1.10 ● QUANDO DIVENTÒ ANTIPATICO (FORSE)
Chiusi la porta in faccia a quel prepotente e tornai sul letto, con Rita che al telefono stava aspettando me.
«Ha una bella voce, il tizio che ti ospita!» sembrava prendermi in giro.
Volevo dirle che mi aveva trattato male tutto il giorno, ma i suoi occhi blu senza occhiali del mattino mi bambolavano ogni volta che ce l'avevo davanti e feci scena muta.
Senza occhiali, gli occhi blu, e i muscoli...
Il brivido caldo del mattino sembrava ripetersi ogni volta che me lo immaginavo con l'accappatoio addosso.
Scossi la testa «È vecchio. Ha di sicuro più di venti anni.»
«Come EL!» mi fece notare Rita.
«EL è giovane dentro! Questo qui porta gli occhiali, legge libri e suona il pianoforte!» spiegai.
Lei rise «Che noia! Dimmi della casa. Hai detto che hanno una piscina?»
«Sono ricchissimi, Rita! Questa è una casa grandissima. E mi hanno preso questo iPhone. E anche il computer e l'iPad e la mamma del secchione ci ha già messo dentro tutte le canzoni degli 'Y●EL●L'».
«Wow, vorrei avere anche io amici così!».
Sbuffai «Però voglio sapere chi sono e perché fanno questo per noi. Se solo tutto è più semplice!»
«Magari capitasse a me una fortuna così. Approfittane e basta, che se a tua madre viene in mente di tornare qui poi...» si fermò.
«Poi?»
Ci fu qualche attimo di silenzio «Poi ti tocca restituire tutto e tenerti la zuppa di cavolo e il telefono vecchio.»
«Sì, forse hai ragione» Ma i dubbi mi raschiavano dentro come topi. «Buonanotte Rita. Ci sentiamo domani?»
«Certamente! Col telefono nuovo, quando vuoi!»
Appoggiai l'iPhone accanto alla scatola ancora chiusa del computer, mi spogliai e mi feci la doccia.
Uscii e lasciai la luce spenta, godendomi la penombra dei lampioni della piscina. La camicia bianca splendeva sul letto.
Non ho mai indossato la camicia di un altro uomo, solo quelle di papà.
La infilai, il tessuto fresco mi passò sul braccio e mi sentii un po' strana. Più piccola. Il secchione era un bel po' più alto di papà.
E ha un sacco di muscoli in più, senza pancia.
Mi affacciai alla finestra, sul bordo della piscina, seduti sullo stesso lettino c'erano mia madre e suo padre abbracciati.
Il cuore mi si fermò e un grido quasi mi arrivò in gola.
La mamma ha un altro uomo!
Mi nascosi dietro al muro con la paura di essere vista. Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Non poteva rovinare tutto per una bella villa e un uomo affascinante!
Dovevo convincerla a tornare con papà.
Andai a letto, ma non ci dormii tutta la notte.
Decisi che avrei fatto la cura del silenzio a mia madre finché non avesse ceduto.
Il mattino dopo non parlai a colazione, ma in macchina secchione voleva a tutti i costi farmi dire qualcosa. «Sei più seria di un professore universitario oggi, non è da te. Che succede?»
Per ignorarlo girai la testa verso il finestrino.
«Mi devo ritenere fortunato e pensare che non proferirai più parola per il resto dei tuoi giorni, o prima o poi sentirò di nuovo castronerie uscire dalla tua bocca?» sembrava non accettare che io non gli parlavo.
Strinsi i pugni sulle maniche del maglione. Avrei voluto rispondergli e addirittura picchiarlo. Ma non sarei stata al suo gioco, anche se non sapevo il senso di 'proferirai' e 'castronerie'.
Lui continuò «Andava bene la camicia? Ne vuoi un'altra? A proposito, mia madre mi ha chiesto di domandarti se hai bisogno di prodotti particolari per i capelli. Io le ho risposto che secondo me hai solo bisogno di un rasoio per capelli, ma lei non mi dà retta.»
Un rasoio per capelli. Come faceva la nonna.
Per poco non scoppiai di rabbia, ma il pensiero di suo padre che stava con mia madre mi fece diventare triste per lui. Forse in pochi giorni quel David avrebbe cacciato di casa la moglie e il figlio geniale.
La macchina si fermò davanti alla scuola, scesi senza una parola e lui ripartì.
Se il primo giorno era stato terribile, il secondo fu persino peggio: per storia, ci annunciarono un test per il venerdì, su circa duecento pagine di testo da studiare.
«Non è certo il massimo del benvenuto» disse Juliet all'uscita, quando la incontrai.
«Certo che no. Io in storia sono un totale disastro. E non ho nemmeno il libro dove studiare» seguii con lo sguardo la moltitudine di ragazzi e ragazze che ci passava davanti uscendo.
Sean si fermò vedendoci parlare. «Ciao Juno! Tutto bene? Hai una faccia!».
«Tra tre giorni c'è il test di storia e Juno non ha nulla su cui studiare.»
Lui mise una mano nel suo zaino e tirò fuori un libro enorme. «Ti presto io il testo» mi sbatté il mattone tra le braccia, che misi nello zaino.
Juliet mi allungò un quaderno ad anelli. «Quello non ti basterà, qui c'è la parte che non trovi nel libro.»
Lo afferrai, sfogliai le pagine scritte nella sua bella scrittura. Io non ero mai stata così ordinata.
«Quindi, c'è da fare tutto questo? Per venerdì?»
Non sopravviverò.
Juliet annuì. «Sei stata sfortunata, lo ammetto. Noi ci stiamo dietro da un mese, tu sei arrivata e bang!» Tirò un pugno sopra il palmo della mano aperto.
«Già, vorrei spararmi» o forse, sarebbe bastato sbattere la testa contro quel libro.
Janine arrivò in quel momento e spinse la sorella. «Ehi, guarda chi ti sta aspettando fuori!» Puntò il dito oltre le mie spalle e gli occhi di Juliet brillarono.
Mi voltai e sbuffai avviandomi verso il secchione che mi stava aspettando sulla porta a braccia incrociate al petto come una guardia del corpo.
«Ce ne hai messo di tempo. Sali, che sono in ritardo» mi fece segno di salire.
Lo guardai da sotto, a testa bassa.
In ritardo? E per cosa? Devi avere un incontro con te stesso allo specchio?
Non gli risposi: avrebbe subito il silenzio di Juno Bennett.
Notai che la strada del ritorno non era quella che aveva fatto il giorno prima, né al mattino. Mi venne in mente la nonna che mi aveva parlato di uomini che rapiscono le ragazze.
In brivido di freddo mi partì dalle spalle e sulle braccia e il cuore batté forte «Dove stiamo andando?» mi decisi a chiedere.
Sbuffò prima di rispondere «Mia madre voleva comprarti dei vestiti. Io le ho detto che non è il caso di prendere cose che poi non ti piacciono. Quindi ti accompagno a prendere da vestire.»
Lo guardai con la coda dell'occhio. Mi piacevano i miei maglioni col disegno degli 'Y●EL●L' e anche vestirmi come lui; ma forse era il caso di prendere anche altro.
Dopo il computer, anche i vestiti. «Se lo fai dopo la mamma si arrabbia di nuovo con me. E poi non ho soldi.»
«I soldi sono l'ultimo problema» rispose tranquillo.
Ovvio che sono l'ultimo problema, con una villa con piscina!
«Mi hai già comprato il telefono. Non voglio vivere alle spalle di gente che ho appena conosciuto.»
Lui mi indicò col pollice. «Non vorrai sempre e solo indossare quei maglioni e quei jeans, spero. Non sopporterei di vederti con quella roba tutto il giorno.»
Incrociai le braccia come potevo, non c'era molto posto per muovere lo zaino e le braccia, nella scatoletta. «Senti, lasciami stare, ho capito che hai qualcosa contro EL!»
Non ci fu risposta.
«Allora vedo di vestirmi più spesso così» terminai.
Si fermò davanti a un negozio enorme di H&M, scese senza parlarmi e lo seguii.
Non avevo avuto molte occasioni di andare a fare compere a Seattle. Le poche volte era la nonna che mi comprava gonne sotto il ginocchio e maglioncini che pizzicavano la pelle. Quello che avevo addosso ero riuscito a comprarlo rivendendo qualche vestito tramite Rita e Beth a un mercatino e facendo scambio di abbigliamento.
Guardai le vetrine e poi lui, che andava avanti e indietro per l'entrata. «Hai detto che sei in ritardo? Cos'è, hai un appuntamento?»
Mi tenne la porta aperta «Sì, per questo ti chiedo di darti una mossa. Se vuoi puoi prendere solo maglioni bianchi e jeans da arrotolare sulle ginocchia, non mi interessa.»
«Non ti preoccupare», mi precipitai in una corsia, afferrai qualche pantalone e maglione colorato. «Faccio presto eccome, per venerdì ho un test e ho più di cento pagine di storia da studiare.»
Rise alle mie spalle. «Questo suona tanto come una F assicurata.»
Feci finta di niente e andai nel camerino. Tirai la tenda e tolsi il maglione.
Di là, il secchione iniziò a parlare. Spiai da un angolo, era al telefono e stava ancora camminando lungo la stanza enorme. Da come parlava, non sembrava fosse sua madre.
Al ritorno, i sedili di dietro della scatoletta erano pieni di buste. Mi sentivo come Cenerentola con la madrina. Avevo sognato spesso di avere vestiti belli e avevo immaginato tante volte di sentirmi come in quel momento. Mi girai verso il secchione. «Dici che vanno bene?».
Ma cosa cavolo vado a chiedere? A lui non interessa di sicuro.
Scosse la testa prima di rispondere. «Se ti piace, va bene. Non sta a me giudicare quello che ti metti» rispose distratto.
«Interesse zero. Capisco» Mormorai. Non me lo spiegai, ma tornai triste in un colpo.
Sospirò passandosi una mano tra i capelli. «Perché vuoi la mia opinione?»
In effetti gli avevo fatto una domanda... stupida. Forse ha ragione a pensare che sono stupida, finchè mi comporto così.
Abbassai gli occhi, le mie dita si stavano grattando tra di loro. «La nonna mi diceva sempre cosa pensava.»
«E che ti diceva?».
Mandai giù la saliva. Le poche volte che avevo provato a prendere qualcosa di diverso, la nonna non era stata d'accordo. «Che era brutto.»
«E ti piaceva? Voglio dire, quando tua nonna ti diceva che era brutto»
Scossi la testa. Era la prima volta che parlavo con uno sconosciuto di quello che mi faceva la nonna.
Lui annuì. «Esatto. Per questo evito di giudicare i gusti di una persona. Se uno si sente felice di come si veste, chi sono io per giudicare?»
Alzai la testa «E allora perché mi giudichi quando mi vesto come EL?»
«Perché quello è copiare un abbigliamento, non è essere se stessi» sbuffò dal naso.
«Beh, io adoro EL, questo è essere me stessa e voglio che tutti lo sanno» nemmeno lui doveva fare come la nonna!
«Lo sappiano. E non ti preoccupare, hai praticamente un cartello addosso che urla 'adoro EL'!» Sventolò la mano. Era già due volte da quando ci eravamo rivisti che me lo diceva. Mi dava sui nervi. «Meglio. È quello che voglio.»
«Meglio» Mi imitò.
Note autore
Quindi, abbiamo scoperto qualcosa di più su David e Sharon! Se la fanno sotto il naso di tutti, o c'è altro? E cos'è quell'altro? Lui, chi è? Perché l'hai portato con te? Ah, no, quella era un'altra canzone.
Comunque, informazioni di servizio: domenica pubblico un altro capitolo poi mi prendo una settimana sabbatica
Il 16 sarò al FRI con... UN BEL NIENTE PERCHÈ NON HO LIBRI PUBBLICATI (voglio un editor che mi supporti 😭)
Ultima cosa importantissima: ho scoperto lo smalto gel one-step ed è una figata!
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