SOGNANDO IL MONDO ESTERNO(LIBERO)
-Bene! Con questo abbiamo finito. A domani, Numero 30.- Sento questa voce arrivare alle mie orecchie. A parlarmi, è uno dei dottori che, fino a poco fa, ha “lavorato” con il mio corpo. Mi levano dagli occhi la benda che me li copriva, vengo liberato dalle catene che mi legavano polsi e gambe, e mi alzo, dolorante, ritrovandomi su quel letto di pietra dove sono stato costretto a stendermi. Non ricordo quanto tempo sia passato. Un’ora? 5 minuti? Quando ti torturano e ti iniettano, senza fermarsi un attimo, sostanze che potrebbero ucciderti, il tempo è relativo. Speri che tutto finisca il prima possibile, ma, in realtà, si continua ancora. Non sai se il tuo corpo reggerà o meno. È una scommessa con te stesso. Il cuore potrebbe fermarsi da un momento all’altro. Eppure, non so come, ma anche oggi sono sopravvissuto. –Complimenti numero 30. Non abbiamo ancora capito come mai, ma Il tuo organismo ha qualcosa di particolare: riesce a resistere a tutto quello che ti iniettiamo. Sarai preziosissimo per noi. Grazie a te, costruiremo l’essere umano perfetto.- Dice tutto eccitato. Poi cambia tono di voce, chiama due guardie in armatura e mi fa sbattere di nuovo in quella cella dove vivo da quando sono qui, la cui cifra non indica altro che il mio nome. Numero 30...Non ricordo nulla del mio passato, né, tantomeno, quando sono arrivato qui. Forse, a causa di tutto questo, sto diventando pazzo. Si. Quasi sicuramente sono pazzo. Ogni giorno, mi costringono a sottopormi ad esperimenti per creare “L’essere Umano Perfetto”, L’Essere Umano che avrà capacità rigenerative e potrà vivere in eterno. Qualcuno, però, deve sacrificarsi per raggiungere questo scopo. Questo compito è toccato a noi, uomini senza nome ridotti a semplici numeri. Sono molti quelli deceduti da quando sono qui, ma, appena ne muore uno, questo viene subito rimpiazzato con un altro. Ma stasera, qualcosa cambierà. Stasera, io fuggirò da qui dentro e, finalmente, vedrò il mondo esterno. È da un po’ che pianifico questa fuga, ma meglio mettersi all’opera. Questa, potrebbe essere la mia ultima notte. “Ma cosa dici? Vuoi per caso farti uccidere?” “Fallo! Potrai vedere finalmente il mondo che c’è la fuori. Non è forse quello che desideri da quando sei qui?”. –TACETE, MALEDETTE! FATEMI RIFLETTERE!- grido senza rivolgermi a nessuno in particolare, stringendomi la testa tra le mani. La guardia in armatura davanti alla mia cella si gira verso di me con il fucile spianato, ma appena si accorge che tutto è normale, ritorna alla sua posizione iniziale. Si, sono pazzo. Ormai non c’è dubbio. Quelle erano voci. Non ha parlato nessuno. Sta tutto nella mia testa. Devo fuggire di qui. Devo…Vedere…Il…Mondo…Esterno! Improvvisamente, in preda ad uno stato di ipnosi, senza rendermi conto di quello che sto facendo, il mio corpo si muove. Va verso le sbarre. Verso la guardia. Che, di colpo, crolla al suolo, sgozzata, senza riuscire nemmeno a gridare. Nelle mie mani, rosse e impregnate del suo sangue, è spuntato un coltello. COSA HO APPENA FATTO? Prendo di nuovo il controllo del mio corpo, ritornando cosciente. “Fatemi uscire di qui! Ho appena ucciso un uomo!” grido alla mia mente, crollando sulle ginocchia. “Scappa, idiota! Altrimenti, ci scopriranno!” mi sussurra un'altra voce nella testa. Ha ragione. Non era questo il mio piano, ma, ormai, il danno è fatto. Mi accorgo che la guardia ha un mazzo di chiavi attaccato ai pantaloni dell’armatura. Cerco freneticamente la chiave col “30”, la infilo nel buco della serratura e, in un attimo, sono fuori. Sono libero. Ma non ancora completamente. Rischio di essere scoperto. Cosa devo fare? Guardando il corpo esanime del cadavere, di colpo, mi viene un’idea. Spoglio la guardia della sua armatura e la chiudo nella mia cella. Indosso quell’ammasso di metallo e mi allontano a passo svelto da quella prigione. È ora di uscire di qui. La regola vuole che, ognuno di noi debba essere isolato dagli altri “esperimenti”, perciò, qui, c’ero solamente io. Cammino per i corridoi, svoltando a destra e sinistra, senza un ordine preciso e incrocio, di tanto in tanto, guardie in armatura o celle. Dannazione! Così non uscirò mai da qui. Decido, allora, di chiedere indicazioni. Dopo averne fermato uno, quello, con tono indagatore, mi chiede -Perché vorresti saperlo?- . Cazzo, ora cosa mi invento? -Ecco…- dico senza che nessuna idea convincente mi venga in mente. Sono con le spalle al muro. C’è solo una soluzione. Mi guardo in giro per vedere che non ci sia nessuno nei paraggi e, puntando la mia arma al suo petto, faccio fuoco. Quello, cercando, invano di respirare, cade a terra supino, mentre una pozzanghera di sangue inizia ad allargarsi sotto il suo corpo. “Non è stata una buona idea” dico a me stesso. Continuo a muovermi, cercando di destare meno sospetti possibili, finché trovo un tunnel che è circondato da una luce abbagliante. Eccola, Finalmente. Ho trovato l’uscita. Corro con tutte le mie forze, finché mi trovo all’aperto su una rupe da cui si vede tutta la città in cui non sapevo nemmeno di vivere. È un panorama fantastico. Ce l’ho fatta, non posso crederci. Butto a terra il fucile e respiro a pieni polmoni. Non sento più il solito puzzo di piscio che pervadeva la mia cella, ma aria. Aria fresca. È un paradiso. D’ora in poi, non sarò più Numero Trenta. Da oggi, la mia vita cambia. Cerco di fare un passo in avanti, ma il mio corpo non si muove. “Cosa succede, ora?”. Mi guardo l’addome e noto che nell’armatura c’è una crepa. Una crepa da cui esce del sangue. Il mio sangue! Riesco appena a girarmi per vedere da dove sia arrivato il proiettile che mi ha colpito. Due guardie in armatura, di cui uno in posizione di tiro, hanno infranto il mio sogno di libertà. “Stupido, sei stato troppo impulsivo. Hai lasciato in giro troppe prove”. mi dice una voce con tono di sentenza. Si. Forse ha ragione. Sorrido, dando un ultimo sguardo alla città. Poi, cado al suolo con un tonfo, mentre i miei occhi, piano piano, mi mostrano il buio.
Libero.
Finalmente….LIBERO
E con questo, abbiamo davvero finito. Grazie mille a tutti quanti e...alla prossima avventura :)
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