1.52 ● QUANDO TUTTO FU PERFETTO (PARTE 1) marzo, 10 2012
La mamma e Lucy erano faccia a faccia. Il pennello da trucco in mano alla zia si muoveva veloce contro il suo palmo, lei sorrideva. La mamma era di fianco al loro letto, il copriletto bianco come la neve faceva diventare ancora più nero il suo gilet e la gonna.
Si guardavano mute, mi ricordavano le scene dei film western con i pistoleri.
La mamma storse il naso e si irrigidì, Strinse i pugni a palpebre mezze chiuse e si fece un po' indietro. «Non avrai intenzione di truccarla, vero, Lucy?»
Lei mise in fuori le labbra e si grattò il naso. «Perché no?» Ebbi l'idea che stesse per dire altro, ma si bloccò a bocca aperta. Le sue sopracciglia si curvarono un po' all'ingiù e intrecciò le dita delle mani sul petto. «Scusa Juno, io non te l'ho nemmeno chiesto.» Disse, in un fiato.
Lucy aveva lo stesso sguardo di Joe, il cane dei vicini, quando voleva giocare; la mamma, con le narici allargate, stava per sparare fiamme dal naso proprio come la sera prima aveva lanciato gelo dalle labbra.
Non l'avrai vinta, con me.
«Per me va bene.»
La mamma alzò il mento e assottigliò le labbra, poi se ne andò borbottando e tirandosi dietro la porta con un tonfo che fece saltare me e Lucy. L'avevo sconfitta.
Mi guardai intorno. «Sai, è la prima volta che vengo nella vostra camera. È più piccola della mia.» Era arredata in uno stile simile alla sala, con mobili in legno scuro e molto decorati.
Lei fece un movimento con la mano per farmi avvicinare all'armadio. «Sì, quest'ala della casa è un po' più piccola. vieni, Juno.» Ebbi l'impressione di non averla mai vista così felice.
Mi aiutò a mettere il vestito e si assicurò che non facesse pieghe e mi infilò le scarpe.
«Non hai paura che rovino il pavimento?» Mi aggrappai alla sua spalla e l'osso mi premette sul palmo.
«Voglio che tu faccia la tua entrata in grande, piccola. Vieni.» Mi prese per mano e mi fece fare qualche passo, fino a un tavolo con un enorme specchio. Sopra, in ordine, c'erano spazzole e pettini in argento, forcine e varie scatolette in legno decorate.
Mi accomodò su uno sgabello imbottito, di spalle allo specchio in modo che non potessi vedere.
«Ecco, non esageriamo. Vedrai che meraviglia che sarai!»
I suoi occhi erano arrossati e lucidi, mentre la mano tremava appena e il respiro era veloce.
«Sembri più felice di me.» Mi attentai a farle notare.
Le sue sopracciglia si avvicinarono. «Sai, anche io avrei voluto festeggiare un sedicesimo compleanno così, ma...» Mosse per aria il pennello, «Michael non ci ha mai tenuto molto ai compleanni. Come tutti gli uomini.» La bocca si mosse in un mezzo sorriso che durò un attimo.
Il pennello continuò ad accarezzarmi le guance facendomi salire il solletico al naso. «Per questo sono contenta che tu sia qui. In più, Michael sta iniziando a diventare più responsabile. E con te sta tirando fuori un lato più dolce.»
Non dissi una parola, il discorso della zia mi suonava assurdo: secchione era responsabile eccome. Mi rompeva le scatole per i compiti, mi rompeva le scatole per lo studio, mi rompeva le scatole per come e cosa mangiavo. Era un eterno rompiscatole, rigido come il palo della bandiera della Casa Bianca.
Lucy iniziò a lavorare con i miei capelli. Sentivo che li tirava piano, ciocca per ciocca, a volte mi arrivava la puntura di una molletta, ma non protestai. Avevo l'impressione che fosse davvero felice di prendersi cura di me. Per un attimo mi ricordò dei momenti in cui lo faceva anche la nonna. Se non si arrabbiava, mi portava in camera e giocava a vestirmi e a pettinarmi.
Come ho potuto dimenticarlo?
Quando ebbe terminato mi fece alzare e mi osservò dall'alto verso il basso. Avevo i tacchi ma ero sempre più bassa di lei. E molto più impacciata.
sospirò e portò le mani sul cuore. Il sorriso sul suo volto era così bello che illuminò anche la sua pelle. C'era qualcosa di diverso in lei: la mamma non mi sopportava, invece, per lei ero preziosa.
Si voltò e corse all'armadio. «Aspetta, ho una cosa per te.» Aprì un'anta e spostò degli oggetti, poi si girò mostrando una collana.
«Ecco, Lena, metti questa!» Arrivò decisa e mi allacciò il gioiello al collo.
«Chi è Lena?» domandai.
La zia si paralizzò, con le mani sul mio collo. «Scusa?»
«Chi è Lena? Mi hai chiamato Lena.»
Lasciò andare la collana sul mio seno e fece qualche passo indietro. Batté la punta delle dita sulle labbra, gli occhi guardavano lontano. «Era una bambina che frequentava casa nostra a Jacksonville.» Spiegò con voce bassissima.
Osservai la collana di palline verde scuro e semitrasparenti e tutto mi fu chiaro.
La zia doveva essere molto affezionata a questa Lena.
«Quindi, non la vedi più?»
Lei annuì sospirando, poi alzò la testa, ma il sorriso non era più lo stesso. Era sforzato, debole. «Sì, è rimasta là.» Mi sistemò la collana e mi girò verso lo specchio.
L'immagine mi fece rimanere di sasso. Ero io, ma nello stesso tempo non lo ero. L'acconciatura era raccolta con qualche ciocca che cadeva. In viso invece, non ero io, o forse, la zia era riuscita a tirare fuori qualcosa di me che non sapevo nemmeno di avere.
«Accidenti. Grazie.» La sensazione che quel volto fosse il mio mi era d'impiccio. Mi sembrava di essere anni luce lontana da ciò che ero stata fino a quel momento e sentii un po' di nausea.
«Ti piace?»
Mossi la testa sorridendo a malapena.
Lei storse un po' la bocca. «Capisco. Anche lei non era una grande fan del trucco.»
Ebbi l'impressione che ci tenesse molto a quella ragazza. «Mi va bene. Non ti preoccupare.» Mi accompagnò per le scale guidandomi sui miei i passi insicuri, la tenda in velluto rosso della sala era chiusa e non vedevo il giardino.
«Va bene, ora chiudi gli occhi.» Comandò.
«Cosa? Ma poi cado.»
Sorrise. «Ti tengo io, forza.»
Mossi un passo dietro l'altro attraversando la sala e tenendole entrambe le mani, mi fece fermare in piedi, ci fu il rumore della tenda che si apriva e una brezza leggera e profumata di arancio mi passò sul viso, che non si era ancora abituato alla sensazione della polvere del trucco. Le sue dita mi presero i polsi e mi guidò fuori, finché sotto i miei piedi il terreno si fece soffice.
Secchione, poco distante, si lamentava con Nate. «Davvero, Nate? Azzurro, bianco e rosa?»
Cosa?
Il cuore mi fece una capriola e le gambe tremarono. Aprii gli occhi. Ogni oggetto era del colore di cui si lamentava Michael, palloncini, bicchieri, piatti e i cocktail.
Chip e Cole, in un angolo a destra, stavano finendo di sistemare una tovaglia arricciata, Nathan e Michael, a sinistra, erano di fronte a una tavola di venti metri, forse un po' meno.
«Sì.» rispose Nate, «E i dolcetti rosa sanno di fragola, quelli azzurri di frutti di bosco e quelli bianchi di vaniglia.» Unì la punta delle dita, le portò davanti alla bocca e se le baciò.
«Ma è tutto rosa. E azzurro. E bianco.» Piagnucolò secchione e si passò una mano tra i capelli.
Erano così occupati a discutere che non si erano accorti che ero lì.
David, che era poco distante, mi squadrò.
Una riga si formò tra le sue sopracciglia e mandò a Lucy uno sguardo severo, ma non si mosse dalla sua posizione. Indossava jeans e un maglione leggero color nocciola: era la prima volta che lo vedevo vestito a quel modo. Ero stupita da quanto assomigliasse a Michael e, con l'espressione molto seria, ancora di più. Dava l'idea di parlare con la moglie senza parole.
La zia, accanto a me, diventò rossa in faccia e chinò la testa.
Avevo l'impressione che stesse arrivando qualcosa di grosso e che dovevo farmi i fatti miei, mi allontanai e andai in giardino, traballante, sui tacchi.
Ammirai i fiocchi giganti appesi sulle pareti della casa, nastri lunghi di raso che attraversavano i bordi dei tavoli apparecchiati dove sopra c'erano vassoi strapieni di dolci e salatini. Il profumo che mandavano mi fece ricordare che non avevo fatto colazione e mi venne l'acquolina. Mi specchiai dentro grosse ciotole in vetro con dentro liquidi colorati.
Persino il sole e il cielo mi dicevano di festeggiare: non c'era una nuvola in giro.
Arrivai davanti a una foto gigante in cartone di EL, accanto a un piccolo palco che non c'era mai stato e che sembrava fatto apposta per suonare.
Quasi mi girava la testa a forza di guardarmi intorno: più fissavo le decorazioni più ne trovavo di nuove.
Ero come quei palloncini che galleggiavano per aria: mi sentivo così leggera che avrei potuto volare dalla felicità.
«È una festa a tema 'Y●EL●L', cosa credevi che facessi?» continuò Nate, che non si era accorto che mi ero avvicinata.
«Grazie! È tutto bellissimo!» esclamai.
I ragazzi si voltarono tutti insieme e subito si irrigidirono come statue. Chip e Cole avevano la bocca così aperta che avrei potuto metterci dentro il mestolo per le bibite, Nathan era impallidito con un 'porca puttana', mentre secchione, con gli occhi fuori dalle orbite, si girò verso sua madre, ancora più furioso di David. Mi superò e andò a grandi passi verso di lei e a me mancò il fiato.
«Pensavo almeno di essere carina.» sbuffai, «Ma che gli prende a tutti?»
Nate si abbassò su di me, non smetteva di indagare il mio viso, ma la faccia non era serena come al solito. «Certo che lo sei, scricciolo!»
«Nessuno di voi è convinto.» Abbassai la testa e spostai dei ciuffi d'erba con la punta della scarpa verde.
Cole e Chip mi giravano intorno mormorando una fila di "oh mio Dio" senza senso, toccandosi le guance come la sera prima.
Michael aveva trascinato Lucy in casa e lo zio li aveva raggiunti e chiuso la finestra. Gesticolavano al di là del vetro e lei aveva ripreso a piangere. David si era messo tra loro due e gridava contro il figlio, che era quasi viola in viso e a forza di passarsi le mani nei capelli sembrava un pazzo.
«Cosa succede?»
Nate mi avvolse le guance con i suoi palmi grandi e caldi e attirò la mia attenzione. «Tu come ti senti?» Mi sorrise.
Stirai le labbra e mi venne fuori un mugolio di disagio. «Sai, credo che Lucy abbia esagerato, col trucco.»
«Capisco.» Mi fece l'occhiolino.
Storsi il naso. «Non volevo dirlo alla zia. Mi sento un'altra persona.»
Dai jeans tirò fuori un fazzoletto e iniziò a passarmelo sul viso con movimenti delicati. Aveva lo stesso profumo di lievito. Durante tutto il tempo fissai la maglietta che diceva 'sei nel posto sbagliato con la persona sbagliata'.
«Ecco, ne togliamo solo un po', così non dai l'idea di avere vent'anni.» Rise. «Mia sorella più piccola, che andava a scuola con Michael, per gioco si truccava sempre. E a me toccava pulirla.»
«Chi è Lena?»
Nate mise le labbra in fuori e le sue sopracciglia si abbassarono. «Chi?»
«Lucy mi ha chiamata Lena, per sbaglio, tu sai chi è?»
Il tessuto del fazzoletto continuava a passare sui miei occhi e sulle guance, liberandomi la pelle.
«Non credo.» Gli occhi di Nate erano concentrati sul mio collo. «Doveva essere una parente che non ho conosciuto.»
Cole si avvicinò con un portatile. «Ho pensato che sarebbe bello far vedere la festa alle tue amiche di Seattle, con questo puoi attivare Skype e chiamarle.»
Mi salì una lacrima. Quel ragazzo aveva avuto un'idea davvero speciale. Rita mi mancava, e in quel momento in particolare. Sarebbe stato bello avere lì anche lei che non aveva mai partecipato a un mio compleanno.
Lo zio ci raggiunse. Dietro di lui c'era secchione con i capelli disfatti, mentre gli occhi della zia erano rossi e cerchiati. Mi guardò con una punta di tristezza e sospirò.
David mi sorrise «Noi andiamo a fare un giro con tua madre. La portiamo a Epcot, così voi potrete stare tutto il giorno a fare festa.»
Mia madre sbucò dalla schiena di suo fratello con la sua solita faccia da "oggi è il giorno più brutto della mia vita". Lui la prese sottobraccio. «Vieni, Sharon.»
Quindi loro vanno via e ci sono solo Michael, i suoi amici e gli invitati.
Intrecciai le dita. «Io non so cosa si fa a una festa.» Buttai lì, sperando in una risposta.
«Oh, non è difficile», il primo a rispondere fu Nate. «Si balla, si socializza, siccome siete minorenni non si beve, però lì dietro c'è sempre l'aranceto in cui si può~»
Venne interrotto da un coro di "Nate" e di spintoni dei suoi amici che gli impedirono di finire la frase.
Dave si lasciò scappare una risata di naso e si rivolse a lui. «Vedo che siamo in buone mani.» Passarono dietro la casa, verso la rimessa e sparirono dietro l'angolo.
Note Autore
Buongiorno carissimi! Ci aspetta una bella festa, e magari ci scappa anche il lento e il bacio, chissà?
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro