57.Passi avanti
SPAZIO AUTRICE #1
Gentili lettori, grazie di essere arrivati qui con me!! Volevo avvertirvi che questo è uno snodo importante della storia, e per questo è... diciamo un po' dinamico. Capirete leggendo, visto che non voglio spoilerarvi niente, e, se sarà difficile seguire lo svolgimento della storia voglio scusarmi in anticipo... :( nel frattempo, buona lettura!!
Lucius se ne stava appollaiato sulla poltrona davanti al fuoco. Tormentava il bracciolo, mentre i suoi pensieri tormentavano lui. Suo figlio l'aveva tradito. Aveva tradito i Malfoy, e li aveva condannati. Sarebbe dovuto essere il riscatto per la famiglia, e invece era stato la sua rovina. Solo l'unione con i Greengrass e il loro supporto avrebbe potuto risollevarli, e riportare un po' dell'antico riguardo che caratterizzava la casata dei Malfoy. Era riuscito a mandare tutto a monte, e per di più nel momento peggiore... Il piano dell'Oscuro Signore doveva essere portato a compimento, e questo peso gravava su coloro che erano rimasti. Pochi Mangiamorte non erano stati uccisi o rinchiusi ad Azkhaban. I Greengrass erano i paladini dei superstiti, e promettevano la realizzazione di un regno oscuro, ma la verità era ché nessuno di loro si aspettava quello che poi era successo, e la situazione era sfuggita loro di mano. Ostentavano potenza, ma erano soltanto dei reietti. Come i Malfoy... ricordò amaramente Lucius. Non gli interessavano i piani di un folle mago, ormai ridotto in cenere, né tantomeno avrebbe rischiato di finire in rovina a causa sua. Ma non avrebbe mai permesso che il nome dei Malfoy fosse infangato dal suo stesso figlio. Rinnegare la propria discendenza era rinnegare il sangue puro che scorreva nelle sue vene. Non era stato il primo tentativo del ragazzo di liberarsi dal giogo della famiglia, ma sarebbe dovuto essere l'ultimo. Molti traditori macchiavano il buon nome dei Black, ormai estinti, dei Prince e dei Carrow. Non avrebbe permesso che lo stesso accadesse a lui. "Lucius, il nostro ospite se n'è già andato?" la voce di Narcissa lo riscosse da quel turbine di pensieri, e lo riportò ai suoi affari. "Era questione di dettagli... Hastings si occuperà di tutto" rispose. La donna camminò leggera fino al fuoco, che ne risaltava il profilo snello. Sembrava provata. Dopo molti anni di matrimonio Lucius ancora faticava a capire come Cissi potesse riuscire a ottenere sempre ciò che voleva, per questo, aveva imparato a misurare le risposte a ogni sua domanda. A volte lo spaventava l'amore che quella donna provava per suo figlio. E il tacito accordo che avevano stipulato, aiutandosi a vicenda a sopravvivere e, sì, qualche volta amandosi, svaniva di fronte al legame col figlio. "Hanno mandato istruzioni?" chiese ancora lei. "Sì, ma stavolta ho fatto in modo che prima che a loro, i documenti passino a me. È sempre prudente conoscere il più completamente possibile il quadro" le disse, stavolta. "Temo che non basterà, Lucius... Sono più scaltri di così, non lasceranno che tu riesca a fare a meno di loro" gli disse la strega, voltandosi finalmente verso di lui. "Dobbiamo fare più di questo" l'uomo a quelle parole sospirò, e le rispose "È a Draco che spetta questo compito". Per un attimo rimase in silenzio colpita dall'indifferenza di quella risposta "Non sacrificare la felicità di tuo figlio, solo perché tuo padre lo ha fatto con te..." gli venne incontro, con il volto contratto dalla preoccupazione, e le poggiò una mano delicata sul polso, accucciandosi davandi alla poltrona, per guardarlo negli occhi spenti. Gli stessi freddi occhi di Draco, che lei aveva nutrito di speranza e amore, e splendevano invece vivi sul volto del figlio. "Lucius... Ti prego, trova un altro modo... Sai anche tu che è un'alleanza rischiosa" "E tu sai, Narcissa, che saremmo coinvolti in ogni caso" la guardò irato, alzandosi dalla poltrona. "Sarebbe inutile tirarci indietro. È questione di tempo, saremo accusati per primi, se verranno a capo di questa storia" le spiegò l'uomo. Lei, di nuovo dritta, gli si avvicinò, aggrappandosi un'altra volta alle sue mani. Da così vicino riusciva a vedere la luce delle fiamme danzare nei suoi occhi scuri e profondi. E disperati. "Non sarà come l'ultima volta. Non ce la faremo, e sarà peggio..." lo incalzò. "Lo so bene... È la nostra unica occasione" le disse Lucius, mentre le loro mani si stringevano più forte.
Astoria non ne poteva più di aspettare. Era seduta al tavolo in Sala Comune da un po'. Non c'era nessuno apparte lei, visto quanto fosse presto. Si era voluta alzare di buon'ora, visto che aveva intenzione di escogitare qualcosa. Aveva una penna in mano, ma il foglio che avrebbe dovuto riempire di idee era beffardamente bianco. Draco era fin troppo cauto in quella storia, ma non capiva quanto poco tempo avessero. Doveva fare qualcosa di concreto, o prima che se ne rendesse conto sarebbero stati sposati. Sapeva per certo che la sua famiglia era più che coinvolta nei disordini che stavano facendo a pezzi quella già precaria pace del mondo magico, e questo era un punto di forza che suo padre aveva a favore. Erano diventati potenti, in quella guerra, e l'ambizione di Rodolphus Greengrass sembrava volere la famiglia all'apice del potere. I Malfoy erano caduti, ma restavano una delle dinastie di maghi più pure e nobili: erano solo un tassello del piano di suo padre. Proprio come lei. Uno strumento nella sua scalata sociale, necessaria soltanto per portare alla famiglia la dignità dei purosangue. Daphne era stata fortunata, a differenza sua: la sua scelta era stata approvata dalla famiglia, e lei e Blaise erano riusciti a combinare un'unione coronata dal reciproco amore. E a lei avevano fatto questo. Come poteva sorprendersi che suo padre facesse del male a tante persone, se non pensava due volte a condannare sua figlia a una vita di infelicità? Aveva fatto sì che si scatenasse l'Ombra e non ne aveva neanche il controllo, ma non sapeva che da tempo aveva perso il controllo anche au di lei. Doveva parlare con Daphne. Il prima possibile. Lei era l'unica alleata nella sua lotta alla libertà, lei era sua sorella. Aveva bisogni di informazioni, di ogni genere, voleva che quella cosa fosse annientata, e con essa il nome dei Greengrass. Voleva essere libera.
Hermione attraversava i corridoi come una furia, salì le scale, raggiungendo la torre di Grifondoro. Il ritratto si aprì alla parola d'ordine, e lei si fiondò dentro la Sala Comune incespicando. Gli studenti che la stavano lasciando le sfilavano accanto. Quando arrivò alle scale del dormitorio maschile iniziò a chiamare "Harry!", ma non riusciva ad aspettare... Prese a salire le scale di pietra e raggiunta la stanza dei ragazzi entrò senza bussare. La luce chiara che entrava dalle finestre illuminava i letti vuoti e sfatti. Non c'era nessuno in camera. Frustrata e delusa, tornò veloce sui suoi passi, richiudendo con uno scatto la porta. Ancora più di fretta si precipitò per le scale, saltandole a due a due. Quando arrivò in Sala Comune per poco non andò a sbattere contro una ragazza "Scusami..." disse, voltandosi verso di lei, ma quando la vide si bloccò. "C-ciao Lavanda". Passò una mano sul viso accaldato per la foga della corsa, e nonostante notò il velo di tristezza nel suo sguardo disse "Hem... Senti, io volevo..." "No, Hermione, lascia stare... per favore... È colpa mia, ho... ho esagerato" le offrì un sorriso dispiaciuto "Non avrei dovuto dirti quelle cose..." le prese le mani e le strinse "I-io... non le pensavo davvero.." Hermione stupita le strinse a sua volta, e dopo un istante la abbracciò. "Non preoccuparti per me..." aveva trovato il lei un'amica e una confidente, e, dopo quello che avevano passato tutti loro, non sarebbe stata una sciocchezza a farle cambiare idea. Quando si lasciarono vide il suo viso disteso in un'espressione di sollievo "Grazie" le sussurrò Lavanda.
Draco era sdraiato sul divano in Sala Comune da un po'. Aveva tentato di studiare, ma senza riuscirci. Continuava ad avere una strana sensazione. Gli correva sulla pelle come un formicolio fastidioso, ma non riusciva a spiegarselo. E per di più quella Grifondoro sembrava non voler lasciare i suoi pensieri. Stava seriamente prendendo in considerazione di essere stato affatturato da una specie di incantesimo del Tormento... Lo aveva lasciato lì, e non la biasimava per questo, per rincorrere quel Weasley. Dopotutto, si disse, non erano affari suoi se lei voleva correre dietro a quel povero sfigato. Aveva notato lo strano comportamento del rosso verso la Granger, ma non ci aveva mai capito molto. Era chiaro che con Potter c'era solo una forte amicizia, ma Weasley... Per Salazar se lo odiava! Un allocco come pochi... A quel punto sentì lo stomaco ribollire solo al pensiero che lui l'avesse... toccata, baciata, perfino avuta. Un piccolo tarlo che si era insinuato nella sua mente, gli sussurrò la parola che non avrebbe mai voluto sentire: Geloso. Cercò di riscuotersi da quel turbinio vizioso, ma il ricordo del bacio sul ponte gli fece crescere invece il desiderio di pensarla. Voleva vederla, voleva toccarla di nuovo... "Draco! Ti stavo cercando" la voce di Theo fu come una secchiata d'acqua gelida. Si riscosse dai suoi pensieri, ancora confuso "Dimmi". Il ragazzo era in piedi davanti a lui, e nel frattempo rovistava nella sua borsa. Quando finalmente ne estrasse una busta spiegazzata gliela porse. "Astoria vuole vederci più tardi alla Testa di porco, ma ha detto che prima devi leggere questi" gli spiegò. "Che cosa sono?" gli chiese "Bhe... Non so come li abbia avuti, vengono dal Ministero... sembrava preoccupata, e non ha tutti i torti, da quanto ho visto" Draco annuì turbato "Quando?" gli domandò "Il prima possibile". Poi Nott si aggiustò la tracolla e lo salutò con un cenno, scappando verso il dormitorio. Aprì la busta, estraendo quelli che erano senza dubbio documenti riservati del Ministero. Il timbro in rosso risaltava sul colore giallastro della pergamena, avvertendolo che si trattava di informazioni Confidenziali. Li ripiegò, nascondendoli a occhi indiscreti, e rialzò dal comodo sofà verde. Aveva bisogno di un posto tranquillo per pensare. E sapeva dove l'avrebbe trovato.
Dove diavolo sono?! Hermione era sull'orlo di una crisi isterica. Non sapeva neanche lei da quanto tempo ormai stesse cercando Ron e Harry, non aveva incontrato neanche Ginny. Non erano nella torre o in Sala Grande o in biblioteca. Non erano da nessuna parte. Aveva chiesto a tutti, perfino a Neville, ma niente. Un gruppo di Tassorosso in divisa le sfilò davanti nell'ingresso. Il campo! Si rimproverò per la sua stupidità, e poco prima di entrare nella Sala Grande tornò sui suoi passi, uscendo nel freddo cortile. Sentiva uno strano nodo al petto, come una morsa che la opprimeva. Dal momento in cui la consapevolezza del pericolo si era fatta strada in lei, sembrava non volerla più lasciare. Cercava di non darlo a vedere, ma ogni cellula del suo corpo era terrorizzata dall'enormità di quella minaccia. Un Obscurus poteva attaccare in ogni momento, e nessuno avrebbe potuto fare niente. Come, anzi chi, era stato tanto folle da scatenare un'aberrazione del genere? Certo erano ancora molti i seguaci di Voldemort che avrebbero fatto qualsiasi cosa per reinstaurare un regno del terrore, e la sola idea non faceva altro che aumentare la sua ansia. Aveva bisogno dei suoi amici in quel momento, e, volenti o nolenti, l'avrebbero ascoltata. Nel mentre di quei pensieri era giunta nei pressi degli spogliatoi, già da lontano aveva visto le scope sfrecciare in rosse macchie indistinte, e aveva deciso di aspettare che l'allenamento terminasse. Non aveva voglia di salire sugli spalti, perciò spazzò un quadrato d'erba dalla neve e si sedette. Aveva già corso a destra e a manca per tutto il giorno, qualche minuto in più di attesa non l'avrebbe uccisa, e a quel che vide non ne avevano ancora per molto. La Pluffa veniva lanciata a destra e manca, in un continuo susseguirsi di colpi. Per un istante le sembrò di assistere alla metafora della sua vita, piena di colpi e in balia degli eventi, senza poter fare nulla. Le urla di Harry, che dava istruzioni risuonavano per tutto il campo, riempiendo l'aria di eco sempre più deboli, mentre il silenzio circostante riassorbiva rapido ogni suono. Lei paziente li osservava, ripensando ai momenti in cui stare lì ad aspettare non era tanto difficile, a quando, insieme a Ron, gridava dagli spalti. A Harry che aveva ancora il suo boccino. A quella ragazza col cuore infranto, che aveva visto il ragazzo che amava baciare un'altra dopo la partita. E se tanti pensieri le rimbombavano in testa e nelle orecchie, intorno a lei c'era solo silenzio.
SPAZIO AUTRICE #2
Salve a voi!!! Eccomi quaa!!! Sono in ritardo, bla bla bla, mi dispiace e bla bla bla, insomma le solite cose... Allora. Veniamo al dunque: questo è stato un capitolo lento e noioso da scrivere, anche se risulta un po' più movimentato rispetto agli altri... ma, ma, purtroppo necessario. Sapete che non scrivo mai il POV, visto che non ne uso mai specificatamente uno, perciò spero siate riusciti a disteicarvi fra i vari personaggi e luoghi... Comunque mi sto preparando... 😉😏 e vorrei riuscire a pubblicare a breve, ma non vi prometto niente, perché ho davvero da fare parecchissimooo... 😫 perciò vi torno a chiedere di votare e commentare, per aiutarmi a capire se qualcosa non va, mi fa sempre piacere sentire il vostro parere!! ❤ graziee e alla prossimaa!!
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