2. Nuovo compagno
La mattina mi svegliai con la luce del sole ad illuminare la mia stanza.
La sveglia, che doveva ancora suonare, era solo una precauzione per le volte in cui andavo a letto tardi e rischiavo di dormire troppo, perché da anni ero abituata ad alzarmi con le prime luci del giorno. Era un bel buongiorno, che mi dava molta serenità e carica.
Guardai fuori dalla finestra per qualche minuto, osservando il cielo azzurro e le nuvole candide trapassate dai raggi del sole.
Dopo aver lasciato che i miei occhi si abituassero alla luce, mi allungai verso il comodino per prendere il cellulare e guardare l'ora. Erano le 06:17, e avevo parecchio tempo per prepararmi con calma, andare a scuola a piedi e trattenermi con i miei amici e Ethan prima di iniziare le lezioni.
Un sorriso spontaneo nacque sulle mie labbra al pensiero della splendida giornata che mi aspettava.
Mi alzai dal letto con un balzo energico.
Ero entusiasta di tornare a scuola e rivedere i miei compagni, che non avevo potuto vedere e contattare per tutta l'estate.
E poi a me la scuola piaceva, e non vedevo l'ora di tornare tra i colorati corridoi del mio liceo tappezzati di disegni e quadri degli studenti e nelle aule di laboratorio e progettazione. Mi piaceva studiare e imparare, e il liceo artistico era sicuramente la scuola perfetta per me.
L'arte, i disegni, la carta, l'inchiostro... Erano il mio modo per alleviare il dolore delle mie ferite e per colmare l'immensa sensazione di vuoto che mi era rimasta nel cuore da quando i miei genitori se n'erano andati.
Con zia Iris stavo benissimo e le volevo molto bene, come ad una mamma, ma la consapevolezza che mia madre e mio padre avessero scelto di abbandonarmi mi consumava e logorava lentamente, in continuazione.
Non ero triste, non sentivo la loro mancanza, quelle emozioni se n'erano andate da parecchi anni. L'unica cosa che provavo era un profondo senso di rancore, che probabilmente non mi avrebbe mai lasciata.
Raccolsi il beauty-case da terra, che avevo lasciato lì la sera prima dopo aver svuotato le borse sul pavimento, e mi diressi verso il mio bagno.
Feci una doccia veloce per darmi una rinfrescata dopo l'afosa notte appena trascorsa. Mi erano mancate molte cose di Dawnguard, ma sicuramente non il suo clima rovente che non dava mai tregua. L'aria sempre fresca di Redwood era decisamente molto più gradevole.
Con l'accappatoio addosso mi guardai allo specchio, e usai la coda del pettine per separare con una riga a metà i miei capelli ancora bagnati.
Sorrisi al mio riflesso quando vidi la ciocca di capelli bianchi naturali dividersi e contornare il mio viso. Era in perfetto contrasto con la mia chioma castana.
Quella caratteristica così particolare era ciò che amavo di più di me stessa, nonostante per anni i miei compagni di classe delle elementari e delle medie mi avessero presa in giro dicendomi che ero già una vecchiaccia.
Quando al liceo le persone attorno a me iniziarono a complimentarsi per quel mio tratto estetico e a tingersi i capelli per imitarlo, capii che mi rendeva unica e che dovevo apprezzarlo.
Mi truccai con delle sottili righe di eyeliner nero e del mascara, che sembravano dare ancora più luce ai miei occhi marroni e chiari.
Malgrado non mi truccassi da mesi, le linee vennero incredibilmente precise e riuscii a non combinare un disastro con il mascara.
Tornai in camera, indossai dei pantaloni a palazzo neri con dei fiori bianchi che strinsi in vita facendo un fiocco con la cintura di stoffa, un top azzurro leggermente scollato e le mie solite scarpe da ginnastica a stivaletto e in tela nera. Aggiunsi anche degli orecchini a cerchio e una collana con una punta di quarzo per completare il look, presi la borsa e scesi di corsa le scale.
Ma quando arrivai a metà rampa sbuffai e tornai indietro, ricordandomi che avevo scordato di prendere il telefono.
Andai in cucina, e trovai zia Iris ad accogliermi seduta al tavolo, con i capelli argentati legati in uno chignon basso e disordinato, e con indosso i suoi occhiali tondi con la montatura tartarugata e spessa che le incorniciavano le iridi nere.
Aveva trentotto anni, e anche se su un'altra donna probabilmente quei capelli grigi e bianchi, che lei aveva così dalla nascita, sarebbero sembrati strani e poco eleganti, a lei donavano molto e non la invecchiavano per nulla. Nonostante il suo aspetto corrispondesse in tutto e per tutto a quello dello stereotipo della zia single, lei era una donna davvero bellissima.
Teneva un libro in una mano e una tazza fumante nell'altra. Sarebbero potuti esserci anche settanta gradi, potevano anche squagliarsi tutte le tazze del mondo per il caldo, ma zia Iris avrebbe comunque bevuto una tisana calda.
«Buongiorno» la salutai sorridente, «Non credi che oggi ci sia un po' troppo caldo per una tisana?».
«È un infuso depurativo allo zenzero e al finocchio. Fa bene, dovresti berlo anche tu, cara» rispose lei, appoggiando il libro sul tavolo e richiudendolo.
Mi sentii avvolgere da una vampata di calore solo al pensiero di ingurgitare quell'intruglio bollente.
«Per questa volta passo, grazie lo stesso» dissi prendendo un paio di biscotti dalla scatola di latta aperta sopra al tavolo.
«Come ti senti? Stai per iniziare l'ultimo anno!» trillò zia Iris, portandosi le mani unite al petto.
«Bene, credo» risposi, non sforzandomi di trattenere un'espressione perplessa, dato che zia Iris avrebbe comunque colto la mia titubanza.
L'ultimo anno... mi sembrava impossibile. Amavo la mia scuola, e quei cinque anni erano passati troppo in fretta per i miei gusti.
«Vedrai che andrà tutto bene. Sarà un anno meraviglioso, me lo sento! Anzi, non è che me lo sento... lo so!».
«Grazie zia, lo spero» risposi accennando un sorriso malinconico, chiedendomi il perché di tutta quell'esaltazione. «È meglio che vada, buona giornata zia!» esclamai addentando un biscotto e dirigendomi verso l'ingresso.
«Buona giornata anche a te, tesoro!» rispose lei, sventolando la mano in aria e soffiandomi un bacio.
Uscii di casa e mi incamminai verso la scuola a passo lento, sapendo che avrei potuto prendermela con calma dato che le lezioni sarebbero iniziate alle otto in punto ed erano ancora le sette e un quarto.
A passo moderato ci volevano circa dieci minuti per arrivare da casa fino alla scuola, ma camminando con più calma ce ne avrei messi circa quindici.
Faceva davvero molto caldo, talmente tanto che i miei capelli si erano asciugati in pochi minuti, diventando ondulati.
E passo dopo passo, mentre mi spostavo da un marciapiede all'altro per approfittare dell'ombra degli alberi piantati nei vialetti e nei giardini del quartiere ed evitare il sole diretto bruciante, arrivai nella via della scuola.
«Rose!» esclamò Ethan, correndo verso di me appena mi vide.
Quando i miei occhi incrociarono i suoi, luminosi e azzurri come il cielo, sul mio volto si fece largo un grande sorriso.
«Ethan! Mi sei mancato moltissimo!» dissi con enfasi, buttandogli le braccia al collo.
Lui mi accolse in un affettuoso abbraccio stringendomi i fianchi, e poi mi sollevò facendo un giro su se stesso.
Quando sciolse l'abbraccio, gli presi il viso tra le mani e gli stampai un bacio sulle labbra. Lui diventò rosso in viso per l'imbarazzo, e si scompigliò i capelli dorati e lucenti portandoli all'indietro.
«Anche tu mi sei mancata, Rose» rispose appena lo liberai dalla mia stretta, dandomi un bacio sulla guancia.
«Avete finito di fare i fidanzatini innamorati?» sbottò una voce squillante alle nostre spalle.
«Matilda! Lila!» esclamai appena mi voltai e riconobbi i loro volti. «Mi siete mancante tanto anche voi!».
Ci stringemmo tutte e tre in un affettuoso e rapido abbraccio.
«Come è andata l'estate?» chiese Ethan, cingendomi il fianco con un braccio e tirandomi a sé.
«Come ogni anno, Redwood non cambia mai» risposi, con tono indifferente.
«E Riven? Ti ha dato fastidio anche quest'anno?» chiese lui, assumendo d'un tratto un tono più serio e irritato.
«Non più di quanto non abbia fatto anche l'anno scorso, e l'anno ancora prima, e quello prima ancora. La situazione è sempre quella, e non cambierà mai» risposi con un sorriso disinteressato, cercando di rassicurarlo.
«Prima o poi me lo dovrai presentare!» disse lui in tono beffardo, ridacchiando insieme a Matilda e Lila.
Nessuno di loro aveva mai conosciuto Riven, e sicuramente non sarebbe mai successo, per loro fortuna.
Gli avevo parlato spesso di lui, del modo freddo con cui mi trattava alle volte, e di quello rude e scontroso con il quale si rivolgeva a me delle altre. Avevo raccontato anche di come io non avessi la più pallida idea di che cosa avessi fatto per farmi odiare così tanto da lui, e loro ogni volta che veniva tirato in ballo l'argomento sostenevano che qualcosa dovevo aver pur fatto per meritarmi quei comportamenti ostili. Ma io sapevo di non aver mai fatto nulla per turbare la sua tranquillità, eppure...
«Beh, Rose, hai sentito del ragazzo nuovo?» trillò Lila, con un'espressione euforica.
«Ma che cosa vuoi che abbia sentito? È stata su un altro pianeta fino a ieri sera! Dai, ma che domande idiote che fai!» rispose Matilda, e le due iniziarono a battibeccare tra di loro.
Ethan alzò i palmi con un'espressione divertita, e indietreggiò lentamente.
Ovviamente non aveva voglia di intromettersi in quei futili pettegolezzi, e io scossi la testa in segno di disapprovazione, con un sarcastico sguardo di rimprovero per avermi abbandonata in balia mie due amiche litigiose.
Loro due erano sorelle gemelle, e nonostante fossero molto legate, erano totalmente diverse l'una dall'altra sia caratterialmente che esteticamente, e nessuno avrebbe mai detto di loro che fossero gemelle, nemmeno sorelle.
Le loro personalità erano opposte: Lila era esuberante, estroversa e solare, mentre Matilda era più riservata, meditativa e permalosa. E dal punto di vista estetico, se Lila aveva un volto delicato e dalle forme tondeggianti, i capelli fino alle spalle, ondulati e tinti di rosso fuoco, e gli occhi castani e chiari, Matilda aveva dei lineamenti più spigolosi, una lunga chioma liscia e biondissima, e delle iridi quasi nere. Erano poche le cose che avevano in comune: entrambe erano davvero belle e attraenti, ed entrambe erano persone splendide e delle ottime amiche.
«Stavi dicendo, Lila?» dissi interrompendo la loro discussione, della quale non stavo capendo assolutamente nulla.
«Stavo dicendo...» disse rivolgendo uno sguardo cagnesco a Matilda. «Che è arrivato un ragazzo nuovo. È già da un paio di giorni che gira la notizia, ma ancora nessuno l'ha visto. Chissà chi è questo ragazzo misterioso! Magari è bellissimo e affascinante, come nei film...».
Continuò guardando verso il cielo con occhi sognanti.
«Frena gli ormoni, Lila. Mi sembri un po' troppo agitata!» sbottò Matilda, dandole una gomitata.
«Ahia!» gridò lei, portandosi una mano al fianco e iniziando a massaggiarsi.
«È meglio se ci avviamo verso la classe!» dissi appena vidi lo sguardo di sfida che Matilda lanciò a Lila, e le afferrai per i polsi per trascinarle dentro la scuola.
Una volta arrivata in classe, mi sedetti nel banco vicino a quello delle mie due amiche, lasciando uno spazio vuoto alla mia destra.
Avrei tanto voluto che Ethan fosse stato in classe con noi, ma lui frequentava un'altra classe, quindi partecipavamo sempre a lezioni diverse.
«Buongiorno, ragazzi! Avete passato delle belle vacanze?» chiese con voce acuta e vibrante la professoressa Morris, la nostra insegnante di storia dell'arte, entrando in classe e chiudendo rumorosamente la porta.
Non c'era studente in quella scuola che non la adorasse, era una donna davvero fantastica. Amava il suo lavoro e riusciva a trasmettere la sua passione a tutti noi, e oltre a ciò era anche una persona molto empatica e attenta ai bisogni dei suoi alunni.
Tutti annuirono sorridenti, e io cercai di sembrare altrettanto contenta, ma senza riuscire a non abbassare la testa per l'imbarazzo.
Speravo non mi avrebbe chiesto ancora una volta delle mie vacanze a Redwood, come faceva tutti gli anni, dato che ogni volta con il mio breve, noioso e schivo racconto attiravo sempre gli sguardi indiscreti e le risatine dei miei compagni.
«Sono lieta di annunciarvi che il nuovo studente di cui tanto si è parlato negli ultimi giorni farà parte della nostra classe. Credo sia un po' in ritardo, dovrebbe essere qui a momenti...».
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che la porta della classe si aprì di scatto.
Alzai lo sguardo, e vidi il ragazzo di spalle che richiudeva la porta.
Appena si voltò, i suoi occhi verdi smeraldo taglienti e mordaci puntarono dritti nei miei, e mi fecero sbiancare in viso.
Un brivido di sgomento mi attraversò tutta la spina dorsale, e mi sentii un nodo allo stomaco.
Ero paralizzata, ghiacciata sul posto per lo shock.
«Spina?!» ringhiò lui con occhi sbarrati, non riuscendo a trattenere lo stupore.
Riven.
Riven era lì, in piedi di fronte a me.
Nella mia classe.
Nella mia scuola.
Nella mia città.
Cosa diavolo ci faceva a Dawnguard?
Avvampai immediatamente di vergogna e rabbia sentendolo pronunciare davanti a tutta la classe quell'odioso nome che usava sempre per rivolgersi a me.
Tutti mi chiamavano Rose, perché sapevano che non avevo mai apprezzato particolarmente il mio nome completo.
Solo i professori mi chiamavano Rosaspina.
E nessuno mi chiamava Spina.
Nessuno a parte lui.
Il cuore iniziò a martellare incessantemente nel mio petto. Sembrava voler uscire a tutti i costi.
Tutte le mie certezze per la vita che stavo conducendo serenamente a Dawnguard si spaccarono in mille pezzi in un istante.
Riven era il nuovo studente del liceo, e questo voleva dire che si era trasferito a Dawnguard.
Ma per quale motivo zia Iris e Mirca non mi avevano detto nulla?
E a giudicare dal tono sorpreso di Riven nemmeno lui doveva aver saputo che si sarebbe ritrovato nella mia stessa scuola.
«Lui è Riven Murphy, viene da Redwood» esclamò la professoressa Morris, con un sorriso entusiasta.
Appena Matilda e Lila realizzarono ciò che stava succedendo, si voltarono verso di me con gli occhi spalancati.
Ma io ero troppo impegnata a cercare di riperdermi dallo shock per pensare a loro.
Io e Riven non riuscivamo a staccare gli occhi l'uno dall'altra.
Eravamo entrambi congelati.
«Riven, vedo che conosci la nostra cara Rosaspina, che bella sorpresa!» trillò di nuovo la professoressa, spostando lo sguardo verso di me.
«Certo» rispose Riven con un tono calmo e pacato dopo essersi schiarito la voce, e cambiando improvvisamente espressione. «Io e Rosaspina siamo amici da molti anni, passiamo sempre le vacanze estive a Redwood insieme».
Sfoderò uno dei suoi soliti falsi sorrisi, e io sentii il nodo allo stomaco stringersi ancora di più, togliendomi il fiato.
Aveva intenzione di tenere in piedi quello squallido teatrino anche ora?
La professoressa Morris sembrò sciogliersi sul posto vedendo quel sorriso da angelo.
«Oh, che meraviglia! Allora, Rosaspina, credo proprio che dovresti occuparti tu di aiutare Riven ad ambientarsi nella scuola e a recuperare il programma dell'anno precedente. Ma quest'anno dobbiamo tenere un ritmo ben preciso e costante con il programma delle lezioni, quindi non ci sarà tempo per farlo in classe, dovrete farlo al di fuori dell'orario scolastico. Rosaspina, se accetterai di aiutare Riven ovviamente ti aggiungeremo dei crediti extra a fine anno. So che ti farebbero molto piacere. Saresti davvero perfetta per dare una mano a Riven!».
Non di nuovo.
Ero nuovamente incastrata insieme a lui.
Ogni singola fibra del mio essere avrebbe voluto che lui se ne andasse all'istante, altroché aiutarlo per questo e quell'altro.
Ma i crediti extra... Era da quando avevo iniziato il liceo che mi ero prefissata di uscire dalle superiori con la lode, e non avevo intenzione di rinunciare a quell'obiettivo.
Quei crediti mi sarebbero serviti davvero tanto.
D'altronde, lo avevo sopportato per tre mesi all'anno per dieci anni, che cosa mai potevano essere altri nove mesi?
Ma quello era il mio ultimo anno, e lui me lo avrebbe rovinato.
Sacrificare l'ultimo anno di liceo, oppure la lode in uscita?
Ma dopo qualche breve riflessione, realizzai che anche se non fosse stato assegnato a me l'ingrato compito di aiutarlo, lui mi avrebbe comunque rovinato l'anno scolastico con la sua sola presenza.
Zia Iris e Mirca sicuramente erano d'accordo, e io e Riven saremmo stati costretti a passare del tempo insieme in ogni caso.
Tanto valeva accettare la proposta della professoressa Morris e guadagnarci qualche credito.
«La ringrazio, professoressa Morris. Sarei molto felice di aiutarlo. Sempre se anche lui è d'accordo» dissi rivolgendo un sorriso accompagnato da un quasi impercettibile sguardo di disprezzo a Riven.
Con la coda dell'occhio vidi gli sguardi interrogativi di Matilda e Lila fissi su di me. Dovevano essere parecchio confuse da quella situazione.
«Riven?» lo interpellò la professoressa.
«Mi piacerebbe molto essere accompagnato dalla mia cara amica Rosaspina in questo nuovo percorso. Grazie» rispose.
«Allora siamo d'accordo, grazie per la vostra collaborazione!» esclamò lei battendo le mani.
Noi due ricambiammo con un sorriso imbarazzato.
«Riven, siediti pure accanto a Rosaspina».
Ci mancava solo questa. Oltre al danno, pure la beffa.
Non solo avrei dovuto sopportare la sua sgradevole compagnia al di fuori dell'orario scolastico, ora era anche il mio compagno di banco.
Riven venne verso di me, lasciò cadere lo zaino ai piedi del banco e si sedette.
Mi voltai verso di lui per rivolgergli uno sguardo ostile, e lo trovai già a guardarmi.
I suoi occhi verdi profondi e magnetici mi scrutarono in maniera rabbiosa, e il cuore mi balzò in gola.
Lui sorrise maliziosamente, e si avvicinò di più a me. «Siamo di nuovo insieme, eh Spina? L'ho sempre detto che sei una spina nel fianco difficile da estirpare» disse sottovoce, talmente vicino al mio orecchio che sentii il suo respiro sulla guancia.
Un brivido di ribrezzo mi scosse tutto il corpo, e strinsi forte i pugni conficcandomi le unghie nei palmi.
Era davvero possibile provare così tanto disprezzo per qualcuno?
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Ciu :3 tutto bene?
Allora, vi è piaciuto questo secondo capitolo? Stiamo già entrando nel succo della trama, e nel caso non si fosse capito a me piace quando le cose vanno dritte al dunque!
Per il momento, la storia vi sta intrigando?
Fatemi sapere che cosa ne pensate con un commentino!
Un abbraccio e al prossimo capitolo! :3
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