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La tua mira fa proprio pena


3


Quel giorno faceva un caldo bestiale, che lasciava la pelle appiccicaticcia in modo davvero fastidio. Bellissima idea una partita a pallavolo, pensò Marco, proprio il modo giusto per sudare ancora di più. Non che lui non amasse lo sport, anzi giocava pure a pallacanestro, sebbene non gli importasse molto di avere il fisico palestrato e perfetto.

 Diciamo che semplicemente non aveva addominali scolpiti, ma un addome normale, senza muscoli in bella mostra. Diceva sempre che lo salvava l'altezza, perché se fosse stato più basso sarebbe risultato molto più grosso. Comunque decise di andare a giocare dato che non aveva niente di meglio da fare. 

In più una strana sensazione, per meglio dire attrazione, lo portava ad avvicinarsi ad Aurora, che qualche passo avanti a lui camminava sorridendo alle sue amiche. Erano uno strano gruppo, non riusciva a capire la correlazione tra le tre, ma di certo non erano affari suoi. Nemmeno lui e Pietro avevano niente in comune, nemmeno mezzo addominale, eppure erano amici da quando avevano dieci anni. 

Si spostarono tutti quanti in mare, con l'acqua all'altezza ginocchia, per lo meno la sua freschezza avrebbe reso più tollerabile l'idea di giocare a pallavolo.

Iniziarono a lanciarsi la palla, in un susseguirsi di schizzi d'acqua e di risate, mentre il sole cocente di inizio agosto abbrustoliva spalle e paranoie. Si sentiva meglio, più libero dalle catene di Vanessa. Sebbene nessuno la sopportasse, lui stava con lei da anni e si conoscevano da quasi tutta la vita. Le era sempre stato fedele, continuando a essere se stesso senza strafare. Mai aveva pensato di tradirla o di mancarle di rispetto, il problema era che lei diventava una persona diversa quando erano lontani, per le vacanze per esempio.

Più difficile e più pressante.

Roba da quindici chiamate perse e spesso era troppo per lui.

Si stava divertendo, così come tutti quanti. Aurora era visibilmente un po' impedita a giocare, ma ci stava provando, lanciandosi spesso in acqua per recuperare la palla. Marco rimase un attimo intontito a osservarla meglio, perdendosi nel suo sorriso impacciato e dolce.

Era una ragazza normale, non era altissima, ma era proporzionata.

Però, cosa significa normale? Chi decide i "canoni" di normalità di un corpo o di un volto. Semplicemente esistono persone che ci attraggono non solo per l'aspetto, ma per il loro modo, per la loro voce e per tutte le caratteristiche che le rendono uniche. Comunque sia Marco trovava Aurora davvero molto bella e per colpa di un'occhiata in più alle sue gambe, prese in faccia una bella pallonata. Si portò le mani al volto in modo teatrale, quando in realtà non si era fatto niente. Alzò lo sguardo per scoprire che era stava proprio Aurora a tirare il pallone e che era diventata rossa bordeaux mentre con passo svelto si avvicinava a lui. Intorno a loro si levò uno schiamazzo generale.

«Oddio, mi dispiace tantissimo!» disse prontamente lei non appena gli fu vicina.

«Hai proprio una bella mira devo dire», rispose lui ridacchiando e soppesando il suo sguardo su di lei. Il sole le illuminava il volto e gli occhi e solo in quel momento lui si accorse della spruzzata di lentiggini che aveva sugli zigomi e sul naso.

«Non dovevo giocare, ti ho fatto molto male?» Aurora sembrava davvero nell'imbarazzo più totale. Un leggero rossore le aveva colorato le guance e Marco sapeva benissimo che non si trattava del sole. Lasciò perdere per il momento, non volendo esagerare come suo solito.

«Non mi hai fatto nulla, lo vedi?» disse lui avvicinandosi lentamente e abbassandosi alla sua altezza in modo che lei potesse constatare i danni. Aurora rimase per un attimo impietrita di fronte a quell'improvvisa, ma  innocente vicinanza.

«É vero, non c'è niente che non va. Ti chiedo ancora scusa, sono un disastro». Aurora si allontanò, uscendo da quella bolla di imbarazzo in cui erano rimasti solo loro due. Entrambi si erano dimenticati dei loro amici, che senza perdere tempo avevano ricominciato a giocare ridendo e scherzando.

«Moretta che hai fatto al nostro Marco?» Pietro si avvicinò scansando una leggera increspatura dell'acqua creata dalla corrente.

«Nulla di grave. La prendevo solamente in giro» Marco si strinse nelle spalle.

«Stai attento, se Vanessa dovesse vederti con il labbro rotto non perderebbe tempo a farsi mille film. Quella prende il primo treno e da Riccione arriva qui a Viareggio». Pietro ridacchiò dando una pacca sulla spalla larga di Marco, totalmente inconsapevole di aver aperto una piccola crepa nel cuore di entrambi i ragazzi di fronte a lui.

Nessuno nei due, ovviamente, ancora lo sapeva.

Aurora apparve colpita da quella rivelazione, mentre Marco fece finta di nulla. In fondo era la verità, lui aveva una ragazza, non poteva certo nasconderlo al mondo e nemmeno all'ultima arrivata.

Anche se l'ultima arrivata in questione aveva creato uno strano, quanto inaspettato, scompiglio in quella banale giornata di agosto.

«Vanessa è la tua fidanzata?» chiese lei accennato un sorriso gentile.

«Già», Marco drizzò le spalle, percependo la necessità di allontanarsi da qualcosa che andava ben oltre la sua comprensione «Bene, io direi che possiamo fare una pausa. Vado a prendere qualcosa da bere».

Pietro annuì aggiungendo che lo avrebbe aspettato lì, rimanendo accanto ad Aurora. Lei incrociò le braccia senza sapere cosa dire, ma non gli sfuggì lo sguardo del biondo accanto a lei che si muoveva frenetico sul corpo di Olga.

Sembrava seguire una partita di ping pong.

Stava per arrivare la fatidica domanda, la sentiva sdrucciolare e lei ormai sapeva a memoria le risposte papabili. Un po' come la segreteria telefonica: "Ehi, ciao sono Aurora! Sì lo so, la mia amica Olga è una gran figa. Ed è anche libera, pensa un po'!"

Peccato non poterlo fare davvero nella realtà.

«Senti un po'...», iniziò lui mostrando palesemente di non ricordare il suo nome.

«Aurora», lo incoraggiò lei.

«La tua amica Olga... Credi che potrei piacergli?» Sfoderò un sorriso a trentadue denti, che brillò alla luce del sole.

Era un bel ragazzo, non c'era nulla da dire, ma Olga aveva i suoi gusti e detto sinceramente ancora doveva capire i suoi figuriamoci se poteva ricordarsi quelli delle sue amiche.

«Non lo so, perché non glielo chiedi tu?» Aurora non era una ragazza gelosa e nemmeno rancorosa, non gliene importava se il mondo sembrava girare intorno a Olga. Lei le voleva bene ed era sempre stata una buona amica. Le era stata vicina in dei momenti bui e lei aveva fatto lo stesso.

«Non saprei, mi piace andare sul sicuro per non fare figuracce. Se glielo chiedessi tu?» Accennò uno sguardo complice, pregandola in silenzio.

«Va bene, se capita glielo chiederò» si strinse nelle spalle con noncuranza.

Olga e Martina sembravano già ben integrate nel gruppo mentre continuavano a giocare a pallavolo.

«Venite a giocare o no?» chiese Andrea direttamente a loro due, immerso nella gioia generale.

«Arriviamo!» urlò Pietro prima di aggiungere «Avete programmi per stasera?»

«Non che io sappia», rispose la ragazza con un sorriso tirato.

«Noi ci ritroviamo ogni sera qui fuori dallo stabilimento alle dieci. Potreste venire con noi se vi va», disse facendosi udire anche dagli altri.

«Giusto! Ci state?» continuò un terzo ragazzo che Aurora non aveva ancora sentito parlare.

«Perché no?» chiese Martina voltandosi alla ricerca degli sguardi delle sue amiche.

Meglio di un'altra serata in discoteca ad evitare gli spasimanti di Olga e a giocare con la cannuccia a far roteare il ghiaccio del bicchiere.

E se fossero andati anche loro in discoteca? A lei non piacevano, si sentiva sempre soffocare. Quella stessa estate era stata una delle prime volte in cui ci aveva messo piede e si era sentita nel posto sbagliato. Terribilmente a disagio.

«Anche per me va bene!» sorrise Olga raggiante come sempre.

Ormai era fatta.

«Grande! Sai che bella figura facciamo con delle fighe come voi!» scherzò il ragazzo di cui ancora non ricordava il nome. Era un po' più basso degli altri, con l'espressione impertinente e simpatica.

«E' sempre così diretto?» chiese Aurora alzando un sopracciglio.

«Cosimo? Oh no, questo è niente. Aspetta di vederlo quando da il meglio di sé, lui e Marco sono una vera attrazione», sentenziò Pietro e scoppiarono tutti a ridere.

«Beh, quando Marco non passa le serate a telefono a parlare con la sua ragazza», Andrea roteò gli occhi.

«Che posso farci? Lo sapete che il tabacchino all'angolo sarebbe già fallito se io non ricaricassi il telefono ogni settimana». La voce di Marco comparve all'improvviso alle loro spalle, facendo sobbalzare Aurora. Si aspettava che se la prendesse, invece ci aveva scherzato sopra.

«Vedete? Non se la prende neanche più, sa da solo che è assurdo», ridacchiò Pietro guardando Marco che, invece, gli stava restituendo uno sguardo del tutto accigliato.

Era vero, ci scherzava anche lui, ma non aveva voglia di farlo di fronte alle nuove arrivate, di passare per il solito ragazzo fuori dalle righe. Lo era, d'accordo, ma voleva che gli altri si facessero un'idea loro prima di spiattellare l'astruso rapporto che aveva con la sua ragazza.

«Di cosa parlavate?» cambiò discorso portandosi la bottiglietta d'acqua alle labbra e bevendo un generoso sorso.

«Abbiamo chiesto alla ragazze di unirsi a noi stasera», lo informò Pietro con sguardo d'intesa. Se avesse fatto una scommessa con sé stesso avrebbe vinto. Il suo amico aveva puntato Olga. Per lui non faceva differenza. Eppure... una piccolissima parte di lui sapeva che quel nuovo incontro avrebbe potuto cambiare le sorti della serata.

Se non dell'intera estate.

«Beh? Ci sarete?» chiese lui fingendo disinteresse senza riuscire a controllare i suoi occhi che cercarono la ragazza dai capelli mossi a qualche passo di distanza da lui. Era assorta, ogni tanto guardava in basso senza incontrare gli sguardi degli altri. Sembrava triste, a disagio.

A cosa stava pensando?

«Sì, ci saremo», cinguettò una delle due amiche, quella con i capelli biondi cenere. Martina probabilmente.

«Bene! Allora giochiamo ancora?» domandò a gran voce Cosimo trascinando il gruppo più a largo.

Marco rimase fermo, come in attesa che anche Aurora decidesse cosa fare. Non si spiegava perché volesse sapere il motivo per il quale quella ragazza era diventata improvvisamente triste.

Era solo una sconosciuta.

«Vuoi un po' d'acqua?» Fu lui a rompere il ghiaccio giusto un momento prima che lei decidesse di seguire le sue amiche.

Si voltò verso di lui «No grazie. Ti fa male dove ti ho colpito?» chiese con uno strano tono di scuse.

«Stai tranquilla, perché ti preoccupi tanto? Non hai ucciso nessuno» sorrise lui mentre lei arrossiva. Di nuovo.

La doveva smettere.

Il modo maledettamente innocente con cui sorrideva, mentre si sistemava una ciocca ribelle dietro l'orecchio fece capitolare Marco per un momento.

Doveva andarsene. E poi erano quasi le sei e mezza, Vanessa lo avrebbe chiamato a momenti.

«Va bene, mi farò perdonare offrendoti qualcosa da bere quando ci sarà occasione», disse lei con dolcezza.

Marco sorrise istintivamente senza controllarsi «D'accordo. Ora devo andare. Ci vediamo piccola frana». Raccolse un po' d'acqua con il palmo della mano e gliela gettò addosso desiderando scherzare come era suo solito fare. L'aveva chiamata piccola frana, ma senza alcuna allusione. Era semplicemente uno che si prendeva subito la confidenza con gli altri, lo avevamo detto.

Aurora rise cercando di scappare e lo salutò prima di tornare dalle sue amiche.

Marco si avviò a riva percorrendo poi la lingua di sabbia fino al suo ombrellone. A quell'ora il sole si preparava quasi per iniziare a tramontare e sarebbe rimasto volentieri a godersi quegli ultimi istanti con una birra tra le mani.

Magari chiacchierando con Aurora.

Dio santo, ma cosa gli prendeva? Proprio mentre stava cercando di darsi una spiegazione il cellulare tra le sue mani iniziò a squillare.

Vanessa. 


🌹Spazio autrice🌹

Ancora è presto, ma fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.

A presto, Amelie

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