8. Primo pomeriggio
Il campanello trillò facendomi sobbalzare sul divano.
Infilai il segnalibro tra le pagine del libro che stavo leggendo, Memorie dal Sottosuolo di Dostoevskij, lo appoggiai sul tavolino di vetro e rattan insieme ai miei rotondi occhiali, e mi alzai per andare ad aprire la porta, sbuffando rassegnata.
Il solo pensiero di dover passare quasi tutti, se non tutti, i pomeriggi insieme a Riven mi angosciava.
I suoi occhi verdi, un po' nascosti dai fili bronzei dei suoi capelli che gli ricadevano sulla fronte, erano proprio lì davanti a me, a fissarmi.
Vederlo lì, sulla soglia di casa mia, mi provocò uno strano effetto. Tutto avrei pensato, ma mai di vederlo in casa mia, a Dawnguard.
Notai la sua espressione di sdegno, che gli faceva arricciare leggermente il naso pieno di lentiggini.
«Ciao. Potevi almeno mandarmi l'indirizzo» mi disse lui con tono infastidito e arrogante.
Sentii le guance accendersi per l'imbarazzo.
Che stupida, non ci avevo nemmeno pensato.
Come poteva sapere dove abitavo? Era la prima volta che veniva a casa mia.
«Ciao. Scusa, non ci ho pensato» dissi, e gli feci cenno di entrare in casa. «E come sei riuscito a trovare la casa?»
«Mi ricordavo del tuo orrendo giardino. Quando siamo venuti qui, Mirca me l'ha indicato. È talmente osceno che è impossibile non riconoscerlo» rispose con un ghigno di scherno, pensando di offendermi.
«Lo so» risposi indifferente, scatenando in lui uno sguardo perplesso.
In realtà mi dispiaceva avere un giardino così incolto, ma nel weekend avrei dovuto sistemarlo con zia Iris, quindi il problema si sarebbe risolto a breve.
«Rose? Chi è?» chiese zia Iris da camera sua.
«È Riven, zia».
«Oh, Riven, tesoro!» esclamò lei, uscendo dalla sua stanza e andando ad abbracciare Riven, che ricambiò stringendola calorosamente.
«Come stai? Ti trovi bene qui? E a scuola come va?».
«Sta andando tutto benissimo. E sono contento di avere al mio fianco Rosaspina» rispose lui, sciogliendo l'abbraccio.
«Ne sono davvero felice, caro!» disse lei sorridendogli. «Ora io ho molte cose da fare, sto sistemando il guardaroba! Rose, fai vedere la casa a Riven!».
«Certo, zia, ci vediamo dopo» le dissi.
«A dopo, ragazzi!» ci salutò lei.
Zia Iris sparì di nuovo dietro alla porta di camera sua, lasciandoci soli. E appena mi voltai verso Riven, riuscii a vedere il suo falso sorriso da angioletto che abbandonava il suo volto, lasciando spazio alla sua solita espressione cupa e graffiante.
«Allora? Mi fai vedere la casa o vuoi startene qui a non fare niente per tutto il giorno? Cerchiamo di sbrigarci, prima me ne vado e meglio è» ringhiò, fulminandomi con lo sguardo.
Trasalii appena i miei occhi incontrarono i suoi, ancora più taglienti del solito. Era evidente quanto desiderasse non trovarsi lì, insieme a me.
«Oh, certo... si, scusa» farfugliai, camminando verso il salotto.
Lo sentii seguirmi con passo leggero.
Nonostante il suo carattere insolente e scontroso che mostrava in mia presenza e raramente anche con i compagni di scuola, le sue movenze erano davvero composte ed eleganti. Sembrava un ragazzo raffinato, educato, gentile, garbato. Ma l'apparenza inganna, e lui ne era la prova più concreta.
«A tua zia piace molto quello che disegni e dipingi, vedo» disse guardando la parete piena delle mie creazioni che zia Iris aveva orgogliosamente appeso.
«Si, le piacciono molto» confermai, tornando verso il corridoio per cercare di distogliere la sua attenzione da quei quadri.
«Casa mia è identica alla tua, come forma. Non c'è molto da vedere» dissi ad alta voce dalla cucina, per farmi sentire da lui che ancora era in salotto.
«E questo?» chiese.
Sentii il cuore iniziare a battere velocemente, accelerando sempre di più. Capii immediatamente che la domanda era rivolta ad uno dei miei quadri, e speravo con tutta me stessa che non intendesse proprio quello.
Lo raggiunsi in salotto, e lo trovai dove lo avevo lasciato, con gli occhi puntati in alto, proprio lì.
In quel momento, nella mia testa mi maledissi per non essermi ricordata di toglierlo.
«Cosa dovrebbe rappresentare?» domandò, senza staccare gli occhi da quel dannato dipinto.
Era una tela piccola, grande tanto quanto un foglio da stampante, che raffigurava una ragazza in un bosco verde e rigoglioso, pieno di fiori e piccoli animali. Ma nonostante la felicità e l'allegria di quel posto, la ragazza era spaventata, e teneva le mani sul volto per coprirsi gli occhi. Dietro di lei, un grande e imponente lupo nero in posizione di assalto mostrava i denti, e sembrava volerla aggredire. E quel lupo, aveva dei luminosi e spaventosi occhi verdi.
Quel dipinto lo avevo realizzato l'anno precedente, durante la prima lezione della professoressa Cobello in cui ci aveva dato il compito di rito: rappresentare la nostra estate.
Quando ero tornata a casa e l'avevo mostrato a zia Iris, lei lo appese immediatamente alla parete pensando che mi fossi lasciata ispirare dalla favola di Cappuccetto Rosso, che lei mi raccontava sempre nelle sere d'estate a Redwood quando ero ancora una bambina.
Ma la verità dietro a quel quadro era un'altra. Quella ragazza spaventata dal lupo non era Cappuccetto Rosso, ero io, a Redwood. E quel lupo grande, feroce e minaccioso che mi sovrastava non era quello della favola, ma era Riven.
Riven, con i suoi occhi brillanti, ma allo stesso tempo oscuri, atroci e angoscianti.
Riven, che mi aveva sempre messo paura con il suo atteggiamento ostile, con le sue parole cariche d'odio, con in suoi sguardi profondamente inquietanti.
Riven, che per ogni momento che passavo in spensieratezza in quel bosco incantevole, proiettava la sua figura minacciosa come un'ombra sinistra sui miei pensieri, costringendomi a stare in allerta e tormentandomi in modo inesorabile.
«Cappuccetto Rosso e il lupo» risposi schietta, incrociando le braccia, sforzandomi con ogni fibra del mio essere di non mostrare quanto fossi agitata.
Lui si voltò a guardarmi, e sentii i suoi occhi addosso pungere come aghi dentro al mio stomaco. Capii immediatamente che aveva colto il vero significato di quel mio dipinto, e in quel momento sembrava pronto a dimostrarmi quanto quell'opera si fantasia riflettesse la nostra realtà.
Sorrise, e si avvicinò a me a passo lento.
Non di nuovo.
Socchiuse gli occhi in una fessura, e il cuore mi saltò in gola. Ero ghiacciata, congelata sul posto, incapace di spostarmi.
Si fermò ad un palmo dalla mia faccia, e poi avvicinò le labbra al mio orecchio. Anche se quella era una cosa che faceva spesso, non sarei mai riuscita ad abituarmici. Sentii il suo respiro caldo sul mio collo.
«Ti faccio così paura?» sussurrò con voce profonda.
Un brivido mi percorse tutta la spina dorsale, facendomi venire la pelle d'oca.
Trovai la forza per indietreggiare, e lui con un passo svelto riempì subito la distanza tra di noi, tornando con il suo volto ad un palmo dal mio. Sorrise divertito, mentre probabilmente riusciva a leggermi il terrore negli occhi.
«No» risposi seccamente allontanandomi da lui, stavolta con più fretta.
Lui restò dov'era, conservando il suo odioso sorrisetto beffardo ed enigmatico.
«Andiamo a studiare» sbottai, andando verso le scale.
Quando gli diedi le spalle e mi liberai dal suo sguardo magnetico e penetrante, provai una sensazione di sollievo e il mio cuore iniziò a rallentare.
Ancora una volta, lui mi seguì.
«Iniziamo subito» dissi seccamente appena entrammo nella mia stanza.
Volevo che se ne andasse da casa mia il prima possibile, e sicuramente lui desiderava la stessa cosa.
«Non hai nemmeno portato il libro» lo rimproverai, notando solo in quel momento che non aveva con sé lo zaino.
«A cosa mi serve? Basta che li hai tu» rispose brusco.
«E gli appunti dove li prendi?».
«Ti sembro uno che prende appunti? Mi basta ascoltare».
Mi guardò con un sorriso sfacciato.
Sentii il calore della rabbia salirmi alla testa. Odiavo quando si comportava in maniera così superba e saccente.
«Ti darò io uno dei miei quaderni, allora. Devi scrivere degli appunti, perché per prima cosa non ho intenzione di ripetere le cose, e se ti dimentichi qualcosa, ti arrangi. Seconda cosa, se la professoressa Morris chiede una prova del fatto che stiamo studiando insieme e tu non hai nulla da mostrarle, poi posso dire addio ai miei crediti extra, che ti ricordo essere l'unico motivo per il quale ti sto aiutando. Quindi prenderai appunti. Ci siamo intesi?».
Lui mi rivolse uno sguardo tagliente e un ghigno di sfida. «Che strano, mi sembrava fossi stata tu a chiedermi di smettere di odiarti tanto. Così ti rendi ancora più antipatica, mi rendi le cose difficili, Spina».
«Sta' zitto e siediti qui» risposi aspra, spostando la sedia girevole da sotto la scrivania e indicandola.
Poi ci trascinai vicino lo sgabello in legno bianco della specchiera, e mi ci sedetti.
Lui si mise a sedere senza fare storie.
«Da cosa iniziamo?» chiese, mentre io tiravo fuori da un cassetto un quaderno vuoto per lui, e prendevo il libro e l'astuccio dallo zaino.
«Da storia dell'arte. Tieni». Gli porsi il quaderno e una penna a sfera nera.
«Grazie. Ora sei più simpatica, Spina» disse ridacchiando tra sé e sé.
Lo ignorai, e quando lui si accorse che stavo evitando il suo sguardo di proposito, si lasciò scappare un'altra risatina.
Insopportabile.
«Tu non hai mai studiato storia dell'arte, giusto?» gli chiesi sfogliando le pagine del libro, fingendomi impegnata a cercare qualcosa solamente per evitare di voltarmi verso di lui e guardarlo negli occhi.
Sentivo la pesantezza del suo sguardo puntato su di me, e già quello era abbastanza.
«No. Ho solo letto qualche libro a riguardo, nulla di più».
«Bene, allora inizieremo dalle basi. Andremo velocemente per l'inizio, quindi cerca di starmi dietro».
Lui sbuffò alzando gli occhi al cielo, e fece tamburellare la penna sulla scrivania.
Presi dalla libreria i libri di storia dell'arte degli anni precedenti, ed iniziai a sfogliare quello del primo anno e a spiegare a Riven gli argomenti passo per passo, mostrandogli le immagini e disegnando qualche schema con la matita sul mio quaderno.
Nel mentre lui annotava qualche concetto come gli avevo chiesto, e io non riuscii a trattenermi dal lanciare lo sguardo verso i suoi appunti, scritti con la sua solita attenzione e grafia elegante e ordinata, con lettere curate e ricurve che sembravano uscire dalla penna di un uomo d'altri tempi.
Pagina dopo pagina, argomento dopo argomento, in poco più di quattro ore riuscimmo a recuperare tutto il programma degli anni precedenti, anche se andando un po' di fretta. Ma vedevo che Riven riusciva tenere il passo con le mie rapide spiegazioni senza problemi, e ogni tanto mi fermava per farmi qualche domanda, alla quale rispondevo con piacere dato che mi stava seguendo con grande attenzione.
Era strano parlare con lui in quel modo, come se ci fossimo lasciati alle spalle tutto il nostro astio. Pensavo non sarei mai riuscita a tenere una conversazione normale con lui, senza ricevere le sue occhiatacce minacciose e senza dovermi difendere con le parole diventando antipatica, e invece mentre studiavamo insieme sembrava tutto più facile, ed era come se fossimo due semplici compagni di scuola.
L'atmosfera di tranquillità che si era creata nella mia stanza mi fece quasi dimenticare di chi avevo di fronte, e per quelle quattro ore Riven mi sembrò un ragazzo come tanti, che non provava nessun sentimento ostile nei miei confronti e verso il quale non li provavo io.
«Per oggi può bastare» dissi chiudendo il libro e il quaderno. «Abbiamo parlato in velocità di tutto il programma degli anni precedenti, quindi ora hai una base da cui partire. Nei prossimi giorni, quando ci troveremo per studiare gli argomenti di quest'anno, sicuramente torneremo su quelli che ti ho spiegato oggi, quindi cerca di tenere bene a mente tutto quello che ti ho detto. È molto importante, perché per capire le lezioni di quest'anno è fondamentale conoscere i fondamenti della storia dell'arte».
«Ti ringrazio, Spina» rispose lui, chiudendo il suo quaderno. Si voltò verso di me guardandomi negli occhi, e mi porse la penna. «Hai un futuro come insegnante, lo sai?» disse con un ghigno sarcastico, al quale io risposi facendo roteare gli occhi.
Tornammo al piano di sotto, e io chiamai zia Iris per avvisarla del fatto che Riven se ne stava andando.
«Riven, prima che mi dimentichi: Mirca mi ha chiesto di dirti che sta per tornare a casa e che in freezer c'è il pollo da scongelare. Ha provato a mandarti un messaggio, ma non hai risposto, quindi ha chiamato me. Ha detto che sta per tornare a casa, dovrebbe arrivare tra una mezz'ora» gli disse zia Iris, uscendo dalla stanza.
«Grazie, Iris» rispose lui con un sorriso.
Si salutarono, e poi Riven se ne andò.
Appena chiusi la porta, non provai la solita sensazione di sollievo che mi investiva ogni volta che mi allontanavo da lui dopo ore passate in sua compagnia. Quel pomeriggio, nonostante il piccolo problema del quadro mi avesse messa in difficoltà, la sua presenza non era stata così spiacevole.
«Rose, hai fame? Tra un po' è ora di cena!» disse zia Iris dal salotto.
La raggiunsi e mi sedetti sul divano, accanto alla sua poltrona. «Lo so che me lo chiedi perché tu hai fame e sono io a dover cucinare» esclamai divertita.
«Ops» rispose lei con una risatina, alzando le mani in segno di resa.
«Che cosa vuoi mangiare?» le domandai.
«Qualsiasi cosa va bene, purché non sia calda! Oggi il caldo è stato davvero tremendo».
«Va bene, allora farò un'insalatona».
Mi alzai per andare a cucinare, ma lei mi fermò. «Rose, prima che tu vada...».
Mi risedetti sul divano, capendo che quella non sarebbe stata una conversazione breve.
«Come sta Riven? Si trova bene per davvero? Mirca oggi è tornata a Redwood per andare ad inscatolare altre cose, e siamo state al telefono mentre era in macchina. Mi ha confessato di essere preoccupata per lui: ha detto che a casa lo vede un po' spento, e ha paura che questo cambio di vita così radicale ed improvviso possa farlo stare male. Tu che ne pensi? Secondo te lui soffre per questo?».
Il panico mi assalì, ma cercai di non darlo a vedere. Come avrei fatto a rispondere a quella domanda così personale, che presumeva che Riven si fosse aperto con me riguardo alle sue preoccupazioni e paure, senza risultare sospetta? Io non sapevo assolutamente nulla su di lui, tanto meno riguardo alle sue emozioni, che per me erano sempre state un codice impossibile da decifrare.
«Penso che siano passati troppi pochi giorni, zia. È normale che sia un po' sconvolto, da un giorno all'altro si è trovato in una nuova città e con una vita totalmente diversa da quella che aveva prima. Dì pure a Mirca di stare tranquilla, Riven sta benissimo. E in ogni caso, ci sono io ad aiutarlo» la rassicurai.
Fortunatamente, ero riuscita a mettere in piedi una risposta vaga che non risultasse ambigua, ma abbastanza completa da non sembrare evasiva.
«Va bene, Rose. Mi fido, perché so quanto gli vuoi bene» rispose lei.
Le rivolsi un sorriso forzato a quella sua affermazione, che a me sembrò ridicola.
«Comunque, domani Mirca dovrà tornare di nuovo a Redwood per mettere nelle scatole le ultime cose e prepararle per il camion dei traslochi, che andrà a prendere tutto giovedì. C'è ancora molto lavoro da fare, quindi domani mattina partirò insieme a lei per darle una mano».
«Va bene» dissi alzandomi dal divano con un sospiro. «Domani Riven verrà qui di nuovo, credo, quindi non sarò da sola. Vado a preparare la cena».
Zia Iris annuì, e io mi diressi in cucina.
***
Dopo mangiato restammo a tavola a chiacchierare per un po', e poi diedi la buonanotte prima di salire in camera.
Indossai il pigiama, mi buttai sul letto, e controllai le notifiche sul telefono.
Vidi un messaggio di Ethan, di poche ore prima.
"Come è andata con Riven?"
"È andato tutto bene, ma racconterò meglio domani. Buonanotte." risposi, sperando che mi desse la buonanotte anche lui e che non continuasse con la conversazione.
Sull'icona della chat di gruppo con Matilda e Lila, c'erano più di cinquanta notifiche. Ovviamente, non avevi la minima intenzione di leggere tutti quei messaggi.
"Sappiate che di tutto quello che avete scritto non ho letto nemmeno una parola. 58 messaggi? Voi siete fuori di testa. Domani mattina mi farete un riassunto."
"Chissà perché, ce lo aspettavamo. Comunque, ne parleremo domani. Buonanotte, ragazze." rispose Matilda dopo pochi minuti.
"Buonanotte. E Rose, 58 messaggi sono pochissimi, potevamo fare molto peggio!" scrisse Lila subito dopo.
Non riuscii a contenere una risatina, leggendo quei messaggi. Per me era molto comico il fatto che Lila e Matilda, nonostante fossero sorelle e condividessero anche la stanza, scrivessero sulla chat di gruppo per parlarsi. Era divertente, ma sapevo che lo facevano per includere anche me nelle loro conversazioni e che per loro era solo che un piacere. Ero grata di avere delle amiche così sincere.
Bloccai il telefono, lo attaccai al caricatore e lo appoggiai sul comodino.
Presi il libro, e ricominciai a leggerlo da dove mi ero interrotta quel pomeriggio all'arrivo di Riven. Ma una riga dopo l'altra, mi resi conto che un turbinio di pensieri mi stava riempiendo la testa e che stavo solo facendo scorrere lo sguardo sulle parole, senza leggere per davvero. Perciò mi arresi alla mia mente, troppo attiva per essere messa a tacere con la lettura, e appoggiai il libro ancora aperto a faccia in giù accanto a me.
Guardai fuori dalla finestra, godendomi la luce della luna e delle stelle, e ripensai alla giornata appena trascorsa insieme a Riven. Riflettei sul suo comportamento e su come in quelle ore, mentre studiavamo insieme, non mi ero sentita schiacciata dal suo carattere ostile e dalla sua cattiveria. E il motivo era che quel pomeriggio, per la prima volta, non mi aveva graffiata con il suo odio, e bruciata con i suoi occhi smeraldini pieni di astio. Quel pomeriggio era rimasto indifferente alla mia presenza, mi aveva trattata come una persona qualunque e non come la spina nel fianco che tanto odiava, si era rivolto a me con toni pacati e sguardi interessati alle mie spiegazioni, e nemmeno per un secondo, tranne per il fatto iniziale riguardante il mio dipinto, mi ero sentita a disagio accanto a lui. Era una cosa davvero strana, che non mi sarei mai aspettata di provare.
Mi chiesi se d'ora in avanti le giornate insieme a lui, sia a scuola che al di fuori di essa, sarebbero trascorse in quel modo così sereno, o se Riven sarebbe tornato a comportarsi nella sua solita maniera meschina.
Dopo aver accontentato la mia mente seguendo quel flusso di pensieri per un po', provai a riprendere in mano il libro, e riuscii finalmente a leggere senza distrazioni.
----------------[ spazio autrice ]----------------
Ciu :3 come va?
Come vi è sembrato questo primo incontro di studio tra Riven e Rosaspina?
Chissà se Riven tornerà ad essere un cattivone con Rose, o se si è davvero ammorbidito...
Un abbraccio, ci vediamo al prossimo capitolo! :3
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