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48.Lavoro

Il dormitorio dei Serpeverde era pressoché deserto, e, nella sua stanza, l'unico letto occupato era il suo. I Lovegood per quanto fossero disponibili rimanevano decisamente strambi, per i suoi gusti, e prima che si comportasse in modo troppo spiacevole anche per loro aveva deciso di tornare a scuola. Non mancava molto alla fine delle vacanze, e forse avrebbe potuto approfittare di quella tranquillità per concentrarsi sulle informazioni che aveva ottenuto e riuscire a capirci qualcosa. Era disteso sul letto, pensieroso, così, notando l'ora si alzò a sedere, passandosi le mani sul viso. Aphra si avvicinò miagolando, e poi si appollaiò sulle coperte, dove poco prima era lui. Aberforth iniziava a non aver più bisogno di lui, visto che aveva quasi finito il distillatore. Vedeva che gli dispiaceva lasciarlo senza lavoro, e trovava ovunque aggeggi inutili da riparte, di cui avrebbe dovuto occuparsi finito il distillatore. Indossò i pantaloni della divisa e una vecchia camicia. Immaginò già il guardiacaccia seduto al bancone, dove lo trovava ogni volta. Quei due vecchi erano peggio di una coppia: non si davano tregua, de non per spettegolare come delle arpie. Nella Sala Comune non trovò nessuno, come, d'altronde, nei corridoi. Non era poi tanto tardi, cosi decise di fare la strada a piedi, con comodo. "Qualcuno negli Uffici sta sabotando gli interventi" chi poteva farlo? E perché? Ma in realtà aveva un'idea, il problema era che non voleva avere ragione. Molti, anzi, troppi, al Ministero potevano fare ciò che volevano indisturbati, e sapeva di innumerevoli seguaci del Signore Oscuro che non erano mai stati individuati. I pensieri erano scanditi dai suoi passi veloci. La neve scricchiolava sotto la suola delle sue scarpe, ormai congelate, mentre il mantello si inumidiva al vento freddo che portava fiocchi residui dalle nuvole. Non poteva essere diversamente. Quella magia era davvero molto Oscura, e solo uno della cerchia di Tu-Sai-Chi era capace di simili orrori. Non capiva perché, chiunque fosse, si limitava a sporadiche e inefficaci apparizioni. A parte l'ultimo attacco, nonostante la potenziale distruzione che era in grado di portare, perché tutti indistintamente avevano percepito l'energia che si portava appresso, non avesse mai concretamente fatto nulla. Quali erano i suoi obbiettivi? L'Ombra era forte, ma non sembrava... consapevole. Piuttosto, avrebbe detto, agiva casualmente. Da giorni ormai si arrovellava con gli stessi pensieri senza venirne a capo, e, una domanda su tutte tornava a tormentarlo ogni volta: è controllata, o un'entità a sé? Il dubbio era sorto, ma ancora non vi aveva trovato una soluzione. Le azioni caotiche che la caratterizzavano potevano ricondurre a un qualche tipo di controllo inefficace, ma la sua ipotesi faceva acqua da tutte le parti. Eppure non riusciva a capacitarsi che potesse esistere una... cosa simile, e soprattutto che fosse senza controllo. Stava entrando nella cittadina, e ogni tanto sentiva lo scampanellio di un negozio e il vociare delle persone, prima che la porta si richiudesse. Le guance gli pungevano per il freddo. Per un momento fu tentato, passando davanti ai Tre Manici di Scopa, di fermarsi a riscaldarsi un po', ma continuò dritto verso il locale del signor Silente. Quando vide l'insegna della bettola, come la chiamava anche Aberforth, accelerò il passo, fino ad arrivare alla porta cigolante. Si scrollò di dosso un po' di freddo ed entrò "Guarda chi si rivede..." lo salutò il vecchio, scorbutico come al solito. Hagrid invece lo guardò un momento e poi sospirò "Ah, ragazzi! Viene e vanno... Guarda questo qui!" lo indicò, con ancora il boccale in mano "chi l'avrebbe detto che si metteva a posto la testa? Era un... mascalzone" concluse, poco convinto. Aberforth brontolò qualcosa, ma lui era già nel retro. Prese il suo sgabello e si sedette, appoggiato al piano di lavoro. Aveva sempre disprezzato ogni forma di lavoro manuale, fin da quando era piccolo, ma, piano piano, aveva iniziato ad apprezzarlo. Era tutto merito della sua scopa: se inizialmente ci lavorava per semplice manutenzione, poi si era interessato ai meccanismi, e, quando due anni prima aveva lavorato con l'Armadio Svanitore, aveva iniziato ad avere molta dimestichezza con i meccanismi. Non erano diffici, e nella loro semplicità davano vita a qualcosa di complesso e affascinante. "Malfoy!" lo chiamò il vecchio deconcentrandolo "Se mi disturbi ogni cinque secondi vecchio non finirò in tempo!" rispose irritato "Quanto vuoi metterci? A costruirla da zero facevo prima!" entrò nella piccola stanza, andando a controllare quello che stava facendo. Prima di partire per andare dai Lovegood aveva iniziato un pezzo, che però era decisamente problematico. Ora sembrava stesse funzionando meglio, ma non ne era molto sicuro "Sei ancora su quel pezzo?" chiese Aberforth con tono più calmo, studiando attentamente i suoi interventi "Già... C'è qualcosa che non va" ammise Draco, rimosse un ingranaggio, controllando meglio. Doveva smontarlo completamente. Anche se ci aveva messo quasi un mese a farlo tutto, era l'unica soluzione...
Quel lavoro lo distraeva. Anche per questo gli piaceva. Concentrarsi su un lavoro manuale lo aiutava a staccare dai suoi pensieri, più contorti degli ingranaggi di cui si occupava. Ne aveva bisogno, a un certo punto, visto che neanche col sonno riusciva a liberarsi la mente: ogni notte, incubi incessanti lo tormentavano, finché la lucidità non lo tirava fuori da quel mondo bianco, nero e freddo, solo per ricordargli che era tutto vero. Avrebbe voluto che il pezzo non fosse pronto, ma dopo averlo manipolato e smontato e rimontato per tutto il giorno, era riuscito a farlo andar bene. Era l'ultimo, e quando la finestra non bastò più a illuminare la stanza, Draco accese un paio di candele, e iniziò ad assemblarlo al macchinario. Gli schiamazzi dalla locanda aumentarono, segno che erano già passate le nove, e gli avventori iniziavano a riempire le sedie e gli sgabelli. I un ultimo scatto inserì una rotella, e diede un'ultima controllata all'insieme. Prese uno canovaccio, togliendosi lo sporco dalle mani, mentre si affacciava nel locale, in cerca di Aberforth. Stava finendo di servire un cliente, così, attese paziente. Quando ebbe terminato, lo chiamò "Aberforth" lui lo notò, e subito gli avanzò verso il retro, seguendolo "È finito?" gli chiese impaziente prima ancora di aver visto il distillatore. "Avevi qualche dubbio..?" lo stuzzicò, e lui fece un verso di disapprovazione. Vedendolo però, non riuscì a trattenere un'espressione stupita "Certo che si! Non ti avrei dato un filo di fiducia!" ribatté scherzando, ma, da quello che capì, non così tanto. Toccò una leva, che mise in funzione la macchina. Il vecchio la osservò attentamente, girandoci perfino intorno, mentre il Serpeverde sbuffava per la messinscena che quello stava facendo "Lo ammetto ragazzo, hai fatto davvero un buon lavoro!" si congratulò, sorprendendolo. Al che non riuscì a trattenere un sorriso soddisfatto, ma immediatamente il vecchio Silente lo troncò "Non ti montare la testa... Che se non fosse per il lavoro, avrei potuto farlo io!" concluse scorbutico come sempre, ma sentì il suo tono poco convinto, segno che stava solo tentando di farlo esasperare. "Se ne sei convinto..." acconsentì, liberandosi del grembiule, mentre di nuovo usciva dal retrobottega. Hagrid era ancora al suo posto, ma non ne fu sorpreso, neanche nel vederlo parlare da solo: quella scena si ripeteva frequentemente lì alla Testa di Porco, l'unico dubbio di cui non era ancora riuscito a liberarsi, era come diamine facesse a tornare al castello in quello stato. Come in risposta ai suoi pensieri il mezzogigante si alzò dallo sgabello, un po' storto "Ci vediamo presto, Aberforth" lo salutò, lasciando cadere del denaro sul bancone. Quello lo guardò uscire incerto, e scosse la testa "Vecchio ubriacone! Un barile di idromele ogni volta!" sbuffò. Ma il guardiacaccia che se ne andava gli ricordò l'ora tarda, così, in fretta, si coprì col mantello "Qui c'è quello che ti spetta" gli lanciò un sacchetto tintinnante "Tienilo d'occhio quel pazzo, che è probabile non riesca a tornare al castello!" gli intimò, indicando la porta, a mo' di saluto. Lui annuì, mentre il vecchio lo scrutava severo. Non seppe però, che quando sparì oltre la porta Aberforth Silente sorrise.

Dopo che Hagrid si fu incamminato verso la capanna aveva deciso che potesse anche cavarsela da solo, e riprese la via per il castello. La luce della luna illuminava il paesaggio, riflettendo sulla coltre bianca che lo ricopriva, mentre l'unico suono che sentiva era lo scricchiolare delle sue scarpe sulla neve. Le nuvole se n'erano andate, lasciando un limpido cielo nero. Pregustava il tepore del caminetto nella Sala Comune, stringendosi al mantello. Aveva un gran bisogni di riposare, ma sapeva che questo non sarebbe bastato a garantirgli una notte di sonno. Erano giorni ormai che si tormentava su quello che aveva saputo nella notte di capodanno. Voleva riuscire a capirci qualcosa, ma non ci riusciva, e questo lo preoccupava. Sapeva che alla fine sarebbe stato costretto a chiede aiuto a lei, e non voleva farlo. Non avrebbe certo lasciato le cose confuse come stavano, ma ora non sapeva più cosa fare. Aveva ancora una settimana, prima che tutti tornassero a Hogwarts. Una settimana per fare chiarezza con sé stesso. Nei corridoi deserti i suoi passi rimbombavano, come i pensieri nella sua testa. Che diavolo gli era preso? Non riusciva a capacitarsi del fatto che la Mezzosangue, ogni volta, riuscisse a mandare a monte i suoi piani. Gli sfuggiva, se non era lei stessa a controllarlo. E questo lo turbava. Tutto era stato per farsi perdonare, ma se aveva voluto rendere più facile il gioco, scegliendo la Granger, poi lei non aveva fatto altro che complicargli la vita. Non gli era rimasto niente, eppure, a sentirla parlare, aveva capito di avere molto. E si era ritrovato ancora più in debito di quanto già non fosse. "Malfoy il solitario" sentì dire con tono teatrale, e poi, la leggera luminescenza di Fred Weasley attirò la sua attenzione. "Come mai sei ancora qui?" lo stuzzicò il fantasma. "Potrei farti la stessa domanda" replicò. L'altro, fluttuando lo affiancò "Ma come siamo schivi... Rispondere a una domanda con un'altra domanda è il trucco più vecchio del mondo" insisté "Già..." Draco continuava a camminare verso i sotterranei, incurante di quello. "Ma certo... Devi scusarmi se sono noioso..." gli disse a un certo punto io rosso, che nonostante il pallore mortale aveva mantenuto un nei capelli un po' di quella fiamma di vita che lo caratterizzava "..ultimamente non ho molto di cui parlare. Purtroppo ho molto tempo libero e non so come riempirlo" parlava, ma il Serpeverde non riusciva molto a seguirlo "Più che altro osservo la gente... È davvero sorprendente scoprire certe cose, e non immagini neanche lontanamente quanto sia divertente..." concluse con una risata beffarda, mentre lui si fermava impietrito a guardarlo "Sai... Mi aspettavo una Greengrass, o magari tutte e due, trattandosi di te..." avrebbe voluto congelarlo, farlo bruciare e poi disintegrarlo, ma purtroppo aveva iniziato a muoversi, più veloce di un folletto, più dello stesso Pix, volando davanti a lui, poi verso l'alto, poi ancora giù, facendogli venire il mal di mare. "Ma vederti con la Granger... Woooh quella si che è stata una botta di vita! Che malandrini! Due sporcaccioni!" lo schernì con un ghigno. Sapendo che qualsiasi tentativo di negare sarebbe stato inutile, come anche inveire contro di lui, si limitò a scuotere le spalle e dire "Weasley il guardone" quello scoppiò in una fragorosa risata "Bhe... Tanti auguri" rispose con l'aria di chi la sa lunga, senza dargli il tempo di replicare, e sparendo attraverso la parete. Dannazione.

Chiuse la porta della sua stanza nervoso. Non dirà niente. Si disse. A chi potrebbe dirlo? Ragionò, cercando di non preoccuparsi inutilmente. Ma poi, c'era davvero qualcosa da dire? O quel bacio era stato frutto di un momento di confusione? Quella sera era stata... intensa, e forse si erano lasciati trasportare un po' troppo. Non si erano mai neanche parlati civilmente, prima di quella strano rapporto, che non sapeva neanche lui cosa fosse. Era facile confondersi. Non si sarebbe più preoccupato di quella storia. E, si ripromise, non appena la Granger avesse messo piede a Hogwarts, ci avrebbe parlato. Si lasciò cadere sul letto esausto, e le monete tintinnarono nel sacchetto che aveva ancora nella tasca del mantello. Si sentiva un po' meglio ora, ma la confusione che prima aveva in testa aveva lasciato posto a un fastidioso groviglio allo stomaco. Voleva che tutto finisse al più presto, ma... era possibile che ne avesse anche paura? Scosse la testa, per liberarla da certe idee, e tolse il mantello, e da questo il denaro. Aprì il baule, in cerca della scatola con i suoi pochi tesori. Doveva piuttosto pensare a cosa fare una volta fuori di lì: alla fine dell'anno si sarebbe trovato senza una casa. Sollevò il coperchio del piccolo scrigno, dove teneva parte dei suoi soldi, e vi ripose quelli appena guadagnati. Era lì che teca l'unica cosa che lo legava ancora alla sua famiglia. In un piccolo contenitore teneva il pendente di sua madre, dove, dietro l'intreccio di cristalli, aprendolo, era custodita la loro fotografia. Per un istante, ebbe la tentazione di aprirlo, ma si ricompose, e chiuse lo scrigno con uno scatto. Non poteva permettersi di essere debole.

Spazio autrice

Finalmenteee!!! Ce l'ho fatta!! Spero che questo capitolo su Draco vi sia piaciuto... Che ne pensate delle sue riflessioni? E di come si sono messe le cose in generale? Ho avuto un paio di idee, che probabilmente saprete nel prossimo capitolo, perciò vi saluto e a prestoo!! 😘 voi fatemi sapere... XD

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