14.Aprirsi
Draco aveva atteso con ansia quel giorno. L'insonnia e la solitudine sofferte in ospedale lo avevano reso impaziente di essere dimesso. Sua madre in quei giorni aveva continuato ad assisterlo, promettendo una visita di suo padre che non era né desiderata, da parte sua, né rispettata, da parte di suo padre. La sera prima la donna aveva promesso che sarebbe arrivata in tarda mattinata per riportarlo a casa, ma lui aveva piani diversi. La modesta somma che era riuscito a prelevare dalla camera blindata dei Malfoy alla Gringott gli sarebbe bastata per lungo tempo, e calcolando anche il periodo scolastico aveva più denaro di quando si aspettasse. La sua fuga non era propriamente giustificata, ma ritornare a casa, sapendo di quali torture era stata teatro, sarebbe stato insopportabile. Prese tutte le sue cose, svuotando la stanza. L'unica cosa che lasciò fu un biglietto, adagiato sulle coperte:
Ti voglio bene, ma non posso tornare. Perdonami mamma
E se ne andò senza aspettarla. Uscì rapido dall'ospedale, incrociando i Guaritori indaffarati. L'aria afosa lo colpì come uno schiaffo, ma si infilò nella fiumana di persone in strada, che si affrettavano per non tardare al lavoro. Avrebbe dovuto trovare un posto in cui stare, ma doveva essere attento, altrimenti lo avrebbero trovato. Da un paio di giorni si arrovellava il cervello in cerca di un'idea, ma era come cercare di attraversare un incantesimo di protezione, andando a sbattere contro lo scudo ogni volta. L'unica opzione ormai era smaterializzarsi, seguendo un'intuizione. Cercò un vicolo abbastanza fuori mano e sparì in un risucchio.
Si ritrovò dove qualche sera prima si era accasciato a terra privo di sensi. Di fronte a lui, dall'altra parte della strada poco trafficata una schiera di palazzine nascondevano il numero 12 di Grimmauld Place. Un'automobile passò, ma a parte questa non c'era anima viva nei dintorni. Draco approfittò del momento e entrò in casa.
Era tutto come lo ricordava, da bambino era già stato lì diverse volte, ma non avrebbe mai pensato a quel posto, che da anni aveva rimosso dalla memoria, se non fosse stato per Potter. Probabilmente Sirius Black lo aveva lasciato a lui. Sua madre e suo padre non lo avrebbero cercato lì, sarebbe bastato fino al ritorno a Hogwarts. Si diresse verso la sua vecchia stanza, risalendo le rampe di legno scricchiolante. La camera, a suo parere era la migliore della casa: il grande letto dai colori Serpeverde, l'armadio ancora sontuoso, nonostante corrotto dagli anni e la libreria. Era l'unica camera con una libreria. Osservò le cornici sparse per la stanza, dall'ultima volta che c'era stato non vedeva nessun cambiamento. La casata dei Black non aveva eredi: i volti dei bambini erano destinati ad essere dimenticati, come il nome della famiglia estinta. Riconobbe il proprio viso, sorridere spensierato e ignaro da una delle cornici, distolse lo sguardo e appoggiò il suo completo sul letto. Lasciò la sua tracolla scolastica, alla quale aveva applicato l'incantesimo Estensivo, dopo averlo rimosso dalla giacca, sullo scrittoio, ma prima di appoggiarla notò che lo stato di polvere era stato smosso di recente. Qualcuno era stato in quella stanza. Sembrava che una mano lo avesse delicatamente accarezzato, per saggiarne la superficie. Si affrettò a coprirlo con la borsa e si diresse nel bagno adiacente spogliandosi e infilandosi nella doccia. Il getto freddo lo fece dapprima sussultare, ma poi gli portò sollievo dal dolore delle ultime ferite. Uscito dalla doccia si avvolse con un asciugamano e tornò in camera. Non aveva molti vestiti, aveva lasciato a Hogwarts tutti i suoi averi. Prese il completo rovinato, se ne avesse avuto bisogno ne avrebbe comprato uno nuovo, quindi lo avrebbe lasciato nell'armadio. Decise di cercare qualcosa che avrebbe potuto indossare e aprì diverse ante. Prevalevano abiti da donna, forse c'erano anche quelli di sua madre, ma Draco riconobbe lo stipe di sua zia Bellatrix. Il nero prevaleva, come anche il caos, le stoffe datate erano sulle stampelle, o ammucchiate. Iniziò a tirare fuori diversi capi, rassegnandosi, per trovare vestiti maschili avrebbe dovuto cercare altrove. Gettò tutto all'interno alla rinfusa, facendo cadere una montagna di tessuti. Poi lo vide, appeso in un angolo, sgualcito, il vestito della Granger. Era sicuramente il suo. Si affrettò a richiudere l'armadio prima che i vestiti ricadessero ancora, ma ormai il danno era fatto. Ripensò alla loro stretta di mano. Era stato un idiota. Sarebbe tornato a scuola e avrebbe dovuto rispettare il patto, sperava davvero che lei non riuscisse a farlo, mandando tutto a monte, perché da parte sua, l'orgoglio che lo caratterizzava lo spingeva a rispettarlo nonostante tutto. Pochi giorni li separava, e lui iniziò a rimuginare su come avrebbe potuto liberarsi da quel nuovo inconveniente.
Ron aveva fatto in modo che partissero al più presto. Arrivati alla pensione lei si era chiusa in bagno e non era uscita fino a diverse ore dopo. Nel frattempo aveva fatto i bagagli e acceso il camino di cui era provvista la stanza. Aveva pagato la stanza e avvisato la signora Robinson che avrebbero usato la Metro polvere, così lei aveva attivato il loro camino. Hermione andò per prima, non senza averlo lasciato piuttosto preoccupato. Era distrutta e sapeva che ancora non era arrivato il peggio. Prese la Polvere "La Tana!" scandì, scagliando con forza la Polvere. Una fiammata lo inghiottì e iniziò a sfrecciare nel complesso sistema di camini.
Ad attenderlo c'era Ginny. Di lei nessuna traccia. "Che è successo?" gli chiese in apprensione, con un tono di voce che la faceva assomigliare come non mai a sua madre "È una lunga storia... Dov'è Hermione?" "È scappata in camera e mi ha chiesto di dirti di non salire... non vado neanch'io, ha bisogno di stare sola" lui si passò le mani sul viso, abbandonando i bauli "Miseriaccia... è stato un brutto colpo, spero riesca a risolvere..." "Vuoi dirmi che è successo? Non voglio chiederlo a lei..." "Bhe, li ha trovati, ecco... Sapeva che quando l'avrebbero vista avrebbero ricordato, è stato così..." lei lo guardava in attesa "Perché sento che c'è un 'ma'?" "Ma quando hanno capito cosa ha fatto, bhe... sua madre ha avuto una crisi di pianto, non ha voluto saperne, neanche vederla. Suo padre un po' meglio, ma era d'accordo che se ne andasse e facesse calmare le acque" "Per Godric... era così felice di poterli ritrovare..." "Già... poi dirò a Harry di parlare un po' con lei, negli ultimi giorni è sempre stata zitta, è stato... strano, sembra malata, non voglio che peggiori" Ginny annuì preoccupata "Se è così, non la lascerò sola, la tengo d'occhio anch'io, non ti preoccupare" detto questo gli poggiò una mano sulla spalla e si diresse verso le scale lasciandolo solo. Lui andò in cucina, la luce era accesa, suo fratello seduto al tavolo con un bicchiere vuoto "Guarda chi è tornato... passata bene la vacanza?" era evidentemente sbronzo, Ron provò un moto di rabbia nei suoi confronti, soprattutto con la situazione attuale "George è ora di smetterla" si lasciò scappare "Ma sentilo..." lo schernì lui "Non sto scherzando, credi che a lui piacerebbe vederti così?" "Come scusa?" si alzò dalla sedia, irritandolo ancora di più, se possibile "Ho detto" scandì prendendo il suo bicchiere "Che devi smetterla con queste stronzate" e lo frantumò a terra "E ti sarei grato, se almeno tenessi fuori la mia ragazza" aggiunse "Non prenderò consigli da un ingrato come te!" gridò George di rimando "Neanche un mese... un mese! E l'avevi già dimenticato!" continuò avvicinandosi a lui "Ma puoi stare tranquillo... Non me ne andrò tanto presto" ormai erano faccia a faccia "Resterò qui a ricordartelo con la mia faccia. Ogni giorno..." non poté finire la frase perché Ron lo colpì con un pugno sulla mascella, l'altro rispose rapido con un colpo, prendendolo anche lui al viso. Ron era più basso, ma più robusto, fece un passo indietro e con lo slancio lo prese per le spalle, e lo spinse con forza, ma George, pieno di alcool e un po' meno sensibile del dolore fisico rispose colpendolo più volte al viso. Ron schivò il suo pugno che andò a frantumare il vetro della credenza. Sentì la presenza di Ginny, che se ne stava immobile sulla porta, Ron alzò lo sguardo incrociando il suo, e subito un senso di colpa e vergogna lo prese. Lanciò un'ultima occhiata a suo fratello, mentre Ginny andava ad aiutarlo. Sapeva di aver scaricato la sua frustrazione su di lui, e anche lei lo sapeva. Ma vederlo in quello stato, completamente sconfitto, come Hermione, senza un briciolo di speranza, lo aveva fatto scattare. Col senno di poi non si pentiva di averlo colpito, magari lo avrebbe riscosso... Era salito in camera sua, dove, ignaro di tutto, Harry ancora dormiva. "Hey, Harry" tentò "Potter!" lui si riscosse, prese gli occhiali e dopo averlo riconosciuto biascicò "Ron?" "No, sono Ginny..." sbuffò "Che ci fai qui? Hermione?" lui sospirò e ricominciò la storia.
La mattina successiva era la loro ultima alla Tana. Era il 31 di agosto. George non si era visto, ma la Ron aveva impressa la sua presenza sul volto. Un brutto livido scuriva l'occhio sinistro e il labbro inferiore era spaccato. Sua madre si era arrabbiata non poco, aveva sbraitato fino al pomeriggio, era perfino andata a inveire davanti alla porta di George minacciando di scardinarla. Quando era sbollita non aveva più proferito parola, limitandosi a lanciare eloquenti occhiate truci. Hermione non era scesa, così Ron decise di chiedere a Harry di parlare con lei "Forse a te darà ascolto... con me non si è mai confidata, ti prego fa' qualcosa" lo supplicò "Certo, volevo farlo già da ieri, ma non voleva vedere nessuno... La farò ragionare, non può arrendersi così...". Poco dopo era salito, lasciandolo al piano di sotto a tormentarsi. Ron riuscì a resistere alla tentazione di chiedergli informazioni fino alla sera, quando stavano ultimando i preparativi "Cosa ha detto oggi?" "Bhe... Ha detto che è difficile, ma che non vuole arrendersi. Aveva solo bisogno di qualche giorno di tempo per attutire il colpo... La prima settimana di novembre durante le feste vuole tornare a Katherine" rimase stupito nel sentirlo parlare in quel modo, credeva che sarebbe stato più difficile "Credi mentisse? Intendo per non farci preoccupare... Ci nasconde qualcosa..." "No, non credo, ma me ne sono accorto anch'io, si comporta in maniera... schiva" lui non rispose, il fatto che Harry confermasse i suoi sospetti non era niente di buono. Si era confidato con la speranza che smentisse, ma questo lo spaventava, quale problema era peggiore dei suoi genitori che la rifiutavano? Continuava a ripetersi che forse era qualcosa si stupido, senza importanza, per questo non lo diceva anche a loro... Quella sera prima di andare a letto decise di chiedere a sua sorella, ma anche lei non sapeva niente, e, dopo diciassette anni passati a mentire insieme alla madre riconobbe nelle sue parole la verità. Scese in cucina, trovandola vuota. Il vetro era stato riparato. Avrebbe voluto che anche le persone potessero essere riparate, per aiutare tutti quelli che la guerra aveva spezzato, o magari era lui che era rotto, e aveva bisogno di essere aggiustato. Tornò in camera sua. Harry lo aspettava nel suo letto. I due parlarono un po', di quei giorni, della scuola, di loro. Come già sette anni prima, come avrebbero sempre fatto. Erano compagni di avventura, e compagni di vita. Con la leggerezza di questa consapevolezza si addormentarono, per una volta di un sonno pacato.
E di nuovo i tre erano di fronte alla parete che divideva i binari 9 e 10, insieme, per l'ultima volta. Il petto oppresso dalla nostalgia di migliaia di ricordi e il respiro leggero di vita. Harry, Ron e Hermione spinsero i loro carrelli decisi, attraversando la barriera per l'Hogwarts Express. Sempre gli stessi di quando per caso si incontrarono in uno scompartimento, in cerca di un rospo, e un pranzo decente, in cerca di un'occasione. Gli stessi, ma allo stesso tempo diversi, perché ora erano più che allora, più esperienze, più scelte, più cicatrici, più amici. Portavano nel cuore quei bambini, sapendo che non sarebbero più stati come loro. E per l'ultimo viaggio quel vagone li aspettava vuoto, disposto ad aprirsi nuovamente a loro, alla chiusura.
Spazio autrice
Bene gente, se questo capitolo vi piace anche solo un po' votate! Ora vi dico perché: per scrivere solo la parte finale, e ripeto solo quella finale, ci ho messo un giorno intero, e quando l'ho fatto ho pianto. So di essere stupida e infantile, ma vi giuro su Hogwarts che ho pianto, e anche tanto, e sto continuando, senza la benché minima possibilità di riuscire a chiudere i rubinetti... Harry Potter è praticamente stato la mia infanzia e mi ha accompagnata fino all'adolescenza, ma io non sono così disposta a lasciarlo andare... Ogni volta che ripenso a tutto questo mi emoziono e so che anche quando tra diciannove anni lo farò, mi succederà la stessa cosa. Perché è questo che prova ogni Potterhead.
Perdonate i sentimentalismi, un bacio
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