44.Ciò che ho fatto
Scivolò silenziosa sotto le coperte rosso-oro, gli occhi spalancati e il fiato corto. Non riusciva a crederci. Si passò una mano sul viso, sempre più incredula. Sentiva ancora il viso caldo, mentre il senso di colpa si faceva strada in lei, contorcendole lo stomaco. Sentiva la mente vuota, e lo era anche lei, se non fosse per quella insistente e sgradevole sensazione. Premette più forte la mano sulle labbra, cercando di cancellare il tocco che le sembrava ancora di sentire. Batté le palpebre pesanti scacciando ogni pensiero. Non voleva pensare...
Un raggio di sole entrò dalla finestra, costringendola ad aprire gli occhi. Li strinse a due fessure, infastidita dalla luce. Si trascinò alla finestra, osservando quell'insolito cielo terso che abbracciava l'orizzonte, colorando il panorama, candido di neve. Era stordita, le sembrava di muoversi al rallentatore per quanto aveva dormito profondamente, forse non era ancora del tutto sveglia... si trascinò nella doccia, sperando che la riscuotesse da quel torpore. Lasciò i suoi vestiti a terra e fece correre l'acqua. Non appena si mise sotto il getto caldo, sentì le guance arrossarsi e con la saponetta alla vaniglia le strofinò, togliendo ogni residuo di sonno. E non appena ricordò il motivo per cui si sentiva così strana, il sapone le cadde di mano, finendo sulle piastrelle della doccia. Immediatamente sentì il respiro farsi irregolare, ma cercò di controllarsi. Girò la maniglia, ricevendo un getto gelato. Come la neve bianca. E il Lago. Perché l'aveva fatto? E perché glielo aveva lasciato fare? Più ci pensava, più si sentiva debole... come aveva potuto cedere così? Non significa niente. Si disse per la milionesima volta. Avvolse l'asciugamano sul corpo, raccogliendo i vestiti da terra. Era ancora presto, perciò doveva sbrigarsi, e andare in Sala Grande prima che fosse troppo affollata. Si affrettò a chiudere il baule, prendendo i vestiti che le servivano, e, quando era già pronta, vide Lavanda, che ancora dormiva beatamente. Non poteva andare adesso... lui si alzava sempre presto. Avrebbe aspettato Harry e Ron. Ebbe un tuffo al cuore pensando a Ron. Non voleva neanche immaginare cosa avrebbe potuto dire... Non deve sapere, nessuno deve sapere... Come aveva potuto arrivare a quel punto? Ad essere così disperatamente sola? È stato un momento di debolezza... E probabilmente si era lasciata trasportare da quel misto di emozioni, e ricorsi, e tormento, che avevano accompagnato quella notte. Era bastata una notte a renderla così debole? Deboli sussurri a convincerla? Ma quello che la spaventava di più era che aveva visto l'inconsapevolezza nello sguardo del ragazzo, anche lui trascinato, anche lui vittima inconsapevole, senza nessun controllare. Era fuori controllo. Erano fuori controllo. E questo era il peggiore dei mali.
Harry era pronto da un po', seduto al solito divano insieme a Hermione. Ron invece doveva ancora scendere dal dormitorio, così, seguendo il saggio consiglio dell'amica si erano seduti, iniziando quella che sarebbe stata un'interminabile attesa. "Verrete a trovarmi, dopo Natale, vero?" quasi lo implorò Hermione "Harry... davvero, dovete venire, non voglio passare due settimane da sola!" "Hai detto che c'erano i tuoi cugini..." "Si, è vero, ma... bhe, ecco, Cassian non riuscirebbe a restare dentro casa neanche per un'inondazione, quindi o sarò sola, o peggio riuscirà a trascinarmi in giro" "Bhe io credo che ti farebbe bene uscire un po', cambiare aria... Pensare un po' a te" "Harry non voglio finire nei guai. Non in questo momento, i miei hanno già abbastanza problemi. Devi promettermi che verrete, o giuro su Godric che vengo io alla Tana!" disse decisa puntandogli contro l'indice, con fare accusatorio "D'accordo, cercherò di convincere Ron..." "Harry James Potter! Non te la caverai così!" lo rimproverò scherzosamente, e lui la guardò eloquente, trattenendo un sorriso "Andiamo Hermione... Io me la cavo sempre" ribatté falsamente altezzoso "Purtroppo hai ragione..." sorrise, proprio mentre Ginny sbucava dal ritratto "Siete ancora qui?!" chiese, visto che era scesa in Sala Comune con Hermione, scendendo però quasi subito a colazione. "Tuo..." "Non dire niente..." la interruppe la rossa, alzando gli occhi al cielo. Lei più di tutti conosceva Ron, e a quanto pareva, questa volta Harry era deciso a lasciarlo solo. La divertiva vederlo tranquillo e spensierato, mentre erano tutti consapevoli dell'amico al piano di sopra che probabilmente imprecava ormai da più di un'ora. Ginny salutò Harry con un bacio, e poi li lasciò scomparendo verso il dormitorio delle ragazze. "Com'è là fuori?" chiese la ragazza cambiando discorso. Non era ancora riuscita a vedere o a sapere niente, di com'era la situazione dal lunedì precedente. "Le sirene sono state decimate, come la maggior parte delle Creature del Lago. Hanno ripulito tutto in fretta, ma oltre a togliere i corpi, e quello che è stato bruciato non hanno fatto molto..." "È così brutto?" chiese un po' spaventata, e, dopo averci pensato qualche secondo Harry la osservò "No... non è così brutto, non preoccuparti" cercò di rassicurarla, notando il suo strano comportamento. Stava per aggiungere qualcosa, poi però alzò lo sguardo, puntandolo dietro di lei. Si voltò, osservando un Ron piuttosto seccato scendere gli ultimi scalini di pietra "Grazie per il vostro aiuto..." esordì sarcastico, facendoli scoppiare a ridere. Scesero velocemente in Sala Grande, per mangiare qualcosa prima di partire per Hogsmeade. Hermione controllò discreta il tavolo dei Serpeverde, e quando notò l'assenza di un particolare ragazzo entrò tranquilla nella Sala. Vide Luna alzarsi dal tavolo Corvonero, e saltellare verso l'ingresso, scomparendo prima che potesse salutarla. Non ci misero molto, e tornarono presto ai dormitori, per prendere i rispettivi bagagli. Lavanda aspettava Hermione nella loro stanza, così scesero insieme in Sala Comune, dove si unirono agli altri. Aveva una cattiva sensazione, ma non voleva assecondarla, così sorrise e si unì alla conversazione. Ron e Harry in pochi minuti riuscirono a deviare l'argomento sul quidditch, mentre lei e Lavanda si lamentavano. Raggiunsero prima l'ingresso, poi il cortile imbiancato, dove una folata di vento li fece rabbrividire. Hermione continuava a lanciare occhiate furtive agli studenti, temendo di scorgere la testa bionda di Malfoy. Non era neanche sicura che lasciasse Hogwarts per le vacanze, perciò, quando giunse al cancello, senza averne visto neanche l'ombra, cominciò a tranquillizzarsi. Per fortuna arrivarono al treno in anticipo, e ebbero tutto il tempo di trovare un vagone per loro, Lavanda però dopo non molto li salutò scusandosi, e dicendo che doveva vedere Padma, e tenerle un po' compagnia, Ginny sarebbe arrivata più tardi. Erano solo loro tre. Sistemarono i bauli e sprofondarono nei sedili "Hermione" la chiamò Ron "stai bene? Sembri preoccupata..." chiese, e subito lei ebbe una stretta allo stomaco "Si, sono un po' preoccupata... spero... solo che vada tutto bene" gli rispose, mentendo solo in parte. "Hai dormito stanotte?" chiese ancora, evidentemente in apprensione... Ce l'aveva messa tutta, quella mattina per apparire presentabile, o quantomeno non sconvolta, ma, a quanto pareva, non ci era riuscita granché "Un po'..." rispose vaga. Ron si sporse verso di lei e le poggiò la mano sulla sua, stringendogliela "Non preoccuparti" sentiva lo sguardo comprensivo di Harry che la fissava "Non sei sola, non dimenticarlo" aggiunse quest'ultimo, facendola inevitabilmente sorridere commossa "Grazie ragazzi" disse piano "È che... questo è un periodo un po'... complicato" "Bhe, noi veramente... pensavamo che volessi ti causassimo problemi..." scherzò allora Harry facendola ridere "Non la passerai liscia a lungo.... Hai fatto una promessa!" gli ricordò. Ron li guardò perso un attimo, poi si alzò, inserendosi tra loro due. Li avvolse dietro le spalle in un abbraccio da orso "Mi mancavano i vecchi tempi" disse, mentre si godevano quel tenero e divertente momento "Ron mi stai strozzando!" si lamentò Harry, cercando di spingerlo via. Risero un sacco, finché, in qualche modo riuscì a liberarsi dalla stretta dell'amico. Lo guardò falsamente stranito, mentre anche lui cercava di trattenersi, e si posizionò nel sedile di fronte al loro. Hermione gli sorrise "Grazie" e poi guardò anche Ron, accanto a lei, rivolta anche a lui, poi si appoggiò con la testa alla sua spalla, e rimase così, osservando il viavai di ragazzi nel corridoio. Visto però che si avvicinava l'ora di pranzo, le persone diminuivano sempre più, finché quasi nessuno passava più davanti al loro scompartimento. E poi fu come se avesse ricevuto una secchiata d'acqua gelata: Malfoy camminava, fermandosi a ogni scompartimento, diretto verso di loro. Si fermava, controllava e passava oltre. La stava cercando? Sentì il battito accelerare per l'agitazione, che intenzioni aveva? Perfino la bocca le si seccò, ma nonostante tutto ostentava un'espressione rilassata. Sentì lo sportello a fianco aprirsi, un borbottio incomprensibile, e lo scatto della chiusura. Poi lo vide arrivare, dannazzione, la guardò attraverso il vetro, soffermandosi per un solo istante. Non era neanche sicura, tanto in fretta era scivolato su di lei il suo sguardo. Entrò nello scomparto, aprendo bruscamente lo sportello. Hermione si raddrizzò, lasciando il comodo appoggio che gli offriva Ron, e gli parve che Malfoy notò la sua azione. Lanciò una breve occhiata al rosso, stringendo le labbra in una linea sottile. Hermione sentiva la nausea, per paura di ciò che avrebbe fatto. "Weasley devi seguirmi all'ultimo vagone" disse solo, ma il primo pensiero della ragazza fu "Vuole buttarlo dal treno, fermali!". Fece appello a tutta la razionalità che le era rimasta (probabilmente molto poca) e si costrinse a rimanere impassibile, mentre Ron si alzava docile e seguiva l'altro in silenzio.
Vuole dirglielo? Certo che no... non può volerlo. Oppure è un altro dei suoi giochetti? No, non può esserlo, su questo non ci sono dubbi... Ma questo non giustifica ciò che è successo! Continuava a portare avanti quell'insensata battaglia interiore da ore, senza riuscire a trovare, non una soluzione, ma anche solo un senso alle sue azioni. Si voltò verso Harry, che la stava guardando dubbioso. Miseriaccia. Sorrise, cercando di apparire convincente "Cos'hai per pranzo?" tentò di distrarlo "Prenderò dal carrello" disse, senza smettere di osservarla "Anch'io". Ma non fu abbastanza "Hermione... che succede?" "Te l'ho detto..." "No. Non sono cieco, vedo che c'è qualcosa!" lei chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, ma le immagini di quella notte le corsero davanti, costringendola a riaprirli, e a incrociare quelli del ragazzo "È per Ron?" "Cosa?! No Harry! Non è..." "E allora cosa? Ti ho visto guardarlo uscire... Sei strana, e stai spesso da sola... Vorrei... solo, ricorda che puoi dirmi tutto, per favore, non fare quello che ho fatto io, te ne pentiresti" Non estraniarti. Le stava dicendo. Voleva fargli capire che in realtà non voleva, ma il fatto era... che non sapeva come fare. Sentì il rumore secco dello sportello e sussultò. Ginny si affacciò con un sorriso "Hey finalmente! Non riuscivo a trovarvi" poi entrò richiudendo la porta alle sue spalle. Si sedette accanto a Harry, e attesero insieme l'arrivo del carrello. Cercava di non pensarci, ma era inevitabile: continuava a sentirsi, in qualche modo, di troppo. Ogni volta che stava insieme a Ron parlavano di Lavanda, o lei era con loro, e quando era con Harry parlavano di Ginny, o lei era con loro. Era diventata il terzo incomodo, e, anche se cercavano di non farglielo pesare, era inevitabile che si sentisse sola. Per il pranzo aspettarono Ron, che arrivò dopo non molto, mentre Lavanda tornò più tardi, a pomeriggio inoltrato. Il cielo fuori dal finestrino si scuriva sempre di più, finché la luce all'interno del treno era l'unica che si vedeva per chilometri. Hermione teneva lo sguardo fisso oltre il vetro, osservando il paesaggio correre, e cambiare. Il treno strisciò lungo il fianco di una collina, e, oltre la curva, comparvero le luci di Londra. Fu come se il tempo si fermasse, e ogni pensiero scomparì, lasciando solo la consapevolezza che, ormai, qualunque cosa stesse per affrontare, era vicina. Sempre più vicina, come le luci della città. Tutti presero i propri bagagli, Lavanda e Ron iniziarono a salutarsi, visto che non avrebbero passato le vacanze insieme, mentre Harry e Ginny semplicemente parlavano tra loro. Il treno rallentò, cigolando sui binari, mentre i tratti della stazione si facevano nitidi fuori dal finestrino, per poi fermarsi accanto alla banchina affollata. Per tutto quel tempo aveva cercato di osservare Ron, ma non aveva notato niente di strano in lui, niente che lasciasse intendere che il Serpeverde avesse parlato. Così, mentre continuava a tenerlo d'occhio, scesero tutti dall'Hogwarts Express, perdendosi tra le famiglie e i ragazzi impazienti di rivedere i loro parenti. Sia Hermione che gli altri però avevano appuntamento alla barriera esterna del binario 9 e ¾, dove li aspettavano i Weasley e i Granger. Superarono la moltitudine di persone, facendosi largo tra i carrelli, e rrascinando faticosamente i loro, fino a raggiungere il muro. Harry lo attraversò immediatamente, senza esitazione, seguito da Ginny e, dopo un ultimo sguardo nella sua direzione, anche da Ron. Un ultimo tuffo al cuore la fece esitare. Prese un bel respiro e attraversò la barriera, tuffandosi nel mondo babbano. Il fischio dei treni e degli altoparlanti la stordì, ma si riscosse, e cercò i ragazzi, guardandosi intorno. Li vide subito, poco più avanti che la aspettavano, impazienti anche loro di raggiungere i familiari. Vide poco più avanti la chioma ribelle della signora Weasley, e un paio di occhiali cerchiati di corno incorniciare il viso di Percy Weasley, accanto all'inconfondibile figura di George, che, nonostante tutto, aveva un bel sorriso dipinto sul volto, o quantomeno il migliore che avesse mostrato di recente.
Li salutò con un sorriso tirato, abbracciando la signora Weasley, che non si lasciò sfuggire nessuno di loro, ma li superò in fretta, diretta verso la sua famiglia. Suo padre la vide e, immediatamente, un sorriso molto più sincero del suo si allargò sul suo viso, illuminandogli gli occhi marroni. Sua madre sembrava agitata, e probabilmente lo era, ma, quando fu abbastanza vicina fu lei a stringerla per prima, gettando le esili braccia sulla sua schiena "Hermione... tesoro" ne sentì il respiro irregolare e si sforzò di trattenere le lacrime "M-mamma" rispose solo, mentre allentava la presa, guardandola per un istante. Fu la volta di suo padre, che non esitò neanche un attimo ad abbracciarla, facendola sentire di nuovo bambina. E quando lo lasciò vide per la prima volta che non erano soli... "Cassian!?" il ragazzo che le stava di fronte si avvicinò "Ne è rimasto un po' per me?" chiese, spiritoso come al solito "Certo" e strinse anche lui. Lo lasciò per guardarlo meglio "Non sei affatto cambiato..." scherzò lei, alludendo a quello che si dicevano da bambini, quando facevano a gara a chi era più alto "Eppure..." si avvicinò, mostrando la terribile differenza tra loro "Bhe... Questo... non significa niente!" chiuse il discorso, facendolo ridere. Loro erano fatti così: erano come due fratelli, si prendevano in giro, scherzavano, e si raccontavano tutto. Lui era il suo unico punto di riferimento nel mondo babbano, dopo i suoi genitori. Si voltò, cercando con lo sguardo i ragazzi, in modo da presentarli a Cassian, senza però riuscire a vederli: in massa, tutte le famiglie stavano spuntando dalla barriera tra i binari 9 e 10, rendendo impossibile distinguerli. Corrucciò la fronte pensierosa. "Tutto ok?" le chiese subito il ragazzo "In realtà..." lasciò la frase in sospeso, credendo di aver visto una chioma rossa, inconfondibile marchio Weasley "Sembri preoccupata" insistette allora. Si era dimenticata di quel talento si suo cugino... sapeva sempre ciò che le passava per la testa, rendendosi davvero irritante, soprattutto a lei, a cui piaceva tenere tutto per sé. "No, Cassian" rispose brusca, confermando solo i suoi sospetti. I suoi genitori si erano spostati, mettendosi al riparo dalla fiumana di persone, lasciandola sola nelle grinfie di quello "Ohh, cosa nascondi Hermione..?" insinuò "Dimmi... È per-" si interruppe, rimanendo in silenzio un momento, così lo guardò perplessa. Anche lui la osservava "Malfoy?!". Il cuore le perse un colpo, e avrebbe giurato di sentire il sangue che defluiva dal viso "C-cosa?! N-n..." iniziò a balbettare, ma subito il ragazzo la superò, passandole a fianco, e non ascoltandola minimamente. Interdetta lo seguì con gli occhi, mentre andava dritto da Malfoy. Il Serpeverde lo aveva sentito, e vedendolo aveva sfoderato uno dei sorrisi meno maligni che gli avesse visto. Ma che diavolo..? Era terribilmente confusa. Si affrettò nella loro direzione, e non appena Draco la vide avvicinarsi si agitò. "...qui per mia cugina" stava dicendo Cassian "Ah, eccola!" aggiunse vedendola arrivare. Il biondo continuava a spostare lo sguardo dall'uno all'altra, con un'espressione molto sorpresa "Voi vi conoscete?" chiese allora "Si, Draco doveva perfino frequentare la mia scuola, quest'anno" spiegò Cassian, visto che Malfoy sembrava non avere parole "No..." rise lei, consapevole dell'errore "... la tua scuola... non può..." Malfoy in una scuola babbana? Lui doveva andare a Durmstrang... Si bloccò. Perché quello che stavano dicendo era impossibile. Suo cugino non era un mago... "È stato bello vederti Draco, potremmo fare qualcosa insieme queste vacanze, torno in Australia a metà Gennaio" "Sicuramente" annuì, facendosi largo tra le persone intorno a loro e lo salutò "Ci si vede" poi guardò lei "Granger" salutò, mentre lei era ancora confusa. Cassian la tirava per un braccio, cercando di arrivare al parcheggio "Forza, zio Frank ci aspetta in auto!" "Cassian..." "Stasera a cena-" "Cassian!" finalmente si fermò "Che cos'è questa storia?!" "Di che stai parlando?" mentì spudoratamente lui, senza neanche sforzarsi di fingere un po' "Dimmelo. Dimmi il nome della scuola" chiese, anzi, ordinò "Eccoli" rispose lui, indicando la macchina di suo padre. In pochi secondi fu loro davanti. Salirono in silenzio "Dimmelo" "Non la conosci..." lo guardò talmente male che cedette "Durmstrang". Sua madre si voltò di scatto, mentre lei lo guardava sconvolta. "Frank non fermati, dobbiamo andare a casa" disse solo la donna, rivolta al marito. Ci sarebbe mai stato un momento di pace nella sua cita? Si chiedeva Hermione, seduta accanto a quello che considerava un fratello, a quella che era la sua famiglia, ma che, cominciava a capire, non conosceva affatto.
Spazio autrice
Ce l'ho fatta ragazzi!! So che sono in supercalifragilistichespiralidoso ritardo, ma il telefono mi si è rotto, proprio quando avevo deciso di lavorare alla storia, e quando l'ho riparato non mi funzionava internet... (Mai na gioia in questa vita). Comunque volevo ringraziarvi di cuore per tutti i commenti che avete lasciato nell'ultimo capitolo (quello vero) perché mi avete davvero fatto commuovere... Spero solo di continuare a divertirci con questo piccolo passatempo, perciò, come al solito, vi do appuntamento al prossimo capitolo!! Grazie infinite, vi voglio bene!!!
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