tutti vicino all'albero", decretò suscitando la gioia dei più piccoli. Daniel rimase seduto dov'era, evitando di essere d'intralcio. Adorava il Natale, ma quando si è piccoli lo si vive con maggiore spensieratezza. Tutti quanti iniziarono a scartare i loro regali, grandi e piccini. Il diciassettenne ricevette qualche bigliettino colorato con i soldi all'interno dai parenti meno originali, un maglione ed un cappellino di lana, poi suo nonno gli passò una busta da lettere blu facendogli l'occhiolino.

"Da parte mia e della nonna", mimò con le labbra senza smettere di guardarlo con uno strano sorriso. Daniel aprì lentamente la busta, sollevando l'aletta superiore prima di lasciarla cadere sulla superficie del tavolo. Incontrò lo sguardo del nonno, che lo invitò a svelare il contenuto della busta.

"Voi siete folli, folli!", esclamò mentre afferrava con dita tremanti due biglietti: uno era del volo fissato per il sette febbraio con destinazione Parigi, e l'altro invece era della partita di Champions che si sarebbe disputata il dieci dello stesso mese al Parco dei Principi tra PSG (la squadra francese più forte della nazione) ed il loro amato Tottenham. Si alzò in piedi e corse ad abbracciare i suoi nonni, senza smettere di ringraziarli.

"Regalo di compleanno anticipato", disse Lillian sorridendo dolcemente al nipote. Guardandosi attorno, realizzò che anche il resto della famiglia lo stesse guardando. Lo sapevano tutti, chissà da quanto tempo lo stavano organizzando, eppure lui non aveva scoperto nulla. Sarebbe partito con i suoi nonni, le persone che amava di più assieme ai suoi genitori e sua sorella. Dopo qualche minuto di confusione tutti tornarono ai loro posti soddisfatti dei regali. Albert batté una mano sul ginocchio del suo nipote maggiore che ancora non si era ripreso dalla sorpresa.

"Inizia a preparare la valigia", scherzò l'anziano signore.

"Non vedo l'ora", disse eccitato Daniel muovendosi impaziente sulla sedia. Quell'anno il Natale aveva portato eventi positivi nella sua vita: Felipe e un bel viaggio, cos'avrebbe potuto chiedere di meglio?

Iniziò a credere che Albert percepisse i suoi pensieri quando "poi con quel tuo amico come va?", gli venne chiesto. Il diciassettenne corrugò la fronte, perplesso dalla coincidenza, e si sporse per avvicinarsi maggiormente al nonno e potergli spiegare tutto senza farsi sentire dagli altri. Nessuno in famiglia conosceva la novità, voleva prendersi ancora un po' di giorni per dirlo a tutti, tuttavia con suo nonno era diverso e lo sarebbe sempre stato.

"Non siamo più amici", disse a bassa voce abbozzando un sorrisetto. Albert capì immediatamente, e sorrise anche lui dandogli una pacca sulle spalle.

"Te l'avevo detto che c'era qualcosa sotto", gongolò. Gli occhiali da vista gli scesero sul dorso del naso e si affrettò a sistemarli con un gesto sbrigativo. "Quindi lo vedremo spesso alle tue partite?", domandò. Daniel arrossì appena, nonostante non fosse un ragazzo timido parlare di Felipe lo imbarazzava. Dio, gli piaceva così tanto.

"P-penso di si", si limitò adire.

"Almeno da ora in poi potrà parlare quanto gli pare, la scorsa volta sembrava che si stesse trattenendo dal fare considerazioni".

"E ti credo, stava seduto vicino a te e ad Emma, non oso immaginare cosa gli abbiate detto!", tentò di difenderlo. Pensò a lui, seduto sugli spalti con gli occhi incollati sul campo, gioire quando aveva segnato l'unico gol della partita. Forse non lo sapeva, ma era tutto dedicato a lui.

"In realtà gli abbiamo de-".

"No, non voglio saperlo!", finse di distrarsi dalla conversazione, beccandosi uno scappellotto dietro il collo dato con poca convinzione.

Si guardarono complici negli occhi entrambi del medesimo colore azzurro, quando qualcuno chiese loro cosa stessero complottando sottovoce.


Il ventisei dicembre era anche conosciuto come giorno di riposo dalla famiglia Murray. Riposo dal cibo, dai dolci e dalla troppa compagnia. Solitamente Daniel, Emma e Grete passavano il pomeriggio sul divano a guardare un film ma accidentalmente quel giorno sul divano posto al centro del soggiorno non c'erano le due donne di casa, bensì il diciassettenne a cavalcioni di Felipe. Appena aveva avuto la notizia che sua madre e sua sorella sarebbero dovute andare ad una festicciola organizzata dal gruppo di catechismo che frequentava la piccola Emma, Daniel non aveva perso tempo e si era affrettato ad invitare il suo ragazzo a casa. Avevano iniziato a guardare un film ma poi, come entrambi avevano previsto, si erano ritrovati avvinghiati scomodamente sul divano.

"Sto per cadere", avvisò il diciassettenne tirandosi su per l'ennesima volta nel giro di pochi minuti. "Se ci spostassimo?", propose alzandosi in piedi e piegandosi per cercare il telecomando immerso tra i cuscini con cui sua madre si ostinava ad abbellire il divano.

"Io ero interessato al film, però",finse di lamentarsi Felipe ricevendo un'occhiataccia da Daniel, che sparì fuori dal soggiorno direttamente in camera sua. L'erezione nascente nei suoi jeans tradiva l'affermazione appena pronunciata. Non appena anche il brasiliano entrò nella stanza, il più giovane chiuse la porta e ci spinse l'altro addosso, facendo collidere le loro labbra e wow, da quando Daniel aveva smesso di imbarazzarsi?

Stava sperimentando questo nuovo aspetto del ragazzo e non finiva mai di stupirsi: cos'altro lo aspettava?

Infilò i pollici tra i passanti dei suoi jeans e mosse alla cieca qualche passo in avanti, sapendo che prima o poi avrebbero incontrato il letto, e difatti dopo un paio di metri caddero entrambi sul materasso scoppiando a ridere. Lipe si sdraiò supino ed accolse tra le sue braccia Daniel.

"Metto un po' di musica", decise il diciannovenne, tirando fuori dalla tasca dei jeans il cellulare e facendo una breve ricerca su youtube.

"Basta che non scegli una di quelle canzoni tamarre che senti in macchina", lo ammonì l'altro, giusto per non dargli la soddisfazione di sapere che qualsiasi canzone mettesse, a Daniel sarebbe piaciuta comunque perché ognuna di esse gli avrebbe ricordato per sempre quel momento passato assieme.

"E' di un gruppo famosissimo, i Tribalistas", lo informò il brasiliano quando il suono iniziò ad uscire dalle casse del suo cellulare. Daniel non capì neanche una parola di quella canzone, ma non riuscì a trattenere i brividi quando Felipe cantò sottovoce, intuendo l'importanza che attribuiva a quella melodia.

É você, só você
que na vida vai comigo agora
nós dois na floresta e no salão
nadamais
deita no meu peito e me devora
na vida só resta seguir
um risco, um passo, um gesto rio afora*

Sei tu, sei solo tu
che cammini al mio fianco adesso
noi due nel bene e nel male
nessuno mai è entrato nel mio cuore così, divorandolo
nella vita non resta che correre un rischio
fare il primo passo, spingersi al di là delle certezze


La canzone non era ancora finita, eppure il cellulare era già stato dimenticato sul comodino, vicino all'abatjour. Felipe si era spinto al di là delle sue certezze per una buona causa, e adesso voleva Daniel, lo voleva così tanto.

Forse l'aveva voluto dal primo momento in cui si erano visti, dal primo timido sguardo che si erano rivolti quel venerdì sera nel pub affollato.Quel giorno mai avrebbe immaginato che appena due mesi dopo sarebbe andato a finire così, sdraiato su un letto dalle coperte blu, abbracciato a quello stesso ragazzo che l'aveva colpito fin dal principio e addirittura eccitato dall'atmosfera che, di bacio in bacio, si stava facendo sempre più calda. Daniel gli aveva dato tanto, con la sua apparente timidezza; in quei due mesi era maturato, aveva capito che quando qualcuno ti fa sentire bene, ti fa provare emozioni nuove, l'unica cosa da fare è rischiare, buttarsi anche col pericolo di rimanerci male. Aveva compreso che rischiare fosse più importante di rimanere fossilizzati dalla paura di non raggiungere il proprio obiettivo ed andare avanti pentendosi col tempo di non essersi messo abbastanza in gioco.

Felipe non si stava pentendo di baciare il collo di Daniel, né di esibire un paio di succhiotti violacei sulla clavicola. Sentiva anzi che fosse giusto, perché loro due stavano assieme e si volevano. Si sfilarono le felpe a vicenda, rimanendo a petto nudo; i loro addomi che sembravano scolpiti da Prassitele in persona erano contratti. Il brasiliano posò le labbra all'altezza del bacino del suo ragazzo e succhiò quel lembo di pelle per qualche minuto. Quando si allontanò c'era un bel livido a marchiare il candore circostante. Era suo.

Daniel si sentiva travolto dalla circostanza; era assorto negli scambi d'attenzioni che si stavano dando ma non era intimidito dal corpo di Felipe, anzi vedere le sue spalle larghe ed i suo busto muscoloso gli infondeva un certo coraggio, perché per la prima volta riuscì a carpire in quegli occhi verdi una scintilla di titubanza che avrebbe volentieri spazzato via. Baciò il tatuaggio che aveva sulla spalla, una piccola rosa dei venti finemente decorata. L'erezione del brasiliano premeva contro la sua anca, mettendo da parte ogni accenno di esitazione. Daniel si affrettò a sbottonare i jeans di Felipe, poi fece lo stesso con i suoi che finirono a terra assieme alle scarpe, ai calzini e alle felpe che già si erano tolti in precedenza.

La mano del più grande corse a stringere il suo sedere: era una cosa che aveva voluto fare da tempo.

"Non sono mai stato con un ragazzo", ammise. Non per questo si ritrasse, anzi strinse ancora più forte le sue dita sui glutei muscolosi del ragazzo sdraiato sopra di lui. Quest'ultimo fece sfiorare per l'ennesima volta le loro labbra senza dare inizio ad un bacio, bensì si sollevò sui gomiti, appoggiati al lato del petto del brasiliano, e scivolò rapidamente in basso, sistemandosi in ginocchio tra le sue gambe leggermente divaricate. Felipe sentì improvvisamente freddo a causa del mancato contatto dei loro corpi, ma la sensazione di bollore tornò immediatamente quando Daniel lo guardò con quegli occhi incredibilmente azzurri. "Non ti preoccupare", lo rassicurò provocandogli dei brividi non appena risalì con una mano lungo la sua caviglia, percorrendo lo stinco, l'interno coscia e bloccandosi senza esitazione all'altezza della sua intimità, coperta da un boxer bianco che risaltava piacevolmente con la sua pelle ambrata e con i suoi occhi verdi.

Contrasse l'addome, e il diciassettenne osservò quella fila perfetta di addominali muoversi assieme alla sua schiena, che s'inarcò appena. La biancheria copriva parzialmente il suo contenuto che, constatò Daniel, era sostanzioso e gli avrebbe fatto un male cane. Tuttavia non gliela sfilò immediatamente, ma si piegò ancora di più per avvicinarcisi con le labbra e sfiorò l'erezione una e due volte, mentre Felipe si limitava ad incitarlo a proseguire perché lo spavento era scomparso, lasciando spazio alla curiosità e al piacere, alla voglia di baciarlo e di vedere, di sentire quelle labbra lucide e carnose attorno a sé. Daniel assecondò le richieste solo dopo l'ennesimo gemito da parte del brasiliano, che gli aveva immerso una mano tra i capelli e li stava tirando appena. A quel punto si drizzò nuovamente a sedere e ancorò le mani sui fianchi del diciannovenne, raggiungendo con le dita l'elastico dei boxer ed abbassandoli fino a farli cadere sul pavimento della sua cameretta, adesso calda e piena dei loro ansiti. Non abbassò subitolo sguardo su ciò che lo aspettava, prima si allungò per raggiungere le labbra dell'altro e leccarle; quando tornò alla sua posizione precedente, però, non poté fare a meno di sorridere compiaciuto. Gli avrebbe fatto un male cane, è vero, ma Felipe era davvero ben messo, ecco.

"Ti piace ciò che vedi?", osò chiedere il brasiliano ridendo per l'espressione estasiata del più piccolo, che si umettò le labbra e senza neanche rispondere si piegò per inglobare quasi completamente l'erezione calda e pulsante del ragazzo. Leccò con dedizione ogni centimetro di quella pelle tesa, avvolgendone la punta con la lingua e tornando poi a contenerla tutta per qualche altro secondo. Sentiva che di quel passo non avrebbe fatto neanche in tempo ad infilargli un preservativo che custodiva nel comodino, e non era ciò che voleva, quindi dopo aver lambito la punta dell'erezione per l'ultima volta si allontanò a malincuore dal membro teso e gonfio di Felipe.

Gli chiese di prendere un preservativo mentre lui si sfilava gli slip neri con impazienza. Il diciannovenne lo osservò rapito per qualche istante prima di riscuotersi.

"Sei bellissimo", sussurrò dimenticandosi dell'erezione che urgeva attenzioni e sollevandosi appena per lasciargli un bacio sul collo. Daniel fremé e gli prese il viso tra le mani, incatenando i loro sguardi. Sentiva il cuore fargli male, ma era un dolore piacevole, che avrebbe volentieri sopportato per tutta la vita pur di poter rimanere con Felipe, perché gli disordinava lo stomaco, lo faceva sentire leggero.

"Anche tu", ricambiò il diciassettenne. Si scambiarono un bacio lento, privo di aggressività come i precedenti, e le loro lingue si assaporarono ancora una volta. Felipe non ne avrebbe mai avuto abbastanza. Poi però Daniel si scostò perché voleva che il più grande lo ricordasse come la sua prima volta con un ragazzo, voleva essere suo.

Si appoggiò di nuovo sulle ginocchia divaricate contro il materasso e sporse il sedere quanto bastava per potervi accedere meglio con le dita unte di lubrificante che Felipe aveva preso assieme al preservativo. All'inizio fece male, perché non aveva rapporti con qualcuno da un anno e mezzo; aggiunse un altro dito sotto lo sguardo ammaliato di Felipe. Sarebbe potuto venire anche solo guardando Daniel prepararsi per lui, con un'espressione concentrata sul viso e il suo sguardo fisso nei suoi occhi. Lo faceva con tale disinvoltura che sembrava fosse nato per farlo impazzire. Gli afferrò il polso e con delicatezza s'introdusse con tre dita nella sua apertura, sentendolo contorcere al suo tocco. Mosse le dita, facendolo abituare a quella presenza, poi ne aggiunse un altro. Daniel gemette oscenamente ed incurvò la schiena, poi afferrò la confezione di preservativi e ne estrasse uno, scartandolo ed infilandolo fino alla base lungo l'erezione di Felipe che intanto aveva tolto le dita dalla sua apertura e si era appoggiato con le spalle contro la testiera del letto.

"Pronto?", riuscì a chiedere il calciatore. Felipe annuì e socchiuse le palpebre mentre Daniel si sistemava a cavalcioni del suo bacino e con una mano indirizzava l'erezione verso la sua apertura, calandocisi lentamente sopra. Il suo volto accaldato venne attraversato da un velo di dolore che lentamente svanì dopo il terzo affondo, avvenuto con calma.

Felipe gli rivolse uno sguardo preoccupato, al quale il più piccolo rispose aumentando l'intensità dell'amplesso. Il diciannovenne rispose ai suoi affondi accompagnandoli con delle spinte abbastanza forti che fecero gemere indecentemente Daniel.

Era stato con alcune ragazze, avevano fatto sesso, ma niente era mai stato intenso come quello. Non si trattava solo di lui dentro un altro corpo, della loro fusione corporale, ma c'era dell'altro. Lui e Daniel si capivano, c'era sintonia e trasporto; gli piacevano i suoi baci, le sue carezze, il modo in cui ansimava, come le sue labbra rosse erano dischiuse mentre entrava ancora ed ancora dentro di lui, amava i suoi occhi azzurri enormi che lo guardavano come se fosse la cosa più preziosa del mondo e adorava sentire il suo cuore battere all'impazzata quando lo abbracciava o lo baciava o gli rivolgeva anche le minime attenzioni.

Per questi motivi non ci pensò due volte a prendere in mano la sua erezione altrettanto gonfia e a soddisfarla, anche se non l'aveva mai fatto prima a nessun ragazzo, ma per Daniel questo ed altro. Si fidava di lui, c'era intesa e non gli importava se magari stavano correndo un po' troppo, perché sapeva che avrebbero avuto tanto tempo per stare assieme, se lo sentiva.

"O-oddio", esalò il più piccolo quando, cambiando angolazione, colpì ripetute volte il suo punto sensibile.

"Vieni", lo invitò Felipe, continuando a spingersi in lui e allo stesso tempo masturbando il giovane "vieni per me", ripeté, e Daniel gli diede retta, perché qualche istante dopo si svuotò sul suo ventre copiosamente, attendendo che il brasiliano raggiungesse l'orgasmo continuando ad assecondare le sue spinte. Poco dopo era sdraiato su di lui, le loro gambe muscolose intrecciate ed i corpi sudati a stretto contatto. Daniel sentiva il cuore di Felipe battere sulla cassa toracica ed il suo petto abbassarsi ed alzarsi velocemente, ancora in affanno. Le mani del più grande sfioravano dolcemente la sua schiena, compiendo movimenti circolari che disegnavano forme invisibili sulla pelle chiara.

Era la sensazione più piacevole del mondo, essere stretto tra le braccia allenate di Felipe, sdraiati nudi sotto le coperte del suo letto dopo aver fatto l'amore. Il diciannovenne respirò contro la spalla di Daniel e s'inumidì le labbra, lasciando subito dopo un bacio sulla sua mandibola. Era stato il suo rapporto sessuale migliore, sopratutto perché non si era trattato solamente di sesso fine a se stesso, c'era stato dell'altro, una passione nuova che gli aveva scaldato il cuore e gli aveva fatto contorcere le viscere.

"Perché non l'ho capito prima?", chiese, più a se stesso che al diciassettenne.

"Ognuno ha i suoi tempi, però devi ammettere che il sesso è fantastico", scherzò Daniel, sorridendo contro il petto dell'altro.

"Non intendo quello-cioè, è ovvio che tutto questo sia stato stupendo, davvero", disse e il diciassettenne alzò la testa, confuso. Appoggiò il mento sulla pelle calda di Felipe per guardarlo negli occhi. Lo sguardo del brasiliano cadde per un istante sulle sue labbra che aveva baciato fino a poco prima, poi tornò fisso contro gli occhi dell'altro. Perfetto, adesso sarebbe stato ancora più difficile esplicitare i suoi pensieri.

"Volevo dire che mi dispiace non aver capito prima di voler stare con te", ammise sorridendo imbarazzato. Daniel gli rivolse uno sguardo dolce. Gli occhi dell'amore, avrebbe detto sua nonna.

"Sai, all'inizio pensavo che tu fossi etero", disse.

Felipe continuò a massaggiargli la cute con i polpastrelli. "Infatti lo ero", gli fece eco, percependo l'altro irrigidirsi appena, "poi ti ho conosciuto", aggiunse ridendo. Daniel però non rise assieme a lui, anzi lo guardò impensierito.

"Ho detto qualcosa di sbagliato?", domandò.

Daniel scosse debolmente il capo, poco convinto.

Erano appena andati a letto assieme, perché diavolo si stava comportando così? Ripensò alle parole pronunciate poco prima, ripercorse ogni suo pensiero, poi comprese cosa preoccupasse il più giovane. Prese il suo viso tra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi.

"Non ho avuto ripensamenti, hai capito?", gli chiese, "abbiamo appena finito di fare l'amore ed è stato fantastico e sono felice di stare con te, anche se sei il primo ragazzo non m'importa, perché anche se può sembrare prematuro dirlo, spero che tu sia l'ultimo".

Daniel lo baciò, perché era proprio ciò che aveva bisogno di sentirsi dire.


Eric non passeggiava per le vie di Londra da quando...beh, da quando Michael l'aveva lasciato. Camminare era una delle attività che praticavano maggiormente assieme, mano nella mano. In quel momento, però, era completamente solo. Sentirsi solo in mezzo ad una folla di gente come quella era davvero una roba da pazzi, eppure Eric non riusciva a collocarsi in nessun contesto. Non era un turista affascinato dalla bellezza della città, non faceva parte di una coppietta innamorata né era il padre di famiglia che portava sulle spalle la figlia più piccola, non era nemmeno un ragazzo che distribuiva i volantini ai passanti, ricevendo più insulti che soddisfazioni. Cercava semplicemente qualcosa che attirasse la sua attenzione, che risvegliasse i suoi sensi intorpiditi dal freddo e dalla noia. Vagò errabondo per qualche altro metro, poi dovette imboccare una via secondaria, oppresso dalla vicinanza con tutte quelle persone. Si perse nell'intricatezza delle stradine asfaltate più o meno recentemente finché non provò una sensazione di curiosità nel leggere l'insegna fatiscente di un negozio. La Sinfonia-Articoli Musicali, recitava la scritta sbiadita. Entrò guidato dal suo istinto, e gli sembrò di essere in uno di quei film horror in cui il malcapitato della situazione si ritrova in un negozio stregato e viene ucciso in modi raccapriccianti da un maniaco. Il locale era piccolo e pieno di scaffali su cui erano stipati giradischi, mandolini e dischi in vinile. Un ragazzetto di più o meno diciotto anni sedeva svogliato sullo sgabello al di là della cassa, e quando lo vide entrare drizzò la schiena e lo osservò stupito. Probabilmente i clienti non erano poi così tanti, lì dentro. Lo salutò mettendosi a sua disposizione e seguendolo con lo sguardo.

Eric visitò tutto il negozio con calma, tanto non aveva nulla da perdere. Sfogliò qualche rivista che riguardava la manutenzione degli strumenti musicali, poi si fermò davanti ad una ciotola che conteneva una manciata di plettri rigidi. Inserì due dita all'interno, pescandone alcuni casualmente, finché uno non attirò la sua attenzione.

"Quelli costano tre sterline", lo informò il commesso in sottofondo. Eric si voltò, ancora con il piccolo oggetto stretto tra le dita, ed annuì.

Il plettro in questione era verde, con scritte color mirto. Try, Try, Try c'era scritto sopra. Prova, Prova, Prova. Quella frase lo colpì.

Pensò a Ryan quasi involontariamente, e decise che gliel'avrebbe regalato perché era all'inizio del suo percorso ed aveva bisogno di un incoraggiamento, doveva provare e riprovare se un accordo non gli riusciva, non doveva arrendersi davanti alle difficoltà che non riguardavano solo l'ambito musicale. Aveva capito che il diciassettenne stesse affrontando un periodo difficile, ma voleva fargli capire che arrendersi non fosse l'alternativa migliore. Acquistò il piccolo oggetto, poi uscì dal negozio e riprese a vagare per le strade affollate londinesi, sempre da solo in mezzo ad una miriade di persone.

Ciao a tutti!

*É Você-Tribalistas.

Eccomi tornata con un nuovo capitolo dopo quindici giorni di silenzio, scusate tanto ma ho avuto problemi/sono partita per una settimana e non potevo pubblicare...comunque, adesso sono qui con questo nuovissimo capitolo in cui succedono alcune cose interessanti, i Danipe ci intrattengono con la loro prima scena hot, per così dire, è la prima che scrivo quindi siate clementi ahahahahaha.

Non aggiungo altro, ci vediamo al prossimo capitolo e vi ringrazio tanto tanto tanto per le letture (1270 per ora!!!!!!) e per i voti.

Alla prossima,

Lavy.

Ryan :)

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