Parte 8
La settimana mi appare infinita. Complice, forse, il tempo speso nell'organizzazione della festa di compleanno per Angel.
Cerco nei miei appunti mentali gli elementi da spuntare: inviti, decorazioni, cibo, torta e regalo.
Dovrei essere avanti con tutte le incombenze, persino il cellulare é arrivato puntuale tramite corriere. La mia piccolina ne sarà felice. O forse, il fatto di averla sempre a portata di orecchio, rende la sottoscritta più tranquilla; devo ancora decidere.
Un altro venerdì giunge inesorabile e con questo un nuovo appuntamento con Jack.
Karen non mi ha mollato un momento dopo la sua apparizione dell'altro giorno.
"A casa? Ti ha accompagnato a casa, lui? Dopo l'incidente pensavo non avresti più lasciato la soglia dello Studio in compagnia di un paziente!"
"Non siamo usciti insieme! Me lo sono ritrovato fuori ad aspettarmi. Avevo già chiamato un taxi e sai che cos'ha fatto lui? L'ha mandato via!"
"Oh, mio Dio! Gli piaci! È lui é un gran figo!" Possibile che tutte me lo vogliano sottolineare.
"È un cliente, Karen. È vero mi ha preso alla sprovvista, ma questo non capiterà più. Non posso e non voglio mischiare lavoro e vita privata. E tu sai, meglio di chiunque altro, il motivo."
Chiudere quel discorso era stato snervante. Ma nonostante tutti i miei sforzi, quella peste della mia segretaria non mancava di ricordarmi, con voce cantilenante, che oggi sarebbe tornato per il secondo incontro.
Vorrei alzare gli occhi al cielo, ma tanto non li vedrebbe, così mi ritrovo a fare cenni con la mano, come a scacciare una mosca fastidiosa.
La verità é tutt'altra. Il pensiero che tra poco quel profumo, ormai così familiare, tornerà a riempire questa stanza, mi manda in confusione.
Se penso al nostro ultimo "tête à tête", sento le guance andarmi a fuoco.
Perché la mia professionalità va a farsi benedire così facilmente, con questo uomo?
"Judy, il tuo ultimo appuntamento é arrivato."
Ricomponiti, Karen. Lui non è cieco e neanche sordo! Persino un bambino avrebbe sentito il tono allusivo.
"Prego, entri pure."
"Grazie, Karen." Ed ecco la sua voce.
"Se avete bisogno, io sono qui fuori."
La porta si chiude, stabilendo la giusta intimità per l'incontro.
"Ciao, Jack, come stai?" Cordiale, ma distaccata.
"Stanco, grazie per avermelo chiesto. È stata una settimana impegnativa a lavoro."
Ho già premuto il tasto per la registrazione. Mi metto comoda per affrontare la mente del mio interlocutore.
"La scorsa volta hai accennato qualcosa su tua madre. Non sei figlio unico, giusto?"
"Ho un fratello. Il marito di Amelia per intenderci. So che vi conoscete."
Cerca di prendermi in contropiede.
"Conosco tua cognata, sì. Ma non so nulla di tuo fratello né se ne avessi altri. Me ne vuoi parlare?"
Uno a uno palla al centro.
"Si chiama Josh, lavoriamo insieme. Lui si occupa dei numeri, è sempre stato bravo con quelli."
Non vuole approfondire, sono andata a sbattere contro un altro muro. Quasi mi viene da strofinare il naso con la mano, tanto l'ho percepito.
"Sei molto protettivo nei suoi confronti."
"Io difendo sempre le persone a me care. È più forte di me." Sicurezza, viene sospinta nella mia direzione, protezione.
"Da che cosa li difendi? Da chi?"
Il muro è appena diventato una montagna. Mi sfrego i palmi, prima di avventurarmi nella scalata.
"Dai colleghi? No, non da loro... Sei il capo, sarebbero degli stolti. Da vecchi amici, forse? Magari ci sono stati degli screzi che li hanno portati contro di voi."
Soppeso la sua reazione. È nervoso, ma non ho ancora toccato la cima, non sono arrivata al punto più alto.
"Da chi vi proteggi, Jack?"
Paura.
Dolore.
Rabbia.
Le emozioni cozzano tra loro, si scavalcano. Irrompono nella sua voce.
"E tu chi proteggi, Judy?"
Inciampo. Sto scivolando giù. Sento le gambe graffiarsi contro i rovi, le rocce appuntite, la vetta si allontana.
"L'uomo che ha sostituito tuo marito, sta facendo un buon lavoro? Ti protegge o ti tocca salvarti da sola?"
Cado.
Scatto in piedi, cerco un appiglio per sorreggermi. Ho la bocca spalancata mentre butto nei polmoni l'aria che mi circonda.
Un attacco di panico.
"Cazzo, Judy, respira! Karen!"
Sento la porta spalancarsi.
"Che succede? Judy! Ha un attacco. Tesoro? Mi senti? Devi respirare... dentro, fuori. Così, brava, non fermarti. Jack! Jack, guardami! Nel cucinino ci sono delle bottigliette d'acqua."
"Vado!"
La voce di Karen é il mio filo d'Arianna, mi guida piano all'uscita. Afferro mentalmente il suono familiare.
"Ci sono."
Tremo dalla testa ai piedi, le ginocchia cedono. Aspetto con ansia l'impatto con le piastrelle, ma vengo afferrata. Due braccia mi accolgono, un profumo mi circonda, mi riscalda.
Ritorno lucida, smarrita nella mia oscurità, ma di nuovo nel presente.
"Come può andare avanti così?"
"Ti assicuro, Jack, che..."
"Karen?" Devo interromperla, non deve andare oltre.
Scuoto la testa.
"Sto meglio. Scusate per l'inconveniente." Prendo un respiro, la gola secca graffia un po' la voce.
Una bottiglietta mi giunge tra le mani.
"Grazie."
Mi sento osservata, quasi sudo sotto quello sguardo attento. Non quello apprensivo della mia segretaria. No. Jack è un falco e come tale mi studia.
"Va meglio, davvero. Karen, ci puoi lasciare soli?"
La sento tentennare.
"Se avrò ancora bisogno, ti chiamerò subito."
Accenno un sorriso per tranquillizzarla. Poi il rumore della porta che, ancora una volta, viene chiusa.
"Non possiamo andare avanti in questo modo. Ti sto risucchiando."
"Voglio sapere cosa ti ha detto Amelia." La mia richiesta lo spiazza. Se non mettiamo le cose in chiaro, non andremo da nessuna parte.
"La morte di tuo marito e dell'incidente. Non è scesa nei dettagli. Se pensi che abbia fatto la spia... Non é andata così!"
Trema, colto in fallo dal quel suo tentativo di proteggersi dalle mie domande.
Le mie ferite sanguinano. Solo io scorgo il liquido cremisi che fuoriesce.
"Giusto per chiarire: mio marito non è incluso in questa terapia." La mia voce mi é estranea. "Non siamo qui per me, ma per lei. I miei problemi non sono affare suo e con questo, signor Meiser, la prego di ritornare al posto che la compete, quello di paziente. Sono io la psicologa, con tanto di attestati a confermarlo. Se vuole il mio aiuto, la pregherei di non interferire con il mio lavoro. È chiaro? Non sono uno dei suoi galoppini. Sono una professionista, capo di me stessa. Se le mie domande, il mio modo di affrontare la sua mente, non l'aggradano, vorrà dire che le consiglierò un altro specialista."
Il silenzio è assordante. Solo il mio respiro, in affanno, stride come gessetti sulla lavagna.
Sono stata dura, me ne rendo conto. Ma se non vuole collaborare... Non posso permettermi di sprecare tutte le mie energie. Ne va della mia sanità mentale, già di per sé corrotta dalla mia vita. Quel briciolo che mi è rimasta mi serve per il lavoro, per Angel, per me stessa.
Sento la rabbia andare via con le ultime parole.
La confusione che aleggia nella mia testa, traspare dal mio volto. La percepisco segnare i lineamenti contratti del viso.
Che cosa ho fatto?
Che cosa ho detto?
"Siamo tornati alle formalità." La voce profonda é intrisa di rammarico.
"Ha ragione, dottoressa, sono una causa persa. Non resterò qui a vederla affondare con me. Io difendo sempre le persone che amo, per loro diventerei anche carne da macello. L'unico modo che ho per difendere lei, è allontanarmi. Le auguro di stare bene, bene veramente."
Si volta. Va via.
E io non riesco a fermarlo.
Forse non voglio che si fermi.
Jack, perché mi fai questo? Perché mi stai lasciando indietro? Perché provo questa confusione quando si tratta di te?
La porta sbatte dietro l'uomo che mi ha ridotto nel fantasma di me stessa.
"Karen?" Sento le lacrime salire, ma le trattengo, le ricaccio da dove sono venute. Le ingoio.
"Judy, come stai? Non avevi più avuto episodi di questo genere!"
"Va meglio. È stata tutta colpa mia. Non sono stata in grado di rimanere ferma al mio posto. Ho sbagliato tutto fin dall'inizio. Mi sono tolta l'etichetta e l'ho lasciato entrare."
"Questa volta è stato diverso. In passato non hai mai avuto delle crisi così forti. Cosa é cambiato?"
"Gli altri non erano lui." Lo dico più a me stessa che alla mia confidente. "Non mi confondevano, lasciandomi libero passaggio ai loro ricordi più bui. I loro demoni non erano i miei."
Il loro profumo non era il mio.
Lo stesso profumo che imperterrito, non mi vuole abbandonare.
Esco con Karen al mio fianco, Ombra che mi indica la via.
Nessuno ad aspettarmi.
Nessuno ad allontanare taxi.
Nessuno.
"Andiamo, cucciola, il tempo è perfetto per una passeggiata."
Tempo.
Mi serve per riprendermi. Ricompormi.
Guarire dal suo odore.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro