Parte 6
Alcune risate sopraggiungono alle mie orecchie.
Karen apre la porta del mio ufficio personale mentre è ancora intenta a ridacchiare a qualche battuta del nostro ospite.
"Judy, il signor Meiser è arrivato!"
"Chiamami, Jack." La sua voce, un po' strafottente, mi raggiunge calda e profonda proprio come la ricordavo.
"Grazie, Karen. Jack, accomodati pure. Dammi un secondo e sono subito da te." Mi alzo dalla poltroncina, con cautela mi dirigo verso la mia segretaria ed esco un secondo dalla stanza. "Ci penso io a chiudere, tu vai pure al tuo appuntamento."
"Sicura? Per Max non è un problema aspettare."
La interrompo subito.
"Vai a casa, immagino che vorrai farti bella per il vostro rendez-vous." Le sorrido rassicurandola.
Sono giorni che non fa che ripetermi quanto sia elettrizzata per la loro prima uscita ufficiale.
"Se la metti così, non mi resta che ubbidire. Grazie, Judy, sei un tesoro."
"Vai e divertiti, è tutto quello che chiedo." La spingo piano verso la porta.
"Ombra, vieni a farci compagnia?" La mia cucciolona non se lo fa ripetere e mi raggiunge.
Chiudo la porta alle nostre spalle, pronta ad affrontare il mio ultimo paziente.
"Scusa l'attesa." Seguo la scrivania e mi accomodo. Trovo il piccolo registratore e lo mostro al mio interlocutore. "Se per te non è un problema, vorrei registrare la nostra conversazione. Come puoi immaginare, ho qualche difficoltà a prendere appunti. Naturalmente rimarrà tutto strettamente confidenziale, come in una qualunque seduta."
Lo sento annuire per tutta risposta, ma un lieve movimento cattura la mia attenzione.
"Sei nervoso?"
"Carino il tuo ufficio."
Non mi risponde.
"Grazie. Che lavoro fai, Jack?"
"Sono nel campo giornalistico. Dirigo una rivista e da qualche tempo anche una rete televisiva, più specificatamente un Telegiornale a livello nazionale." La sua voce si riempie di orgoglio, deve andarne molto fiero.
"Che cosa ti ha portato a scegliere questa carriera?" Silenzio. "Un professore particolarmente importante, forse?"
Sta trattenendo il respiro. Ancora un momento dentro i polmoni e lo lascia andare tutto d'un fiato.
"Mia madre. Era un insegnante."
Aspetto che prosegua. Abbiamo appena toccato un tasto dolente, lo sento. La temperatura nella stanza cala leggermente.
"Non so quando ho iniziato ad appassionarmi alla letteratura, semplicemente è successo. I libri erano i nostri soprammobili, era inevitabile che accadesse."
Uno strano formicolio mi pervade, mi mette a disagio.
"Una passione comune. Immagino quanto sia orgogliosa per i traguardi che hai raggiunto."
Adesso sento freddo. Un brivido mi corre sulla pelle, mi gela.
"È morta."
E lo perdo, smarrito nei meandri dei suoi ricordi. La voce profonda e calda completamente eclissata. Cerco di riprendermi, mi stringo tra le braccia nel tentativo di riacquistare calore.
"Mi dispiace per la tua perdita." Spingo verso di lui quelle parole, cerco di donargli un po' di conforto.
E lo sento, l'attimo in cui ritorna al presente, che ritorna da me. Percepisco il suo sguardo.
"Judy... Scusami, non volevo."
Scuoto la testa, sollevo le labbra in un sorriso appena accennato, un po' tremante.
"Guarda come ti ho ridotta. Dannazione, sei pallida come un fantasma."
Lo scricchiolio della pelle, alcuni passi e il profumo mi arriva prepotente alle narici. Un corpo caldo mi raggiunge, mi avvolge.
Dovrei allontanarlo, ma sono bloccata, rigida.
Non riesco.
Dovrei tentare di scostarmi.
Non voglio.
La mia empatia mi si è appena ritorta contro.
"Perché sei voluta entrare nella mia testa?" La voce è tornata calda.
Questo calore arriva come una scarica al mio cuore arido. Me ne approprio, lo faccio mio e lo lascio entrare in circolo. Le mie mani si rigenerano, le apro e le chiudo per saggiarne l'elasticità ritrovata.
"È il mio lavoro."
"E lo fai maledettamente bene, ma a quale prezzo?"
Scuoto la testa, obbligandolo a fare un passo indietro. Mi ricompongo e cerco di alleggerire l'aria della stanza.
"Non hai ancora visto la mia parcella."
La sua risata irrompe tra le mura, mi strappa un'allegria sincera, mi riscalda.
"Ti va di continuare?"
Soppesa la mia domanda.
"Per oggi direi che è sufficiente. Penso di aver fatto... già troppi danni. Anzi forse... Forse è il caso che la finiamo qui."
Lo sento allontanarsi, ma lo fermo senza esitazioni.
"Non posso obbligarti, Jack. Ma devo ricordarti che sei stato tu a prendere appuntamento, tu a suonare al mio citofono, sempre tu a cercare il mio aiuto. Non mi sentirei bene con me stessa se sapessi che a causa mia, di un mio problema, facessi dietro front. Abbiamo appena iniziato e ti assicuro che, generalmente, è proprio questa la parte più difficile. Vedrai, troveremo il nostro equilibrio e sarà tutto più gestibile per entrambi."
Sento il peso del suo sguardo, mi sta studiando.
"Mi hai convinto." Lascia andare un sospiro. "Sta' a vedere che quella strega di mia cognata ci aveva visto giusto!"
Sorrido ripensando alla loro scommessa.
"La tua attività cerebrale ne trarrà un beneficio maggiore di qualsiasi auto sportiva. Vedrai, non ti deluderò."
"Te ne sei ricordata!" Ride ancora di gusto. "Avrai pensato che sono un idiota!"
"No, penso che tu abbia avuto molto coraggio. Molti uomini sottovalutano la terapia, non ci si avvicinano neanche, pensano che sia stupida e inutile. Hai capito di aver bisogno e hai fatto il passo più difficile: hai cercato aiuto."
Mi alzo su gambe ancora un po' tremolanti. Jack accorre in mio aiuto appena vede il mio goffo incespicare.
"Posso fare qualcosa?"
Appoggio entrambe le mani sulla scrivania, urto il registratore che imperterrito continua il suo lavoro. Tocco i tasti e blocco l'incisione della nostra prima seduta.
"Tranquillo, ho tutto sotto controllo. Se per te va bene, ti faccio richiamare da Karen per fissare il prossimo appuntamento."
"La chiamerò lunedì mattina io stesso."
"Perfetto, grazie mille. Ti accompagno alla porta."
"Lascia stare, conosco la strada. Judy, sei sicura che vada tutto bene?" Cerco di mascherare la nebbia che ancora mi offusca i sensi.
"Certo. Ci vediamo la prossima settimana."
"D'accordo. Ciao, Judy."
La porta d'ingresso si chiude, mi lascio cadere sulla poltroncina alle mie spalle.
E rieccole.
Tutte le emozioni ritornano prepotenti, si impossessano del mio corpo, mi fanno tremare senza che io ne abbia alcun controllo. Lacrime scorrono libere dai miei occhi infermi, lavando via i turbamenti che, come una ladra poco astuta, ho rubato a quell'uomo.
Non so per quanto tempo sono rimasta in questo stato catatonico. Ma finalmente mi risveglio.
Sfinita. Debilitata.
"Che cosa ti porti appresso, Jack? Quanto ancora dovremo sanguinare, prima di vedere chiuse le ferite che ti solcano la mente." Rivolgo quelle domanda all'aria, ancora pregna del suo odore.
Il muso morbido di Ombra mi raggiunge, mi conforta, mi sprona a rialzarmi.
Chiudo la porta dello Studio alle mie spalle e con questa, una giornata sfiancante. Seguo gli scalini fino a raggiungere la strada, quando sento Ombra iniziare ad agitarsi. Deve aver riconosciuto qualcuno.
"Ce ne hai messo di tempo!"
Alzo la testa e punto lo sguardo buio verso quella voce profonda.
"Jack? Cosa ci fai ancora qui?" Le parole inciampano per lo stupore.
"Non avrai pensato davvero che ti avrei lasciata sola, dopo quello che è successo lì dentro? Per che razza di uomo mi hai preso?" Mi sgrida bonariamente.
"E adesso cosa pensi di fare?" Non riesco a celare la curiosità, questo uomo mi spiazza.
"Hai programmi per la serata?"
Angel.
"Ho un programma per tutte le serate."
"Capisco. Chiunque sia, è un uomo fortunato."
Lascio andare un respiro. Le sue conclusioni errate mi tolgono d'impaccio.
"Posso almeno darti uno strappo verso... Ovunque tu debba andare?"
"Grazie, ma non ce n'è bisogno. Ho chiamato un taxi prima di uscire."
Non ho il tempo di terminare la frase che sento sopraggiungere un'auto nella nostra direzione. Un lieve stridio di freni, colpo di clacson ed ecco il mezzo che mi riporterà dritto verso casa. Inizio ad avvicinarmi quando sento un rumore di passi affrettati.
"Scusa, amico, c'è stato un cambiamento di programma. Spero che bastino per risarcire il tuo giro a vuoto!"
Ma che cosa?
"Nessun problema."
Quello che, adesso ne ho la certezza, doveva essere il mio passaggio, riparte lasciandomi sul ciglio della strada con la bocca spalancata.
"Dove eravamo rimasti?"
Mi riprendo e serro la mascella in un cipiglio arrabbiato.
"Che cos'hai fatto?"
"Risolto la situazione. Tranquilla, non ti manderò nessuna parcella per il passaggio!"
Fa anche lo spiritoso.
"Jack... non posso. Questa cosa che stai cercando è eticamente scorretta."
"In questo momento non sono il paziente e tu non sei la psicologa. In questo istante siamo semplicemente Jack e Judy. Nessuna etichetta. Quindi... Puoi farmi contento e lasciare che ti dia questo passaggio? Giuro, non sono un molestatore."
"Disse il molestatore."
Se non fosse che conoscevo Amelia come le mie tasche, non mi sarei mai presa il lusso di fidarmi di uno sconosciuto. La mia amica non mi manderebbe mai suo cognato, se solo sospettasse possa essere un pericolo per la mia incolumità. Giusto?
Mi ritrovo a sospirare mentre scuoto la testa, sconfitta.
"E va bene, hai vinto."
Un sì, strozzato, e poi un colpo di tosse, mi costringono a sorridere a quella strana situazione.
Non potendo dare istruzioni sulla strada da prendere, Jack si affida al navigatore e si immette nel traffico.
"A quanto vedo, non abiti molto lontano dal tuo Studio."
"No, affatto. Io e Ombra a volte ritorniamo a casa a piedi, soprattutto d'estate. È una bella passeggiata."
"E quando il tempo è rigido o piove?"
"Faccio su e giù con i mezzi o mi danno uno strappo delle amiche. Qualche volta chiamo un taxi." Calco l'ultima parte.
"Touché!"
Ridacchio in risposta. Un uggiolio richiama la mia attenzione.
"Mi sa che Ombra ha notato che siamo arrivati. Abiti qui, cucciolona?"
Abbaia in risposta.
Il lieve ticchettio della freccia e la macchina si arresta.
"Grazie mille del passaggio."
"Sembri quasi sincera."
Sorrido di rimando alle sue parole.
"Volevo fare qualcosa per rimediare a..."
Alzo la mano per zittirlo e senza volerlo gli sfioro le labbra. Una scarica si propaga dai miei polpastrelli.
Cerco di accantonare quella sensazione.
"L'hai detto tu. Adesso siamo Judy e Jack, nessuna etichetta, quindi niente scuse."
Le mie dita vengono inglobate in una delicata stretta. Labbra morbide si appoggiano sul dorso in un lieve bacio.
"Nessuna etichetta. Hai ragione."
Il suo fiato mi avvolge. Esito un attimo.
Cosa sto facendo?
Apro la portiera e scendo il più velocemente possibile dall'auto. Cerco la maniglia del passeggero e in un attimo Ombra è al mio fianco.
"Ciao, Judy. Buona serata." Chiudo la mia portiera e agito la mancina a mo' di saluto. Mi volto e cammino verso casa guidata dalla mia labrador.
Sola, con la porta chiusa alle spalle, mi porto i polpastrelli al viso, alla ricerca di un nuovo contatto fantasma con le sue labbra.
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